Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
Il caso Il giudice di prime cure rilevava in sede di decisione che la contestazione suppletiva della recidiva qualificata effettuata dal P.M. ai sensi dell'articolo 517 c.p.p. veniva effettuata in un momento in cui già era maturato il termine massimo di prescrizione per il reato come originariamente contestato. La Quinta Sezione penale, rilevando un contrasto giurisprudenziale inerente la natura dichiarativa o costitutiva della contestazione della recidiva, investiva le Sezioni Unite del quesito «se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale rilevi anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato». Orientamenti contrapposti I due orientamenti giurisprudenziali formatisi, invero già in vigenza del vecchio codice di rito, differiscono nella valenza che essi assegnano alla contestazione della recidiva. Il primo orientamento si attesta sulla natura costitutiva, argomentando come la recidiva non sia un mero status soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona, ma sia elemento da sottoporre alla valutazione del giudice di merito nel contraddittorio tra le parti. Il secondo orientamento ritiene invece prevalente sulla rituale contestazione della circostanza aggravante la sua preesistenza rispetto all'atto formale, ritenendo dunque in questo caso il decorso del termine di prescrizione meramente apparente, in quanto calcolato senza tener conto delle circostanze tutte che pur di fatto già sussistevano al momento della contestazione. La necessità di una specifica contestazione da parte del pubblico ministero della circostanza aggravante non potrebbe dunque implicare che quest'ultima assuma rilevanza solo per effetto dell'avvenuta contestazione. La natura della contestazione della recidiva Nell'analizzare il caso, le Sezioni Unite richiamano la corposa giurisprudenza in tema di recidiva, che ben evidenzia la necessità non solo della precisa contestazione della stessa, rimessa alla discrezionalità del pubblico ministero, ma anche della verifica della correttezza formale della contestazione da parte del giudice e, infine, della valutazione di quest'ultimo sulla più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo espresse dal nuovo delitto. È evidente dall'orientamento giurisprudenziale consolidatosi in tema la rilevanza della contestazione e la natura valutativa in particolare della recidiva, che ne esclude dunque il carattere di mero status. Come sottolineato anche dal Giudice delle Leggi nel rilevare come in assenza di contestazione l'aggravante non si possa che ritenere come tamquam non esset. La rilevanza dell'articolo 129 c.p.p. Le Sezioni Unite nella risoluzione del quesito loro sottoposto correttamente inquadrano in termini differenti la questione rilevante, individuandola nella disciplina della prescrizione e, in particolare, nella portata del principio di immediata declaratoria d'ufficio della causa estintiva del reato previsto dall'articolo 129 c.p.p. Si tratta di materia già affrontata in numerose pronunce, anche a Sezioni Unite, che rendono evidente la prevalenza della causa estintiva del reato su ogni altra questione processuale, trattandosi di istituto rispondente all'interesse costituzionalmente tutelato alla ragionevole durata del processo. Ne consegue dunque quasi pacificamente la soluzione del quesito sottoposto alla Corte, che non avrebbe potuto che pronunciarsi nel senso di ritenere inammissibile quella che, seguendo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, necessariamente costituirebbe una inammissibile reviviscenza di un reato già estintosi, con evidente pregiudizio dell'imputato. In conclusione Le Sezioni Unite risolvono il quesito loro sottoposto affermando il seguente principio di diritto «ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato».
Presidente Cassano – Relatore d'Agostino Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo confermava integralmente la pronuncia del 3 dicembre 2020 con la quale il Tribunale di Trapani, ad esito del giudizio ordinario, aveva condannato D.F. alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro seicento di multa per i reati di minaccia aggravata capi A e D , violazione di domicilio aggravata capo B e tentato furto con strappo capo C , oltre al risarcimento dei danni arrecati alle parti civili. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza per violazione della legge penale e vizio della motivazione. 2.1. Con il primo motivo la difesa ha dedotto che erroneamente il Tribunale, con statuizione confermata dal giudice di appello, aveva omesso di dichiarare tutti i reati estinti per prescrizione in ragione della contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, formulata dal Pubblico ministero all'udienza del 17 settembre 2020, quando per tutti i delitti, commessi tra il omissis , la prescrizione, considerate anche le cause di sospensione, era maturata precedentemente. Richiamando un orientamento della giurisprudenza di legittimità e dando comunque atto di pronunce di questa Corte di segno opposto, il ricorrente ha sostenuto che la contestazione suppletiva non poteva far rivivere reati ormai estinti, cosicché il primo giudice, a fronte dello spirare del termine prescrizionale, avrebbe dovuto immediatamente dichiararne l'estinzione, senza consentire detta contestazione e pronunciare una sentenza di condanna con le conseguenti statuizioni civili. 2.2. Con il secondo motivo sono stati censurati l'omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, motivato con esclusivo riferimento ai precedenti penali dell'imputato, nonché l'aumento di pena per effetto della recidiva, applicata solo sulla base delle pregresse sentenze di condanna e in difetto della doverosa verifica circa l'idoneità dei nuovi fatti ad esprimere una maggiore pericolosità sociale del ricorrente. 2.3. Con il terzo e ultimo motivo la difesa ha contestato il percorso argomentativo offerto dalla Corte territoriale, limitatasi, nella ricostruzione dei fatti, a rinviare implicitamente alla motivazione del primo giudice, senza rispondere alle censure contenute nei motivi di gravame che, in relazione a ciascuno dei quattro episodi contestati, avevano evidenziato i plurimi profili di criticità connessi alle intrinseche contraddizioni emerse dalle dichiarazioni dei testi esaminati in dibattimento, sulle quali è stata fondata l'affermazione di responsabilità. Avuto riguardo al reato di violazione di domicilio, il ricorrente ha censurato la decisione dei giudici di merito anche là dove è stato considerato luogo di privata dimora il pianerottolo antistante l'appartamento delle persone offese, ove l'imputato si fermò, nonché è stata ritenuta sussistente l'aggravante dell'utilizzo dell'arma. 3. Investita del ricorso, la Quinta Sezione penale di questa Corte, con ordinanza emessa in data 11 aprile 2023, ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite, avendo rilevato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, riguardante la possibilità di contestare, ai sensi dell'articolo 517 c.p.p., una circostanza aggravante a