La tutela dell’oblio deve essere bilanciata con il diritto della collettività all'informazione

Il bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata ed a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale, può essere soddisfatto assicurando la permanenza dell'articolo di stampa relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, I Sez. civile, Sentenza n. 36021 pubbl. il 27/12/2023 . Tizio chiese al Tribunale di Roma di accertare il suo diritto all'oblio in relazione ad alcuni articoli pubblicati su una testata onlinee conseguentemente, verificato l'illecito trattamento dei dati personali da parte di Google Inc. per aver negato la deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, condannarsi la società alla loro deindicizzazione affinché non potessero comparire tra i risultati di ricerche effettuate sul motore di ricerca Google ” utilizzando il proprio nome, solo o associato ad altre parole chiave. Domandò, inoltre, la condanna della controparte al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. A sostegno di tali istanze dedusse l'avvenuta pubblicazione di alcuni articoli diffamatori nei suoi confronti da parte della suddetta testata giornalistica online , scritti nell'ambito di una più ampia campagna denigratoria condotta dal predetto giornale nei confronti di Caio Direttore Generale della RAI . Tali articoli contenevano informazioni false e pettegolezzi che miravano, mediante la ridicolizzazione di Caio e di altri dirigenti RAI, a colpire, il reale destinatario della campagna denigratoria e che, nella specie, non era configurabile la natura di notizia ” delle informazioni e, quindi, la sussistenza ab origine dell'interesse pubblico alla pubblicazione, essendo carente di attualità ogni eventuale interesse in considerazione del decorso temporale che, sebbene richiestane in via stragiudiziale, Google Inc. si era rifiutata di deindicizzare i contenuti in questione. Si costituì la resistente, eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità dell'avverso ricorso, per avere Tizio introdotto il giudizio con rito sommario anziché secondo il rito del lavoro. Contestò, poi, il diritto all'oblio rivendicato da quest'ultimo e la sua domanda risarcitoria in quanto il gestore del motore di ricerca, nella sua qualità di caching provider , non è responsabile dei contenuti che indicizza se non pone in essere un inadempimento ad una decisione giurisdizionale o amministrativa. Google ha precisato di non avere operato, spontaneamente, una deindicizzazione , in quanto l'irraggiungibilità di tutti gli URL oggetto di causa , non essendo più possibile, per quanto asserito, il reindirizzamento al sito web che ospitava i contenuti contestati, è da ascrivere a un intervento diretto del Web Master . Il ricorrente ha contestato l'assunto, rilevando che le pagine relative agli articoli continuano ad apparire, laddove, ad es., si operi la ricerca, anziché con il proprio nome, con un aggettivo parola-chiave utilizzato nell'articolo della testata giornalistica online . Al soggetto giuridico, quale destinatario neutro ed indifferenziato della regola giuridica, astratto centro di imputazione di situazioni giuridiche subentra, dunque, nel sistema, la persona, quale fonte primaria di valori intesa non astrattamente, bensì nella individualità delle sue qualità soggettive e sociali. Orbene, la persona si individua, anzitutto, per certe caratteristiche esteriori. Viene, pertanto, in considerazione, in primis, il diritto all'immagine , enucleabile dall' art. 10 c.c. e dagli artt. 96 e 97 della legge sul diritto di autore e il diritto all'identità personale , il cui fondamento normativo è ravvisabile sempre nell' art. 2 Cost. , e che risulta costruito come immagine sociale del soggetto, e non come idea meramente soggettiva che ciascuno abbia del proprio io. Nel valore persona , protetto dall' art. 2 Cost. , confluisce, quindi, il diritto alla riservatezza . Se la nozione giuridica di personalità, implicita nell' art. 2 Cost. , dà luogo, dunque, ad un concetto dinamico, è evidente che il diritto all'oblio, strettamente connesso a quello alla riservatezza ed al rispetto della propria identità personale, ma in una prospettiva evolutiva, si traduce nell'esigenza di evitare che la propria persona resti cristallizzata ed immutabile in un'identità legata ad avvenimenti o contesti del passato, che non sono più idonei a definirla in modo autentico o, quanto meno, in modo completo. Lo strumento della deindicizzazione è divenuto, nella prassi giurisprudenziale lo strumento applicabile ogni qual volta l'interesse all'indiscriminata reperibilità della notizia mediante motore di ricerca sia recessivo rispetto all'esigenza di tutela dell'identità personale , nel senso dinamico suindicato. In tal modo, viene evitato il rischio di quella che è stata definita in dottrina la biografia ferita , ossia il rischio della cristallizzazione della complessità dell'Io in un dato che lo distorce o non lo rappresenta più . La fattispecie analizzata dalla Corte è quella del diritto dell'interessato a richiedere al gestore di un motore di ricerca la rimozione deindicizzazione di taluni risultati connessi al proprio nome e concernenti articoli già legittimamente pubblicati nell'esercizio del diritto di cronaca giornalistica per l'interesse pubblico che circondavano alcune vicende che lo avevano interessato si tratta, cioè, dell'aspirazione di una persona coinvolta in quelle vicende, una volta cessato il clamore e l'interesse pubblico per il decorso del tempo, a non vedersi consegnata al ricordo collettivo in quei termini. Rischio, questo, amplificato dalla potenza evocatrice dei motori di ricerca nell'ambiente internet che, tramite il collegamento alle sue generalità, permette con estrema facilità di rinvenire in rete, anche molti anni dopo, la traccia di quelle notizie e di quegli articoli. In tal senso, la Corte ha avuto modo di ritenere che il bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata ed a conservare memoria del fatto storico , con quello del titolare dei dati personali a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale, possa essere soddisfatto assicurando la permanenza dell'articolo di stampa relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria nell'archivio informatico del quotidiano, a condizione, però, che l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti cfr . Cass. n. 7559 del 2020 . Similmente, si è reputato che la tutela del diritto consistente nel non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione sul web, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, possa trovare soddisfazione - nel quadro dell'indicato bilanciamento del diritto stesso con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica - anche nella sola deindicizzazione dell'articolo dai motori di ricerca cfr . Cass. n. 9147 del 2020 . Il Collegio ritiene che la tutela dell'oblio dell'interessato in relazione ad articoli che lo riguardino e pubblicati , a suo tempo, legittimamente, nell'esercizio del diritto di cronaca e/o di critica e /o di satira, da una testata online, deve essere bilanciata con il diritto della collettività all'informazione e, ove non recessiva rispetto a quest'ultimo, è adeguatamente assicurata, innanzitutto, dalla deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, quale rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria, così assecondando il diritto della persona medesima a non essere trovata facilmente sulla rete right not to be found easily . È doveroso puntualizzare, peraltro, che, come già sancito da Cass. n. 