Le SS.UU. in tema di contributo a fondo perduto a favore dei soggetti colpiti dal COVID-19

Con ordinanza del 31 marzo 2023, la CGT di primo grado di Agrigento aveva disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 363- bis c.p.c., per la risoluzione della seguente questione di diritto se spetti al Giudice tributario la giurisdizione in ordine alla controversia avente ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego comunicazione di scarto del contributo a fondo perduto previsto dall'art. 25 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 . Le SS.UU. civili hanno risolto la diatriba in oggetto.

Il Collegio ha specificato a riguardo che l' art. 25, d.l. n. 34/2020 , nel prevedere il riconoscimento di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica Covid-19” , introduce esso stesso un criterio di riparto della giurisdizione, giacché, nel disciplinare il controllo dei dati dichiarati a sostegno dell'istanza ed il recupero del contributo non spettante, stabilisce espressamente, nell'ultimo periodo del comma 12, che per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 l'applicabilità di tali disposizioni, che implica la devoluzione delle controversie alla giurisdizione tributaria , trova giustificazione, secondo la relazione illustrativa, nella circostanza che tali controversie hanno ad oggetto il recupero di un'agevolazione basata su dati di natura tributaria” . Infatti, nell'individuare gli aventi diritto al contributo, l'art. 25 in questione fa riferimento ai soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 comma 1 prescrivendo, quale requisito, che l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 comma 4 , e determinando l' importo del contributo in misura pari ad una percentuale della differenza tra i predetti valori, variabile in relazione all'ammontare dei ricavi di cui all'art. 85, comma primo, lett. a e b , del d.P. R. n. 9 del 1986 e dei compensi di cui all'art. 54, comma primo, del medesimo d.P.R., indicati nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto comma 5 . Inoltre, specifica anche che il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi , non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma quinto, del testo unico delle imposte sui redditi, e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, di cui al d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 . Per dirimere la controversia in oggetto, la S.C. esprime, quindi, il seguente principio di diritto in tema di contributo a fondo perduto previsto dall' art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 a favore dei soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica Covid-19 , il comma dodicesimo di tale disposizione, nella parte in cui prevede, all'ultimo periodo, che per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal d.lgs. n. 546 del 1992 , non trova applicazione ai giudizi aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego del con-tributo adottato dall'Agenzia delle entrate c.d. scarto telematico .

Presidente d'Ascolta - Relatore Mercolino Fatti di causa 1. Con ordinanza del 31 marzo 2023, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Agrigento ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione, ai sensi dell' art. 363-bis c.p.c. , per la risoluzione della seguente questione di diritto se spetti al Giudice tributario la giurisdizione in ordine alla controversia avente ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego comunicazione di scarto del contributo a fondo perduto previsto dal D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 25 . 2 . Il giudizio pendente dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria ha ad oggetto il ricorso proposto dalla Fueltruck S.r.l. avverso un provvedimento adottato il 10 settembre 2020, con cui l'Agenzia delle entrate ha rifiutato il pagamento del predetto contributo, rilevando che la richiedente non risulta tra gl'intestatari dell'IBAN indicato nella relativa istanza o l'IBAN presenta irregolarità. A sostegno dell'impugnazione, la ricorrente ha riconosciuto di essere incorsa in errore materiale nell'indicazione dell'IBAN, riferendo che quest'ultimo è stato modificato dalla banca nell'ambito di una riorganizzazione delle proprie filiali, ma precisando che la stessa banca ha espressamente consentito ai propri correntisti di continuare ad utilizzare quello precedente, ed aggiungendo che dal medesimo IBAN è stato effettuato il pagamento dell'IVA, regolarmente accettato dall'Ufficio. Si è costituita l'Agenzia delle entrate, e ha eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso, non contestando la sussistenza dei requisiti prescritti per il riconoscimento del contributo, ma affermando la non impugnabilità del provvedimento, in quanto non recante una decisione di rigetto e non preclusivo di un'istanza di revisione in autotutela, con l'indicazione dell'IBAN corretto, e sostenendo comunque la non emendabilità dell'errore. 