Ammissione al passivo nel procedimento di prevenzione: l’onere motivazionale sulla strumentalità e la valutazione della buona fede del terzo

Nella formazione dello stato passivo nell’ambito del procedimento di prevenzione, il Giudice è tenuto preliminarmente a vagliare la strumentalità dell’operazione negoziale all’attività illecita del prevenuto, motivando espressamente e specificamente sul punto […].

[…] solo nel caso in cui la strumentalità sia stata accertata ricade sul terzo l'onere della prova della propria buona fede. Il Giudice dovrà, inoltre, tenere conto dello scarto temporale tra la concessione del credito e la manifestazione della pericolosità, potendosi avvalere della presunzione semplice di strumentalità solo quando la pericolosità sociale sia manifesta e percepibile al momento dell'erogazione del credito in caso contrario la strumentalità dovrà essere provata sulla base di elementi di fatto e si dovrà tenere conto dell'assenza di elementi indicativi della pericolosità sociale anche nella valutazione della buona fede del terzo. Il caso Nell'ambito di un procedimento di prevenzione, il Tribunale di Agrigento rigettava il ricorso proposto da un Istituto Bancario in opposizione al decreto che lo escludeva dallo stato passivo formato nell'ambito della predetta procedura. In particolare, l'Istituto chiedeva l'ammissione al passivo per il riconoscimento dei propri crediti derivanti da un mutuo ipotecario erogato nel 2009 in favore del soggetto successivamente sottoposto a misura di prevenzione, con confisca divenuta definitiva nel 2020. Il Tribunale motivava l'esclusione dallo stato passivo rilevando come fosse accertato il requisito della strumentalità del credito rispetto all'attività illecita del prevenuto, presumendolo sulla base dei precedenti penali di quest'ultimo nonché sulla mancanza di adeguati accertamenti sulla sua situazione reddituale da parte della Banca. Parimenti, il Tribunale riteneva mancante il requisito della buona fede dell'Istituto Bancario affermando che dovesse essere il creditore a dimostrare il proprio affidamento inconsapevole. L'Istituto Bancario proponeva, quindi, ricorso per Cassazione avverso la decisione del Tribunale sulla base di due motivi di ricorso i il primo, relativo a vizi di motivazione ii il secondo, per violazione di legge. Con particolare riferimento al secondo motivo di ricorso, il ricorrente evidenziava come il Tribunale avesse presunto il requisito della strumentalità , onerando il ricorrente della prova della propria buona fede , in luogo di accertare dapprima la strumentalità in concreto e – solo qualora la strumentalità sia stata accertata – successivamente richiedendo la prova della buona fede del terzo. Il contesto normativo Il Collegio ha affrontato i motivi di ricorso esaminando i requisiti della strumentalità del credito e della buona fede del terzo , ed evidenziando come essi afferiscono a piani differenti il primo, alla funzionalizzazione del credito rispetto alle condotte illecite del proposto che sono alla base della pericolosità sociale il secondo, alla conoscibilità della pericolosità medesima. Tali differenti aspetti si ripercuotono anche sulla ripartizione dell' onere della prova e sui criteri indicati dalla legge per la valutazione della buona fede, oltre che sull'ordine logico con cui essi devono essere affrontati. Inoltre, il Collegio giudicante evidenziava come il bilanciamento tra le esigenze di prevenzione e la tutela dei terzi si realizzi mediante la preclusione della partecipazione al passivo dei soli terzi che, con le proprie operazioni negoziali, possano avere supportato l'attività illecita sintomatica della pericolosità sociale del prevenuto. A tal fine, le Sezioni Unite n. 29847 del 31.05.2018 hanno precisato che la buona fede del terzo deve essere provata da questo solo qualora sia già stata accertata la strumentalità . Di conseguenza, è il Tribunale a dovere innanzitutto fornire la dimostrazione, sulla base di elementi di fatto, dell'esistenza del requisito della strumentalità e, solo qualora esso sia stato dimostrato, spetta al terzo l'onere di dimostrare l'ignoranza in buona fede di tale requisito. La dimostrazione della strumentalità, in particolare, deve