2893 del 2023 , all'interessato può essere riconosciuto, a certe condizioni, anche il diritto a rimedi più incisivi della deindicizzazione suddetta, ma, sul punto, non è necessario indugiare oltre attesa la richiesta originaria di Tizio volta ad ottenere, appunto, la sola deindicizzazione suddetta, oltre al risarcimento del lamentato danno. La natura delle informazioni per cui è causa e il fatto che il ricorrente sia un noto dirigente nel settore della telecomunicazioni e che all'epoca del presente ricorso fosse un dirigente Rai, evidenzia la sussistenza dell'interesse della collettività alla conoscenza del suo percorso di studi e professionale, che non può ritenersi limitato ad un contesto specifico . È palese, dunque, che, così argomentando, il giudice di merito ha proceduto al bilanciamento tra la tutela dell'oblio invocata da Tizio in relazione agli articoli predetti ed il diritto della collettività all'informazione , ritenendo la prima recessiva rispetto a quest'ultimo in forza di una motivazione che, pur nella sua sinteticità, si rivela essere sicuramente in linea con il minimo costituzionale richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014 .

Presidente Genovese - Relatore Iofrida Fatti di causa 1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato il 24 gennaio 2018, P.A. chiese al Tribunale di Roma di accertare il suo diritto all'oblio in relazione ad alcuni articoli pubblicati dalla testata online Omissis e conseguentemente, verificato l'illecito trattamento dei dati personali da parte di Omissis Inc. poi Omissis LLC per aver negato la deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, condannarsi detta società alla loro deindicizzazione affinché non potessero comparire tra i risultati di ricerche effettuate sul motore di ricerca Omissis utilizzando il proprio nome, solo o associato ad altre parole chiave. Domandò, inoltre, la condanna della controparte al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, stimati in Euro 51.000,00. A sostegno di tali istanze dedusse i di aver svolto, da Omissis , il ruolo di Direttore delle relazioni istituzionali e internazionali della Omissis e di svolgere, al momento del ricorso, il ruolo di Direttore dello sviluppo strategico delle piattaforme della stessa azienda ii l'avvenuta pubblicazione, tra Omissis , di alcuni articoli diffamatori nei suoi confronti da parte della suddetta testata giornalistica online, scritti nell'ambito di una più ampia campagna denigratoria condotta dal predetto giornale all'epoca diretto dal Dott. P.G., già Direttore delle relazioni esterne Omissis in epoca precedente nei confronti del Dott. G.L., all'epoca dei fatti Direttore Generale della Omissis iii che gli articoli contenevano informazioni false e pettegolezzi che miravano, mediante la ridicolizzazione sua e di altri dirigenti Omissis , a colpire il G., reale destinatario della campagna denigratoria iv che, nella specie, non era configurabile la natura di notizia delle informazioni e, quindi, la sussistenza ab origine dell'interesse pubblico alla pubblicazione, essendo carente di attualità ogni eventuale interesse in considerazione del decorso temporale v che, sebbene richiestane in via stragiudiziale, Omissis Inc. si era rifiutata di deindicizzare i contenuti in questione. 1.1. Si costituì la resistente, eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità dell'avverso ricorso, per avere il P. introdotto il giudizio con rito sommario anziché secondo il rito del lavoro. Contestò, poi, il diritto all'oblio rivendicato da quest'ultimo e la sua domanda risarcitoria in quanto il gestore del motore di ricerca, nella sua qualità di caching provider, non è responsabile dei contenuti che indicizza se non pone in essere un inadempimento ad una decisione giurisdizionale o amministrativa. 1.2. Disposto il mutamento del rito ed assegnato alle parti il termine per l'integrazione degli atti, l'adito tribunale, all'esito dell'udienza del 26 ottobre 2021, pronunciò la sentenza n. 16806/2021, con cui rigettò le domande del ricorrente condannandolo al pagamento delle spese di lite. 1.2.1. Per quanto qui di interesse, quel giudice i osservò che Omissis è stato convenuto in giudizio come titolare del trattamento dei dati, in ragione degli url individuati dal ricorrente con il motore di ricerca Omissis e dunque questi e' un fornitore di contenuti pubblicati da terzi , che peraltro neppure sono stati convenuti in giudizio ii richiamò i principi rinvenibili in Cass. n. 20861 del 2021 ed in Cass. n. 9147 del 2020 iii ritenne che il P. non avesse mosso censure in merito alla falsità delle notizie pubblicate, alla permanenza di un ruolo dirigenziale in azienda del settore delle telecomunicazioni in capo allo stesso ed alla circostanza che le informazioni di cui ai links oggetto di causa si riferissero agli studi universitari ed alla sua carriera professionale. Pertanto, la richiesta di deindicizzazione era ingiustificata, essendo addirittura irrilevante il fattore tempo, persistendo l'attuale interesse pubblico alla conoscenza di queste informazioni, relativamente alle quali neppure è stata allegata la necessità di aggiornamento o la falsità. Il diritto all'oblio, infatti, non è soltanto una questione di tempo, ma sostanzialmente una questione concernente la proporzionalità con il contrapposto interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica che non affievolisce, come nel caso di specie, nel momento in cui persista un interesse pubblico specifico ed attuale, come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione Cass. 15160/21 . 2. Per la cassazione della descritta sentenza ha promosso ricorso P.A., affidandolo a tre motivi. Ha resistito, con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380-bis c.p.c., Omissis LLC già Omissis Inc. . Nella pubblica udienza, la controricorrente Omissis ha precisato di non avere Essa operato, spontaneamente, una deindicizzazione , in quanto l'irraggiungibilità di tutti gli URL oggetto di causa - non essendo più possibile, per quanto asserito, il reindirizzamento al sito web che ospitava i contenuti contestati -, è da ascrivere a un intervento diretto del Web Master . Il ricorrente ha contestato l'assunto, rilevando che le pagine relative agli articoli continuano ad apparire, laddove, ad es., si operi la ricerca, anziché con il proprio nome, con un aggettivo parola-chiave utilizzato nell'articolo della testata giornalistica online. Ragioni della decisione 1.Preliminarmente, la richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere, contenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c. di Omissis , deve essere respinta in quanto, nel corso della pubblica udienza, il difensore del ricorrente ha dichiarato di non volere aderirvi, avendo interesse ad insistere nella decisione nel merito sul ricorso, anche in ragione dall'emersione della notizia anche attraverso altre chiavi della ricerca inserite nel motore . Va qui richiamato il principio di Cass. n. 21757 del 2021 secondo cui La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l'altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell'attore, in una valutazione dell'interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell'esistenza del diritto azionato e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell'attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell'avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa sostanzialmente conforme Cass. n. 30251 del 2023 . E, nella specie, l'avvenuta cessazione della materia del contendere non è incontroversa né può essere accertata in questa sede, poiché e questa Corte non è giudice del fatto. 2. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi I Violazione o falsa applicazione dell' art. 17 del Regolamento UE 679/2016 e dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza italiana e comunitaria in materia di deindicizzazione quale misura compatibile con il diritto alla conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica . Si ascrive al tribunale di avere erroneamente escluso che la deindicizzazione degli indirizzi URL potesse essere compatibile con la ritenuta esigenza di conservazione degli articoli per finalità storico-sociale e documentaristica, essendosi limitato ad una valutazione tra le estreme alternative della cancellazione dei contenuti da internet e del rigetto della domanda con immediata accessibilità dei contenuti tramite ricerche effettuate su Omissis utilizzando il nome del ricorrente II Violazione o falsa applicazione dell' art. 17 del Regolamento UE 679/2016 e dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza italiana e comunitaria per ciò che concerne l'interesse della collettività alla conoscenza delle notizie riportate negli URL contestati . Si censura la decisione impugnata per non aver considerato i presupposti stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità per l'accertamento, in concreto, dell'interesse pubblico alla conoscenza della notizia, essendosi limitata a ricavare la sussistenza di tale interesse in base al ruolo dirigenziale ricoperto dal ricorrente ed alla ritenuta attinenza delle notizie oggetto del procedimento agli studi universitari ed alla carriera professionale dello stesso III Violazione o falsa applicazione dell' art. 17 del Regolamento UE 679/2016 e dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza italiana e comunitaria per ciò che concerne il requisito del tempo trascorso . Si contesta al giudice di merito di non aver tenuto in alcuna considerazione il tempo trascorso dalla pubblicazione degli articoli alla richiesta di deindicizzazione degli stessi tra 2 anni e 6 mesi e 4 anni ritenendo irrilevante il fattore tempo . 3. Allo scrutinio di tali doglianze il Collegio ritiene opportuno anteporre alcune considerazioni di carattere generale riguardanti il tema del diritto all'oblio ed il suo atteggiarsi nel contesto digitale, con specifico riguardo ai limiti del diritto individuale alla rimozione di taluni contenuti dai risultati forniti da un motore di ricerca a partire dal proprio nome. Fin da ora, peraltro, va precisato, onde sgombrare il campo da possibili equivoci, che alla odierna fattispecie non è applicabile, ratione temporis, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati General Data Protection Recitilation , noto come GDPR o RGDP , emanato il 27 aprile 2016 dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, di abrogazione della direttiva 95/46/CE, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 119 del 4 maggio 2016 ed entrato in vigore il 24 maggio 2016, ma con applicazione diretta negli Stati membri dal 25 maggio 2018, alle cui disposizioni la normativa nazionale è stata adeguata con il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101 , vigente dal 19 settembre 2018 . Detto Regolamento, dunque, è applicabile in Italia da un momento successivo appunto il 25 aggio 2018 rispetto sia ai fatti di causa riguardanti articoli pubblicati nel Omissis che alla data 24 gennaio 2018 del deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. costituente l'atto introduttivo del giudizio. 3.1. Va premesso, richiamandosi quanto sancito da Cass. n. 15160 del 2021 , che, nel disegno personalistico - lo Stato è a servizio della persona, non viceversa - e pluralista prefigurato dalla Costituzione, l'art. 2 non può che essere interpretato se non come una norma di apertura, fonte e catalogo - come è stato incisivamente affermato da autorevole dottrina - di una Costituzione culturale , e ad essa vanno, pertanto, ricondotti una serie di diritti della persona, sia che essi siano previsti da norme di legge ordinaria, sia che debbano enuclearsi dal sistema, come per i diritti - in considerazione nella vicenda oggetto di esame - all'identità personale ed all'oblio. Al soggetto giuridico, quale destinatario neutro ed indifferenziato della regola giuridica, astratto centro di imputazione di situazioni giuridiche la capacità giuridica di ciascuno soggetto si acquista con la nascita, recita l' art. 1 c.c. , subentra, dunque, nel sistema, la persona, quale fonte primaria di valori ma la persona intesa non astrattamente, bensì nella individualità delle sue qualità soggettive e sociali cfr. Cass., SU, n. 3677 del 2009 , secondo cui nel danno non patrimoniale rientra qualsiasi ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, garantito dall' art. 2 Cost. . 3.1.1. Orbene, la persona si individua, anzitutto, per certe caratteristiche esteriori. Viene, pertanto, in considerazione, in primis, il diritto all'immagine , enucleabile dall' art. 10 c.c. e dagli artt. 96 e 97 Legge sul diritto di autore, che prevedono il diritto al ritratto, che può essere pubblicato solo con consenso della persona ritratta cfr. Cass. n. 10957 del 2010 Cass. n. 1748 del 2016 . 3.1.2. Viene in rilievo, poi, il cd. diritto all'identità personale , il cui fondamento normativo è ravvisabile sempre nell' art. 2 Cost. , e che risulta costruito - nelle elaborazioni della dottrina e nelle decisioni della giurisprudenza - come immagine sociale del soggetto, e non come idea meramente soggettiva che ciascuno abbia del proprio io immagine costituita da quel coacervo di valori intellettuali, politici, religiosi, professionali, ecc. che caratterizzano una determinata persona e che questa non vuole vedere alterato o travisato all'esterno. Tale diritto confluisce insieme a quelli all'immagine, alla riservatezza, al nome ed alla reputazione nella previsione dell' art. 2 Cost. , ossia nel valore unitario della persona, ed ha il proprio apparato di tutela negli artt. 6, 7, 10 e 2059 c.c. e nelle previsioni della legge sul diritto di autore, applicabili in via diretta e non analogica, in virtù di un'interpretazione adeguatrice di tali norme al precetto costituzionale cfr. Cass. n. 16222 del 2015 . 3.1.3. Nel valore persona , protetto dall' art. 2 Cost. , confluisce, quindi, il diritto alla riservatezza . Conosciuto dagli ordinamenti anglosassoni da tempo fin dalla fine dell'800 , nella forma della cd. privacy, o right to be let alone, la tutela del riserbo trova oggi un fondamento normativo in un reticolo di testi legislativi nazionali ed internazionali la L. n. 339 del 1958, art. 6 obbligo di riservatezza del lavoratore domestico le L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 6, con riferimento alla riservatezza del lavoratore, e L. 22 aprile 1941, n. 633, artt. 93 e 95 legge sul diritto di autore , che tutelano l'intimità delle corrispondenze epistolari la L. 22 maggio 1978, n. 194, art. 5, con riferimento alla riservatezza della donna in caso di interruzione della gravidanza l'art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo CEDU , che tutela il rispetto della vita privata e familiare gli artt. 2, 14 e 15 Cost. gli artt. 614 c.p. e ss 3.1.4. Ciò posto, non può revocarsi in dubbio che il problema fondamentale che si pone con riferimento a tali diritti è costituito dal contemperamento tra libertà di manifestazione del pensiero art. 21 Cost. , art. 10 CEDU e art. 10 Carta di Nizza ed il diritto alla privacy ed all'identità personale art. 2 Cost. ed art. 8 CEDU , poiché vengono in considerazione - al riguardo - atti non ingiuriosi o diffamatori, bensì attività informative che comunque invadono la libertà altrui. Al riguardo, si è affermato che tra il diritto all'informazione ed i diritti della persona alla reputazione ed alla riservatezza, il primo, se correlato ad un effettivo interesse pubblico all'informazione, tendenzialmente prevale sui secondi, attesa, ex art. 1 Cost. , comma 2, la funzionale correlazione dell'informazione con l'esercizio della sovranità popolare, che solo in presenza di una opinione pubblica compiutamente informata può correttamente dispiegarsi, ed alla luce anche della legislazione ordinaria in particolare il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 12 che, appunto, riconduce reputazione, identità e privacy nell'alveo delle eccezioni rispetto al generale principio di tutela dell'informazione cfr. Cass. n. 16236 del 2010 . 