Sinistro stradale: concorso di colpa della vittima e danno dei congiunti

Con la sentenza n. 34625/2023, la Cassazione ha precisato le condizioni per l'incidenza del concorso di colpa della vittima di un sinistro stradale sulla quantificazione del danno iure proprio risarcibile ai congiunti.

Il sig. A.C. rimane vittima di un sinistro stradale causato da un conducente che guidava in stato di ebbrezza . Nel giudizio penale viene accertata la responsabilità dell'investitore per omicidio colposo e viene riconosciuto il diritto al risarcimento del danno a favore dei congiunti del sig. A.C., da liquidarsi in separata sede. I congiunti della vittima instaurano diversi giudizi civili, poi riuniti, per sentir condannare in solido al ristoro dei pregiudizi patiti – iure proprio e iure hereditatis – l'investitore, le due comproprietarie del veicolo e l'assicurazione per la responsabilità civile automobilistica. Il Tribunale di Bologna, accertata l'esclusiva responsabilità per il sinistro in capo all'investitore, accoglie le domande attoree volte a ottenere il risarcimento dei soli danni iure proprio. La pronuncia viene poi parzialmente riformata la Corte d'Appello riduce l'entità del risarcimento riconosciuto ai congiunti per la perdita del rapporto parentale , ravvisando la corresponsabilità della vittima nella misura del 20% per l'inosservanza dell'obbligo di indossare la cintura di sicurezza. I famigliari del sig. A.C. però impugnano la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, per quanto di interesse, l'erronea applicazione dell' art. 2054, 1° comma, c.c. In particolare, a parere dei ricorrenti, non si ravvisavano ragioni per la riduzione dell'entità del risarcimento da parte della Corte d'Appello perché il mancato uso della cintura di sicurezza era stato ininfluente rispetto al decesso del sig. A.C. La Suprema Corte ha accolto la prospettazione dei famigliari del sig. A.C., sulla base del seguente ragionamento in applicazione dell' art. 1227, 1° comma, c.c. , il risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla vittima dell'illecito v., fra le altre, Cass. 4 novembre 2014, n. 23426 Cass. 23 ottobre 2014, n. 22514 Cass. 26 maggio 2014, n. 11698 la diminuzione del risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per concorso colposo della vittima, tuttavia, trova fondamento normativo anche direttamente nella disciplina del fatto illecito i.e. nel caso specifico, nell' art. 2054 c.c. , dovendo il cagionare” o il produrre il danno” essere intesi in termini parziali laddove concorra una concausa umana colposa , sulla base di una lettura unitaria del complesso normativo derivante dagli artt. 1227, 1° comma, 2054 e 2055 c.c. v. Cass. 17 febbraio 2017, n. 4208 pertanto, affinché possa dirsi che il contegno colposo della vittima abbia effettivamente concorso nella causazione del pregiudizio patito dai congiunti, occorre accertare che la colpa ascrivibile alla vittima del sinistro i si sostanzi nella trasgressione di una regola cautelare alla cui osservanza la vittima era tenuta e che ii tale trasgressione abbia effettivamente inciso nell'eziologia del sinistro rivelatosi mortale. Nella fattispecie concreta, la Corte d'Appello di Bologna aveva errato perché aveva ridotto l'entità del risarcimento spettante iure proprio ai congiunti , avendo accertato soltanto la violazione della regola cautelare da parte della vittima, senza svolgere alcuna indagine sull'incidenza causale di tale violazione rispetto all'evento morte. La sentenza è dunque stata cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione per la decisione nel merito, in applicazione del seguente principio di diritto In caso di domanda di risarcimento del danno iure proprio proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l'idoneità della condotta colposa dell'ucciso a contribuire alla concausazione del danno deve essere apprezzata verificando, sulla base degli elementi probatori assunti a presupposto del giudizio fatto, l'effettiva incidenza avuta sull'evento morte dalla trasgressione della regola cautelare – generica o specifica – allo stesso ascritta .

