Ancora sulla durata massima complessiva dei contratti a termine

In tema di contratti a termine, ai fini della verifica del rispetto del limite massimo di durata di trentasei mesi, vanno inclusi anche i contratti già conclusi, stipulati prima dell’aggiunta del comma 4- bis al testo dell’art. 5 d. lgs. n. 368/2001, effettuata dall’art. 1 comma 40 della l. n. 247/2007, in quanto il comma 43 del medesimo art. 1 li attrae nel conteggio della durata complessiva, ai fini della suddetta verifica.

Il caso Un ispettore di orchestra, assunto da un teatro con plurimi contratti di lavoro a tempo determinato dal 1997 al 2011, conveniva in giudizio il datore di lavoro affermando il proprio diritto alla conversione del rapporto in tempo indeterminato sul presupposto del superamento del limite massimo complessivo di 36 mesi per violazione dell' art. 5 comma 4- bis d. lgs. n. 368/2001 . In primo grado, esclusa la stabilizzazione in ossequio al principio disposto dall' art. 97 Cost. , il lavoratore otteneva la condanna dell'Ente al risarcimento del danno ciò in quanto l' art. 1 comma 43 legge n. 247/2007 aveva previsto che i contratti a termine in corso alla data del gennaio 2008 continuassero fino al termine previsto dal contratto anche in deroga a quanto stabilito dall' art. 5 comma 4- bis d. lgs. n. 368/2001 , di tal ché il periodo di lavoro già effettuato alla data dell'1.1.2008 doveva essere computato insieme ai periodi successivi di attività ai fini della determinazione del periodo massimo di durata, decorsi 15 mesi dalla medesima data. Dunque, cumulando i contratti a termine stipulati fino al 31.12.2007 con quelli successivi all'1.4.2009, doveva comunque ritenersi superato il periodo massimo di durata. In appello, invece, la sentenza veniva riformata la Corte territoriale riteneva infatti che non dovevano essere inclusi i periodi di lavoro tra l'1.1.1997 ed il 15.9.2001 in quanto sottoposti al regime della legge n. 230/1962 né quelli tra l'1.1.2008 ed il 31.9.2009 per espressa previsione del regime transitorio di cui alla Legge n. 247/2007 . La corretta interpretazione della Legge n. 230/1962 La Suprema Corte ha invece ritenuto superato il termine massimo di 36 mesi, sul presupposto che il periodo tra l'1.1.1997 ed il 15.9.2001 dovesse esservi incluso. Infatti, bisognava valutare la legittimità, o meno, del superamento del termine massimo di durata fissato dalla legge in caso di successione di plurimi contratti a tempo determinato , con finalità di prevenzione della loro abusiva reiterazione. In base alla Direttiva 1999/70/CE, al fine di prevenire tali abusi, gli Stati membri sono tenuti ad inserire nella legislazione nazionale almeno una delle seguenti misure ragioni oggettive per il rinnovo dei contratti a termine, durata complessiva massima del susseguirsi degli stessi e numero di rinnovi massimi. L'interpretazione conforme alla normativa europea, in base alle sentenze della CGUE 25.10.2018 nella causa c-331/17 Sciotto e 9.3.2017 nella causa C-406/15 Milkova. impone di evitare il rischio che la distinzione, operata da una normativa nazionale tra lavoratori subordinati a tempo determinato da datore di lavoro privato e quelli che svolgono le medesime mansioni nel settore artistico alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguato al fine perseguito dalla norma. Quindi, se è vero che la programmazione annuale di spettacoli comporta necessariamente esigenze provvisorie in materia di assunzione e, quindi, può costituire una ragione oggettiva per il rinnovo dei contratti , tuttavia tale ragione deve riferirsi a circostanze precise e concrete. Non è pertanto sufficiente la sola natura artistica dell'attività esercitata dal datore di lavoro. Come coordinare le norme La Suprema Corte conclude poi precisando che il disposto dell'art. 4 comma 4- ter d. lgs. n. 368/2001 escludeva l'applicazione del termine massimo di durata alla successione di contratti nei confronti delle attività stagionali definite dal d.P.R. 7.10.1963 n. 1525 . Tale D.P.R. elenca le attività per le quali, ai sensi dell'art. 1 comma 2 lett. a della Legge n. 230/1962 era consentita per il personale assunto temporaneamente l'apposizione di un termine. Tuttavia, il personale artistico non rientra in tali casi, essendo disciplinato dalla successiva lett. e . Dunque, vanno computati nel termine massimo di durata dei contratti a tempo determinato, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, i contratti già rientranti nel campo di applicazione dell'art. 1, lett. e della Legge n. 230/1962.