3.1.5. Tuttavia, non si è mancato di osservare che, nelle controversie in cui si configura una contrapposizione tra due diritti, aventi entrambi copertura costituzionale, e cioè tra valori ugualmente protetti, va applicato il cd. criterio di gerarchia mobile , dovendo il giudice procedere di volta in volta, ed in considerazione dello specifico thema decidendum, all'individuazione dell'interesse da privilegiare a seguito di un'equilibrata comparazione tra diritti in gioco, diretta ad evitare che la piena tutela di un interesse finisca per tradursi in una limitazione di quello contrapposto, capace di vanificarne o ridurne il valore contenutistico cfr. Cass. n. 18279 del 2010 . 3.1.6. Sul versante opposto a quello dei diritti di informare e di essere informati art. 21 Cost. e art. 10 CEDU in relazione a fatti e notizie di pubblico interesse, si colloca, per vero, già prima dell'avvento delle Costituzioni moderne, il diritto dei singoli al riserbo ed all'oblio per quel che concerne le vicende passate. Sotto tale profilo, la norma dell' art. 2 della nostra Costituzione crea immediatamente, con riferimento alla persona, una distanza da ogni astrazione, propria del soggetto di diritto, per la rilevanza attribuita al legame sociale, alla realtà delle formazioni sociali nelle quali si realizza la costruzione della personalità, in modo tale che sia garantita la pari dignità sociale della persona ed il suo libero sviluppo, anche in una prospettiva evolutiva. La dignità presuppone, invero, innegabilmente, il rispetto, da parte delle formazioni sociali prima fra tutte lo Stato , della sfera personale riservata della persona, del diritto di ciascuno ad essere lasciato solo, a non essere menzionato in pubblico, ad essere dimenticato. 3.1.7. Se la nozione giuridica di personalità, implicita nell' art. 2 Cost. , dà luogo, dunque, ad un concetto dinamico, è evidente che il diritto all'oblio, strettamente connesso a quello alla riservatezza ed al rispetto della propria identità personale, ma in una prospettiva evolutiva, si traduce nell'esigenza di evitare che la propria persona resti cristallizzata ed immutabile in un'identità legata ad avvenimenti o contesti del passato, che non sono più idonei a definirla in modo autentico o, quanto meno, in modo completo. Il diritto all'oblio pensato e definito dalla giurisprudenza come diritto a non subire gli effetti pregiudizievoli della ripubblicazione, a distanza di tempo, pur legittimamente diffusa in origine, ma non più giustificata da nuove ragioni di attualità, deve scontare oggi, sul piano applicativo, e segnatamente su quello del bilanciamento degli interessi, la possibilità di conservare in rete notizie, anche risalenti, spesso superate da eventi successivi, e perciò inattuali. 3.1.8. In tal senso, lo strumento della deindicizzazione - sul quale si ritornerà - è divenuto, nella prassi giurisprudenziale oggi espressamente avallata dalla previsione del diritto alla cancellazione , denominato nel titolo anche diritto all'oblio , previsto dall'art. 17 del Regolamento UE 2016/679, non applicabile, tuttavia, ratione temporis alla fattispecie concreta, come si è già anticipato , lo strumento applicabile ogni qual volta l'interesse all'indiscriminata reperibilità della notizia mediante motore di ricerca sia recessivo rispetto all'esigenza di tutela dell'identità personale, nel senso dinamico suindicato. In tal modo, viene evitato il rischio di quella che è stata definita in dottrina la biografia ferita , ossia il rischio della cristallizzazione della complessità dell'Io in un dato che lo distorce o non lo rappresenta più . 3.1.9. Il tutto si gioca, dunque, sul tavolo del bilanciamento tra valori che si fronteggiano. Ed in tale prospettiva di gerarchia mobile , che vede - a seconda del contesto fattuale - prevalere ora l'una ora l'altra esigenza di tutela, si è posta, da ultimo, anche autorevole dottrina, che ha elaborato, al riguardo, una quadripartizione di tipi di casi - una sorta di scansione per Fallgruppen - evidenziando, del tutto opportunamente, che la decisione di bilanciamento va presa alla luce di un solerte apprezzamento di tutte le circostanze allo stato significative . In via di estrema sintesi, si è rilevato che può accadere, in concreto, che a in assenza di un interesse pubblico attuale, debba prevalere l'aspirazione del soggetto interessato al controllo dei propri dati personali b il conflitto coinvolga, invece, un interesse pubblico specifico ed attuale, ed allora troverà spazio l'opposta soluzione di pubblicare o ripubblicare i dati del soggetto c ci si trovi in presenza di un dataset documentario, inteso a raccogliere informazioni a fini di ricerca, per esigenze storiografiche, o altro, ed allora il diritto alla rimozione dei dati diventa recessivo, ma l'interessato avrà a diposizione l'opportunità di coltivare una istanza di contestualizzazione, volta all'aggiornamento del dato d la notizia diffusa sia inequivocabilmente falsa fake news , ed allora - fatta salva in alternativa, ove concretamente percorribile, una possibilità di smentita - la cancellazione dall'archivio informatico potrà essere inevitabile. 3.2. Con riguardo, poi, al concreto atteggiarsi del diritto all'oblio nel contesto digitale, con specifico riguardo ai limiti del diritto individuale alla rimozione di taluni contenuti dai risultati forniti da un motore di ricerca a partire dal proprio nome, è opportuno, per il corretto inquadramento della questione, muovere dalla nota sentenza della Corte di Giustizia, Grande Sezione, del 13.5.2014- C-131/12 , usualmente ricordata come Omissis . 3.2.1. Secondo questa pronuncia, l'art. 2, lett. b e d , della direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l'attività di un motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell'indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come trattamento di dati personali , ai sensi del citato art. 2, lett. b , qualora tali informazioni contengano dati personali, e che, dall'altro lato, il gestore di detto motore di ricerca deve essere considerato come il responsabile del trattamento summenzionato, ai sensi dell'art. 2, lett. d , di cui sopra. 3.2.2. Inoltre gli artt. 12, lett. b , e 14, comma 1, lett. a , della direttiva 95/46 suddetta devono essere interpretati nel senso che, al fine di rispettare i diritti previsti da tali disposizioni, e sempre che le condizioni da queste fissate siano effettivamente soddisfatte, il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall'elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, i links verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a quest'ultima anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita. 3.2.3. Si deve verificare, quindi, in particolare, se l'interessato abbia diritto a che l'informazione in questione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che si palesino a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome, senza per questo che la constatazione di un diritto siffatto presupponga che l'inclusione dell'informazione in questione in tale elenco arrechi un pregiudizio a detto interessato. 