Struttura dell’opposizione a precetto e similitudini con l’opposizione a d.i.

La Cassazione, nel decidere un ricorso in materia di opposizione a precetto, svolge importanti chiarimenti, sia in merito – più in generale - alla struttura di tale specifica forma di opposizione, sia con specifico riferimento al profilo dell’imputazione delle somme versate a titolo di acconto dal debitore.

Il precetto – pur non avendo, come il ricorso per decreto ingiuntivo, la natura di domanda giudiziale del creditore alla quale si contrappongono le eccezioni dell'opponente con la conseguenza che non è necessario che la parte che ha chiesto l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all'opposizione e chieda conferma del decreto opposto – assume un' analoga valenza di pretesa creditoria di partenza”, ovvero originaria, contrastata dall'opponente in base a specifiche ragioni al fine di circoscrivere l'ambito delle pretese dell'opposto, che coincidono con la difesa della integrale validità ed efficacia della minaccia di agire in executivis risultante dall'intimazione. Il caso Un Comune occupava senza titolo in assenza di regolare procedimento di esproprio alcuni beni di privati, per cui quest'ultimi ottenevano la condanna dell'ente locale al pagamento dell' indennità di occupazione . Sulla scorta di tale sentenza passata in giudicato i creditori notificavano un atto di precetto , specificando che il Comune aveva versato una certa somma a titolo di acconto, imputata ad interessi a norma dell' art. 1194 c.c. Il Comune proponeva opposizione al precetto , eccependo l'inefficacia del titolo esecutivo per vari motivi, tra cui la sussistenza di un pagamento solutorio già precedentemente eseguito. Il Tribunale accoglieva l'opposizione revocando integralmente l'atto di precetto. Seguiva l'appello la Corte territoriale riformava parzialmente la pronuncia del Tribunale, dichiarando la nullità parziale del precetto opposto per la somma eccedente un certo importo. Seguiva il ricorso per cassazione. Le censure vincenti in Cassazione Esaminando un gruppo di censure che si rivelerà essere vincente , la Cassazione coglie occasione per svolgere importanti precisazioni circa la struttura dell'opposizione a precetto. Le censure – ritenute fondate – si riferiscono alla motivazione assunta dai giudici di appello quanto alla congruità della somma versata in acconto dal Comune. In sostanza, il giudice d'appello avrebbe completamente omesso di motivare sulla congruità della somma versata dal Comune intimato, erroneamente considerata come soggetta a tassazione, con conseguente individuazione della ritenuta d'acconto come componente del pagamento. Del resto, la Corte territoriale non aveva neppure considerato la circostanza – pacifica tra le parti e rilevante ai fini della decisione – secondo cui il terreno espropriato ricadeva in una particolare zona dello strumento urbanistico, con la conseguenza che non era assoggettabile a tassazione la correlata indennità di espropriazione, così come non aveva esaminato la circostanza di fatto per cui il terreno oggetto di espropriazione rientrava in una zona dello strumento urbanistico destinata a servizi pubblici di quartieri. Dunque, da un lato, la sentenza gravata riteneva che le somme dovute dal Comune fossero assoggettate a imposta e che, dunque, l'ente locale rivestisse il compito di sostituto d'imposta. Ipotesi contestata dai creditori. La questione fatta valere dai creditori nel giudizio per cassazione era già thema decidendum del grado d'appello? In questo quadro, gli Ermellini affrontano un profilo preliminare particolarmente interessante da un punto di vista processuale, chiedendosi se la questione fatta valere dai creditori nel giudizio per cassazione fosse thema decidendum del grado d'appello dopo che la decisione di primo grado aveva interamente travolto l'atto di precetto e, con esso, la pretesa creditoria avanzata dai ricorrenti. In altri termini, l' assoggettamento a tassazione dell'importo riconosciuto doveva essere specificamente dedotto con l'appello ? Gli appellanti – ai quali il Tribunale, accogliendo integralmente l'opposizione del Comune, aveva negato in toto il diritto di agire in executivis – erano onerati di precisare che il predetto diritto spettava loro per l'importo precettato o per una minor somma determinata dal giudice , anche in considerazione della natura del cespite espropriato e del relativo regime fiscale? Oppure, tale questione, attinente ad un'efficacia estintiva soltanto parziale del pagamento rispetto alla somma precettata, rientrava comunque nell'oggetto dell'opposizione? La struttura dell'opposizione