Presidente Tria – Relatore Michelini Rilevato che 1. C.M. , ispettore d'orchestra del Teatro di Messina, assunto con plurimi contratti di lavoro a tempo determinato a partire dal 1997, conveniva in giudizio con ricorso depositato il 27/7/2012 detto Teatro Ente Autonomo Regionale - EAR al fine di accertare l'illegittimità delle clausole appositive del termine ai contratti di lavoro stipulati tra il 1997 e il 2011, il proprio diritto alla conversione del rapporto, la condanna dell'ente al pagamento delle differenze retributive al risarcimento del danno, nonché il diritto alla stabilizzazione del rapporto 2. il Tribunale di Messina, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava, quanto al termine apposto ai contratti di lavoro stipulati tra il 1997 e il 2007 e a quelli successivi all'1/4/2009, la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, per superamento del limite massimo complessivo di 36 mesi, e esclusa la stabilizzazione condannava l'Ente al risarcimento del danno commisurato a una somma pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 8 quale parametro conforme alla disciplina Europea 3. la Corte d'appello di Messina, decidendo sull'appello proposto dal Teatro, in riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande proposte dal prof. C. 4. per quanto ancora qui rileva, la Corte distrettuale osservava che - il primo giudice aveva fatto applicazione della L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 43, che, nel regolamentare il regime transitorio in fase di prima applicazione, aveva previsto che i contratti a termine in corso alla data del gennaio 2008, continuassero fino al termine previsto dal contratto anche in deroga alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, lett. a - per il primo giudice, il periodo di lavoro già effettuato alla data dell'1/1/2008 doveva essere computato assieme ai periodi successivi di attività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi 15 mesi dalla medesima data ai sensi della lett. b - rimanendo così non computabili nel periodo complessivo di 36 mesi i periodi di attività compresi tra l'1/1/2008 e il 31/3/2009, cumulando i contratti a termine stipulati fino al 31/12/2007 con quelli tra le parti dall'1/4/2009 doveva, sempre per il Tribunale, ritenersi superato il periodo massimo di durata di 36 mesi di cui al citato art. 5, comma 4-bis, non essendo applicabili i casi di esclusione previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, comma 7, circa l'esenzione da limitazioni quantitative dei contratti a tempo determinato conclusi per specifici spettacoli, perché riguardanti la sola esenzione dal cd. contingentamento - invece, per il giudice di secondo grado, doveva essere escluso il superamento del termine massimo di 36 mesi, perché non erano valutabili i periodi di lavoro tra l'1/1/1997 e il 15/9/2001, in quanto sottoposti al regime della L. n. 230 del 1962 , nè erano valutabili a tale fine quelli tra l'1/1/2008 e il 31/3/2009 per espressa previsione del regime transitorio di cui alla L. n. 247 del 2007 già sottratti dal giudice di primo grado pertanto, valutando esclusivamente i periodi iniziati in data successiva al 21/9/2001 successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001 , cioè stipulati in concreto dal 10/11/2001 al 2/12/2007 e dall'1/4/2009 al 2/1/2011, la somma dei periodi lavorati risultava inferiore a 36 mesi 975 giorni e non almeno 1095 5. il prof. C. propone ricorso per la cassazione della sentenza d'appello, affidato a due motivi, concludendo in via principale per la decisione della causa nel merito con conferma di quanto deciso dal giudice di prime cure resiste il Teatro di Messina con controricorso al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza. Considerato che 1. con il primo motivo art. 360 c.p.c. , n. 3 , il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, in relazione alla disciplina del limite massimo di 36 mesi, sostenendo erronea mancata applicazione, nella sentenza gravata, ai fini del computo del limite suddetto, dei contratti di lavoro intercorsi nel periodo tra il 1997 e il 2001 2. con il secondo art. 360 c.p.c. , n. 3 , erronea applicazione alla fattispecie del regime transitorio di cui alla L. n. 247 del 2007 ed erronea non valutazione dei periodi di lavoro compresi tra l'1/1/2008 e il 31/3/2009 ai fini del computo dei 36 mesi di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, regime transitorio