3.2.4. Quest'ultimo, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli art. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea cd. Carta di Nizza , - il primo dei quali, rubricato Rispetto della vita privata e della vita familiare , proclama che Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni il secondo, invece, recante Protezione dei dati di carattere personale , afferma che 1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. 2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica. 3. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente - può chiedere che l'informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico in virtù della sua inclusione in un siffatto elenco di risultati. 3.2.5. I diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull'interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull'interesse del grande pubblico ad accedere all'informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Fa eccezione l'ipotesi in cui risulti, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto dalla stessa nella vita pubblica, che l'ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall'interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, in virtù dell'inclusione summenzionata, all'informazione di cui trattasi. 3.3. Infatti, il diritto di ogni persona all'oblio, strettamente collegato, come si è già anticipato, ai diritti alla riservatezza ed all'identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all'informazione, sicché, qualora sia pubblicato sul web un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, noto a livello nazionale, può essere disposta la deindicizzazione dell'articolo dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato, e protratto nel tempo, ai suoi dati personali, tramite il semplice utilizzo di parole chiave, possa lederne il diritto a non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica diversa da quella reale e costituente oggetto di notizie ormai superate cfr. anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 2893 del 2023 Cass. n. 15160 del 2021 . Una tale conclusione - valevole anche anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 17 Regolamento UE 2016/679 - si spiega proprio perché il diritto all'oblio consiste nel non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, ma la tutela del menzionato diritto va posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e, quindi, di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica, sicché, nel caso di notizia pubblicata sul web, il medesimo può trovare soddisfazione anche nella sola deindicizzazione dell'articolo dai motori di ricerca cfr. Cass. n. 9147 del 2020 . 3.3.1. Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di interloquire, precisando che la menzione degli elementi identificativi delle persone protagonisti di fatti e vicende del passato è lecita solo nell'ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l'interesse della collettività, sia per ragioni di notorietà che per il ruolo pubblico rivestito. In caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell'onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva cfr. Cass., SU, n. 19681 del 2019 . 3.4. Tanto premesso, la fattispecie oggi all'attenzione del Collegio, sempre più frequentemente sottoposta al vaglio giudiziale, è quella del diritto dell'interessato a richiedere al gestore di un motore di ricerca la rimozione deindicizzazione di taluni risultati connessi al proprio nome e concernenti articoli già legittimamente pubblicati nell'esercizio del diritto di cronaca giornalistica per l'interesse pubblico che circondavano alcune vicende che lo avevano interessato si tratta, cioè, dell'aspirazione di una persona coinvolta in quelle vicende, una volta cessato il clamore e l'interesse pubblico per il decorso del tempo, a non vedersi consegnata al ricordo collettivo in quei termini. Rischio, questo, amplificato dalla potenza evocatrice dei motori di ricerca nell'ambiente internet che, tramite il collegamento alle sue generalità, permette con estrema facilità di rinvenire in rete, anche molti anni dopo, la traccia di quelle notizie e di quegli articoli. 3.4.1. Come opportunamente rimarcatosi in dottrina, peraltro, l'attività dei motori di ricerca si è progressivamente affrancata da schemi di mera intermediazione tecnica e neutrale elencazione delle informazioni reperite online, affiancandovi attività di organizzazione e posizionamento delle informazioni in base a vari criteri, di guida dell'utente, nella navigazione e di generazione di copie le cache delle pagine indicizzate, a formare un vero e proprio archivio, più o meno duraturo, dei contenuti della rete. Il gestore del motore di ricerca ha assunto, così, un ruolo sempre meno passivo nella erogazione del servizio. Tanto che - come si è già anticipato - l'attività del motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate online da terzi, indicizzarle, memorizzarle temporaneamente e metterle a disposizione degli utenti secondo un ordine di preferenza deve essere qualificata come trattamento di dati personali del quale il gestore del search engine è il titolare trattamento, questo, distinto e diverso da quello posto in essere dal gestore del sito sorgente sul quale il dato è stato originariamente pubblicato. L'intermediazione del motore di ricerca, inoltre, è suscettibile anche di mutare lo stesso contenuto comunicativo delle informazioni fornite all'utente, ottenendo, mediante l'aggregazione di differenti fonti in un unico elenco strutturato, un messaggio complessivo diverso rispetto a quello che sarebbe veicolato dai singoli contenuti ove separatamente consultati accedendo ai relativi siti sorgente. In particolare, come ricordato da Cass. n. 3952 del 2022, l'elenco dei risultati fornito dal motore di ricerca in corrispondenza del nome di una persona è idoneo a veicolare una rappresentazione dell'identità che quella persona ha in internet , offrendo una visione complessiva delle informazioni ad essa relative reperibili online e definendone un profilo più o meno dettagliato ma sicuramente originale quanto all'aggregazione delle informazioni stesse. 3.5. Orbene, nella ricerca di un rimedio idoneo a neutralizzare questi rischi, è stato osservato che ad offendere il protagonista della notizia non è la sua mera permanenza in rete, ma le modalità con le quali ciò avviene. Il diritto all'oblio, quindi, è posto in rilievo rispetto alla lesione risentita dal protagonista dell'informazione dall'accesso generalizzato ed indistinto consentito agli utenti del web ai contenuti della notizia che - presente nella pagina di un giornale in formato digitale ed inserita in un archivio giornalistico online - riemerge, in seguito alla digitazione sulla query del motore di ricerca del nominativo dell'interessato, per l'intervenuta sua indicizzazione, operazione con cui il gestore di un motore di ricerca include nel proprio data base i contenuti di un sito web che viene in tal modo acquisito e tradotto all'interno del primo. 