effetto speciale nel caso di specie la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale anche successivamente al decorso del termine di prescrizione, calcolato alla luce dell'originaria imputazione. L'ordinanza di rimessione ha richiamato un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il decorso del termine prescrizionale precluderebbe ogni successiva contestazione, che non può far rivivere un reato già estinto, cosicché sul giudice grava l'obbligo di immediata declaratoria della relativa causa. Avuto specifico riguardo alla recidiva, le decisioni riconducibili a detto indirizzo sono fondate sul presupposto della natura costitutiva della contestazione dell'aggravante, che non rappresenta un mero status desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna. L'ordinanza ha poi ricordato che a tale indirizzo se ne contrappone un altro, secondo il quale la contestazione di un'aggravante a effetto speciale sarebbe valutabile ai fini del calcolo del termine di prescrizione anche se avvenuta per la prima volta dopo il decorso del termine previsto per l'imputazione non aggravata, purché la contestazione preceda la pronuncia della sentenza. Questa seconda opzione ermeneutica diverge dalla prima per la differente ricostruzione della natura della contestazione, che avrebbe natura meramente ricognitiva e non costitutiva, considerato che ogni circostanza è preesistente rispetto alla contestazione e ontologicamente indipendente da essa. In particolare, quanto alla recidiva, secondo una decisione richiamata nell'ordinanza, il profilo inerente alla modalità con cui la recidiva assume rilevanza in riferimento al fatto-reato, ossia la contestazione, non può essere confuso con le conseguenze che da detta contestazione derivano, una volta che la stessa sia legittimamente intervenuta, proprio perché essa si riferisce ad un fenomeno preesistente, inerente a una condizione personale del soggetto, con la conseguenza che il fenomeno dell'incidenza sui termini di prescrizione non può che essere ricollegato alla preesistenza della condizione soggettiva medesima . Ha osservato la Quinta Sezione che il principale aspetto sul quale i due orientamenti divergono attiene alla differente funzione assunta dalla contestazione all'interno dell'economia processuale e al conseguente rapporto tra la contestazione stessa e il decorso del termine prescrizionale. Detto aspetto, per come emerge dalle pronunce citate, si combinerebbe da un canto con il parallelo obbligo di immediata declaratoria delle cause estintive del reato e, dall'altro, su un piano generale, alla luce anche della giurisprudenza convenzionale, con le connesse esigenze informative riconosciute in favore dell'imputato. Sotto un primo profilo andrebbero determinati i rapporti tra il decorso solo apparente del termine prescrizionale postulato dal secondo orientamento e la regola che prevede l'obbligo di immediata declaratoria, d'ufficio, della causa estintiva e, quindi, tra la predetta apparenza e l'evidenza connessa all'operatività di tale obbligo, nei termini delineati dalle Sezioni Unite nelle sentenze De Rosa e Tettamanti. Sotto un altro profilo, rileverebbero i rapporti tra la contestazione tardiva e la necessità di una informazione precisa e completa su ciò che viene ascritto all'accusato, avuto anche riguardo alla esatta qualificazione giuridica del fatto, quale condizione essenziale della equità del procedimento, in ragione della puntuale prescrizione contenuta nell'articolo 6 § 3 lett. a della CEDU. 4. Con decreto del 12 ottobre 2022 la Prima Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone la trattazione per l'udienza odierna. Con decreto in data 11 luglio 2023 è stata poi fissata la trattazione orale del processo, vista la tempestiva richiesta formulata dal difensore dell'imputato, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, articolo 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, numero 176 applicabile in forza di quanto disposto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, articolo 94, comma 2, come modificato dal D.L. 22 giugno 2023, numero 75, articolo 17, convertito nella L. 10 agosto 2023, numero 112 . 5. In data 12 settembre 2023 la Procura generale, nella persona dell'Avvocato generale Fimiani Pasquale, ha presentato una memoria con argomentazioni a sostegno della tesi della legittimità della contestazione suppletiva della recidiva successivamente al decorso del termine di prescrizione calcolato alla luce della originaria contestazione. Il difensore della parte civile G.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso. Ad esito della discussione in pubblica udienza, le parti hanno concluso come riportato in epigrafe. Considerato in diritto 1. La questione devoluta alle Sezioni Unite è così formulata Se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale rilevi anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato . 2. Premesso che nel caso di specie non rilevano le modifiche in tema di prescrizione e improcedibilità, apportate rispettivamente dalla L. 9 gennaio 2019, numero 3, e dalla L. 27 settembre 2021, numero 134, riguardanti solo i reati commessi dal omissis , va ricordato, in primo luogo, che la recidiva, circostanza soggettiva inerente alla persona del colpevole articolo 70 c.p., comma 1, numero 2 e comma 2 , nelle ipotesi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 99 c.p., aggravata, pluriaggravata e reiterata , è un'aggravante a effetto speciale in quanto comporta un aumento della pena superiore a un terzo articolo 63 c.p., comma 3 . La sentenza Indelicato Sez. U, numero 20798 del 24/02/2011, Rv. 249664-01 , emessa prima della pronuncia della Corte costituzionale numero 185 del 23 luglio 2015 - con la quale è stata espunta dall'articolo 99 c.p., comma 5, la obbligatorietà della recidiva, prima prevista per i reati rientranti nel catalogo ex articolo 407 c.p.p., comma 2, lett. a , -, proprio sulla base di questo presupposto, desumibile dal tenore delle norme, ritenne applicabile la disciplina ex articolo 63 c.p., comma 4, in caso di concorso della recidiva non semplice con un'altra circostanza aggravante a effetto speciale. Fu affermato, infatti, il seguente principio di diritto la recidiva, che può determinare un aumento di pena superiore ad un terzo, è una circostanza aggravante ad effetto speciale e, pertanto, soggiace, ove ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale, alla regola dell'applicazione della pena stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di un ulteriore aumento . Inoltre, in ragione di quanto disposto dall'articolo 157 c.p., comma 3, secondo il quale il giudizio di comparazione fra circostanze ex articolo 69 c.p., non rileva ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, della recidiva qualificata occorre tenere conto, anche se ritenuta subvalente - e, a maggior ragione, equivalente - nel giudizio di bilanciamento Sez. U, numero 20208 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319-01, non mass. sul punto Sez. 4, numero 38618 del 05/10/2021, Ferrara, Rv. 282057-01 Sez. 1, numero 