essere espressamente e specificamente motivata tenendo in considerazione il ruolo e le cointeressenze del prevenuto, sulla base degli elementi di pericolosità sociale che il Giudice Delegato e il Tribunale hanno a disposizione – a differenza del terzo – per vagliare le attività illecite e le relative iniziative imprenditoriali del proposto. La soluzione offerta dalla Corte Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha ritenuto che le conclusioni raggiunte dal Tribunale di Agrigento fossero errate a causa della sovrapposizione tra i due aspetti della strumentalità e della buona fede che, invece, dovevano essere tenuti distinti. In particolare, il Collegio rilevava come il Tribunale non avesse fornito alcuna indicazione in relazione alla sussistenza di un consistente scarto temporale tra la manifestazione della pericolosità sociale e la concessione del finanziamento, così omettendo di esaminare l'effettiva destinazione del mutuo all'attività illecita, né se e in quali modi l'attività illecita sia stata incrementata per effetto del finanziamento medesimo. Sul punto, veniva richiamato un precedente giurisprudenziale Sez. I, n. 6746 del 5.11.2020 che afferma come il Giudice possa avvalersi della presunzione semplice di finalizzazione del credito alla dissimulazione di risorse occulte derivanti da attività illecita solo quando la condizione di pericolosità sociale del beneficiario sia manifesta e percepibile. Inoltre, dal punto di vista della buona fede del terzo, la distanza temporale tra la concessione del credito ed il provvedimento di confisca deve essere tenuta in considerazione anche al fine della valutazione della consapevolezza della destinazione delle somme corrisposte all'incremento delle attività illecite del beneficiario del finanziamento. Di conseguenza, l'ordinanza impugnata veniva annullata con rinvio al Tribunale di Agrigento in diversa composizione per un nuovo giudizio, sulla base dei principi enunciati in sentenza.

Presidente De Amicis – Relatrice Giordano Fatti di causa 1. Il Tribunale di Agrigento, in qualità di giudice dell'esecuzione, ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell' art. 59, comma 6, d.lgs. 159 del 2011 , dalla Banca Popolare Sant'Angelo in opposizione del decreto con il quale il giudice delegato aveva escluso l'Istituto dallo stato passivo, formato nell'ambito della procedura di prevenzione a carico di Ru.Ge. 2. La Banca Popolare Sant'Angelo chiede l'annullamento dell'ordinanza e propone due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati, ai sensi dell' art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione 2.1. cumulativi vizi di motivazione dell'ordinanza impugnata, anche derivanti dall'omesso esame della documentazione prodotta, rispetto all'ordinanza con la quale il giudice delegato, nell'ambito della medesima misura di prevenzione a carico di Ru.Ge., aveva, invece, ritenuto accertata la buona fede della Banca e autorizzato l'ammissione al passivo. Osserva al riguardo la ricorrente come, a fronte di un'unica procedura di erogazione del credito, sia erronea la valutazione del Tribunale, secondo cui il termine di valutazione del presupposto della buona fede fosse costituito dalla buona fede del terzo acquirente dell'immobile mentre, per gli altri lotti, venisse in rilievo la concessione del mutuo direttamente al costruttore, Ru.Ge. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui l'ordinanza impugnata, trascurando a che il credito e i diritti reali di garanzia erano sorti anteriormente alla misura di prevenzione, richiesta nel Omissis e in presenza di atti aventi data certa del Omissis e del Omissis b la esistenza del diritto di prelazione della Banca c la emersione, dagli atti, che l'erogazione del credito non era stata in alcun modo strumentale all'attività illecita o a quello che ne costituisce frutto o reimpiego avendo il Ru.Ge. chiesto la concessione dei mutui sia per l'acquisto della casa di abitazione che per la realizzazione di un complesso residenziale, effettivamente avvenuta, ha erroneamente ritenuto la insussistenza della buona fede della Banca acclarata dai precedenti penali a carico del Ru.Ge. Sostiene, in sintesi, che il Tribunale ha presunto il requisito della