che varrebbe solo in fase di prima applicazione, ma non sarebbe interpretabile come una sorta di periodo franco non conteggiabile nel caso in cui l'abuso sia continuato dopo la scadenza del periodo previsto dalla legge 3. il primo motivo di ricorso è fondato 4. la L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 43, Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale , stabilisce che In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 40 a 42 a i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in deroga alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, introdotto dal presente articolo b il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi quindici mesi dalla medesima data 5. il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES , introdotto dalla L. n. 247 del 2007 di cui sopra, poi abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015 Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma della L. 10 dicembre 2014, n. 183, art. 1, comma 7 , a sua volta, stabiliva che Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato 6. il successivo comma 4-ter della medesima disposizione precisava che Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali definite dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 , e successive modifiche e integrazioni, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative 7. l'argomento del Teatro di Messina, fatto propria dalla Corte d'Appello nella sentenza impugnata, secondo cui non erano valutabili, al fine del computo del termine massimo di 36 mesi per la legittimità della reiterazione di contratti a tempo determinato nel settore in esame, i periodi di lavoro tra l'1/1/1997 e il 15/9/2001, in quanto sottoposti al regime della L. n. 230 del 1962 , non resiste alle critiche sollevate nel primo motivo del ricorso del lavoratore 8. tale esclusione non trova fondamento in ragioni di ordine sistematico, perché non si tratta di valutare la legittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro al tempo della loro stipulazione ai sensi della L. n. 230 del 1962 , ma la legittimità o meno del superamento del termine massimo di durata fissato dalla legge in caso di successione di plurimi contratti a tempo determinato, con finalità di prevenzione della loro abusiva reiterazione 9. è infatti l'abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato, ossia l'uso improprio del susseguirsi dei contratti a tempo determinato, che i paesi dell'UE, in base alla Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, di attuazione dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, devono prevenire non è, quindi, in discussione la legittimità delle condizioni legittimanti il ricorso alla clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro, ma la successione di contratti di tale natura tra le stesse parti 10. al fine di prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, sono tenuti ad inserire nella legislazione nazionale almeno una delle seguenti misure ragioni oggettive per il rinnovo dei contratti a tempo determinato durata complessiva massima del susseguirsi dei contratti a tempo determinato numero di rinnovi massimo dei contratti a tempo determinato 11. come chiarito da questa Corte in numerosi arresti tra i quali Cass. 10480/2019 , n. 11121/2019 , n. 11122/2019 , l'interpretazione conforme della normativa considerata, in base alle sentenze della Corte di giustizia UE 25 ottobre 2018, in causa C-331/17, Sciotto e 9 marzo 2017, in causa C-406/15, Milkova, impone di evitare il rischio che la distinzione, operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni nel settore artistico e dello spettacolo alle dipendenze di una Fondazione lirica o di enti similari come l'attuale controricorrente , non risulti adeguata al fine perseguito da tale normativa pertanto, se è vero che la programmazione annuale di spettacoli artistici comporta necessariamente, per il datore di lavoro, esigenze provvisorie in materia di assunzione, e quindi può costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a , del suddetto accordo quadro, tuttavia la nozione di ragioni obiettive dev'essere intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l'utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato dette circostanze possono risultare dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro. 12. nondimeno, non è sufficiente la sola natura artistica dell'attività gestita dal datore di lavoro