36258 del 07/10/2020, Lattanzi, Rv. 280059-01 Sez. 6, numero 50995 del 09/07/2019, Pastore, Rv. 278058-01 Sez. 2, numero 21704 del 17/04/2019, Flagiello, Rv. 275821-01 Sez. 2, numero 4178 del 05/12/2018, dep. 2019, Amico, Rv. 274899-01 Sez. 2, numero 4687 del 15/11/2018, dep. 2019, Flagiello, Rv. 275639-01 . È da tempo consolidato anche il principio secondo il quale la recidiva qualificata, quale circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul calcolo del tempo necessario a prescrivere ex articolo 157 c.p., comma 2, sia sulla entità della proroga di detto tempo, in presenza di atti interruttivi, ex articolo 161 c.p., comma 2, senza che ciò comporti una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale o dell'articolo 4 del Protocollo numero 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine /c Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l'istituto della prescrizione Sez. 2, numero 57755 del 12/10/2018, Saetta, Rv. 274721-01 Sez. 5, numero 32679 del 13/06/2018, Pireddu, Rv. 273490-01 Sez. 4, numero 6152 del 19/12/2017, dep. 2018, Freda, Rv. 272021-01 Sez. 2, numero 5985 del 10/11/2017, dep. 2018, Scaragli, Rv. 272015-01 Sez. 6, numero 50319 del 30/01/2017, Zandomeneghi, Rv. 271802-01 da ultimo v. Sez. 2, numero 33560 del 09/06/2023, Brunno, non mass. . In ragione di tali principi, la questione rimessa alle Sezioni Unite è rilevante in quanto, solo escludendo la rilevanza della contestazione della recidiva reiterata, considerata invece dai giudici di merito, tutti i reati ascritti all'imputato sarebbero estinti per prescrizione, maturata - come si vedrà - già prima della pronuncia della sentenza di primo grado. 3. Il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità è stato ben evidenziato nell'ordinanza di rimessione. 3.1. Secondo un primo orientamento, adesivo a quello espresso nella vigenza del precedente codice di rito Sez. 2, numero 5610 del 03/11/1987, dep. 1988, Sergio, Rv. 178347-01 Sez. 2, numero 10448 del 19/06/1981, Baronchelli, Rv. 151053-01 Sez. 5, numero 1061 del 28/11/1978, dep. 1979, Sacco, Rv. 140995-01 , la natura costitutiva della contestazione della recidiva non consente di tener conto, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione, dell'aumento di pena derivante dalla recidiva medesima ove questa non sia stata contestata prima dello spirare del tempo necessario a prescrivere il reato nella forma non aggravata ciò in quanto la recidiva non è un mero status soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona, sicché, per produrre effetti penali, deve essere ritenuta dal giudice del processo di cognizione dopo una sua regolare contestazione in tale sede Sez. 3, numero 14439 del 30/01/2014, Resmini Bellotti, Rv. 258734-01 Sez. 1, numero 13398 del 19/02/2013, Milacic, Rv. 256021-01 . Sotto altro profilo si è sostenuto che, una volta maturato il termine massimo di prescrizione, la prosecuzione del processo è incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato . Nè la contestazione della recidiva, con il conseguente prolungamento dei termini prescrizionali, può determinare la reviviscenza di un reato ormai estinto Sez. 6, numero 47499 del 22/09/2015, Bolici, Rv. 265560-01 nei medesimi termini, successivamente, v. Sez. 6, numero 55748 del 14/09/2017, Macrì, Rv. 271745-01 nonché, fra le sentenze non massimate, Sez. 3, numero 959 del 18/07/2018, dep. 2019, Appiani Sez. 2, numero 28893 del 17/07/2020, Giuliani Sez. 2, numero 37884 del 06/10/2020, Reale . Questo principio è stato richiamato e ritenuto applicabile anche con riferimento all'aggravante a effetto speciale prevista dall'articolo 476 c.p., comma 2, Sez. 5, numero 48205 del 10/09/2019, B., Rv. 278039-01 . 3.2. A questo orientamento se ne contrappone un altro, anch'esso presente pure all'epoca del previgente codice Sez. 2, numero 373 del 26/01/1978, Renda, Rv. 138645-01 , secondo il quale l'aumento per la recidiva è valutabile ai fini della prescrizione anche se essa sia stata contestata per la prima volta dopo trascorso il termine di prescrizione previsto per l'imputazione non aggravata, purché la contestazione preceda la pronuncia della sentenza perché se è vero che le aggravanti per essere ritenute dal Giudice debbono essere ritualmente contestate, è anche vero che esse preesistono alla contestazione formale e debbono obbligatoriamente essere contestate . Ne consegue che il decorso del termine prescrizionale prima della contestazione formale è meramente apparente, dovendosi tenere conto ai fini del calcolo del termine prescrizionale di tutte le circostanze del reato che, pur essendo preesistenti alla contestazione, vengano soltanto con essa portate a conoscenza dell'imputato così Sez. 5, numero 9769 del 19/10/2005, dep. 2006, Sbrana, Rv. 234225-01 in senso conforme, sempre in tema di recidiva, Sez. 6, numero 44591 del 04/11/2008, Nocco, Rv. 242133-01 Sez. 6, numero 40627 del 16/10/2008, Bozzaotra, Rv. 241488-01 di recente cfr. Sez. 3, numero 9719 del 10/01/2020, Di Lullo, non mass. . Anche in questo caso il principio è stato richiamato e ritenuto applicabile in relazione all'aggravante prevista dall'articolo 476 c.p., comma 2, Sez. 5, numero 47241 del 02/07/2019, Cassarino, Rv. 277648-01 , così come per altre circostanze aggravanti a effetto speciale, quali quelle previste dalla L.Fall., articolo 219, comma 1, Sez. 5, numero 3712 del 11/12/2019, dep. 2020, Sacconi, Rv. 278201-01 Sez. 5, numero 26822 del 23/03/2016, Scanu, Rv. 267892-01 e dall'articolo 644 c.p., comma 5, Sez. 2, numero 33871 del 02/07/2010, Dodi, Rv. 248131-01 . La sentenza Cassarino si è confrontata ampiamente con l'opposto orientamento e ha sostenuto che la natura costitutiva della recidiva significa che essa debba essere oggetto di una specifica contestazione da parte del pubblico ministero in funzione dei diritti della difesa dell'imputato, non potendo essere applicata direttamente dal Giudice sulla scorta dei precedenti penali, ma non implica affatto che essa assuma rilevanza anche sotto l'aspetto ontologico unicamente per effetto della contestazione . 