3.5.1. Un siffatto esito interpretativo ben può essere condiviso, oltre che per l'autonoma dignità riconosciuta ad una memoria storica collettiva integrata dai fatti di cronaca di rilievo storico-sociale, anche quando declinata in formato digitale, pure in ragione di quanto, negli anni più recenti, si è venuto ad affermare dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea sui rapporti tra motori di ricerca, protagonisti del contesto digitale e della diffusione dell'informazione in siffatto ambito, loro operatività e diritto all'oblio, inteso, appunto, come imperitura esposizione delle informazioni relative al singolo agli utenti di Internet. 3.5.2. Tutto ciò ha portato a concludere che, in materia di diritto all'oblio, là dove il suo titolare lamenti la presenza sul web di una informazione che lo riguardi - appartenente al passato e che egli voglia tenere per sé a tutela della sua identità e riservatezza - e la sua riemersione senza limiti di tempo all'esito della consultazione di un motore di ricerca avviata tramite la digitazione sulla relativa query del proprio nome e cognome, la tutela del menzionato diritto va posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica, e può trovare soddisfazione, fermo il carattere lecito della prima pubblicazione, nella deindicizzazione dell'articolo sui motori di ricerca generali, o in quelli predisposti dall'editore. 3.5.3. In quest'ottica, dunque, si inquadra Cass. n. 15160 del 2021 , secondo cui il diritto di ogni persona all'oblio, strettamente collegato ai diritti alla riservatezza e all'identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all'informazione, sicché anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 17 del Regolamento UE 2016/679 , qualora sia pubblicato sul web un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, noto a livello nazionale, può essere disposta la deindicizzazione dell'articolo dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato, e protratto nel tempo, ai dati personali di tale soggetto, tramite il semplice utilizzo di parole chiave, possa ledere il diritto di quest'ultimo a non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica, diversa da quella reale e costituente oggetto di notizie ormai superate. 3.5.4. Altrettanto dicasi circa la già menzionata Cass. n. 3952 del 2022, nella cui motivazione si legge, tra l'altro cfr. pag. 14 e ss. , che i le Sezioni Unite di questa Corte hanno ricondotto la deindicizzazione al diritto alla cancellazione dei dati nel quadro di una classificazione che considera il medesimo come una delle tre possibili declinazioni del diritto all'oblio le altre due sono individuate nel diritto a non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso un certo tempo tra la prima e la seconda pubblicazione e quello, connesso all'uso di internet ed alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell'esigenza di collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel contesto attuale cfr., in motivazione, Cass., SU, n. 19681 del 2019 . Sia la contestualizzazione dell'informazione che la deindicizzazione trovano ragione in un dato che innegabilmente connota l'esistenza umana nell'era digitale un dato che si riassume, secondo una felice espressione, nella stretta della persona in una eterna memoria collettiva, per una identità che si ripropone, nel tempo, sempre uguale a sé stessa cfr., in motivazione, Cass. n. 9147 del 2020 ii nel mondo segnato dalla presenza di internet, in cui le informazioni sono affidate ad un supporto informatico, le notizie sono sempre reperibili a distanza di anni dal verificarsi degli accadimenti che ne hanno imposto o comunque suggerito la prima diffusione e che la deindicizzazione si è venuta affermando come rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria. In tal senso, la deindicizzazione asseconda il diritto della persona a non essere trovata facilmente sulla rete si parla in proposito di right not to be found easily lo strumento vale, cioè, ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal nome della persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa che siano correlati a vicende che in sé - si badi - presentino ancora un interesse e che non possono perciò essere totalmente oscurate , evitando che l'utente di internet, il quale ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione, si imbatta nelle relative notizie per ragioni casuali o in quanto animato dalla curiosità di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora memoria una memoria facilmente accessibile, nei suoi contenuti, proprio attraverso l'attività dei motori di ricerca iii Come ricordato dalla Corte di Lussemburgo, l'inclusione nell'elenco di risultati - che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona - di una pagina web e delle informazioni in essa contenute relative a questa persona, poiché facilita notevolmente l'accessibilità di tali informazioni a qualsiasi utente di internet che effettui una ricerca sulla persona di cui trattasi e può svolgere un ruolo decisivo per la diffusione di dette informazioni, è idonea a costituire un'ingerenza più rilevante nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata della persona interessata che non la pubblicazione da parte dell'editore della suddetta pagina web Corte giust. Omissis e Omissis , cit., 87 iii La deindicizzazione ha, così, riguardo all'identità digitale del soggetto e ciò in quanto l'elenco dei risultati che compare in corrispondenza del nome della persona fornisce una rappresentazione dell'identità che quella persona ha in internet. E' stato in proposito sottolineato, sempre dalla Corte di giustizia, che l'organizzazione e l'aggregazione delle informazioni pubblicate su internet, realizzate dai motori di ricerca allo scopo di facilitare ai loro utenti l'accesso a dette informazioni, possono avere come effetto che tali utenti, quando la loro ricerca viene effettuata a partire dal nome di una persona fisica, ottengono attraverso l'elenco di risultati una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a questa persona reperibili su internet, che consente loro di stabilire un profilo più o meno dettagliato di quest'ultima Corte giust. UE, Omissis e Omissis , cit., 37 . L'attività del motore di ricerca si mostra, in altri termini, incidente sui diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali cfr., in particolare, Corte giust. UE, Omissis e Omissis , cit., 38 e tuttavia, poiché la soppressione di links dall'elenco di risultati potrebbe avere, a seconda dell'informazione in questione, ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti di internet potenzialmente interessati ad avere accesso a quest'ultima, occorre ricercare un giusto equilibrio tra tale interesse e i diritti fondamentali della persona di cui trattasi, derivanti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea Corte giust. UE, Omissis e Omissis , cit., 81 il tema è affrontato anche da Corte giust. UE, Grande sezione, 24 settembre 2019, G.C. e altri, 66 e 75, ove è precisato che il gestore del motore di ricerca deve comunque verificare - alla luce dei motivi di interesse pubblico rilevante di cui all'art. 8.4, della dir. 95/46/CE o all'art. 9.2, lett. g , del reg. UE 2016/679, e nel rispetto delle condizioni previste da tali disposizioni - se l'inserimento del link, verso la pagina web in questione, nell'elenco visualizzato in esito a una ricerca effettuata a partire dal nome della persona interessata, sia necessario per l'esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tale pagina web attraverso siffatta ricerca, libertà protetta dall'art. 11 della Carta suddetta iv Occorre però considerare che questa esigenza di bilanciamento tra l'interesse del singolo ad essere