Presidente Sestini – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. B.E., e con la medesima C.S. e R.M. la prima dei quali anche in proprio, nonché entrambi quali esercenti la responsabilità genitoriale sui figli minorenni R.S. e P. , così come R.E., oltre a C.T. e L.C. il primo dei quali anche in proprio, ambedue in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore C.G. , ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1526/21, del 14 giugno 2021, della Corte d'appello di Bologna, che - accogliendo parzialmente il gravame proposto dalla società Assicuratrice Milanese S.p.a. avverso la sentenza n. 2686/14, del 12 agosto 2014, del Tribunale di Bologna - provvedeva nei termini di seguito indicati. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto sussistente il concorso di colpa di C.A., nella misura del 20%, nella causazione del sinistro stradale in cui il medesimo perse la vita, rideterminando, per l'effetto, le somme riconosciute ai suoi congiunti a titolo di danno da perdita del rapporto parentale, ponendo, infine, a carico degli appellanti incidentali B.E., C.S. e R.M. il raddoppio del contributo unificato, in ragione del rigetto del gravame, dagli stessi esperito quanto al diniego del ristoro del c.d. danno tanatologico . 2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver agito in giudizio per conseguire il risarcimento dei danni conseguenti al decesso - a causa di un sinistro stradale occorso il omissis - del predetto C.A., marito della B., padre di C.S. e T., nonché nonno di R.E., P. e S., oltre che di C.G. Difatti, dopo che il giudizio penale, celebrato a carico di Ca.Al. , ne aveva accertato la responsabilità per il reato di omicidio colposo - aggravato dallo stato di ebrezza - ai danni di C.A., riconoscendo, altresì, alle costituite parti civili il diritto al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, la moglie della vittima, nonché i due suoi figli il primo, unitamente alla propria compagna, la seconda, al proprio marito , instauravano tre distinti giudizi civili, poi riuniti, nei confronti del medesimo Ca., di M.L. e Ca.Am. indicate come comproprietarie, con il primo, del veicolo dallo stesso condotto in occasione del sinistro , oltre che dell'assicuratore per la RCA , Assicuratrice Milanese S.p.a Il primo giudice - accertata l'esclusiva responsabilità del sinistro in capo al Ca. - condannava costui, in solido con M.L. e l'Assicuratrice Milanese previa dichiarazione, invece, di carenza di legittimazione passiva in capo ad Ca.Am. , a risarcire il solo danno iure proprio subito dai congiunti dell'ucciso, e non pure quello tanatologico fatto valere dagli stessi iure hereditatis . 3. Esperito gravame, in via di principalità, dall'Assicuratrice Milanese, nonché in via incidentale dalla B., da R.M. e da C.S., il giudice di appello provvedeva nei termini dianzi indicati, con la pronuncia impugnata con il presente ricorso. 3.1. Il primo motivo denuncia - ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - violazione e falsa applicazione dell' art. 2054 c.c. , comma 1, e degli artt. 115 e 116 c.p.c. Esso censura la sentenza impugnata per aver ravvisato il concorso di colpa - nella misura del 20% - della vittima del sinistro, dando rilievo alla violazione, da parte dello stesso, dell' art. 172 C.d.S. Tuttavia, del tutto ininfluente sulla dinamica del sinistro, secondo i ricorrenti, sarebbe stato il mancato uso della cintura di sicurezza da parte di C.A. , essendo il suo decesso avvenuto per sfondamento toracico come accertato dalla consulenza tecnica svolta dal Pubblico Ministero in sede penale, documento ritenuto dal giudice civile di appello del tutto idoneo all'accertamento dei fatti di causa, tanto da valutare superflue le istanze di rimessione in istruttoria formulate dall'appellante principale , nonché essendosi sostanziate le deformazioni strutturali riportate dall'autovettura del C. a seguito dell'urto . in una contrazione dell'abitacolo che ha reso inevitabile la compressione del torace da parte del volante dell'auto . L'una come l'altra circostanza, pertanto, evidenzierebbero che l'evento morte si sarebbe realizzato con altissima probabilità anche qualora il conducente avesse regolarmente allacciato la cintura di sicurezza . 3.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. e del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 113, comma 1 quater, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 . Viene lamentata l'illegittimità della condanna al pagamento di una somma pari al doppio del contributo unificato, disposta a carico degli appellanti incidentali B.E., C.S. e R.M., avendo costoro rinunciato al gravame inizialmente esperito per il risarcimento iure hereditatis del danno tanatologico patito dal loro dante causa C.A. 4. Sono rimasti solo intimati i Ca., la M. e l'Assicuratrice Milanese. 