a precetto e il thema decidendum Ebbene, secondo la Cassazione, nell'ambito dell'opposizione ex art. 615, comma 1,c.p.c., il thema decidendum è ab origine tracciato dalle eccezioni ” – rispetto al diritto di agire in executivis minacciato dal creditore – formulate dall'opponente, che costituiscono fondamento della sua contestazione, tanto che non possono essere dedotti motivi diversi da quelli inizialmente avanzati. Le contestazioni del debitore attengono alla domanda di tutela giurisdizionale esecutiva preannunciata dal creditore con l'atto di intimazione. Perciò, il precetto – pur non avendo, come il ricorso per decreto ingiuntivo, la natura di domanda giudiziale del creditore alla quale si contrappongono le eccezioni dell'opponente con la conseguenza che non è necessario che la parte che ha chiesto l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all'opposizione e chieda conferma del decreto opposto – assume un'analoga valenza di pretesa creditoria di partenza”, ovvero originaria, contrastata dall'opponente in base a specifiche ragioni al fine di circoscrivere l'ambito delle pretese dell'opposto, che coincidono con la difesa della integrale validità ed efficacia della minaccia di agire in executivis risultante dall'intimazione. L'oggetto dell'opposizione a precetto In altre parole, oggetto dell'opposizione a precetto per contestazione dell' an e del quantum del credito intimato è pur sempre l' accertamento di questo nel suo complesso , tanto che non vi è bisogno, per il creditore, di instare espressamente in tal senso, essendogli sufficiente chiedere il rigetto dell'opposizione . Di conseguenza, in caso di accoglimento dell'opposizione a precetto in ragione dell'estinzione del debito a mezzo di un pagamento ritenuto totalmente satisfattivo, il creditore opposto – che nel primo grado abbia richiesto la conferma della minacciata pretesa creditoria e svolto le proprie difese per ottenere l'integrale rigetto dell'opposizione – non è tenuto a specificare, con l'appello , che il pagamento del debitore va considerato solo parzialmente satisfattivo, in quanto l'oggetto dell'impugnazione è pur sempre determinato dalle originarie contestazioni dell'opponente al diritto di agire in executivis preannunciato con l'atto di intimazione, rispetto alle quali le argomentazioni del creditore in primo grado costituiscono mere difese del diritto vantato col precetto e non eccezioni rispetto alle avversarie deduzioni. Le ricadute di tale principio nella fattispecie Applicando tale principio alla fattispecie in esame, i Giudici di legittimità rilevano che dalla più ampia in quanto totale contestazione dell'importo indicato nel precetto opposto, in ragione della ritenuta dal Comune opponente integrale soddisfazione del credito in forza di un pagamento comprensivo della somma trattenuta come ritenuta d'acconto, non esula, quale oggetto dell'opposizione, l'efficacia estintiva soltanto parziale del pagamento rispetto alla somma precettata. Conseguentemente, i creditori opposti, rimasti totalmente soccombenti in primo grado, nel ribadire che la propria pretesa creditoria non è incisa da un pagamento assoggettato al regime fiscale invocato dal Comune opponente come già dedotto innanzi al Tribunale , non hanno ampliato l'oggetto del processo , rimasto pur sempre delimitato dalla pretesa esecutiva complessivamente minacciata col precetto e dalle originarie contestazioni, rispetto alle quali la menzionata questione costituisce una mera difesa.

Presidente De Stefano – Relatore Fanticini Fatti di causa 1. Con atto di precetto del 5/11/2013 G.M. , T.E. , T.G. , T.R. e T.A. , eredi di T.B. , intimavano al Comune di [ ] il pagamento dell'importo di Euro 535.840,60 oltre accessori dal 20/10/2013 , preteso in forza della sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 87 dell'11/9/2001, pronunciata in un giudizio promosso da T.B. al fine di sentire condannare il Comune al pagamento dell'indennità di occupazione e di esproprio di un terreno sul quale erano stati costruiti un campo sportivo ed opere edilizie accessorie, senza emissione del decreto di esproprio. 2. In particolare, con la citata sentenza, il Tribunale pronunciava condanna al pagamento delle seguenti somme a Lire 191.653.000 per la indennità di esproprio, alla quale va aggiunta la maggiorazione del 10% di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3 b Lire 47.913.000 per indennità di esproprio sull'occupazione legittima c Lire 5.000.000 valore e danni frutti pendenti, in via equitativa e al pagamento di interessi, rivalutazione monetaria delle somme di cui alle lettere a b c dal 21.11.1984 f al pagamento delle spese legali che liquida in modo così specificato Lire 27.500.500 di cui Lire 375.000 per spese vive, Lire 500.000, Lire 3.930.000 per diritti di procuratore e Lire 22.695.500 per onorari di avvocato, oltre IVA e Cap . 