Donna caduta sulla pedana d’accesso all’ufficio postale: deve provare la dinamica dell’incidente

Respinta la richiesta di risarcimento avanzata dalla vittima del capitombolo nei confronti di Poste Italiane . Insufficiente, secondo i giudici, il mero riferimento al fatto che la caduta si è verificata sulla pedana d’accesso all’ufficio postale.

A fronte di una caduta verificatasi in una zona destinata alla circolazione pedonale e affidata alla custodia di un determinato soggetto, la richiesta di risarcimento avanzata dalla persona danneggiata non può essere basata in modo solido solo sulla circostanza che l'episodio sfortunato si è verificato proprio in quell'area. Necessario, difatti, fornire anche una prova della dinamica del fatto. All'origine della vicenda giudiziaria c'è la caduta subita da una donna sulla pedana esterna di accesso a un ufficio postale nella zona di Parma. A seguito delle lesioni riportate, e attribuendo il capitombolo alla scivolosità della pedana, la donna cita in giudizio Poste Italiane per ottenere un adeguato risarcimento. Per i giudici di merito, però, l'istanza avanzata dalla donna è priva di fondamento, anche, anzi soprattutto, perché ella non ha fornito prove chiare sulla dinamica dell'episodio, e quindi è impossibile addebitare a Poste la responsabilità dell'incidente, pur essendo esso avvenuto sulla rampa di accesso a un ufficio postale. Questo ragionamento viene fortemente contestato in Cassazione dal legale che rappresenta la donna. Nello specifico, l'avvocato sostiene sia illogico imporre alla persona danneggiata l'onere di dimostrare non solo l'esistenza del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, ma anche quella di individuare la causa dell'evento stesso e sia altrettanto illogico ritenere che la responsabilità” per i danni cagionati da una cosa affidata in custodia a un determinato soggetto trovi applicazione solo se la cosa in custodia possieda una specifica ed intrinseca idoneità a nuocere . Per i Giudici di Cassazione, però, l'obiezione proposta dal legale che rappresenta la donna è assolutamente priva di fondamento. Ciò perché spetta al soggetto danneggiato dimostrare che l' evento dannoso sia stato causato dalla cosa in custodia . I Giudici annotano poi che secondo il legale la prova del nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno non implica altresì la necessità di provare la dinamica del fatto e le relative modalità e che, nello specifico caso oggetto del processo, dovrebbe ritenersi sufficiente a determinare la responsabilità oggettiva della società custode della rampa la circostanza che la caduta sia avvenuta proprio sulla pedana , non essendo quindi necessario, sempre secondo il legale, fornire la prova dell'esatta dinamica dell'incidente e, in particolare, dimostrare in che modo è avvenuta la caduta e l'esatto punto in cui la donna è finita a terra . Queste osservazioni sono, secondo i Giudici, facilmente respinte, poiché, Codice civile alla mano, la prova che deve fornire il soggetto danneggiato, ai fini del riconoscimento della responsabilità per i danni causati da beni affidati in custodia a un soggetto determinato, è quella della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, cioè la prova che l'evento sia stato concretamente provocato dalla cosa . Di conseguenza, non può ritenersi sufficiente, specie in caso di cadute o altri eventi che si verificano in aree destinate alla circolazione pedonale o dei veicoli e che siano nella custodia di un determinato soggetto, la prova che l'evento si sia semplice mente verificato in quell'area , vale a dire che il sinistro e la cosa custodita si collochino, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto , essendo necessario, invece, dimostrare che l'evento sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali . Ciò significa che è sempre necessario che sia allegata e provata dal soggetto danneggiato la dinamica del fatto, dinamica intesa come la successione dei fatti e l'insieme dei fattori che hanno determinato lo sviluppo dell'evento, producendo determinati effetti . Tirando le somme, a fronte del capitombolo subito dalla donna sulla pedana d'accesso all'ufficio postale, la mancata dimostrazione della effettiva dinamica dell'incidente va correttamente considerata come decisiva al fine di escludere che possa ritenersi fornita dalla persona danneggiata la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso .

Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo Fatti di causa V.L. ha agito in giudizio nei confronti di Poste Italiane S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un infortunio riportato in seguito ad una caduta, avvenuta sulla pedana esterna di accesso ad un ufficio postale di Parma. La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Parma. La Corte d'appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l'ap-pello dell'attrice, ai sensi dell' art. 348 bis c.p.c. , ritenendo che lo stesso non avesse ragionevoli probabilità di accoglimento. La V. ricorre avverso la sentenza di primo grado, sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso Poste Italiane S.p.A È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell' art. 375 c.p.c. , e art. 380 bis c.p.c., comma 1 la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., comma 1 il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Violazione e falsa applicazione dell' art. 2051 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 . La ricorrente sostiene che, nel rigettare la domanda per la mancata specifica allegazione e prova della esatta dinamica dell'incidente, il tribunale avrebbe violato i principi di diritto che regolano la responsabilità per i danni causati dalle cose in custodia di cui all' art. 2051 c.c. , di natura oggettiva, imponendo erroneamente alla danneggiata l'onere di dimostrare non solo l'esistenza del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, ma anche quella di individuare la causa dell'evento stesso e, inoltre, implicitamente ritenendo che la responsabilità di cui all' art. 2051 c.c. , trovi applicazione solo se la cosa in custodia possieda una specifica ed intrinseca idoneità a nuocere. Il motivo è infondato. 1.1 La sentenza impugnata risulta conforme ai principi di diritto che regolano la materia della responsabilità speciale per i danni causati da cose in custodia di cui all' art. 2051 c.c. e, in particolare, il relativo assetto degli oneri probatori. In base ai suddetti principi di diritto, costantemente affermati da questa Corte e che in realtà neanche la stessa ricorrente contesta, spetta, infatti, all'attore danneggiato dimostrare che l'evento dannoso sia stato causato dalla cosa in custodia. 1.2 Secondo la ricorrente, peraltro, la prova del nesso di causa tra la cosa in custodia non implica altresì la necessità di provare la dinamica del fatto e le relative modalità. In particolare, la ricorrente sostiene che, ai sensi dell' art. 2051 c.c. , avrebbe dovuto ritenersi sufficiente a determinare la responsabilità oggettiva della società custode della rampa sulla quale ella si trovava al momento della caduta, salvo l'onere di quest'ultima di fornire la prova liberatoria dell'eventuale caso fortuito, la circostanza specificamente allegata, non contestata e anzi pacifica che la caduta fosse avvenuta sulla rampa stessa, non essendo quindi necessario, per lei, fornire la prova dell'esatta dinamica dell'incidente e, in particolare, dimostrare in che modo era caduta e l'esatto punto della rampa in cui la caduta stessa era avvenuta. Tali assunti risultano destituiti di fondamento. La prova che deve fornire il danneggiato, ai fini del riconoscimento della responsabilità oggettiva speciale di cui all' art. 2051 c.c. , è quella della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, cioè la prova che l'evento sia stato concretamente provocato dalla cosa. Non può quindi ritenersi sufficiente, a tal fine, specie in caso di cadute o altri eventi che si verificano in aree destinate alla circolazione pedonale o dei veicoli e che siano nella custodia di un determinato soggetto, la prova che l'evento si sia semplicemente verificato in quell'area vale a dire, che il sinistro e la cosa custodita si collocassero, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto , essendo necessario dimostrare che lo stesso sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali. In tale ottica e, quanto meno, a tal fine, in queste ipotesi, è dunque sempre necessario che sia allegata e provata dall'attore la dinamica del fatto, per quest'ultima intesa la successione dei fatti e l'insieme dei fattori che determinano lo sviluppo di un evento, producendo determinati effetti. 1.3 Nella specie, la mancata specifica allegazione e, a maggior ragione, la mancata dimostrazione della effettiva dinamica dell'incidente, è stata correttamente considerata dal giudice del merito decisiva al fine di escludere che potesse ritenersi fornita dall'attrice la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Va, quindi, esclusa la dedotta violazione o falsa applicazione dei principi di diritto che regolano la speciale ipotesi di imputazione della responsabilità di cui all' art. 2051 c.c. . 2. Con il secondo motivo si denunzia Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183 e 190 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 . La ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe erroneamente negato l'ammissibilità della allegazione, da parte sua, per la prima volta negli scritti difensivi conclusivi, della intrinseca pericolosità della pedana sulla quale era avvenuto l'incidente, in ragione delle sue caratteristiche tecnico-costruttive e, in particolare, l'eccessiva inclinazione del suo tratto finale, da ritenersi quanto meno quale fattore specifico di aggravamento della scivolosità del piano di calpestio in caso di fondo bagnato per le avverse condizioni atmosferiche . Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. 2.1 Esso risulta, in primo luogo, inammissibile per difetto di concreta rilevanza della questione con esso posta ai fini dell'esito della controversia una volta escluso che fosse stata correttamente allegata e provata l'effettiva dinamica dell'incidente e, quindi, il nesso di causa tra la cosa e l'evento dannoso, la questione dell'astratta pericolosità dei punti di accesso della pedana, in quanto eccessivamente inclinati rispetto alle stesse prescrizioni amministrative in materia, non può avere alcun rilievo ai fini dell'esito della controversia, come del resto correttamente rilevato dal tribunale, nella sentenza impugnata senza considerare che lo stesso rilievo è stato operato altresì dalla corte d'appello, nell'ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame della V., per quanto la circostanza non abbia diretto rilievo nella presente sede . Ciò, a maggior ragione, in considerazione del fatto che non vi era alcuna prova che la caduta fosse avvenuta proprio in uno di quei tratti della pedana e, tanto meno, che l'attrice fosse effettivamente scivolata, come da essa dedotto ma non dimostrato , su detta pedana, per di più a causa del suo carattere sdrucciolevole e/o della sua eccessiva pendenza. 