Strumenti processuali a disposizione del correntista per dimostrare la natura ripristinatoria delle rimesse

In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, nella vigenza del d. lgs. n. 385 del 1993, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, può essere da questi fornita dando riscontro della conclusione del contratto di apertura di credito senza che operi il limite posto dall’art. 2725 c.c., ove il correntista stesso non abbia fatto valere la nullità del negozio .

La prima sezione civile della Corte di Cassazione si pronuncia, nell'ordinanza in commento, circa l' eccezione di prescrizione sollevata dalla banca in tema di contratti di conto corrente bancario . La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un cittadino contro la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano che, tra l'altro, ha ritenuto prescritte le somme corrisposte prima del 17 gennaio 2003 poiché con riferimento al periodo antecedente all'entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 mancava la prova certa del limite dell'affidamento , elemento indispensabile ai fini del discrimine tra rimesse entro fido ripristinatorie e extra fido solutorie” con riguardo al periodo successivo all'entrata in vigore della nominata legge, ha evidenziato l'assenza di prova scritta di un'apertura di credito per il periodo anteriore a luglio 2006 . La motivazione della sentenza impugnata riguardo alla prescrizione può riassumersi nel difetto di prova scritta di un contratto di apertura di credito fino al luglio 2006. Il tema della prescrizione è rilevante ai fini dell'esame della sentenza impugnata poiché la Corte di Appello ha ritenuto il rapporto di conto corrente unico a differenza del giudice di prime cure e che ai fini della domanda di ripetizione fossero rilevanti tutti i pagamenti eseguiti dal 1982, anno in cui è stato aperto il primo contratto di conto corrente bancario. Durante la vigenza del testo unico bancario del 1993 la nullità ex art. 117, comma 1, t.u.b . ovvero la nullità per difetto di forma è nullità di protezione poiché opera solo a vantaggio del cliente. Di conseguenza, il mancato rispetto dell'obbligo di documentazione dell'accordo non è opponibile al correntista. Previsto solo a vantaggio del cliente , l'obbligo di forma ex art. 117, comma 1, t.u.b. non opera quando la controparte della banca decide di avvalersi del contratto stesso, rinunciando quindi a invocare in giudizio il vizio che affligge il negozio. Non rileva neppure il fatto che in base al dettato dell' art. 127, comma 2, t.u.b . la nullità di protezione possa essere rilevata d'ufficio dal giudice. Infatti, come già rilevato da Cass. civ. nn. 26242 e 26243 del 2014 conforme Cass. civ. n. 39437 del 2021 la rilevazione ex officio delle nullità negoziali , intesa come indicazione alle parti di tale vizio, è sempre obbligatoria , purché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida”, la loro dichiarazione”, ove sia mancata un'espressa domanda della parte pure all'esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa del medesimo vizio […] sempre che […] non vengano in questione […] nullità speciali , le quali presuppongono una manifestazione di interesse della parte . Inoltre, rientrando nella disponibilità esclusiva del cliente la scelta di fare o meno valere in giudizio un contratto privo del requisito di forma, se il cliente invoca tale contratto non può opporsi che dello stesso deve fornirsi prova scritta. Su tali argomentazioni la Corte di Cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso enunciando il principio di diritto al quale dovrà attenersi la Corte di Appello ovvero in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, nella vigenza del d. lgs. n. 385 del 1993 , la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, si cui è onerato il correntista, può essere da questi fornita dando riscontro della conclusione del contratto di apertura di credito senza che operi il limite posto dall' art. 2725 c.c. , ove il correntista stesso non abbia fatto valere la nullità del negozio .