strumentalità del credito, onerando la Banca della prova della buona fede, laddove, la strumentalità va accertata in concreto e, solo in caso di accertata strumentalità, il terzo è gravato dall'onere dimostrativo della buona fede. Nel caso, la prova della buona fede dell'Istituto era comprovata dalla distanza temporale tra l'insorgenza dei crediti Omissis e Omissis e la misura adottata solo nell'anno Omissis , a carico del padre del debitore, Ca.Ru., che era stato fideiussore solo dell'operazione del Omissis e che non aveva preso parte alcuna nella stipula degli altri mutui ipotecari. Evidenzia, infine, che Ru.Ge., all'epoca di concessione del mutuo, era incensurato. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è fondato. 2. Il Tribunale di Agrigento ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell' art. 59, comma 6, d.lgs. 159 del 2011 , dalla Banca Popolare Sant'Angelo in opposizione al decreto con il quale il giudice delegato aveva escluso il credito azionato dalla Banca ricorrente dallo stato passivo, formato nell'ambito della procedura di prevenzione a carico di Ru.Ge. Prima di esaminare le argomentazioni del Tribunale occorre premettere, per ragioni di chiarezza espositiva, alcuni dati pacifici in punto di fatto. Dal decreto del giudice delegato si rileva che il procedimento di prevenzione, nel quale erano stati sottoposti a confisca alcuni immobili, fra i quali quelli gravati dall'ipoteca della Banca ricorrente, aveva riguardato Ca.Ru. e altri. La confisca era divenuta definitiva il Omissis a seguito di applicazione di misura di prevenzione, personale e patrimoniale, del Omissis e del Omissis . Non è controverso che il credito della Banca proviene da mutuo ipotecario erogato il Omissis , iscritto il Omissis . Beneficiario del mutuo era Ru.Ge., titolare di omonima ditta individuale, per la somma di euro 460.000,000 da corrispondersi in più soluzioni commisurate allo stato di avanzamento dei lavori ed era garantito dalla fideiussione di Ca.Ru. padre di Ru.Ge. L'ipoteca era iscritta su un immobile vetusto, da demolire e ricostruire. Nel prosieguo del rapporto, la Banca aveva erogato al Ru.Ge. la somma complessiva di euro 360.000,00 e, a seguito di accatastamento degli immobili realizzati su quello demolito, in corso di realizzazione, erano stati convenuti in data Omissis , controparte Ru.Ge., un atto di riduzione del mutuo corrispondente alla somma indicata, effettivamente erogata e il frazionamento dell'ipoteca su 4 lotti contenenti, ciascuno, unità immobiliari realizzate dalla parte mutuataria, con restrizione dell'ipoteca limitatamente ad alcune unità immobiliari e relative parti comuni. 3. Costituisce oggetto di ricorso, rispetto ad altre statuizioni negative, non contestate, il mancato riconoscimento dei crediti in privilegio potecario o, in via residuale, in via chirografaria, derivanti dall'operazione di frazionamento effettuata nell'anno Omissis , dell'originario mutuo risalente all'anno Omissis , laddove, per una frazione controparti Ru.Ge. e Ca.Ca., promissario acquirente di uno degli immobili realizzati , l'amministratore giudiziario, con separato provvedimento, era stato autorizzato alla stipula del definitivo con il promissario acquirente, previo accoglimento della domanda di ammissione al passivo proposta dalla Banca. In quella sede l'amministratore giudiziario era stato autorizzato a pagare alla Banca il credito parziale, con provvista derivante dalla vendita euro 40.000 e ammissione del credito, per la parte residua, al passivo. Non sono in discussione, avuto riguardo all'epoca di stipula del mutuo e delle iscrizioni ipotecarie quella originaria e quelle derivanti da frazionamento le coordinate giuridiche che presidiano l'ammissione al passivo del credito della Banca ossia la presenza di un credito iscritto in data antecedente al sequestro di prevenzione -la cui procedura sembra intrapresa nell'anno Omissis - e la natura ipotecaria del credito. Su tale preliminare aspetto, che involge il tema dell'azionabilità del riconoscimento del credito, nei limiti previsti dall' art. 53 d.lgs. n. 159 del 2011 e attraverso il procedimento di cui agli art. 57 e ss. d.lgs. cit., il Tribunale ha ritenuto l'Istituto legittimato