5. La trattazione del ricorso, inizialmente destinata alla ormai soppressa Sezione Sesta di questa Corte, è stata rinviata in pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 19 dicembre 2022, n. 37050, per il rilievo nomofilattico della questione. 6. I ricorrenti hanno presentato memoria. 7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 8. Il ricorso va accolto, in relazione a entrambi i suoi motivi. 8.1. Il primo motivo, infatti, è fondato. 8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che il solo danno del quale si discuteva innanzi alla Corte felsinea - dopo che alcuni degli attori, ed esattamente B.E., C.S. e R.M., avevano rinunciato al gravame esperito in via incidentale, con il quale avevano lamentato il mancato riconoscimento del danno c.d. tanatologico , patito dal loro congiunto C.A. - era quello da perdita del rapporto parentale. In relazione a tale thema decidendum , interveniva in appello - in parziale riforma della sentenza resa in prime cure - il riconoscimento della concausazione del danno suddetto, in una misura stimata del 20%, da parte dello stesso C.A., in ragione dell'inosservanza dell'obbligo di indossare la cintura di sicurezza, in occasione dello scontro tra veicoli in cui egli rimase ucciso. Nel pervenire a tale conclusione sulla base di un ragionamento viziato, però, da un non corretto modus operandi , come meglio si dirà più avanti , la sentenza impugnata si è uniformata, in via di premessa, all'orientamento di questa Corte secondo cui il risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla stessa vittima dell'illecito si vedano, tra le pronunce all'origine di tale indirizzo Cass. Sez. 3, sent. 20 marzo 1959, n. 849 Cass. Sez. 3, sent. 7 agosto 1963, n. 2223, Rv. 263405-01 Cass. Sez. 3, sent. 18 febbraio 1971, n. 430, Rv. 350030-01 per più recenti applicazioni del principio si vedano Cass. Sez. 3, sent. 26 maggio 2014, n. 11698 , Rv. 631111-01 Cass. Sez. 3, sent. 23 ottobre 2014, n. 22514 , Rv. 633071-01 Cass. Sez. 3, sent. 4 novembre 2014, n. 23426 , Rv. 633334-01 . Si tratta, peraltro, di un indirizzo che trova fondamento nell' art. 1227 c.c. , comma 1, sebbene il richiamo a tale norma - come puntualizzato da questa Corte, con arresto al quale si intende dare, qui, ulteriore continuità - debba essere inteso non in termini sussuntivi, posto che il congiunto del danneggiato che agisce iure proprio non è equiparabile al creditore che ha concorso a cagionare il danno, con il proprio fatto colposo il fatto colposo è del danneggiato, non del congiunto , sicché ciò che trova applicazione è il principio di causalità, di cui l'art. 1227, rappresenta il corollario, in base al quale al danneggiante non può farsi carico di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile, secondo il paradigma della causalità del diritto civile, la quale conferisce rilevanza alla concausa umana colposa così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 17 febbraio 2017, n. 4208 , Rv. 643137-01 . È, tuttavia, proprio il carattere colposo della condotta della vittima del sinistro a porsi come presupposto necessario affinché essa possa essere apprezzata come concausa del danno patito, iure proprio , dai suoi congiunti. Difatti, mentre in ambito penale vige la regola dell'irrilevanza delle cause concorrenti, nel senso che esse non sono idonee ad escludere la responsabilità dell'autore dell'illecito art. 41 c.p. , comma 1 , giacché la causalità penale è orientata nella direzione dell'evento , la causalità civile, per contro, guarda al danno, da cui l'incidenza della concausa umana colposa così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017 , cit. . In questo quadro, pertanto, la colpa, cui fa riferimento dell'art. 1227, comma 1, va intesa non nel senso di criterio di imputazione del fatto perché il soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito di cui all' art. 2043 c.c. , bensì come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato in tal senso, peraltro, già Cass. Sez. 3, sent. 3 dicembre 2002, n. 17152 , Rv. 558933-01 , ovvero, secondo quanto affermato da una certa dottrina, come criterio di selezione delle concause rilevanti ai fini della riduzione del risarcimento , giacché la concausa umana rilevante è soltanto quella colposa, dovendosi derubricare quella non colposa a concausa naturale cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017 , cit. , con la conseguenza che quest'ultima non giustifica una riduzione, ai sensi dell' art. 1227 c.c. , comma 1, del risarcimento dovuto dal danneggiante