4. L'istituto della recidiva è stato oggetto di molteplici e anche recentissime decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte, che vengono richiamate solo con estrema sintesi, in ragione dei fini che qui rilevano, a partire dalla fondamentale sentenza Calibè Sez. U, numero 35738 del 27/5/2010, Rv. 247838-01 , la quale, sulla scorta di numerose pronunce della Corte costituzionale, chiamata a verificare la compatibilità della nuova disciplina con vari principi della Carta fondamentale sent. numero 192 del 14/06/2007, cui hanno fatto seguito molte ordinanze d'inammissibilità di analogo tenore numero 409 del 2007, nnumero 33, 90, 193 e 257 del 2008, numero 171 del 2009 , statuì che il giudice di merito, in presenza di una corretta contestazione della recidiva, è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo della più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo , dovendosi tenere conto, all'uopo, della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza . Tale principio è stato espressamente o implicitamente richiamato in senso adesivo nelle successive pronunce delle Sezioni Unite, non massimate sul punto, che hanno esaminato diverse questioni in tema di recidiva, a partire dalla fondamentale sentenza Indelicato, sopra già richiamata, seguita dalle sentenze Marcianò Sez. U, numero 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Rv. 251688-01 e Rv. 251690-01 l'estinzione di ogni effetto penale determinata dall'esito positivo dell'affidamento in prova al servizio sociale comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva, sull'applicazione o esclusione della quale è richiesto al giudice uno specifico dovere di motivazione Filosofi Sez. U, numero 31669 del 23/06/2016, Rv. 267044-01 il limite di aumento di pena non inferiore a un terzo di quella stabilita per il reato più grave, previsto dall'articolo 81 c.p., comma 4, nei confronti dei soggetti ai quali è stata applicata la recidiva di cui all'articolo 99 c.p., comma 4, opera anche quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti Schettino Sez. U, numero 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 275319-01 la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell'imputato ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva contestata in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee, attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti, sicché di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato Li Trenta Sez. U, numero 3585 del 24/09/2020, dep. 2021, Rv. 280262-01 il riferimento alle circostanze aggravanti a effetto speciale contenuto nell'articolo 649-bis c.p., ai fini della procedibilità d'ufficio per i delitti menzionati nella stessa disposizione, comprende anche la recidiva qualificata la norma è stata poi modificata dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, articolo 2 che ha espressamente escluso a tali fini il rilievo della recidiva Cena Sez. U, numero 42414 del 29/04/2021, Rv. 282096-01 le circostanze attenuanti che concorrono con aggravanti soggette a giudizio di comparazione e una aggravante che non lo ammette in modo assoluto, quale la recidiva reiterata ex articolo 69 c.p., comma 4, devono essere previamente sottoposte a tale giudizio e, se ritenute equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta per il reato aggravato dalla circostanza privilegiata, senza tener conto delle stesse Cirelli Sez. U, numero 30046 del 23/06/2022, Rv. 283328-01 il limite all'aumento di pena previsto dall'articolo 99 c.p., comma 6, non rileva in ordine alla qualificazione della recidiva, prevista dal secondo e dal comma 4 del predetto articolo, come circostanza a effetto speciale, nè influisce sui termini di prescrizione, determinati ai sensi degli articolo 157 e 161 c.p. . Da ultimo la sentenza Sabbatini Sez. U, numero 32318 del 30/03/2023, Rv. 284878-01 ha statuito che, ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata, non è necessaria l'esistenza di una previa dichiarazione di recidiva semplice, ma è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica e adeguata motivazione del preciso onere motivazionale del giudice sull'applicazione in concreto della recidiva ha trattato diffusamente anche la sentenza Schettino . Secondo il diritto vivente, dunque, occorre operare una netta distinzione fra tre fasi quella della contestazione della recidiva, ovviamente riservata al pubblico ministero quella della verifica da parte del giudice sulla correttezza formale della contestazione ad esempio, in caso di riabilitazione, di esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali o di declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall'articolo 445 c.p.p., l'estinzione del reato e degli effetti penali, ai sensi dell'articolo 106 c.p., comma 2, incide anche sulla recidiva, a volte erroneamente contestata sulla base di condanne che non possono rilevare ai fini di cui si tratta, al pari di quelle passate in giudicato dopo la commissione del fatto in relazione al quale la recidiva stessa è ritenuta sul punto v., di recente, Sez. 2, numero 994 del 25/11/2021, dep. 2022, Raccuia, Rv. 282515-03 infine, quella della valutazione sulla eventuale più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo espresse dal nuovo delitto che - come da ultimo rimarcato nella sentenza Sabbatini - deve essere unitaria e consequenziale, nel senso che dall'accertamento di una maggiore colpevolezza, in quanto costituita dal rafforzamento della determinazione criminosa, deriva quello di una pericolosità costituita dalla potenzialità di commissione di altri reati , in presenza della quale soltanto il giudice di merito, congruamente motivando, deve applicare la recidiva ma non in una forma più grave di quella contestata cfr. Sez. 3, numero 14233 del 05/02/2020, Lasic, Rv. 279289-02 Sez. 5, numero 50510 del 20/09/2018, La Cava, Rv. 274446-01 Sez. 3, numero 43795 del 01/12/2016, Bencandato, Rv. 270843-01 Sez. 2, numero 5663 del 20/11/2012, dep. 2013, Alexa, Rv. 254692-01 . L'applicazione o meno della recidiva ha rilevanza non solo sulla determinazione della pena ma anche sugli ulteriori effetti, come già chiarito nella sentenza Calibè va radicalmente escluso, dunque, che la facoltatività nell'applicazione della recidiva consenta la scindibilità degli effetti che conseguono al riconoscimento o meno della stessa così, da ultimo, Sez. 2, numero 26877 del 12/05/2022, Grandini, Rv. 283555-01 . 5. Alla luce dei principi ora ricordati, risulta condivisibile il rilievo critico della sentenza Cassarino rispetto alla fuorviante contrapposizione fra natura dichiarativa e natura costitutiva della contestazione della recidiva. Non vi è dubbio, infatti, che la contestazione della recidiva, alla stregua di qualsivoglia circostanza aggravante, sia presupposto essenziale affinché la stessa, se riconosciuta dal giudice, possa spiegare effetti e in questo senso può essere inteso il riferimento alla natura costitutiva nel contempo, però, tale contestazione, per la recidiva come per le circostanze aggravanti in generale, ha natura ricognitiva, dimostrativa, cioè, della scelta, da parte della pubblica accusa, di attribuire rilevanza ad una condizione soggettiva preesistente dell'imputato ovvero ad una connotazione specifica del fatto-reato, cui corrisponde una facoltà di scelta da parte del Giudice, di ritenere o meno rilevante, dal punto di vista delle conseguenze in termini di determinazione della pena, la contestazione stessa, nonché, specularmente, le facoltà previste per l'imputato in funzione dell'esercizio della propria difesa Sez. 5, numero 47241 del 02/07/2019, cit. . In ordine alla contestazione della recidiva da parte del pubblico ministero è rilevante una recente pronuncia del Giudice delle leggi sentenza 15 novembre 2022, numero 230 , con la quale sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 521 c.p.p., comma 2, sollevate, in riferimento agli articolo 3 e 112 Cost., nella parte in cui non prevede come quando il giudice accerti che il fatto è diverso da quello contestato - che il giudice disponga con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che