3. Investita dell'impugnazione del titolo esecutivo, la Corte d'appello di Catanzaro, con la sentenza n. 779 del 4/6/2013, aveva dichiarato estinto il giudizio, già interrotto a causa della morte dell'originario attore, a causa della sua mancata riassunzione nel termine semestrale di legge questa Corte, con l'ordinanza n. 16459 del 21/6/2018, rigettava il ricorso del Comune, rendendo così definitiva la sentenza già azionata dagli eredi di T.B. . 4. Nell'atto di precetto i creditori intimanti specificavano che al de cuius era stato corrisposto, in acconto sul dovuto, l'importo di Euro 155.188,78 nonché l'ammontare di Euro 15.080,54 per spese di registrazione della sentenza , somma che era stata imputata ad interessi a norma dell' art. 1194 c.c. . 5. Alla minacciata esecuzione forzata proponeva opposizione il Comune di [ ], che eccepiva l'inefficacia del titolo esecutivo, in ragione di un sopravvenuto pactum de non petendo e, comunque, del pagamento solutorio già precedentemente eseguito in favore del creditore, l'inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , l'erroneità dei calcoli svolti nell'atto di intimazione, la prescrizione dell'actio iudicati, la nullità del titolo per rilascio di una seconda formula esecutiva. 6. Il Tribunale di Vibo Valentia, con la sentenza n. 477 del 23/5/2019, respinte le eccezioni di prescrizione e di invalidità del titolo esecutivo rilasciato in seconda copia esecutiva, accoglieva l'opposizione per l'erronea imputazione agli interessi dell'anticipo ricevuto, non essendo applicabile l' art. 1194 c.c. , ai debiti di valore e revocava integralmente l'atto di precetto. 7. G.M. , T.E. , T.G. , T.R. e T.A. impugnavano la menzionata decisione formulando quattro distinti motivi in primis, per extrapetizione, poiché l'opposizione non conteneva nè espressamente nè implicitamente la deduzione che l' art. 1194 c.c. , non era applicabile perché il credito aveva natura di debito di valore poi, per erronea interpretazione del titolo esecutivo - in relazione all'affermazione secondo cui il credito è risarcitorio da occupazione illegittima e per tale sua natura è sottratto all'applicazione dell' art. 1194 c.c. - perché, con la sentenza definitiva, il debito di valore del Comune era stato convertito in debito di valuta, con conseguente applicabilità della citata norma civilistica ancora, per aver integralmente revocato il precetto e, quindi, reputato integralmente soddisfatto il credito , nonostante la mancanza di prova circa l'esaustività della somma offerta dall'ente intimato infine, per l'erronea applicazione dell' art. 1194 c.c. ritenuto applicabile anche ai debiti di valore , essendo stata ammessa un'imputazione al capitale del pagamento del debitore in mancanza di consenso del creditore T. . 8. Con la sentenza n. 23 dell'11/1/2022, la Corte d'appello di Catanzaro riformava parzialmente la pronuncia del Tribunale, dichiarando la nullità parziale del precetto opposto per la somma che eccede l'importo di Euro 368,604,01 . 9. Per quanto qui ancora rileva, il giudice di secondo grado ha così motivato a differenza di quanto assumono gli appellanti, il Comune ha eccepito l'inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , all'anticipo versato nel mese di omissis anche in ragione della natura del credito. Il passo dell'atto di citazione nel quale il comune ha eccepito sotto questo profilo l'inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , è contenuto a pag. 5 ove è scritto testualmente l' art. 1194 c.c. , che costituisce, certamente, il criterio legale di imputazione, presuppone che il divieto di imputare un pagamento al capitale piuttosto che agli interessi presuppone il mancato consenso del creditore. Trattasi di norma suppletiva che è applicabile anche ai debiti della PA salve speciali previsioni di legge e non in caso di risarcimento dei danni per pagamenti eseguiti prima della liquidazione giudiziale e/o volontaria del danno ovvero in esecuzione di una sentenza passata in giudicato o immediatamente esecutiva . Tanto basta per escludere il dedotto vizio di ultrapetizione. L'assunto, peraltro, è corretto, poiché l' art. 1194 c.c. , postula l'esistenza di un debito di valuta, ossia un debito pecuniario già certo ed esigibile in ordine al quale imputare l'acconto secondo i criteri di quella norma. Nei debiti di valore, invece, il pagamento di un acconto prima della