in questo senso anche Cass. Sez. 3, ord. 15 gennaio 2020, n. 515 , Rv. 656809-02 . D'altra parte, espressione del medesimo principio causalistico è la previsione del regresso fra responsabili solidali in base alla gravità della colpa e all'entità delle conseguenze che ne sono derivate, di cui all' art. 2055 c.c. , comma 2 , sicché tale norma e quella di cui all' art. 1227 c.c. , comma 1, compongono così un unitario sistema di rilevanza nella causalità di diritto civile della concausa umana colposa , in base al quale il cagionare un evento dannoso, nella disciplina della responsabilità extracontrattuale, non può essere inteso in termini puramente naturalistici, ma subisce l'intervento del principio normativo di rilevanza della concausa umana colposa espresso, appunto, da tale plesso normativo e implicante il frazionamento della responsabilità secondo l'efficienza dei singoli apporti in tal senso, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017 , cit. . Da quanto precede deriva che la diminuzione del risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui, in presenza di fatto colposo del deceduto, trova pertanto fondamento normativo direttamente nella disciplina del fatto illecito, ed in particolare nell'art. 2054, per l'ipotesi della circolazione stradale, dovendo il cagionare o il produrre il danno essere intesi in termini parziali laddove concorra la concausa umana colposa, sulla base di una lettura unitaria del complesso normativo derivante dall' art. 1227 c.c. , comma 1, art. 2054 c.c. , e art. 2055 c.c. , comma 2 così, conclusivamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017 , cit. . 8.1.2. Si è visto, dunque, come sia il carattere colposo della condotta della vittima del sinistro a porsi quale presupposto necessario affinché essa possa ritenersi concausa - in una misura percentuale che spetta al giudice di merito stabilire, sulla base di un accertamento di fatto che resta sottratto al sindacato di questa Corte, sempre che sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 5 giugno 2018, n. 14358, Rv. 649340-01 - del danno subito, iure proprio , dai suoi congiunti. Tanto premesso, tuttavia, affinché possa dirsi che tale contegno colposo abbia effettivamente concorso alla causazione di tale tipologia di pregiudizio, occorre, pur sempre, accertare che la colpa ascrivibile alla vittima del sinistro non si sostanzi nella mera trasgressione di una regola cautelare generica o - come nella specie - specifica alla cui osservanza il medesimo risultava tenuto, ma che tale violazione abbia effettivamente inciso nell'eziologia del sinistro rivelatosi mortale. Evenienza da ritenersi integrata solo quando l'evento morte costituisca la concretizzazione di quello specifico rischio che l'osservanza di quella regola cautelare tendeva, appunto, a neutralizzare. Orbene, nel valutare tale profilo, il giudice di merito dovrà guardarsi dal rischio - già prospettato da questa Corte in relazione alla verifica del comportamento, tenuto dal preteso responsabile del danno, a porsi come causa dello stesso, ma del pari ipotizzabile allorché si tratti di vagliare l'idoneità del contegno della vittima di un sinistro stradale mortale ad integrare concausa delle conseguenze dannose scaturite dallo stesso - di confondere impropriamente segnatamente sul piano linguistico-concettuale, e dunque sul terreno operativo le prospettive di valutazione concernenti, da un lato, l'accertamento del nesso di causalità , e, dall'altro, l'accertamento della colpa dello stesso soggetto così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2021, n. 26304 , Rv. 662534-01 . Difatti, se la prima indagine quella sul nesso di causalità nell'ambito della responsabilità civile deve ritenersi necessariamente affidata, nell'individuazione dello standard probatorio della relazione causale investigata, al criterio del più probabile che non , l'altra indagine, ovvero quello sulla colpa, attiene invece alla valutazione dell'attendibilità degli elementi probatori utilizzati ai fini della ricostruzione del comportamento esaminato, e in particolare alla correttezza dell'inferenza critica che, sul piano logico, autorizza l'affermazione della concreta sussistenza di un determinato fatto ignorato il comportamento difforme dalla regola cautelare quale conseguenza logicamente attribuibile alla preliminare verificazione di fatti certi così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. 