risulta una circostanza aggravante non oggetto di contestazione nel caso di specie si trattava proprio della recidiva non contestata a un imputato, gravato di numerosi precedenti risultanti dal certificato del casellario giudiziale . La Corte costituzionale, in primo luogo, ha osservato che una circostanza aggravante non contestata all'imputato, e pertanto non oggetto di contraddittorio tra accusa e difesa, deve essere considerata tamquam non esset per il giudice. Ciò vale anche, e in special modo, per la recidiva, che pure è fondata sulla previa commissione di delitti accertati con sentenze definitive risultanti per tabulas dai certificati del casellario giudiziale, giacché la sua applicazione non è mai obbligatoria il che comporta il preciso onere per il pubblico ministero, che intenda contestarla, di dimostrare, nel contraddittorio con l'imputato, che nel caso concreto i reati da lui precedentemente commessi siano indicativi di una sua maggiore colpevolezza e di una sua maggiore pericolosità . Si tratta di rilievi del tutto conformi alla giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, in tema di applicazione della recidiva, nonché di quella sulla impossibilità per il giudice di riconoscere una circostanza aggravante che non sia mai stata mai contestata v. Sez. 5, numero 32682 del 18/06/2018, Trotti, Rv. 273491-01 nonché, in tema di recidiva, Sez. 1, numero 30498 del 05/07/2011, Magrini, Rv. 251092-01, non mass. sul punto . Conseguentemente, la sentenza di condanna pronunziata con l'applicazione di una circostanza aggravante mai contestata, costituendo violazione di disposizioni concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale, nella parte relativa a tale statuizione è affetta da nullità assoluta, come tale insanabile e rilevabile dal giudice in ogni stato e grado del procedimento Sez. 5, numero 11412 del 19/01/2021, Papandrea, Rv. 280748-01 Sez. 1, numero 156 del 13/01/1994, Curcas, Rv. 196646-01 . Il Giudice delle leggi ha ritenuto che la scelta del legislatore non sia manifestamente irragionevole, richiamando anche il principio costituzionale della ragionevole durata del processo articolo 111 Cost., comma 2 , e ha escluso che essa contrasti con quello di obbligatorietà dell'azione penale, l'effettività del quale è garantita da una serie di meccanismi che assicurano il controllo del giudice sulle decisioni del pubblico ministero. Tuttavia, il principio previsto dall'articolo 112 Cost., - ha osservato la stessa Corte - non può essere ragionevolmente esteso sino al punto di negare qualsiasi spazio valutativo al pubblico ministero sulla concreta configurazione dell'imputazione, nella quale egli è tenuto a enunciare i fatti storici corrispondenti all'insieme delle fattispecie astratte contenute nelle disposizioni da cui dipende la rilevanza penale di una condotta, ivi comprese quelle configuranti circostanze, le quali spesso contengono clausole generali o requisiti elastici che rimandano necessariamente ad apprezzamenti discrezionali di chi debba applicare la norma, a cominciare appunto dal pubblico ministero. Ciò è tanto più vero con riguardo all'aggravante della recidiva, la cui applicazione implica sempre valutazioni discrezionali sulla significatività delle precedenti condanne rispetto alla concreta maggiore colpevolezza e pericolosità dell'imputato valutazioni che proprio il pubblico ministero è chiamato in prima battuta a compiere, e che spetterà poi al giudice convalidare una volta passate attraverso il filtro del contraddittorio . Inoltre, il legislatore non può non preoccuparsi di garantire l'effettività del diritto di difesa dell'imputato, il quale - una volta formulata l'imputazione da parte del pubblico ministero - ha un'ovvia aspettativa a poter articolare la propria strategia difensiva in relazione, appunto, all'imputazione così cristallizzata, e non ad eventuali imputazioni alternative emerse nel corso del giudizio, anche solo in termini di circostanze aggravanti non ritualmente contestategli dal pubblico ministero . Con questo ultimo rilievo il Giudice delle leggi ha confermato - in linea con la sentenza Sorge Sez. U, numero 24906 del 18/04/2019, Rv. 275436-01 - che la indicazione delle circostanze aggravanti costituisce una componente essenziale e indefettibile della contestazione dell'accusa, come si evince chiaramente da varie disposizioni del codice di rito, che richiedono l'enunciazione, in forma chiara e precisa , del fatto e delle circostanze aggravanti, quali l'articolo 417 c.p.p., comma 1, lett. b , articolo 429 c.p.p., comma 1, lett. c , articolo 450 c.p.p., comma 3, articolo 456 c.p.p., comma 1 e articolo 552 c.p.p., comma 1, lett. c , la cui mancanza produce la nullità dell'atto di esercizio dell'azione penale. Tali previsioni riflettono i contenuti della garanzia convenzionale di cui all'articolo 6, comma 3, lett. a , CEDU, richiamato anche nell'ordinanza di rimessione, per il quale ogni accusato ha diritto soprattutto a essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico , ove il riferimento al carattere dettagliato della informazione - ha evidenziato la sentenza Sorge - non può che comprendere anche le circostanze che aggravano il reato, in quanto elementi fattuali conformativi dell'entità del fatto contestato e incidenti sulle conseguenze sanzionatorie che ne derivano . Una esigenza di maggiore determinatezza, sin dall'inizio, della imputazione, anche con riferimento alla contestazione delle circostanze aggravanti, è ricavabile anche dal disposto del nuovo articolo 423 c.p.p., comma 1-bis, introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, di attuazione della L. 27 settembre 2021, numero 134, là dove è previsto che, in sede di udienza preliminare, se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell'imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni. Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con ordinanza, anche d'ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero . 6. Tirando le fila di quanto sino ad ora argomentato, si può affermare che, quando esercita l'azione penale, il pubblico ministero, nel caso in cui sussistano precedenti condanne per delitti dolosi, passate in giudicato prima della commissione del fatto per cui si procede, è tenuto a compiere una valutazione discrezionale sulla loro rilevanza, verificando in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo della più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità dell'imputato, e a decidere conseguentemente se contestare o meno nel capo d'accusa la recidiva, disponendo già in quel momento degli indicatori significativi ai fini di tale scelta, secondo il percorso tracciato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. In questo modo è garantito il diritto dell'imputato a essere informato della natura dell'accusa elevata a suo carico, in essa ricomprese le circostanze aggravanti, ed è altresì tutelata la sua esigenza di scegliere una strategia difensiva in relazione all'accusa così come formulata. Avuto riguardo, in particolare, alla recidiva qualificata, è opportuno ricordare