liquidazione definitiva va sottratto al credito risarcitorio corretta, poi, doveva reputarsi la qualificazione del debito del Comune come debito di valore, sia perché l'originario attore aveva intrapreso una tipica azione risarcitoria , sia perché la trasformazione in debito di valuta tramite la liquidazione del danno era avvenuta solo nel 2018, con la sentenza che, successivamente al pagamento dell'acconto, aveva definito il giudizio in accoglimento del terzo motivo, la Corte territoriale ha riconosciuto che la somma di Euro 193.985,98 era stata accettata da T.B. a titolo di acconto e - applicando i criteri giurisprudenziali di Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 1637 del 24/01/2020 e di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25817 del 31/10/2017 - ha ricalcolato l'importo Euro 368.604,01 per cui il precetto doveva reputarsi comunque efficace in contrasto con la statuizione di integrale accoglimento dell'opposizione . 10. G.M. , T.E. , T.G. , T.R. e T.A. impugnavano la predetta sentenza con ricorso per cassazione, basato su otto motivi resisteva con controricorso il Comune di [ ]. 11. I ricorrenti depositavano memoria ex art. 378 c.p.c. , con cui eccepivano la tardività del controricorso. 12. Con la sua memoria ed anche all'udienza del 19/10/2023 il Procuratore Generale chiedeva il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso e l'accoglimento dei motivi 5, 6, 7 ed 8 . Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, si rileva che l'eccezione di tardività del controricorso è fondata poiché il ricorso era stato notificato via p.e.c. in data 12/7/2022 ed il suo deposito era prescritto entro l'1/8/2022, il Comune di [ ] avrebbe dovuto notificare il controricorso entro i venti giorni successivi, prorogati per la scadenza in festivo, cioè entro lunedì 22/8/2022 dato che nelle opposizioni esecutive non si applica, pacificamente, la sospensione feriale dei termini , mentre l'atto difensivo è stato portato alla notifica soltanto il 20/9/2022. Tale tardività esclude la rilevanza dell'atto anche ai fini della futura eventuale liquidazione dei relativi compensi , ma non elide quella delle successive rituali attività defensionali del controricorrente. 2. Col primo motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. , artt. 1362 e 1363 c.c. violazione dell' art. 111 Cost. , art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. , comma 2 , per avere la Corte d'appello affermato che l'originaria opposizione del Comune concerneva anche il profilo dell'inapplicabilità del criterio d'imputazione ex art. 1194 c.c. , per la natura del credito fatto valere credito di valore , senza addurre una congrua motivazione e in violazione dei criteri ermeneutici, avendo fornito una lettura atomistica, non sistematica e letteralmente errata dell'opposizione a precetto . 3. Il motivo - col quale si afferma che l'inapplicabilità del criterio ex art. 1194 c.c. , non costituiva profilo dell'originaria opposizione esecutiva del Comune - è inammissibile. 4. Infatti, la motivazione della sentenza impugnata già sopra riportata contiene un esplicito esame del primo motivo dedotto con l'appello a differenza di quanto assumono gli appellanti, il Comune ha eccepito l'inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , all'anticipo versato nel mese di omissis anche in ragione della natura del credito. Il passo dell'atto di citazione nel quale il comune ha eccepito sotto questo profilo l'inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , è contenuto a pag. 5 ove è scritto testualmente l' art. 1194 c.c. , che costituisce, certamente, il criterio legale di imputazione, presuppone che il divieto di imputare un pagamento al capitale piuttosto che agli interessi presuppone il mancato consenso del creditore. Trattasi di norma suppletiva che è applicabile anche ai debiti della PA salve speciali previsioni di legge e non in caso di risarcimento dei danni per pagamenti eseguiti prima della liquidazione giudiziale e/o volontaria del danno ovvero in esecuzione di una sentenza passata in giudicato o immediatamente esecutiva . Tanto basta per escludere il dedotto vizio di ultrapetizione . 5. La censura di minuspetizione formulata dai ricorrenti è, dunque, inammissibile, perché omette di confrontarsi col tenore della decisione impugnata, che individua come dispiegata tempestivamente, nell'atto di citazione, la doglianza poi esaminata. 6. Parimenti inammissibile è la richiesta, rivolta a questa Corte, di rivalutare l'ampiezza della domanda e, cioè, l'opposizione ex art. 615 c.p.c. originariamente avanzata dal Comune di [ ]. 