dimenticato e l'interesse della collettività ad essere informata - cui si correla l'interesse dei media ad informare - permea l'intera area del diritto all'oblio, di cui quello alla deindicizzazione può considerarsi espressione va rammentato, in proposito, quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nel campo della rievocazione storica, a mezzo della stampa, di fatti e vicende concernenti eventi del passato rievocazione rispetto alla quale è stato affermato l'obbligo, da parte del giudice del merito, di valutare l'interesse pubblico, concreto ed attuale, alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti in tal senso Cass. Sez. U. 22 luglio 2019, n. 19681 , cit. . Nello stesso senso, la giurisprudenza della Corte EDU è ferma, da tempo, nel postulare un giusto equilibrio tra il diritto al rispetto della vita privata di cui all'art. 8 CEDU e il diritto alla libertà d'espressione di cui al successivo art. 10, che include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee e ha individuato, a tal fine, precisi criteri per la ponderazione dei diritti concorrenti il contributo della notizia a un dibattito di interesse generale, il grado di notorietà del soggetto, l'oggetto della notizia il comportamento precedente dell'interessato, le modalità con cui si ottiene l'informazione, la sua veridicità e il contenuto, la forma e le conseguenze della pubblicazione si vedano, ad esempio Corte EDU 19 ottobre 2017, Fuchsmann c. Germania, 32 Corte EDU 10 novembre 2015, Couderc et Hachette Filipacchi c. Francia, 93 sulla necessità del giusto equilibrio tra il diritto al rispetto della vita privata, da un lato, e la libertà di espressione e la libertà di informazione del pubblico, dall'altro, cfr. pure Corte EDU 28 giugno 2018, M.L. e W.W. c. Germania, 89 . 3.5.5. Come è evidente, allora, la deindicizzazione dei contenuti presenti sul web rappresenta, il più delle volte, l'effettivo punto di equilibrio tra gli interessi in gioco. Essa integra, infatti, la soluzione che, a fronte della prospettata volontà, da parte dell'interessato, di essere dimenticato per il proprio coinvolgimento in una vicenda del passato, realizza il richiamato bilanciamento escludendo le estreme soluzioni che sono astrattamente configurabili quella di lasciare tutto com'e' e quella di cancellare completamente la notizia dal web, rimuovendola addirittura dal sito in cui è localizzata. 3.5.6. Va rimarcato, del resto, che attraverso la deindicizzazione l'informazione non viene eliminata dalla rete, ma può essere attinta raggiungendo il sito che la ospita il cosiddetto sito sorgente o attraverso altre metodologie di ricerca, come l'uso di parole-chiave diverse ciò che viene in questione e', infatti, per usare le parole della Corte di giustizia, il diritto dell'interessato a che l'informazione in questione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome così Corte giust. UE, Omissis e Omissis , cit., 99 . In altri termini, con la deindicizzazione viene in discorso la durata e la facilità di accesso ai dati, non la loro semplice conservazione su internet Corte EDU, 25 novembre 2021, Biancardi c. Italia, 50 . 3.5.7. La neutralità della deindicizzazione operata a partire dal nome dell'interessato rispetto ad altri criteri di ricerca è stata, del resto, sottolineata dalle Linee-guida sull'attuazione della sentenza della Corte di giustizia nel caso C-131/12 , elaborate dal Gruppo di lavoro Art. 29 in dette Linee-guida viene ricordato come la citata pronuncia non ipotizzi la necessità di una cancellazione completa delle pagine dagli indici del motore di ricerca e che dette pagine dovrebbero restare accessibili attraverso ogni altra chiave di ricerca. Tale avvertenza non è difforme da quella contenuta nelle Linee-guida 5/2019 che dettano criteri per l'esercizio del diritto all'oblio nel caso dei motori di ricerca, ai sensi del RGPD Reg. 2016/679 , adottate il 7 luglio 2020 è ivi evidenziato che la deindicizzazione di un particolare contenuto determina la cancellazione di esso dall'elenco dei risultati di ricerca relativi all'interessato, quando la ricerca e', in via generale, effettuata a partire dal suo nome in conseguenza, il contenuto deve restare disponibile se vengano utilizzati altri criteri di ricerca e le richieste di deindicizzazione non comportano la cancellazione completa dei dati personali, i quali non devono essere cancellati né dal sito web di origine né dall'indice e dalla cache del fornitore del motore di ricerca punti 8 e 9 . 3.5.8. In tal senso, questa Corte ha avuto modo di ritenere che il bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata ed a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale, possa essere soddisfatto assicurando la permanenza dell'articolo di stampa relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria nell'archivio informatico del quotidiano, a condizione, però, che l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti cfr. Cass. n. 7559 del 2020 . Similmente, si è reputato che la tutela del diritto consistente nel non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione sul web, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, possa trovare soddisfazione - nel quadro dell'indicato bilanciamento del diritto stesso con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica - anche nella sola deindicizzazione dell'articolo dai motori di ricerca cfr. Cass. n. 9147 del 2020 . 3.5.9. In definitiva, quindi, il Collegio ritiene, in armonia con gli orientamenti giurisprudenziali finora illustrati, che la tutela dell'oblio dell'interessato in relazione ad articoli che lo riguardino e pubblicati, a suo tempo, legittimamente, nell'esercizio del diritto di cronaca e/o di critica e /o di satira, da una testata online, deve essere bilanciata con il diritto della collettività all'informazione e, ove non recessiva rispetto a quest'ultimo, è adeguatamente assicurata, innanzitutto, dalla deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, quale rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria, così assecondando il diritto della persona medesima a non essere trovata facilmente sulla rete right not to be found easily . 3.5.10. E' doveroso puntualizzare, peraltro, che, come già sancito da Cass. n. 2893 del 2023 , all'interessato può essere riconosciuto, a certe condizioni, anche il diritto a rimedi più incisivi della deindicizzazione suddetta, ma, sul punto, non è necessario indugiare oltre attesa la richiesta originaria del P. volta ad ottenere, appunto, la sola deindicizzazione suddetta, oltre al risarcimento del lamentato danno. 4. Venendo, allora, allo scrutinio dei formulati motivi di ricorso, che può essere unitario in ragione della evidente connessione che li caratterizza, gli stessi si rivelano complessivamente inammissibili alla stregua dei principi suddetti e delle dirimenti considerazioni di cui appresso. 4.1. Giova ricordare che, come si è riferito al p. 1.2.1. dei Fatti causa , il tribunale capitolino, richiamati alcuni passaggi motivazionali di Cass. n. 20861 del 2021 e di Cass . n. 9147 del 2020 , ha accertato cfr. pag. 3 della sentenza oggi impugnata che i Nel caso di specie, le notizie per cui è causa risalgono al Omissis e il ricorso manca di censure in merito alla loro falsità o racconto inveritiero . A supporto di tale conclusione, ha richiamato la pagina 4 del ricorso del P., recante l'affermazione in questa sede non si intende entrare nel merito della veridicità dei fatti narrati ii Non è contestato, inoltre, che P.A. abbia ricoperto e ricopra attualmente ruoli di dirigente d'azienda nel settore delle telecomunicazioni, come specificamente dedotto dalla resistente sia presso primarie aziende di rilievo nazionale come Omissis e Omissis sia come attuale Dirigente della Omissis - vedi pag. 5 comparsa Omissis , né che le informazioni di cui ai link oggetto di causa si riferissero agli studi universitari e alla carriera professionale svolta dal Dott. P. vedi pag. 5 comparsa Omissis . 