che la sua applicazione rileva non solo per il calcolo del tempo necessario a prescrivere e, ovviamente, per la determinazione della pena articolo 99 c.p. , ma anche ai fini del tempo che determina l'estinzione della pena articolo 172 c.p., comma 7 e di quello necessario per ottenere la riabilitazione articolo 179 c.p., comma 2 , nonché ai fini delle preclusioni in tema di amnistia articolo 151 c.p., comma 5 e di indulto articolo 174 c.p., comma 3 . La sola recidiva reiterata, poi, rileva ai seguenti fini impossibilità di considerare determinati criteri nella valutazione inerente al riconoscimento delle attenuanti generiche, per alcuni gravi reati articolo 62 bis c.p., comma 2, dichiarato parzialmente illegittimo con la sentenza numero 183 del 2011 della Corte costituzionale divieto di prevalenza delle attenuanti nel giudizio di comparazione fra circostanze articolo 69 c.p., comma 4, dichiarato parzialmente illegittimo con le sentenze nnumero 251/2012, 105/2014, 106/2014, 74/2016, 205/2017, 73/2020, 55/2021, 143/2021, 141/2023, 188/2023 della Corte costituzionale aumento minimo ex articolo 81 c.p., comma 4 accesso al patteggiamento allargato articolo 444 c.p.p., comma 1-bis esecuzione della pena, ai fini dell'entità del periodo di espiazione che permette di fruire dei permessi premio previsti dall'articolo 30-ter Ord. Penumero e della impossibilità di concedere più di una volta l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà articolo 58-quater Ord. Penumero , comma 7-bis . L'incidenza della recidiva, per il calcolo dei termini di prescrizione, è assai rilevante in ragione dei principi in precedenza richiamati. Esemplificando, si consideri che per una ricettazione commessa da un soggetto non recidivo il termine massimo, ai sensi dell'articolo 157 c.p. e articolo 161 c.p., comma 2, è di dieci anni, mentre in caso di recidiva qualificata il termine varia da diciotto anni recidiva aggravata a ventidue anni, due mesi e venti giorni recidiva reiterata aggravata . Questa Corte, peraltro, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina della interruzione della prescrizione prevista dall'articolo 161 c.p., comma 2, nella parte in cui ricollega, all'applicazione della recidiva od alla dichiarazione di delinquente abituale o professionale, diversi e più lunghi tempi di estinzione del reato, non apparendo la norma in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto tende ad attuare una forma di prevenzione generale della recidiva, non inasprendo il regime sanzionatorio bensì prevedendo termini più lunghi per la maturazione della prescrizione a ragione di una scelta discrezionale del legislatore di meritevolezza di tutela, in ragione social-preventiva il tutto, trova giustificazione nel maggior allarme sociale provocato dal comportamento del recidivo che, con il suo agire, dimostra un alto e persistente grado di antisocialità mettendo maggiormente a rischio la sicurezza pubblica così Sez. 2, numero 31811 del 02/07/2015, Angileri, Rv. 264653-01 in precedenza, nello stesso senso, v. Sez. 5, numero 22619 del 24/03/2009, Baron, Rv. 244204-01 . Va altresì considerato che, in caso di contestazione suppletiva della recidiva in dibattimento, l'imputato presente non ha diritto a un termine a difesa, diversamente da quanto previsto qualora sia contestata una qualsiasi altra circostanza aggravante articolo 519 c.p.p., comma 1 . 7. Quanto sinora evidenziato, però, non consente di escludere, de iure condito, che il pubblico ministero possa procedere alla contestazione suppletiva della recidiva solo in dibattimento, ai sensi delle citate disposizioni, non solo nei casi in cui la sussistenza della circostanza aggravante sia emersa dopo l'esercizio dell'azione penale invero assai difficilmente ipotizzabili si pensi all'accertamento di precedenti penali risultanti a carico dell'imputato con un alias la cui conoscenza sia emersa solo nel corso del dibattimento , ma anche qualora il pubblico ministero supplisca a una inerzia, rimedi a un errore ovvero compia una diversa valutazione discrezionale rispetto a quella fatta al momento dell'esercizio dell'azione penale. Tale conclusione risulta allo stato coerente rispetto alla risalente pronuncia delle Sezioni Unite Sez. U, numero 4 del 28/10/1998, dep. 2019, Barbagallo, Rv. 212757-01 richiamata dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, secondo la quale le contestazioni ai sensi degli articolo 516 e 517 possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, cioè sulla base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari in senso conforme v. Sez. 2, numero 45298 del 14/10/2015, Zani, Rv. 264903-01 Sez. 5, numero 8631 del 21/09/2015, Scalia, dep. 2016, Rv. 266081-01 Sez. 5, numero 16989 del 02/04/2014, Costa, Rv. 259857-01 . Non è in discussione, dunque, la facoltà da parte del pubblico ministero di procedere alla contestazione suppletiva della recidiva, che peraltro non richiede l'autorizzazione del giudice nei casi di cui all'articolo 517 c.p.p. il pubblico ministero contesta all'imputato una circostanza aggravante , a differenza di quanto previsto per la contestazione del fatto nuovo, in presenza dei presupposti previsti dall'articolo 518, comma 2, del codice di rito. La questione rilevante, però, precisata nei corretti termini nel quesito finale Se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale rilevi anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato , attiene alla determinazione dei rapporti tra l'apparente decorso del termine prescrizionale postulato dal secondo orientamento e la regola che prevede l'obbligo di immediata declaratoria, d'ufficio, della causa estintiva e, quindi, tra la predetta apparenza e l'evidenza connessa all'operatività di tale obbligo , tema correttamente indicato nella ordinanza di rimessione come snodo cruciale al fine di dirimere il contrasto di giurisprudenza. L'aspetto decisivo, non sufficientemente considerato nelle pronunce adesive al secondo degli orientamenti contrapposti e nella requisitoria del Sostituto Procuratore generale, riguarda, dunque, la portata del fondamentale principio previsto dall'articolo 129 c.p.p. e i suoi effetti. La situazione processuale di cui si tratta è quella del giudice di primo grado che, in sede di decisione, prende atto che al momento della contestazione suppletiva della recidiva qualificata da parte del pubblico ministero, formulata ai sensi dell'articolo 517 c.p.p., era già maturato il termine massimo di prescrizione per il reato come originariamente contestato, senza la recidiva, e che quindi egli avrebbe dovuto in precedenza pronunciare una sentenza ai sensi dell'articolo 129 del codice di rito. Ci si deve chiedere, dunque, se la contestazione della recidiva, con il conseguente prolungamento dei termini prescrizionali, può determinare la reviviscenza di un reato ormai estinto Sez. 6, numero 47499 del 22/09/2015, cit. . Il Collegio condivide la risposta negativa a tale quesito data dalla pronuncia ora citata e da altre in precedenza richiamate, riconducibili al primo dei due orientamenti contrapposti. 