26304 del 2021 , cit. . Fatta applicazione di tali principi al caso di specie, deve rilevarsi che la Corte felsinea si è appagata della mera verifica dell'inosservanza, da parte del defunto C.A. , dell'obbligo di indossare la cintura di sicurezza sancito dall' art. 172 C.d.S. , senza, invece, indagarne l'effettiva incidenza che tale violazione ha determinato nella verificazione del sinistro mortale, e ciò - come, appunto, imposto da questa Corte - attraverso la necessaria valutazione dell'attendibilità degli elementi probatori utilizzati . Nella specie, infatti, non è in contestazione che l'accertamento di fatto, già compiuto in sede penale dal consulente del Pubblico Ministero, sia stato assunto a riferimento della valutazione della dinamica del sinistro, se è vero che il giudice di appello - a fronte delle risultanze di tale documento - ha ritenuto superflue le istanze di rimessione in istruttoria formulate dall'appellante principale . Tuttavia, poiché tali risultanze hanno evidenziato che le deformazioni strutturali riportate dall'autovettura del C. a seguito dell'urto ebbero a sostanziarsi in una contrazione dell'abitacolo che ha reso inevitabile la compressione del torace da parte del volante dell'auto , l'esito di tale indagine tecnica è stata nel senso che l'evento morte si sarebbe realizzato con altissima probabilità anche qualora il conducente avesse regolarmente allacciato la cintura di sicurezza . Ciò nondimeno, pur muovendo da tale ricostruzione di fatto, la Corte felsinea è giunta egualmente alla conclusione che la condotta di C.A. potesse intendersi come concausa colposa - nel senso in precedenza già chiarito - dei danni patiti iure proprio dai suoi congiunti, esito, questo, che stride con il giudizio di fatto da essa assunto a presupposto del giudizio di diritto che essa era chiamata a compiere. In questo modo, pertanto, risulta integrata la violazione dell' art. 2054 c.c. , lamentata dai ricorrenti, essendo il vizio di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 sussistente quando il giudice di merito - dopo avere individuato e ricostruito, sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all'esito dello svolgimento dell'istruzione cui ha proceduto, la quaestio facti , cioè i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio - tragga da essa conseguenze giuridiche erronee così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772 , Rv. 655084-01 . Difatti, in un simile caso, la valutazione così effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo più all'attività di ricostruzione della quaestio facti e, dunque, all'apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa apprezzamento, nel caso che qui occupa, indiscusso, visto che il giudice di appello ha ritenuta superflua ogni ulteriore indagine, rispetto a quella condotta dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero in sede penale , bensì all'attività di qualificazione in iure della quaestio per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo , sicché il relativo ragionamento da esso operato, connotandosi come ragionamento giuridico espressione del momento terminale del broccardo da mihi factum dabo tibi ius è controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell'ambito del paradigma del n. 3 dell' art. 360 c.p.c. così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 21772 del 2019 , cit. in senso analogo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 gennaio 2021, n. 457 , non massimata sul punto . 8.1.3. Il primo motivo di ricorso va, quindi, accolto con rinvio alla Corte d'appello di Bologna per la decisione nel merito, da compiersi sulla base del seguente principio di diritto in caso di domanda di risarcimento del danno iure proprio proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l'idoneità della condotta colposa dell'ucciso a contribuire alla concausazione del danno deve essere apprezzata verificando, sulla base degli elementi probatori assunti a presupposto del giudizio fatto, l'effettiva incidenza avuta sull'evento morte dalla trasgressione della regola cautelare - generica o specifica - allo stesso ascritta . 8.2. Anche il secondo motivo di ricorso - non assorbito dall'accoglimento del primo, concernendo l'appello incidentale proposto, e poi abbandonato, da taluni dei già attori - è fondato. 8.2.1. In presenza, infatti, di avvenuta rinuncia al mezzo esperito da parte di B.E., C.S. e R.M., per il risarcimento del danno tanatologico patito dal loro dante causa C.A., risulta illegittima la condanna degli stessi al pagamento di somma pari al doppio del contributo unificato, mancando il presupposto costituito dal rigetto o dalla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione proposta. 9. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito, alla stregua del principio sopra meglio indicato, oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e per l'effetto cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.