Accolto il ricorso del detenuto collaboratore di giustizia: da rivalutare la richiesta di permesso premio

In tema di permessi premio, il giudice deve accertare la sussistenza di tre requisiti che costituiscono il presupposto logico-giuridico della concedibilità del beneficio la regolare condotta del detenuto l'assenza di pericolosità sociale dello stesso la funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro.

Il Tribunale di sorveglianza respingeva l' istanza di permesso premio avanzata da un condannato a 30 anni di reclusione per concorso in omicidio aggravata nell'ambito dell'attività di criminalità organizzata. Secondo il tribunale, nonostante l'istante fosse collaboratore di giustizia dal 2019, egli debba ulteriormente esplorare ed approfondire il proprio vissuto criminale e dar prova di adeguata revisione critica dei reati commessi con l'analisi delle motivazioni reali ed interiori sulla genesi del suo coinvolgimento nella cosca di 'ndrangheta è, pertanto, necessario un ulteriore congruo periodo di osservazione sì da consentire di poter esprimere un giudizio prognostico sicuro circa la maturazione del suo ravvedimento e l'assenza del pericolo di recidiva . La difesa ha proposto ricorso per cassazione . Alla luce dell'art. 30- ter , comma 1, ord. pen. e del tenore letterale della norma, emerge che il giudice deve accertare la sussistenza di tre requisiti , presupposto logico-giuridico della concedibilità del beneficio la regolare condotta del detenuto l'assenza di pericolosità sociale la funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro. Nel caso in esame, dalla motivazione dell'ordinanza impugnata è emersa la mancanza di un esame della regolare condotta del detenuto e della funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro. La questione valorizzata dal Tribunale attiene, infatti, alla sola sussistenza del requisito della pericolosità sociale del detenuto, che il giudice ricava dall'assenza di un processo di rivisitazione critica delle proprie condotte pregresse. Sul punto osserva la Corte che se è vero che la richiesta del Tribunale di un processo di rivisitazione critica non è eccentrica rispetto al giudizio di pericolosità che lo stesso è chiamato a formulare, […]è anche vero che nel caso in esame a insufficienza della rivisitazione critica è stata desunta senza l'appoggio di una base di carattere oggettivo , come potevano essere, a titolo di esempio, la mancanza di consapevolezza del disvalore delle condotte criminali tenute, il mancato contatto con le vittime, il mancato inizio di percorsi di giustizia riparativa, ed in forza di un giudizio puramente intuitivo del giudice del merito, che, pur potendo anche essere corretto, avrebbe dovuto essere, però, riempito di contenuto . Il ricorso trova dunque accoglimento con il rinvio al Tribunale di sorveglianza.

Presidente Casa – Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 2 maggio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Roma del 17 maggio 2022 che ha respinto l'istanza di permesso premio presentata dal condannato C.G C.G. è in espiazione della pena di 30 anni di reclusione per concorso in omicidio aggravato, fatto commesso nell'ambito di attività criminali della 'ndrangheta di Vibo Valentia. C.G. è in espiazione pena dal 2012, ed a partire dal 2019 è un collaboratore di giustizia. Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha ritenuto che il condannato debba ulteriormente esplorare ed approfondire il proprio vissuto criminale e dar prova di adeguata revisione critica dei reati commessi con l'analisi delle motivazioni reali ed interiori sulla genesi del suo coinvolgimento nella cosca di 'ndrangheta è, pertanto, necessario un ulteriore congruo periodo di osservazione sì da consentire di poter esprimere un giudizio prognostico sicuro circa la maturazione del suo ravvedimento e l'assenza del pericolo di recidiva. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione, in quanto l'ordinanza illogicamente oblitera il giudizio positivo della D.N.A. sulla collaborazione prestata ed il giudizio altrettanto positivo dell'equipe di osservazione carceraria, nonché il totale distacco del ricorrente da ambienti criminali, la coesione del nucleo familiare di riferimento, la partecipazione del condannato alle attività trattamentali offerte dal circuito penitenziario. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell'elemento del ravvedimento, atteso che il Tribunale pretestuosamente oblitera il ravvedimento del condannato e va alla ricerca della genesi del percorso delinquenziale, ma la revisione critica non può tradursi in una prova diabolica quale quella richiesta dal Tribunale che, non pago delle motivazioni a delinquere espresse dal condannato con sincerità e rammarico, pretende che egli le rispieghi con le parole di un giudice o di uno psicologo. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, dr. Stefano Tocci, ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. I due motivi di ricorso possono essere affrontati congiuntamente. L' art. 30-ter, comma 1, primo periodo, ord. pen. dispone che ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro . Dal tenore letterale dell'art. 30-ter appare, pertanto, evidente che il giudice, in tema di permessi premio, debba accertare la sussistenza di tre requisiti, che sono presupposto logico-giuridico della concedibilità del beneficio la regolare condotta del detenuto l'assenza di pericolosità sociale dello stesso la funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro. Nel caso in esame, dalla motivazione della ordinanza impugnata si ricava che non vi è questione né sulla regolare condotta del detenuto, né sulla funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro. La questione attiene, invece, alla sussistenza del requisito della pericolosità sociale del detenuto, che il giudice del merito ricava dall'assenza di un processo di rivisitazione critica delle proprie condotte pregresse. Sul punto va osservato che, se è vero che la richiesta del Tribunale di un processo di rivisitazione critica non è eccentrica rispetto al giudizio di pericolosità che lo stesso è chiamato a formulare, perché la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che ai fini della concessione del permesso premio, ai sensi dell' art. 30 ter ord. pen. , oltre al requisito della regolare condotta è necessaria l'assenza di pericolosità sociale del detenuto, da valutarsi con maggiore rigore nei casi di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con fine pena lontano nel tempo, in relazione ai quali rileva, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante Sez. 1, Sentenza n. 5505 del 11/10/2016, dep. 2017, Patacchiola, Rv. 269195 - 01 conforme Sez. 1, Sentenza n. 9796 del 23/11/2007, dep. 2008, Savio, Rv. 239173 , però è anche vero che nel caso in esame a insufficienza della rivisitazione critica è stata desunta senza l'appoggio di una base di carattere oggettivo, come potevano essere, a titolo di esempio, la mancanza di consapevolezza del disvalore delle condotte criminali tenute, il mancato contatto con le vittime, il mancato inizio di percorsi di giustizia riparativa, ed in forza di un giudizio puramente intuitivo del giudice del merito, che, pur potendo anche essere corretto, avrebbe dovuto essere, però, riempito di contenuto. Ne consegue che il ricorso è fondato, e l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.