all'azione, poiché, secondo le disposizioni ivi recate, la confisca non pregiudica i diritti dei terzi, anche chirografari, che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro. Il Tribunale, invece, ha ritenuto carenti, condividendo le conclusioni del giudice delegato che, a propria volta, aveva fatto riferimento al parere dell'amministratore giudiziario, gli ulteriori presupposti per l'ammissione al passivo, cioè, che il credito concesso non fosse strumentale all'attività illecita del prevenuto, o alla parte che ne costituisce frutto o reimpiego, e la buona fede dell'Istituto. Ha ritenuto irrilevante che, per uno dei crediti, derivanti dal frazionamento, il credito dell'Istituto fosse stato, invece, ammesso al passivo. Il Tribunale, su tale ultimo aspetto, ha osservato che il confronto, prospettato dalla difesa dell'Istituto, si fondava su una tesi suggestiva ma su un presupposto erroneo, non traslabile in forza di proprietà transitiva nella procedura odierna. E, infatti, mentre nel procedimento per cui vi era stata ammissione veniva in rilievo la buona fede del terzo acquirente dell'immobile, nella vicenda in esame si discute della diversa questione dei mutui concessi direttamente al Ru.Ge. e della buona fede dell'Istituto bancario al momento della erogazione del mutuo originario, a nulla rilevando, la presenza di terzi, eventualmente intervenuti successivamente. Il Tribunale ha, dunque, concluso che, al momento dell'erogazione del mutuo, vi erano elementi concreti tali da imporre all'Istituto attività volte a vagliare che il credito concesso non fosse, anche indirettamente, strumentale all'attività illecita del prevenuto o alla parte che ne costituisce frutto o reimpiego , circostanza acclarata alla luce dei precedenti del Ru.Ge. Sul punto - prosegue l'ordinanza impugnata -, acquisisce rilievo fondamentale la circostanza che l'istituto bancario abbia completamente omesso di porre in essere un'attività anche solo accertativa sui redditi e sul patrimonio del richiedente in ordine a tale circostanza l'opponente - su cui grava l'onere della prova in tal senso - non ha comprovato alcuna attività. AI contrario, nel ricorso in opposizione deduce la strumentalità del credito ad attività lecite del mutuo erogato e la propria buona fede con un indebito salto logico ex post ossia muovendo dall'effettiva realizzazione del complesso immobiliare da parte del mutuatario e non, invece, come imposto, evidenziando gli elementi dimostrativi della propria buona fede già all'atto della sottoscrizione dell'erogazione del credito. In altri termini deve ritenersi che l'istituto bancario abbia svolto all'atto della concessione del finanziamento una istruttoria meramente formale e comunque per certo lacunosa, essendo stati omessi adeguati accertamenti sulla situazione reddituale patrimoniale del mutuatario, sicché non appare configurabile l'assolvimento dei doveri di diligenza ricadenti sull'opponente soggetto professionalmente qualificato . In sintesi, il Tribunale ha ritenuto accertato il requisito della strumentalità, aspetto sul quale non ha motivato, presumendolo sulla scorta dei precedenti penali del mutuatario e del mancato accertamento della sua situazione patrimoniale, non avendo l'opponente dimostrato il contrario, ed ha escluso la buona fede sul rilievo che spettasse al creditore dimostrare l'inconsapevole affidamento sotteso alla prestazione erogata. 4. Come anticipato, le conclusioni sono erronee e discendono dalla sovrapposizione di aspetti, quello della strumentalità del credito e quello della buona fede dell'Istituto che ha azionato la domanda di insinuazione al passivo, che, come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, per quanto tra loro interconnessi, vanno tenuti distinti. Il tema è quello del ruolo che, in relazione alla disposizione di cui all'art. 52 d.lgs. cit., giocano i requisiti della strumentalità del credito e la buona fede del terzo creditore che, come agevolmente rilevabile, si esprimono su piani diversi. Il requisito della strumentalità, infatti, rileva essenzialmente sul piano oggettivo, afferente alla possibile funzionalizzazione del credito vantato dall'istante rispetto alle condotte illecite del proposto destinate a