3. Nel sollevare la questione, la Corte di Giustizia tributaria ha dato atto, in primo luogo, dell'esistenza di opinioni divergenti in ordine alla stessa utilizzabilità dello strumento di cui all' art. 363-bis c.p.c. da parte del Giudice tributario, collegati a alla genericità del riferimento, contenuto nello art. 363-bis, al giudice di merito, quale autorità legittimata a disporre il rinvio pregiudiziale, b alla circostanza che una disposizione sostanzialmente analoga, originariamente inclusa nel disegno di legge di riforma del processo tributario D.D.L. n. 2636 del 2022 , è stata stralciata nel testo approvato dal Senato, unitamente a quella che prevedeva il ricorso nell'interesse della legge del Procuratore generale della Corte di cassazione contro le sentenze del giudice tributario di merito, c alla mancanza, nella L. 26 novembre 2021, n. 206 , di una specifica delega per l'introduzione di tale meccanismo nel processo tributario, d all'operatività della disposizione di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, che estende al giudizio tributario le norme del c.p.c., in quanto compatibili, e e alla netta suddivisione fra magistratura ordinaria e magistratura tributaria, ulteriormente accentuata dalla L. 31 agosto 2022, n. 130 . Premesso che il rinvio pregiudiziale, più che porsi come elemento destabilizzante rispetto alle garanzie di autonomia riconosciute a ogni giudice dallo art. 101 Cost. , comma 2, rappresenta un'opportunità offerta al giudice di merito per rivolgersi all'organo giurisdizionale che, nell'attuale sistema, garantisce l'unità e l'uniforme interpretazione del diritto anche in materia tributaria, la Corte ha ritenuto che l'utilizzabilità di tale strumento anche in materia tributaria trovi conforto proprio nello sviluppo parallelo delle riforme del processo civile e tributario e nella sostanziale identità delle disposizioni incluse nei rispettivi disegni di legge, nonché nella posizione della Corte di cassazione, quale organo chiamato a garantire l'uniformità del diritto oggettivo anche nel settore tributario ha osservato infatti che l'istituto in esame costituisce espressione di un nuovo bilanciamento tra i poteri riconosciuti alla giurisdizione di merito e di legittimità, nell'ambito del quale alla compressione del potere decisorio cui il giudice di merito decide di sottostare nell'esercizio delle prerogative che la legge gli attribuisce fa riscontro una forte espansione del ruolo d'impulso allo stesso spettante come parte del sistema giustizia nel suo complesso, inteso non più solo come funzione dello Stato diretta all'attuazione del diritto nel caso concreto, ma come servizio pubblico in cui le risorse destinate alla soluzione della singola controversia contribuiscono al soddisfacimento di un più ampio compendio di esigenze individuali. Ha aggiunto che tale meccanismo si pone in linea con l'esigenza del giusto processo, affidando alla Corte di cassazione il compito di decidere la questione ad essa sottoposta con pronunce rese in pubblica udienza, sia a sezioni unite che a sezione semplice, con la requisitoria scritta del Procuratore generale, per ciò stesso dotate di una valenza nomofilattica al più elevato livello e tali da renderle, se non vincolanti per altri giudizi, sicuramente dotate di un particolare grado di persuasività, proprio perché orientate a garantire la certezza e la prevedibilità del diritto. Ha affermato che, con riguardo al processo tributario, tali ragioni trovano conferma per un verso nella L. n. 130 del 2022, art. 3 il quale esprime una esigenza di razionalizzazione degli orientamenti giurisprudenziali all'interno della Cassazione, nella quale il contenzioso tributario assume notoriamente una dimensione di particolare rilevanza quantitativa, e per altro verso nell'unità del rito del processo civile di cassazione e nella posizione della Sezione tributaria, la quale, pur costituendo una sezione specializzata, non si configura come un ordine distinto ed autonomo. 3.1. Precisato poi che la questione riguardante la legittimità delle decisioni di scarto telematico adottate dall'Agenzia delle entrate ha costituito oggetto di altre controversie, nelle quali l'Agenzia ha costantemente eccepito la non impugnabilità del provvedimento di diniego e l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del contributo, la Corte ha rilevato che alcune sentenze hanno accolto la domanda nel merito, ritenendo correttamente attivata la tutela giurisdizionale dinanzi al Giudice tributario, mentre un'altra ha affermato la spettanza della giurisdizione al Giudice ordinario. Ciò posto, ha dato atto dell'esistenza di diverse opzioni ermeneutiche anche in ordine alla possibilità di sollevare, mediante il rinvio pregiudiziale, una questione esclusivamente di diritto incidente sulla giurisdizione del giudice che dispone il rinvio. Ha rilevato infatti che, secondo un primo approccio, la peculiarità di tale questione non ne impedirebbe la rimessione alla Corte di cassazione, riguardando la stessa soltanto l'interpretazione del quadro normativo di riferimento