7. È univoco l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui Nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l'interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell' art. 112 c.p.c. , e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la S.C. ha il potere-dovere di procedere all'esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l'interpretazione della domanda e l'individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 30684 del 21/12/2017, Rv. 651523-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7932 del 18/05/2012 , Rv. 622562-01 . 8. In altri termini L'interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel thema decidendum, tale statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico relativo all'accertamento in concreto della volontà della parte. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018 , Rv. 650016-03 in motivazione, il dedotto errore del giudice non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico relativo all'accertamento in concreto della volontà della parte Cass. 22 giugno 2004 n. 11639 Cass. 21 febbraio 2006 n. 3702 e non a quello inerente a principi processuali, sicché detto errore può concretizzare solo una carenza nell'interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione Cass., Sez. L, Sentenza n. 2630 del 05/02/2014, Rv. 630372-01 analogamente, Cass., Sez. L, Sentenza n. 21874 del 27/10/2015, Rv. 637389-01, e Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5876 del 11/03/2011 , Rv. 617196-01 . 9. Nella fattispecie in esame la Corte d'appello, con motivazione scevra da vizi logici, ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto ricompresa nel thema decidendum l'eccezione di inapplicabilità dell' art. 1194 c.c. , alla quale l'atto introduttivo richiamato e sottolineato nella parte di interesse faceva riferimento indicandola come norma non applicabile in caso di risarcimento dei danni per pagamenti eseguiti prima della liquidazione giudiziale e/o volontaria del danno ovvero in esecuzione di una sentenza passata in giudicato o immediatamente esecutiva . 10. Col secondo motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell' art. 12 disp. gen., artt. 324, 474 e 615 c.p.c. , art. 2909 c.c. , per avere la Corte d'appello violato il giudicato del titolo esecutivo, del quale è stata data un'interpretazione la qualificazione come credito di valore, di natura risarcitoria contrastante con la motivazione e il dispositivo indicanti un credito di valuta, letteralmente individuato nella indennità di esproprio e nella indennità di esproprio sull'occupazione legittima . 11. La censura è inammissibile. 12. Non occorre esaminare la portata dei principi espressi da Cass., Sez. U., Sentenza n. 5633 del 21/02/2022 , Rv. 664034-01, perché proprio la citata pronuncia impone il rigoroso rispetto, a pena di inammissibilità del motivo, dell' art. 366 c.p.c. . 13. Nel caso in esame, il ricorso è lacunoso, perché omette di riportare gli elementi della sentenza azionata come titolo esecutivo indispensabili per esaminare la censura con questa si fornisce del provvedimento azionato soltanto una frammentaria lettura, eseguita in base a stralci della motivazione e del dispositivo già la Corte d'appello aveva rilevato che l'interpretazione del titolo esecutivo va effettuata valutando non solo il dispositivo - come, di fatto, pretende parte appellante - ma anche la motivazione . 14. In particolare, in violazione dell' art. 366 c.p.c. , il motivo non riporta le causae petendi e omette di riferirle alle singole somme oggetto del precetto e, così, non consente di vagliare la correttezza dell'affermazione secondo cui l'azione proposta dal T. nei confronti del Comune di [ ] sia una tipica azione risarcitoria proposta per ottenere il ristoro del danno patito per la perdita del terreno di sua proprietà utilizzato dalla PA per l'esecuzione di un'opera pubblica campo sportivo in violazione delle norme procedimentali dettate in tema di espropriazione e dei danni subiti durante il periodo dell'occupazione illegittima . 15. Col terzo motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1194 e 2697 c.c. , per avere il giudice di merito ritenuto che la trasformazione del credito di valore in credito di valuta avvenga non già con la liquidazione giudiziale, ma con il passaggio in giudicato della sentenza contenente la liquidazione e per avere esonerato il Comune intimato debitore dall'onere di fornire la prova del consenso del creditore ad un'imputazione diversa da quella risultante dall'applicazione del criterio legale, nonché la regola secondo la quale l'accettazione da parte del creditore di un criterio di imputazione diverso da quello legale contenuto nell' art. 1194 c.c. , deve essere espressa . 