disvelarne la pericolosità. Ciò che rileva, a questo fine, è che il credito sia sorto in costanza delle ragioni di pericolosità e sia in grado, direttamente o indirettamente, di supportare l'azione illecita del proposto. Con tale aspetto si intreccia quello della buona fede, che rileva sul piano della conoscibilità della pericolosità sociale. Si tratta di aspetti che rilevano, come sarà di seguito precisato, anche sulla ripartizione dell'onere della prova e sulla motivazione del qiudice riflettendosi anche sui criteri che la legge indica per valutare la buona fede. L'art. 52, comma l, lett. b , cit. -a seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 161 del 2017 , applicabile al caso in esame -prevede che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano dati aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro ove ricorrano le seguenti condizioni che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l'inconsapevole affidamento . Il comma 3 prosegue precisando che, ai fini della valutazione della buona fede, il giudice deve tenere conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi . 5. E' bene ribadire, quale necessario quadro di riferimento dell'analisi dell'ordinanza impugnata, che la strumentalità dell'operazione negoziale fonte del credito da insinuare rispetto alla realizzazione o alla prosecuzione dell'attività illecita oggetto di apprezzamento nell'ambito della procedura che ha determinato la confisca, si interseca con il diverso e logicamente successivo profilo afferente alla domanda del creditore che agisce con la domanda di ammissione al passivo l'operazione negoziale costituisce, infatti, la piattaforma sulla quale deve innestarsi la valutazione della condizione soggettiva del creditore. Non vanno, tuttavia, trascurate -e tale aspetto è stato oggetto di esame sia della Corte Costituzionale, con le sentenze n. 94 del 201S e n. 26 del 2019 che delle Sezioni Unite con la sentenza n. 29847 del 31/05/2018, Island Refinacing s.r.l.-, le interazioni di valori, potenzialmente in conflitto, tra l'interesse sotteso alle misure di prevenzione patrimoniali, ricollegabile ad esigenze di ordine e sicurezza pubblica, costituzionalmente rilevanti, e i diritti dei terzi, valori che il legislatore, attraverso la previsione recata dall'art. 52 d.lgs. cit. ha bilanciato impedendo che la tutela si estenda a soggetti lato sensu conniventi con l'attività illecita del proposto o di reimpiego dei suoi proventi, o a crediti simulati o artificiosamente creati. Da qui la previsione di regole l'anteriorità del credito e, appunto, quella della strumentalità del credito, che precludono la partecipazione al passivo della procedura a quei terzi e solo a quei terzi che, con le proprie operazioni negoziali possano avere supportato l'azione illecita sintomatica della pericolosità sociale del proposto. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato, facendo applicazione di questo principio, che la buona fede vale a temperare le conseguenze determinate dalla previsione della strumentalità ed entra in gioco solo in via condizionata, per non trasformare in termini di mero sacrificio il bilanciamento di valori perseguito dalla disposizione di cui all'art. 52 cit. di contro, obliterando il tema della strumentalità, così da darlo sistematicamente per presupposto, l'imposizione al creditore di comprovare la buona fede finirebbe per concretare una irragionevole restrizione dei diritti soggettivi dei terzi, anch'essi tutelati costituzionalmente. Tali coordinate ermeneutiche hanno costituito la premessa delle ragioni sulla base delle quali questa Corte ha ritenuto di dubbia costituzionalità la lettura interpretativa diretta a sostenere che l'attuale disposto dell'art. 52, comma 1, lett. b cit. legittimi l'integrale pretermissione del profilo della strumentalità, così da costringere il creditore a provare comunque la propria buona fede, quali che siano la natura della sua pretesa e il rapporto che corre con la pericolosità sociale del proposto, nonché la tesi, da questa derivata ed evidentemente seguita dal Tribunale di Agrigento, che, senza devalutare integralmente tale profilo, pone a carico del creditore l'onere di comprovare l'insussistenza della