8. Le Sezioni Unite hanno affrontato il tema dell'obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, previsto dall'articolo 129 c.p.p., in numerose pronunce, fra le quali può essere ricordata, in primo luogo, la sentenza Conti Sez. U, numero 17179 del 27/02/2002, Rv. 221403-01 , ove si statuì che il principio sancito dall'articolo 129 del codice di rito impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che la operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. La sentenza ha evidenziato le funzioni fondamentali che assolve tale norma favorire l'imputato innocente o comunque da prosciogliere , prevedendo l'obbligo dell'immediata declaratoria di cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo , e agevolare in ogni caso l'esito del processo, quando non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato, cosicché l'articolo 129 si muove nella prospettiva di troncare, allorché emerga una causa di non punibilità, qualsiasi ulteriore attività processuale e di addivenire immediatamente al giudizio, anche se fondato su elementi incompleti ai fini di un compiuto accertamento della verità da un punto di vista storico . Con specifico riferimento alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, si è osservato che essa, anche se in apparenza può confliggere con l'interesse dell'imputato ad una più ampia possibilità di vedere proseguire l'attività processuale in vista di un auspicato proscioglimento con formula liberatoria di merito, in realtà non mortifica tale interesse che può trovare sempre la sua massima espansione, attraverso la rinuncia alla prescrizione secondo la sentenza costituzionale numero 275/90 e lo contempera, alla luce della normativa vigente, con l'aspetto, non meno rilevante, dell'exitus del processo quale obiettivo da perseguire, la cui importanza non può certamente sottovalutarsi, posto che la disciplina d'impulso alla sollecita definizione del processo tutela un fondamentale interesse di carattere costituzionale articolo 111 Cost., comma 2 ragionevole durata del processo che non può essere considerato aprioristicamente di rango inferiore ad altri interessi pur apprezzabili e, in ogni caso, sempre tutelabili . Nell'esaminare la questione relativa alla possibilità per il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di rinvio a giudizio, di emettere sentenza di non luogo a procedere ex articolo 129 c.p.p. de piano possibilità che escluse -, la sentenza De Rosa Sez. U numero 12283 del 25/01/2005, De Rosa, RV. 230529-01 , in continuità con Sez. U Conti, ricostruì ancora più compiutamente le ragioni giustificative della norma, attuativa della prima direttiva programmatica della L. delega 16 febbraio 1987, numero 81, articolo 2, che prevedeva massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto o attività non essenziale . L'articolo 129 c.p.p., - si è evidenziato - enuncia una regola di condotta rivolta al giudice, data la sua collocazione sistematica nell'ambito del capo relativo ad atti e provvedimenti giudiziali, e prevede l'obbligo recte dovere dell'immediata declaratoria, d'ufficio, di determinate cause di non punibilità che il giudice riconosce come già acquisite agli atti. Si è di fronte ad una prescrizione generale di tenuta del sistema, nel senso che, nella prospettiva di privilegiare l'exitus processus ed il favor rei, s'impone al giudice il proscioglimento immediato dell'imputato, ove ricorrano determinate e tassative condizioni, che svuotano di contenuto - per ragioni di merito - l'imputazione o ne fanno venire meno - per la presenza di ostacoli processuali difetto di condizioni di procedibilità o per l'avverarsi di una causa estintiva - la effettiva ragion d'essere . La sentenza De Rosa ha poi osservato che l'espressione immediata declaratoria , presente soltanto nella rubrica dell'articolo 129 c.p.p., assume una valenza diversa da quella percepibile prima facie non denuncia una connotazione di tempestività temporale assoluta, fino a legittimare, pur nel silenzio della norma, il rito c.d. de plano ma evidenzia la precedenza che tale declaratoria deve avere, ove ne ricorrano le condizioni, su altri eventuali provvedimenti decisionali adottabili dal giudice . Con la sentenza Tettamanti Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274-01 , le Sezioni Unite hanno affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Inoltre, a conferma della prevalenza della pronuncia di proscioglimento su ogni ulteriore approfondimento, la sentenza ha ribadito che i vizi della motivazione del provvedimento impugnato non sono rilevabili in sede di legittimità in presenza di una causa estintiva, in quanto il giudice, cui andrebbero rimessi gli atti per il giudizio rescissorio al fine di riparare il tessuto motivazionale della decisione, avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva, principio applicabile anche in presenza di una nullità di ordine generale, come già affermato nella sentenza Cremonese Sez. U, numero 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Rv. 220511-01 e precisato nella citata sentenza Conti. Nel solco della ricordata elaborazione giurisprudenziale si colloca la sentenza Perroni Sez. U, numero 13539 del 30/01/2020, Rv. 278870-01 , che ha, fra gli altri, statuito il seguente principio di diritto La confisca di cui al D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 44 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell'articolo 129 c.p.p., comma 1, proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento . La recente pronuncia ha ricordato che l'articolo 129 c.p.p. è norma che la Corte di legittimità ha sempre interpretato come espressiva di un obbligo per il giudice di pronunciare con immediatezza, nel momento di sua formazione ed indipendentemente da quello che sia lo stato e il grado del processo clausola, questa, significativamente menzionata dalla norma , sentenza di proscioglimento , e ha osservato che, ove il principio dell'immediatezza del proscioglimento fosse ritenuto generalmente derogabile in ragione della necessità di accertare il fatto in vista della confisca urbanistica, ovvero in senso chiaramente sfavorevole all'imputato, non ci si potrebbe sottrarre all'evidente sperequazione che verrebbe in generale in tal modo a crearsi nel caso, invece, di accertamenti da operare in melius, essendosi sempre esclusa da questa Corte la possibilità di prosecuzione a tal fine del processo proprio per il contrasto della stessa con quanto disposto dall'articolo 129 c.p.p. . Le norme che, nell'interpretazione della Corte, consentono eccezionalmente al giudice, nonostante la declaratoria di proscioglimento, di proseguire nel giudizio per determinate specifiche finalità tra esse annoverandosi l'articolo 537 c.p.p., in tema di pronuncia sulla falsità di documenti e il D.