16. La censura è infondata. 17. L'inapplicabilità ai crediti e ai debiti di valore del criterio di imputazione ex art. 1194 c.c. , è pacifica in giurisprudenza. 18. Infatti, il ritardato adempimento di un'obbligazione di valore, nel caso di pagamento di un acconto prima della quantificazione definitiva comporta una riliquidazione del credito secondo criteri diversi da quelli previsti dalla citata disposizione che riguarda evidentemente solo le obbligazioni di valuta segnatamente, si deve procedere a devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito b detraendo l'acconto dal credito c calcolando gli interessi compensativi individuando un saggio scelto in via equitativa, ed applicandolo prima sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9950 del 20/04/2017 , Rv. 643854-02 . 19. A conferma di quanto sopra esposto si richiama l'esplicita massima di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6357 del 21/03/2011 , Rv. 617188-01 Qualora prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di cui all' art. 1194 c.c. applicabile solo alle obbligazioni di valuta, non a quelle di valore quale il credito risarcitorio per danno aquiliano , ma devalutando alla data dell'evento dannoso sia il credito risarcitorio se liquidato in moneta attuale che l'acconto versato detraendo quest'ultimo dal primo e calcolando sulla differenza il danno da ritardato adempimento c.d. interessi compensativi . il precedente ora menzionato deve ritenersi superato dalla successiva giurisprudenza - tra cui la già citata Cass. 9950/2017 , che vi fa esplicito riferimento - soltanto con riguardo alle modalità di liquidazione del debito di valore in caso di pagamento di acconti, ma non per l'esclusione dell'applicabilità dell' art. 1194 c.c. . 20. Tale meccanismo di computo degli acconti consente di escludere pure che il debito di valore si trasformi in debito di valuta all'atto di ogni liquidazione giudiziale in corso di causa e cioè anteriore a quella definitiva, richiamandosi il costante principio giurisprudenziale per il quale è a quest'ultima che va infine complessivamente rapportata la determinazione dell'entità della diminuzione patrimoniale per tutte Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2796 del 10/03/2000 , Rv. 534750-01 . 21. Col quarto motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, i ricorrenti deducono violazione dell' art. 115 c.p.c. nonché dell' art. 2697 c.c. , per avere il giudice di merito desunto la prova del consenso del creditore T. all'imputazione secondo un criterio diverso da quello contenuto nell' art. 1194 c.c. , da una mera difesa del Comune intimato , costituita dalla pura e semplice accettazione del pagamento parziale. 22. La censura è inammissibile, perché eccentrica rispetto alla decisione impugnata infatti, il giudice d'appello ha escluso l'applicabilità dell' art. 1194 c.c. , sicché la censura - attinente ad un'erronea applicazione - risulta del tutto incongrua. 23. Col quinto motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, i ricorrenti deducono Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 2697 c.c. e D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 35 dell' art. 111 Cost. , art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. , comma 2 , per difetto di motivazione e violazione della regola sull'onere probatorio, avendo il giudice d'appello completamente omesso di motivare sulla congruità della somma versata dal Comune intimato, erroneamente considerata come soggetta a tassazione, con conseguente individuazione della ritenuta d'acconto come componente del pagamento. 24. Col sesto motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione dell' art. 115 c.p.c. e D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 35, per avere la Corte di merito omesso di considerare la circostanza - pacifica tra le parti e rilevante ai fini della decisione - secondo cui il terreno espropriato ricade in zona F dello strumento urbanistico, con la conseguenza che non è assoggettabile a tassazione la correlata indennità di espropriazione. 25. Col settimo motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, i ricorrenti deducono l' omesso esame di un preciso fatto storico il terreno oggetto di espropriazione rientra in zona che nello strumento urbanistico è destinata a servizi pubblici di quartieri zona F . 26. Le tre censure - che possono essere esaminate congiuntamente perché tra loro intimamente correlate - sono fondate. 