per quanto concerne le ragioni obiettive , strumento fondamentale di argine all'abusivo ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore, in cui indubbiamente è prevista e ammessa la possibilità di ricorrere a rinnovi, va sottolineata l'assoluta necessità di interpretare in termini rigorosi e restrittivi la sussistenza di tale requisito 13. nel caso di specie, la sentenza gravata non si è attenuta a tali principi, essendosi soffermata soltanto sulla natura temporanea degli spettacoli in programmazione presso il Teatro di Messina, anziché sulla questione dirimente della continuativa reiterazione di contratti a tempo determinato nel quadro di una programmazione artistica stabile e che costituisce la ragione costitutiva e organizzativa dell'ente odierno controricorrente 14. si presenta, altresì, non corretto il riferimento operato nella decisione impugnata alla L. n. 230 del 1962 nella sua integralità 15. il disposto del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-ter escludeva l'applicazione del termine massimo di durata alla successione di contratti nei confronti delle attività stagionali definite dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 tale D.P.R. elenca le attività per le quali, ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 230 , art. 1, comma 2, lett. a , era consentita per il personale assunto temporaneamente l'apposizione di un termine nei contratti di lavoro ma si tratta del personale di cui alla L. n. 230 del 1962 , lett. a della speciale natura dell'attività lavorativa derivante dal carattere stagionale della medesima , non dalla successiva lett. e scritture del personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli 16. deve perciò affermarsi, in diritto, il principio per cui vanno computati nel termine massimo di durata stabilito nell'ambito della disciplina della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, i contratti già rientranti nel campo di applicazione della L. n. 230 del 1962 , art. 1, lett. e 17. tale conclusione è, altresì, in linea con il principio generale secondo il quale, in tema di contratti a tempo determinato, ai fini della verifica del rispetto del limite massimo di durata di trentasei mesi, vanno inclusi anche i contratti già conclusi, stipulati prima dell'aggiunta del comma 4-bis al testo del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, effettuata dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 40, in quanto il comma 43 del medesimo art. 1 li attrae nel conteggio della durata complessiva, al fine della suddetta verifica Cass. n. 24847/2022 18. il secondo motivo è inammissibile, in quanto, in via assorbente, dalla lettura della sentenza gravata non risulta appello incidentale sull'esclusione operata in primo grado del computo dei contratti stipulati nel periodo transitorio di cui alla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 43, lett. b 19. la sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in relazione al motivo accolto 20. poiché, alla luce delle conclusioni del ricorso per cassazione, tenuto conto del superamento per mancanza di specifiche censure anche dei criteri di parametrazione del danno, non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto, a norma dell' art. 384 c.p.c. , comma 2, la causa può essere decisa nel merito, confermando le statuizioni della sentenza di primo grado 21. ferma la regolazione delle spese operata in tale sede, l'ente odierno controricorrente deve essere condannato alla rifusione per intero delle spese del secondo grado di giudizio e di quelle del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la violazione da parte di Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 , comma 4-bis, e, per l'effetto, condanna Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina al pagamento in favore del ricorrente della somma pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno. Condanna Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina alla rifusione in favore del ricorrente di metà delle spese di lite di primo grado, che liquida per l'intero in Euro 2.400 per compensi, spese generali al 15%, accessori di legge, compensando il residuo alla rifusione delle spese di lite del giudizio di appello, che liquida in Euro 3.000 per compensi, spese generali al 15%, accessori di legge alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 3.500 per compensi, Euro 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.