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43, articolo 301 in tema di contrabbando , proprio perché derogatorie rispetto all'articolo 129 c.p.p., non possono essere certo considerate esemplificative di un sistema . Va ricordata, infine, la sentenza Fazio Sez. U, numero 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Rv. 284481-01 , con la quale le Sezioni Unite hanno da ultimo affermato il seguente principio di diritto nei confronti della sentenza resa all'esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l'omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza , in quanto la proposizione dell'accordo non implica di per sé rinuncia alla prescrizione, causa estintiva alla quale consegue l'obbligo di immediata declaratoria previsto dall'articolo 129 c.p.p., comma 1 . Si è così ribadito che - come rimarcato nella sentenza De Rosa – detta norma costituisce una prescrizione generale di tenuta del sistema . 9. Il Collegio ritiene che i condivisi principi affermati in numerose pronunce delle Sezioni Unite impongano di escludere la rilevanza di una contestazione suppletiva della recidiva qualificata, astrattamente idonea a spostare in avanti il tempo necessario a prescrivere, qualora la causa di estinzione del reato non aggravato dalla recidiva fosse già maturata prima di detta contestazione. In tale situazione, infatti, si era già in presenza di una causa di non punibilità che il giudice del dibattimento avrebbe dovuto riconoscere e dichiarare, ai sensi dell'articolo 129 c.p.p., comma 1, essendogli preclusa ogni ulteriore attività. In situazioni non agevolmente risolvibili il giudice potrà anche sollecitare un preventivo contraddittorio specifico sul punto ciò in quanto la prescrizione è un evento giuridico e non un mero fatto naturale, il cui accertamento non è frutto soltanto del computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma può implicare la risoluzione di plurime questioni, di diritto e di fatto, che costituiscono l'oggetto del giudizio sul punto della prescrizione, relative, ad esempio, all'epoca di commissione del reato, al regime applicabile, alla individuazione degli atti interruttivi e delle cause di sospensione in proposito v. Sez. 5, numero 12093 del 20/01/2021, F., Rv. 280735-01 Sez. 2, numero 35791 del 29/5/2019, Di Paoli, Rv. 277495-01 Sez. 1, numero 12595 del 13/03/2015, Falco, Rv. 263206-01 . La omessa pronuncia della doverosa sentenza liberatoria da parte del giudice non può creare un pregiudizio all'imputato che di detta decisione avrebbe dovuto beneficiare, facendo rivivere , a seguito della contestazione suppletiva della recidiva qualificata, un reato per il quale era già spirato il termine massimo di prescrizione, causa di estinzione che il giudicante avrebbe dovuto riconoscere e che, ora per allora , va riconosciuta e dichiarata. Diversamente opinando, si rimetterebbe illogicamente alla diligenza del giudice di primo grado la sorte del processo, in presenza di identiche situazioni un imputato beneficerebbe o meno della sentenza favorevole in base al tempestivo rilievo o meno della causa di estinzione del reato da parte del giudice stesso, avvenuto prima o dopo la contestazione suppletiva ex articolo 517 c.p.p., della recidiva qualificata, circostanza aggravante, peraltro, che presenta le peculiarità in precedenza ricordate. L'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva del reato, previsto dall'articolo 129 c.p.p., se correttamente e tempestivamente adempiuto dal giudice, preclude al pubblico ministero la possibilità stessa di procedere alla contestazione suppletiva, mancando lo stesso segmento processuale nel quale esercitare la facoltà. Detto obbligo, dunque, rappresenta l'elemento dirimente della questione devoluta alle Sezioni Unite, risultando irrilevante il contrasto giurisprudenziale, richiamato nell'ordinanza di rimessione, sulla natura dichiarativa o costitutiva della contestazione della recidiva, come già in precedenza osservato. 10. Pertanto, va enunciato il seguente principio di diritto Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato . 11. Nel caso di specie i giudici di merito non hanno applicato detto principio e hanno valutato, ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere, la contestazione suppletiva della recidiva reiterata recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4 , intervenuta all'udienza del 17 settembre 2020 la penultima e ventiseiesima celebratasi avanti il Tribunale di Trapani , quando già era decorso il termine massimo di prescrizione. Anche se questo ultimo fatto processuale è stato riconosciuto nella sentenza di primo grado e in quella qui impugnata, occorre in questa sede dar conto della effettiva sussistenza della causa di estinzione di tutti i reati prima della data suindicata, considerato che sia nelle sentenze di merito sia negli atti d'impugnazione vi è un riferimento del tutto generico alla maturazione della prescrizione, in assenza, in particolare, di alcuna indicazione sulle cause di sospensione previste dall'articolo 157 c.p., mentre l'atto interruttivo è individuabile nel decreto ex articolo 429 c.p.p., emesso il 23 febbraio 2016 ad esito dell'udienza preliminare . Per tutti i reati contestati all'imputato minaccia aggravata, violazione di domicilio aggravata e tentato furto con strappo il massimo della pena edittale prevista all'epoca dei fatti, commessi fra il omissis , era inferiore ai sei anni di reclusione, cosicché il tempo cui fare riferimento, ai sensi dell'articolo 157 c.p., comma 1, è quello di sei anni, aumentato a sette anni e sei mesi ex articolo 161 c.p., comma 2, per effetto dell'atto interruttivo. Vanno poi considerate le cause di sospensione del corso della prescrizione si tratta del rinvio disposto all'udienza del 28 marzo 2017 a quella in data 11 maggio 2017 quarantaquattro giorni per legittimo impedimento dell'imputato, detenuto per altra causa v. Sez. U, numero 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806-01 dei rinvii dall'udienza del 4 ottobre 2018 a quella del 20 dicembre 2018 settantasette giorni e dall'udienza del 21 novembre 2019 al 19 dicembre 2019 ventotto giorni per adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze indetta dalle Camere penali fra le tante v., da ultimo, Sez. 3, numero 8171 del 07/02/2023, Falconi, Rv. 284154-01 del rinvio dell'udienza del 16 aprile 2020 a quella del 2 luglio 2020 con sospensione di soli sessantaquattro giorni v. Sez. U, numero 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432-02 e Corte Cost., sentenza numero 140 del 2021 . Il corso della prescrizione, dunque, è rimasto sospeso per duecentotredici giorni complessivi, che vanno aggiunti ai sette anni e sei mesi. Ne consegue che, avuto riguardo ai più recenti reati di tentato furto con strappo e minaccia aggravata sub C e D , risalenti al 21 febbraio 2012, la prescrizione era maturata il 21 marzo 2020, vale a dire ampiamente prima dell'udienza del 17 settembre 2020, quando il pubblico ministero contestò la recidiva reiterata e anche prima della precedente udienza del 2 luglio 2020, quando venne esaminato un testimone . Pertanto, la sentenza impugnata e quella di primo grado vanno annullate senza rinvio, con la conseguente revoca delle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Trapani in data 3 dicembre 2020 per essere i reati estinti per prescrizione e per l'effetto revoca le statuizioni civili.