strumentalità. Questa Corte ritiene, viceversa, condivisibili i principi affermati nelle decisioni che hanno esaminato i temi della strumentalità del credito rispetto all'attività illecita, della ripartizione dell'onere probatorio e dell'onere motivazionale del giudice, pervenendo alla conclusione secondo cui l'art. 52, comma 1, lett. b , d.lgs. cit., anche a seguito delle modifiche operate dall' art. 20 legge 17 ottobre 2017, n. 161 , esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi preesistenti al sequestro, a meno che -come recita il nuovo testo della disposizione -non risulti accertata la strumentalità del credito da insinuare rispetto all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, solo in tal caso incombendo sul creditore, ai fini dell'insinuazione al passivo della procedura, l'onere di dimostrare l'ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità privilegiata Sez. 6, n. 3015,3 del 18/05/2023, Banca Ifis, Rv. 285079 . La conseguenza di tale affermazione, sviluppata nella sentenza ora indicata, è che il Tribunale deve fornire analitica dimostrazione del requisito della strumentalità, muovendo dalla condotta e dalle cointeressenze del proposto, ricostruendo l'operazione negoziale da cui il credito è sorto e segnalando gli indicatori in fatto che consentono di pervenire alla ritenuta sua finalizzazione illecita. Si è, al riguardo, condivisibilmente affermato che la strumentalità, infatti, rappresenta una indefettibile precondizione del successivo scrutinio relativo alla buona fede del debitore. Il nesso che corre tra le ragioni dell'applicazione della misura reale e la finalizzazione del credito oggetto di insinua non va ritenuto aprioristicamente costituisce, piuttosto, oggetto di un preciso e pregiudiziale accertamento da parte del tribunale, che è dunque tenuto a motivare muovendo dal ruolo e dalle condotte illecite del soggetto in danno del quale è stata eseguita la confisca rimarcando, in caso di confisca che ha coinvolto imprese, individuali o collettive, il collegamento che lega tale soggetto all'ente debitore provvedendo infine ad una puntuale ricostruzione della relativa vicenda negoziale, segnalandone gli indicatori in fatto che consentono di pervenire alla ritenuta strumentalità tra i due citati momenti del relativo giudizio. In questa ottica, nella giurisprudenza di questa Corte si è da tempo rilevato che l'articolo 52 esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi preesistenti al sequestro, a meno che non risulti accertata la strumentalità del credito rispetto all'attività illecita e che solo in questo caso incombe al creditore, per far valere il proprio diritto, l'onere di dimostrare la ignoranza e buona fede di tale nesso di strumentalità. Tale onere, di certo, risente delle diverse dinamiche in fatto sottese alla situazione di volta in volta apprezzata può dunque modularsi in modo diverso, facendo anche leva su presunzioni semplici, laddove, fossero già presenti, al momento della instaurazione della vicenda negoziale o in coincidenza con snodi di allievo del relativo rapporto obbligatorio, in termini se non di contestualità, comunque di contiguità temporale, gli elementi in fatto sintomatici dell'attività illecita del soggetto attinto dalla confisca, da raccordare all'operazione negoziale fonte del credito oggetto di insinua. Altrettanto incontrovertibilmente, tuttavia, l'operatività di siffatte presunzioni non esonera dall'onere motivazionale sul punto, occorrendo dare sempre conto quantomeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell'applicazione della confisca e la finalizzazione del credito in contestazione, muovendo, per forza di cose, dal ruolo e dalle cointeressenze del soggetto attinto dalla misura reale. Ferma la possibile incidenza che tale situazione in fatto potrà anche assumere sul successivo giudizio afferente alla dimostrazione della buona fede del creditore quanto all'evidenza esterna di tali indici, con la possibilità di ricavare, da attivazione spesa sul reddito soggettivo, anche valutazioni argomentative dirette a sostenere, a monte, il tema della strumentalità del credito, resta dunque da ribadire che tale ultimo aspetto, pur con le facilitazioni logiche se del