27. Nella sentenza impugnata la Corte d'appello riteneva che le somme dovute dal Comune fossero assoggettate a imposta e che, dunque, l'ente locale rivestisse il compito di sostituto d'imposta così nella motivazione non essendo state allegate valide ragioni per detrarre, ai fini che qui rilevano, la ritenuta di acconto operata dall'amministrazione comunale . 28. L'applicazione della ritenuta d'acconto era stata menzionata nell'atto iniziale del Comune di [ ] ed era stata specificamente contestata dalla parte opposta nella comparsa di risposta. 29. Occorre innanzitutto domandarsi se la questione fosse thema decidendum del grado d'appello dopo che la decisione di primo grado aveva interamente travolto l'atto di precetto e, con esso, la pretesa creditoria avanzata dagli odierni ricorrenti. In altri termini, ci si chiede se l'assoggettamento a tassazione dell'importo riconosciuto a T.B. dovesse essere specificamente dedotto con l'appello e, cioè, se gli appellanti - ai quali il Tribunale, accogliendo integralmente l'opposizione del Comune, aveva negato in toto il diritto di agire in executivis - fossero onerati di precisare che il predetto diritto spettava loro per l'importo precettato o per una minor somma determinata dal giudice , anche in considerazione della natura del cespite espropriato e del relativo regime fiscale, oppure se tale questione, attinente ad un'efficacia estintiva soltanto parziale del pagamento rispetto alla somma precettata, rientrasse comunque nell'oggetto dell'opposizione. 30. Sul punto si rileva che, nell'ambito dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. , comma 1, il thema decidendum è ab origine tracciato dalle eccezioni - rispetto al diritto di agire in executivis minacciato dal creditore - formulate dall'opponente, che costituiscono fondamento della sua contestazione e, infatti, non possono essere dedotti motivi diversi da quelli inizialmente avanzati, come statuito da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17441 del 28/06/2019 , Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11237 del 06/04/2022, e da Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4873 del 16/02/2023 . 31. Come esposto, le contestazioni del debitore attengono alla domanda di tutela giurisdizionale esecutiva preannunciata dal creditore con l'atto di intimazione. Perciò, il precetto - pur non avendo, come il ricorso per decreto ingiuntivo Cass., Sez. U., Sentenza n. 927 del 13/01/2022 , Rv. 663586-02 , la natura di domanda giudiziale del creditore alla quale si contrappongono le eccezioni dell'opponente con la conseguenza che non è necessario che la parte che ha chiesto l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all'opposizione e chieda conferma del decreto opposto ex multis, Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 14486 del 28/05/2019, Rv. 654022-01 - assume un'analoga valenza di pretesa creditoria di partenza , ovvero originaria, contrastata dall'opponente in base a specifiche ragioni al fine di circoscrivere l'ambito delle pretese dell'opposto, che coincidono con la difesa della integrale validità ed efficacia della minaccia di agire in executivis risultante dall'intimazione sull'effetto processuale determinato da quest'ultima si richiama Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19738 del 19/09/2014 , Rv. 632702-01, secondo cui l'opposizione al precetto - ancorché questo sia atto non diretto all'istaurazione di un giudizio - realizza un'attività processuale rilevante ai sensi dell' art. 2943 c.c. , comma 2, con la conseguenza che, ai sensi dell' art. 2945 c.c. , comma 2, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio . 32. In altre parole, oggetto dell'opposizione a precetto per contestazione dell'an e del quantum del credito intimato è pur sempre l'accertamento di questo nel suo complesso tanto che non vi è bisogno, per il creditore, di instare espressamente in tal senso, essendogli sufficiente chiedere il rigetto dell'opposizione di conseguenza, in caso di accoglimento dell'opposizione a precetto in ragione dell'estinzione del debito a mezzo di un pagamento ritenuto totalmente satisfattivo, il creditore opposto - che nel primo grado abbia richiesto la conferma della minacciata pretesa creditoria e svolto le proprie difese per ottenere l'integrale rigetto dell'opposizione - non è tenuto a specificare, con l'appello, che il pagamento del debitore va considerato solo parzialmente satisfattivo, in quanto l'oggetto dell'impugnazione è pur sempre determinato dalle originarie contestazioni dell'opponente al diritto di agire in executivis preannunciato con l'atto di intimazione, rispetto alle quali le argomentazioni del creditore in primo grado costituiscono mere difese del diritto vantato col precetto e non eccezioni rispetto alle avversarie deduzioni. 