2.2 Anche per completezza di esposizione, è opportuno ribadire, inoltre, che è certamente da escludere l'ammissibilità della radicale mutazione delle allegazioni di fatto poste a base della domanda, nel corso del giudizio, dopo il maturare delle preclusioni assertive e asseverative, per l'elementare ragione che ciò determinerebbe la necessità di modificare il quadro ormai cristallizzato del thema decidendi e del thema probandi e, dunque, delle stesse prospettazioni difensive delle controparti, quando ciò non è più consentito. Sotto tale profilo, le censure formulate dalla ricorrente, volte a sostenere l'ammissibilità delle sue allegazioni tardive, risultano infondate. 2.3 Le ulteriori considerazioni esposte nel motivo di ricorso in esame, con riguardo all'effettivo rilievo, ai fini dell'incidenza causale, sull'evento dannoso, delle caratteristiche tecnico-costruttive della pedana, finiscono, poi, per risolversi nella contestazione di accertamenti di fatto operati dal tribunale, conseguenti alla prudente valutazione delle prove e sostenuti da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede. Nella sostanza, si tratta di censure che mirano a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove in ordine alla stessa dinamica dei fatti ed all'accertamento del nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, il che non è consentito in sede di legittimità. 3. Con il terzo motivo si denunzia Violazione e falsa applicazione dell' art. 43 c.p. e art. 2043 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 . La ricorrente contesta l'esclusione della sussistenza, oltre che della responsabilità oggettiva di cui all' art. 2051 c.c. , anche di una responsabilità colposa della società convenuta in relazione al suo infortunio, ai sensi dell' art. 2043 c.c. e dell'art. 43 c.p., in conseguenza della violazione delle norme amministrative in ordine all'inclinazione della rampa di accesso all'ufficio, ove si è verificato l'incidente. Il motivo, che ha ad oggetto la domanda subordinata avanzata ai sensi dell' art. 2043 c.c. , è infondato. È sufficiente rilevare, con riguardo ad esso, che, una volta esclusa l'avvenuta prova della dinamica del sinistro e una volta correttamente esclusa, quindi, per tale ragione, la sussistenza della stessa responsabilità oggettiva della società convenuta ai sensi dell' art. 2051 c.c. , a maggior ragione non avrebbe potuto essere riconosciuta la responsabilità colposa di essa, ai sensi dell' art. 2043 c.c. , in quanto anche tale responsabilità richiede, oltre alla dimostrazione della condotta colposa del convenuto, la prova del nesso di causa tra la suddetta condotta e l'evento dannoso prova nella specie del tutto mancante, per le ragioni già in precedenza esposte. È appena il caso di osservare, infatti, che già sul piano logico, se deve escludersi che sia stato dimostrato che l'incidente è stato causato dalla cosa in custodia della società convenuta, a maggior ragione esso non potrebbe ritenersi causato dalla condotta colposa della stessa, ove riferita alle caratteristiche tecnico-costruttive o alla manutenzione di quella cosa. 4. Con il quarto motivo si denunzia Violazione e falsa applicazione dell' art. 43 c.p. , artt. 1227 e 2051 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 . La ricorrente contesta l'affermazione del tribunale secondo la quale, anche al di là della mancata prova del nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, il sinistro avrebbe dovuto comunque attribuirsi alla sua esclusiva responsabilità, essendosi esso sostanzialmente verificato a causa dell'omissione, da parte sua, della minima ordinaria diligenza e prudenza da chiunque esigibili nell'impegnare la pedana e, in particolare, dall'omissione dell'utilizzazione dei corrimano, disponibili su tutto il percorso della stessa. 4.1 Anche questo motivo di ricorso risulta, come il secondo, in primo luogo inammissibile per difetto di concreta rilevanza della questione con esso posta ai fini dell'esito della controversia. L'affermazione del tribunale in ordine alla eventuale riconducibilità dell'incidente ad esclusiva responsabilità dell'attrice, pur dopo avere escluso che fosse stata correttamente allegata e provata l'effettiva dinamica dello stesso e, quindi, il nesso di causa tra la cosa e l'evento dannoso, deve ritenersi una affermazione effettuata ad abundantiam o, comunque, una ulteriore autonoma ratio decidendi a sostegno della finale statuizione di rigetto delle domande proposte, che si aggiunge a quel rilievo, pur di per sé assorbente e, in ogni caso, certamente idoneo a reggere da solo la decisione. Ne consegue che, non essendo stati accolti i motivi di ricorso che precedono, relativi a quella prima e autonoma ratio decidendi, il motivo di ricorso in esame resta, nella sostanza, assorbito o, comunque, non potrebbe trovare accoglimento, in quanto anche ammesso, ma non concesso, che le censure in esso espresse possano avere un fondamento, ciò non potrebbe modificare l'esito della controversia. 4.2 In ogni caso, anche per completezza di esposizione, si osserva che le predette censure avrebbero dovuto ritenersi in realtà inammissibili, in quanto esse si risolverebbero nella contestazione di un accertamento di fatto operato dal tribunale con riguardo alla individuazione del carattere esclusivo dell'incidenza causale della condotta colposa della vittima sull'evento dannoso, accertamento di fatto che è sostenuto da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede. 5. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1 quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se e nei limiti in cui sia dovuto .