4.1.1. Successivamente, ha ritenuto cfr. pag. 3-4 della medesima sentenza che la natura delle informazioni per cui è causa e il fatto che il ricorrente sia un noto dirigente nel settore della telecomunicazioni e che all'epoca del presente ricorso fosse un dirigente Omissis , evidenzia la sussistenza dell'interesse della collettività alla conoscenza del suo percorso di studi e professionale, che non può ritenersi limitato ad un contesto specifico, ovvero la risalente appartenenza allo staff dirigenziale del Dott. G. , sussistente all'epoca delle pubblicazioni per cui è causa. Notorio, inoltre, è il fatto che attualmente P.A. ricopra un ruolo dirigenziale nel Omissis , del quale amministratore delegato è G.L Per tale ragione, ingiustificata è la richiesta di deindicizzazione, tanto che nel caso di specie neppure rileverebbe il fattore tempo, persistendo l'attuale interesse pubblico alla conoscenza di queste informazioni, relativamente alle quali neppure è stata allegata la necessità di aggiornamento o la falsità. Il diritto all'oblio, infatti, non è soltanto una questione di tempo, ma sostanzialmente una questione concernente la proporzionalità con il contrapposto interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica che non affievolisce, come nel caso di specie, nel momento in cui persista un interesse pubblico specifico ed attuale, come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione Cass. 15160/21 . 4.2. E' palese, dunque, che, così argomentando, il giudice di merito ha proceduto al bilanciamento tra la tutela dell'oblio invocata dal P. in relazione agli articoli predetti ed il diritto della collettività all'informazione, ritenendo la prima recessiva rispetto a quest'ultimo in forza di una motivazione che, pur nella sua sinteticità, si rivela essere sicuramente in linea con il minimo costituzionale richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014 . 4.2.1. Il tribunale, peraltro, - diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente nella prima delle sue doglianze - ha inteso riferirsi proprio alla specifica richiesta di deindicizzazione di quegli articoli, e non, invece, a quella di cancellazione dei loro contenuti, e la sua motivazione tiene chiaramente conto pure della notorietà dell'odierno ricorrente, considerata tale, in rapporto anche all'attività da lui attualmente svolta, da giustificare la permanenza, malgrado il tempo trascorso, dell'interesse della collettività a conoscere i fatti di cui ai menzionati articoli riguardanti la carriera professionale svolta dal Dott. P. sia presso primarie aziende di rilievo sia come Dirigente Omissis relativamente ai quali neppure era stata allegata la necessità di aggiornamento o la falsità. Ciò in considerazione dell'indubbio ruolo svolto dal P. nella vita pubblica e nel sistema industriale e delle telecomunicazioni di questo Paese. E il fattore tempo - oggetto di doglianza nel terzo motivo -e' stato dal tribunale correttamente contestualizzato all'interno del giudizio di necessario bilanciamento di interessi tra il diritto all'oblio del ricorrente e l'interesse della collettività a conoscere le vicende della vita professionale di uno dei top manager pubblici italiani. 4.2.2. In altri termini, reputa il Collegio che la realtà concreta - così come ricostruita dall'esame compiuto dal tribunale, in base alla sua prudente valutazione circa l'eseguito bilanciamento tra le contrapposte pretese delle parti - sia stata correttamente sussunta nei principi tutti in precedenza esposti, di cui, dunque, quel giudice ha fatto esatta applicazione, mentre, invece, ciò di cui si duole il P. e', in realtà, proprio l'esito del predetto bilanciamento effettuato da quest'ultimo. 4.3. Resta solo da dire, allora, che il vizio di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 unico specificamente invocato dal ricorrente in ciascuno dei suoi motivi può rivestire la forma della violazione di legge intesa come errata negazione o affermazione dell'esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato e della falsa applicazione di norme di diritto intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr. Cass. n. 33186 del 2023 Cass. n. 28331 del 2023 Cass. n. 22868 del 2023 Cass. n. 16541 del 2023 Cass. n. 13787 del 2023 Cass. n. 9014 del 2023 Cass. n. 2413 del 2023 Cass. n. 1015 del 2023 Cass. n. 5490 del 2022 Cass. n. 3246 del 2022 Cass. n. 596 del 2022 Cass. n. 40495 del 2021 Cass. n. 28462 del 2021 Cass. n. 25343 del 2021 Cass. n. 4226 del 2021 Cass. n. 395 del 2021 Cass. n. 27909 del 2020 Cass. n. 4343 del 2020 Cass. n. 27686 del 2018 . E' opportuno rimarcare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022 , Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022 , ha chiarito, tra l'altro, che i non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell'ambito interpretative ed applicativo della norma di legge ii il discrimine tra violazione di legge in senso proprio per erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa ed erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa cfr. Cass. n. 10313 del 2006 Cass. n. 195 del 2016 Cass. n. 26110 del 2015 Cass. n. 8315 del 2013 Cass. n. 16698 del 2010 Cass. n. 7394 del 2010 iii le doglianze attinenti non già all'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito cfr. Cass. n. 13238 del 2017 Cass. n. 26110 del 2015 . 4.3.1. Le formulate censure si risolvono, invece, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo e posto a fondamento delle raggiunte sue conclusioni, cui il ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione, in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, ridiscutendo gli esiti istruttori ivi espressi, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative cfr. Cass. n. 21381 del 2006 , nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017 , Cass., SU, n. 34476 del 2019 e Cass. n. 32026 del 2021 Cass. n. 40493 del 2021 Cass. n. 1822 del 2022 Cass. n. 2195 del 2022 Cass. n. 3250 del 2002 Cass. n. 5490 del 2022 Cass. n. 9352 del 2022 Cass. 13408 del 2022 Cass. n. 15237 del 2022 Cass. n. 21424 del 2022 Cass. n. 30435 del 2022 Cass. n. 35041 del 2022 Cass. n. 35870 del 2022 Cass. n. 1015 del 2023 Cass. n. 2413 del 2023 Cass. n. 7993 del 2023 Cass. n. 11299 del 2023 Cass. n. 13787 del 2023 Cass. n. 14595 del 2023 Cass. n. 17578 del 2023 Cass. n. 23080 del 2023 Cass. n. 28331 del 2023 Cass. n. 33267 del 2023 . 5. In conclusione, dunque, il ricorso di P.A. deve essere dichiarato inammissibile, restando le spese del giudizio di legittimità a suo carico, atteso il principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo cfr. Cass. n. 5955 del 2014 Cass., SU, n. 24245 del 2015 Cass., S.U., n. 15279 del 2017 e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 - che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, mentre spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento . 5.1. Va, disposta, infine, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso di P.A. e lo condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto. Dispone, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 14 dicembre 2023. Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2023