Presidente Acierno – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - D.G.M. ha evocato in giudizio Intesa Sanpaolo s.p.a. per sentir accertare la nullità parziale del contratto di conto corrente n. […], in precedenza identificato coi nn. […] e […], da lui intrattenuto con la predetta banca già Cariplo s.p.a. e per ottenere la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, interessi ultralegali, spese e valute. Nella resistenza della banca, il Tribunale di Monza ha escluso che i rapporti di conto corrente potessero essere unitariamente considerati e ha ritenuto prescritta ogni pretesa avente ad oggetto la restituzione di somme per il periodo anteriore al omissis . Ha quindi condannato la banca al pagamento della somma di Euro 8.111,62, oltre interessi. 2. - In sede di gravame la Corte di appello di Milano ha ritenuto l'unicità dei tre rapporti di conto corrente dedotti in giudizio e accertato la nullità della capitalizzazione trimestrale, la nullità dei tassi di interesse debitori ultralegali, la non spettanza della commissione di massimo scoperto, delle spese e delle valute non espressamente pattuite, oltre che della commissione di massimo scoperto convenuta per il contratto stipulato nel […] ha dunque rideterminato la somma oggetto della condanna in regione di Euro 30.835,47. Conformemente al Giudice di primo grado, la Corte distrettuale ha reputato prescritte le somme corrisposte prima del omissis in particolare, ha rilevato che con riferimento al periodo antecedente all'entrata in vigore della L. n. 154 del 1992 , mancava la prova certa del limite dell'affidamento, elemento indispensabile ai fini del discrimine tra rimesse entro fido ripristinatorie e extra fido solutorie con riguardo al periodo successivo all'entrata in vigore della nominata legge, ha evidenziato l'assenza di prova scritta di un'apertura di credito per il periodo anteriore a omissis . 3. - Avverso detta sentenza D. ha proposto un ricorso per cassazione basato su due motivi. Intesa Sanpaolo ha spiegato una impugnazione incidentale basata su di un unico motivo. La banca ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo del ricorso principale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell' art. 2697 c.c. . Il mezzo di censura investe il tema della distribuzione dell'onere probatorio circa la natura ripristinatoria delle rimesse eseguite in epoca anteriore al omissis . Si sostiene che la banca, avendo sollevato l'eccezione di prescrizione, avrebbe dovuto dimostrare tutti gli elementi costitutivi della propria eccezione e quindi anche la circostanza relativa all'inesistenza dell'apertura di credito. Col secondo motivo del ricorso principale si oppone la violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.p.c., in relazione all' art. 127 t.u.b . D.Lgs. n. 385 del 1993 . L'istante si duole, in sintesi, che la Corte di appello abbia ritenuto che la nullità di protezione relativa alla forma scritta dei contratti bancari potesse operare in danno del correntista si rileva, al contrario, che la detta nullità è posta ad esclusivo vantaggio della parte debole del contratto. In particolare, la Corte di merito avrebbe errato nel reputare che, a fronte di elementi di fatto idonei a dar prova dell'esistenza del contratto di apertura di credito, si rendesse necessario, per il periodo successivo all'entrata in vigore della L. n. 154 del 1992 , fornirne la prova documentale. Con l'unico motivo di ricorso incidentale la banca lamenta la violazione dell' art. 2697 c.c. . Si imputa alla Corte di appello di aver desunto le nullità contrattuali dalla mancata acquisizione al giudizio dei relativi documenti viene osservato che il correntista, attore in giudizio, risultava essere onerato della detta prova prova che egli avrebbe potuto procurarsi anche attraverso la richiesta di esibizione degli scritti relativi. 2. - Va accordata precedenza di trattazione al motivo dell'impugnazione incidentale. L'accoglimento dello stesso implicherebbe, infatti, l'assorbimento del ricorso principale. Il mezzo di censura in esame è inammissibile. La pronuncia impugnata non si fonda sull'applicazione delle regole relative all'onere probatorio, ma su di un accertamento di fatto nella sentenza della Corte di appello si legge, infatti che gli interessi debitori erano stati capitalizzati trimestralmente, in violazione dell' art. 1283 c.c. che erano stati applicati interessi debitori ultralegali in mancanza di alcuna pattuizione scritta che commissioni, spese e valute non risultavano essere state espressamente pattuite che la commissione di massimo scoperto pattuita col contratto del 2001 non poteva trovare applicazione, stante la nullità, per indeterminatezza dei criteri di calcolo, della relativa clausola. Ciò detto, va rammentato che la violazione del precetto di cui all' art. 2697 c.c. , censurabile per cassazione ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti Cass. 31 agosto 2020, n. 18092 Cass. 29 maggio 2018, n. 13395 Cass. 17 giugno 2013, n. 15107 cfr. pure Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707 . 3. - Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Infatti, a fronte dell'eccezione di prescrizione del credito a decorrere dalle singole rimesse, sollevata dalla banca avverso la domanda di ripetizione dell'indebito proposta dal correntista, grava su quest'ultimo l'onere della prova della natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse indicate Cass. 6 dicembre 2019, n. 31927 Cass. 30 gennaio 2019, n. 2660 Cass. 30 ottobre 2018, n. 27704 . 4. - Il secondo motivo è invece fondato. Come in precedenza ricordato, la motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al periodo successivo all'entrata in vigore della L. n. 154 del 1992 , si riassume in ciò difetta la prova scritta di un contratto di apertura di credito fino al omissis naturalmente - può qui aggiungersi - la conclusione del contratto scritto nel omissis è irrilevante ai fini della prescrizione, posto che questa interessa le rimesse anteriori al omissis . Il tema della prescrizione e, correlativamente, quello della natura ripristinatoria o solutoria delle rimesse anteriori al omissis si pone, per la sentenza impugnata, in quanto la stessa, a differenza di quella di primo grado, ha ritenuto che il rapporto di conto corrente fosse unico e che, in conseguenza, ai fini della domanda di ripetizione, assumessero rilievo tutti i pagamenti eseguiti a far data dal 1982 anno in cui fu acceso il primo contratto, identificato col n. […] . Ora, nella vigenza del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia del 1993, la nullità per il difetto di forma di cui all' art. 117, comma 1, t.u.b . è una nullità di protezione, potendo essa operare soltanto a vantaggio del cliente art. 127, comma 2, t.u.b . con la conseguenza che il mancato rispetto dell'obbligo di documentazione dell'accordo non può essere opposto al correntista. Se la nullità opera soltanto a vantaggio del cliente , l'obbligo di forma posto dal cit. art. 117, comma 1, la cui inosservanza è sanzionata con la nullità del contratto, non ha modo di operare ove la controparte della banca intenda avvalersi del contratto stesso, con ciò rinunciando ad invocare in giudizio il vizio che affligge il negozio. Nè rileva che a norma dell' art. 127, comma 2, t.u.b . la nullità di protezione possa essere rilevata d'ufficio dal giudice. Infatti, se è vero che la rilevazione ex officio delle nullità negoziali, intesa come indicazione alle parti di tale vizio, è sempre obbligatoria, purché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida , la loro dichiarazione , ove sia mancata un'espressa domanda della parte pure all'esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa del medesimo vizio, previo suo accertamento sempre che, però, non vengano in questione - come nel caso in esame - nullità speciali, le quali presuppongono una manifestazione di interesse della parte Cass. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 in senso conforme, di recente, Cass. 13 dicembre 2021, n. 39437 . Se, poi, rientra nella disponibilità esclusiva del cliente della banca la scelta se far valere o meno in giudizio un contratto privo del requisito di forma, ciò significa, di riflesso, che al cliente che invochi il detto contratto non si possa opporre che di esso dovesse fornirsi la prova scritta. 5. - In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso principale, mentre il primo va respinto. Il ricorso incidentale va dichiarato invece inammissibile. Il Giudice del rinvio dovrà fare applicazione seguente principio di diritto In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, nella vigenza del D.Lgs. n. 385 del 1993 , la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, può essere da questi fornita dando riscontro della conclusione del contratto di apertura di credito senza che operi il limite posto dall' art. 2725 c.c. , ove il correntista stesso non abbia fatto valere la nullità del negozio . P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e respinge il primo dichiara inammissibile il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.