33. Applicando tale principio alla fattispecie in esame, si rileva che dalla più ampia in quanto totale contestazione dell'importo indicato nel precetto opposto, in ragione della ritenuta dal Comune opponente integrale soddisfazione del credito in forza di un pagamento comprensivo della somma trattenuta come ritenuta d'acconto, non esula, quale oggetto dell'opposizione, l'efficacia estintiva soltanto parziale del pagamento rispetto alla somma precettata conseguentemente, i creditori opposti, rimasti totalmente soccombenti in primo grado, nel ribadire che la propria pretesa creditoria non è incisa da un pagamento assoggettato al regime fiscale invocato dal Comune opponente come già dedotto innanzi al Tribunale , non hanno ampliato l'oggetto del processo, rimasto pur sempre delimitato dalla pretesa esecutiva complessivamente minacciata col precetto e dalle originarie contestazioni, rispetto alle quali la menzionata questione costituisce una mera difesa. 34. Una volta chiarito che la questione dell'assoggettabilità dell'acconto pagato a imposizione fiscale e, quindi, a ritenuta , già puntualmente dedotta dai contendenti, era stata ritualmente posta all'attenzione del giudice di secondo grado, si rileva che la Corte d'appello ha dato una motivazione apodittica, che prescinde da qualsivoglia illustrazione delle ragioni della propria decisione e dell'interpretazione del disposto normativo. 35. Il giudice d'appello, difatti, si è limitato ad affermare un difetto di allegazione del creditore opposto, smentito dalla deduzione riguardante la destinazione, nello strumento urbanistico, del terreno oggetto di occupazione appropriativa a servizi pubblici di quartiere zona F2 solo dopo aver accertato tale circostanza, se del caso anche solo in forza del principio iura novit curia o comunque in base agli elementi legittimamente somministrati dall'onerato opponente che quella debenza della ritenuta adduceva a sostegno del carattere satisfattivo del suo pagamento , la Corte territoriale avrebbe dovuto determinare se nel pagamento del Comune in favore di T.B. dovesse computarsi oppure no anche la ritenuta d'acconto. 36. Con l'ottavo motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione dell' art. 12 disp. gen., art. 324 c.p.c. , art. 2909 c.c. , per avere la Corte di merito violato il giudicato, applicando un criterio di calcolo non previsto dal titolo per la determinazione di interessi e rivalutazione monetaria. 37. Anche tale censura è fondata. 38. La Corte territoriale afferma di aver ricalcolato gli interessi computandoli non già sulle somme via via rivalutate, bensì già sulla sorte capitale Qui va solo precisato che gli interessi compensativi non sono stati calcolati sulle somme annualmente rivalutate, ma sulla sorte capitale, tale essendo la modalità di calcolo degli accessori contenuta nel titolo esecutivo e che gli accessori, in difetto di diversa specificazione nel titolo, vanno calcolati fino al saldo e, nello specifico, fino alla notifica del precetto . 39. Nella sentenza azionata come titolo esecutivo, il Tribunale ha liquidato le somme dovute all'attore, disponendo che su di esse fossero versati interessi e rivalutazione monetaria , ma ha omesso di specificare il criterio di calcolo di tali accessori. 40. Non contenendo il titolo una specifica indicazione delle modalità di calcolo di interessi e rivalutazione, nè alcuna contraria specificazione, la Corte di merito, nell'eseguire il computo del dovuto al netto dell'acconto, avrebbe dovuto calcolare gli interessi sulle somme via via rivalutate e non già sulla sorte capitale, in applicazione dei criteri individuati da consolidata giurisprudenza di legittimità per tutte Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7948 del 20/04/2020 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1627 19/01/2002 Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9517 del 01/07/2002 . 41. La sentenza impugnata ha invece deciso in difformità da tali precedenti, così violando il titolo esecutivo. 42. L'accoglimento delle predette censure comporta la cassazione della decisione impugnata in parte qua, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione , alla quale è rimessa pure la regolazione delle spese, anche del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo e respinge il terzo motivo accoglie il quinto, il sesto, il settimo e l'ottavo motivo cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte d'appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.