caso ricavate dalla singola vicenda, deve comunque emergere dal provvedimento che definisce la domanda di insinua, altrimenti reso in violazione di legge per l'assenza di motivazione su uno snodo decisorio di imprescindibile rilievo Sez. 6, n. 30153 cit. . E tali conclusioni si saldano con il rilievo che il giudice delegato prima e il tribunale poi, anche in forza delle sollecitazioni offerte dall'amministratore giudiziario, sono in grado, a differenza del terzo, estraneo alla procedura, di conoscere la strumentalità del credito alla luce della pericolosità del proposto avendo a disposizione elementi ricostruttivi delle sue interessenze criminali e delle relative iniziative imprenditoriali, portate avanti direttamente o attraverso le società in cui sia coinvolto. 6. Il Tribunale di Agrigento non ha fatto buon governo di tali regole e, come si è detto innanzi, ha tralasciato, in concreto, proprio l'aspetto della strumentalità del credito all'attività illecita, addebitandone l'onere dimostrativo in capo al terzo e, in qualche modo, dandola per scontata perché ha valorizzato, oltre alla esistenza dei precedenti penali a carico del mutuatario, la mancata produzione, da parte del richiedente il mutuo, della dichiarazione dei redditi, ritenendo, così, carente la prova della sua solvibilità economica. Soprattutto, il Tribunale ha trascurato la circostanza che la pericolosità sociale di Ca.Ru. - fideiussore del credito erogato al figlio Ru.Ge. che, al momento della concessione del mutuo, era incensurato - si è manifestata a notevole distanza di tempo dalla concessione del finanziamento e, pertanto, ha omesso l'analisi dell'accertamento oggettivo del nesso funzionale, cioè della destinazione reale del mutuo in questione al finanziamento dell'attività illecita sulla base della quale è stata riconosciuta, ad anni di distanza, la pericolosità sociale di Ca.Ru. ed è stato pronunciato il conseguente provvedimento di confisca di prevenzione. Né l'ordinanza impugnata ha indicato se, e in quale modo, attraverso il finanziamento, il mutuatario abbia incrementalo l'attività illecita del proposto. Con riferimento alla strumentalità del credito si è precisato che il giudice è tenuto a valutare specificamente lo scarto temporale tra la concessione del credito e l'emersione della pericolosità, potendo legittimamente avvalersi di una presunzione semplice di finalizzazione del finanziamento alla dissimulazione di risorse occulte derivanti dall'attività illecita quando risulti che il credito sia stato erogato in costanza di una manifesta e percepibile condizione di pericolosità sociale del ricevente, ma non anche quando, al momento dell'erogazione, la pericolosità fosse assente od occulta , con conseguente apparenza di liceità della destinazione delle risorse. Sez. l, n. 6746 del 05/11/2020, dep. 2021, 1sland Refinancing s.r.l., Rv. 280793 . La distanza temporale tra la concessione del mutuo e la pronuncia del provvedimento di confisca, soprattutto quando la pericolosità sociale del mutuatario sia un dato occulto , non può, inoltre, non influire anche sulla mancata consapevolezza, da parte dell'Istituto bancario, della eventuale destinazione delle somme corrisposte all'incremento delle attività delittuose del beneficiario del finanziamento, incidendo, quindi, sulla operatività in concreto della presunzione di cui l'ordinanza impugnata si è avvalsa, in una agli indicatori delle carenze documentali e dei precedenti penali, che inficiavano la domanda di mutuo, tutti valorizzati per inferirne la mancanza di prova della buona fede. A tal proposito va, infine, rilevato, che se è vero che, formalmente, a seguito dell'operazione di frazionamento del mutuo originario, veniva in rilievo la buona fede del terzo acquirente dell'immobile, non può, nella ricostruzione sia del presupposto della strumentalità che di quello della buona fede della Banca, trascurarsi la circostanza relativa alla genesi comune dell'operazione negoziale che il Tribunale, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà riesaminare uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Agrigento in diversa composizione. Così deciso il 16 novembre 2023. Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2024.