rilevante ai fini dell'individuazione del plesso giurisdizionale competente a decidere la controversia, ed essendo volta a sollecitare l'enunciazione di un principio di diritto vincolante nell'ambito del giudizio cui si riferisce, anche in caso di riproposizione della medesima domanda a seguito di estinzione. Tale ambito di operatività del principio enunciato e la spettanza al giudice del potere di sollevare la questione consentirebbero poi di escludere qualsiasi sovrapposizione dello stesso al regolamento di giurisdizione, nonché di porre rimedio ad uno dei fattori più dirompenti ai fini dell'allungamento dei tempi processuali, anche in materia tributaria. Secondo un'altra interpretazione, invece, un intervento della Corte di cassazione volto unicamente a fissare una regola astratta di diritto in ordine alle norme cui si riferisce il dubbio del giudice remittente risulterebbe incompatibile con il sistema emergente dal codice di rito, che consente di sollevare la questione di giurisdizione soltanto mediante il ricorso per cassazione, il regolamento di giurisdizione ed il conflitto di giurisdizione. 3.2. Quanto, infine, alla questione di diritto sollevata con il rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia Tributaria osserva che il D.L. n. 34 del 2020, art. 25, comma 12, nella parte in cui assoggetta alle disposizioni del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 le controversie relative all'atto di recupero del contributo a fondo perduto, sembra radicare la competenza giurisdizionale del Giudice tributario, in tal modo facendo sorgere dubbi in ordine alla natura del contributo, anche in riferimento alle controversie aventi ad oggetto l'attribuzione dello stesso, e ciò in ragione del soggetto legittimato a riconoscerlo, individuato nell'Agenzia delle entrate, e delle modalità di recupero delle somme indebitamente corrisposte, in ordine alle quali viene richiamata espressamente la procedura prevista dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 421-423, nonché dell'opinione dottrinale che ipotizza la sussumibilità del contributo nell'ambito di un credito d'imposta. Premesso che, essendo la giurisdizione tributaria una giurisdizione speciale, imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto, l'attribuzione alla stessa di controversie aventi natura diversa non può snaturarne l'oggetto, risultando altrimenti violato il divieto d'istituire giudici speciali, e precisato che, ai fini della verifica della natura tributaria della fattispecie, occorre avere riguardo, secondo la giurisprudenza costituzionale, alla disciplina legale, la quale dev'essere diretta in via prevalente a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo, all'incidenza della decurtazione, che non deve integrare la modifica di un rapporto sinallagmatico, ed alla destinazione delle risorse al finanziamento di spese pubbliche, il Giudice tributario ha rilevato che l'unico elemento di collegamento tra il contributo a fondo perduto e la materia tributaria è rappresentato dallo stretto vincolo esistente tra la determinazione del quantum e il livello di redditività del richiedente, ritenendo pertanto necessario un approfondimento in ordine all'idoneità di tale elemento a modificare o incidere sulla natura del contributo, nonché alla riferibilità del D.L. n. 34 del 2020, art. 25, comma 12, alla disciplina sostanziale o anche a quella processuale, ed in particolare in ordine all'impugnazione degli atti con cui l'Agenzia delle entrate disconosca il contributo. 2. La Prima Presidente, con decreto del 18 aprile 2023 pubblicato, al pari del provvedimento che ha disposto il rinvio pregiudiziale, ai sensi dell' art. 137-ter disp. att. c.p.c. , ha dichiarato ammissibile la questione e ne ha disposto l'assegnazione alle Sezioni Unite civili per l'enunciazione del principio di diritto. 3. L'Agenzia delle entrate ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Come rilevato dalla Prima Presidente, la risoluzione della questione di diritto sollevata dalla CGT di primo grado, avente ad oggetto l'interpretazione del complesso delle norme che disciplinano il contributo a fondo perduto, ai fini dell'individuazione della giurisdizione competente a decidere le controversie riguardanti il rigetto delle richieste dei potenziali beneficiari, postula l'esame di due ulteriori quesiti, anch'essi chiaramente formulati nell'ordinanza di rinvio ed aventi carattere logicamente e giuridicamente preliminare, concernenti rispettivamente l'utilizzabilità dello strumento processuale nomofi-lattico-deflattivo previsto dall' art. 363-bis c.p.c. da parte del Giudice tributario e l'applicabilità dell'istituto anche per le questioni assoggettabili al paradigma di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 1 oltre che a quello di cui ai nn. 3 e 4 della medesima disposizione. Ciascuna delle predette questioni è stata ritenuta ammissibile dal decreto presidenziale, in quanto necessaria per il giudizio, oggetto di opinioni diversificate in dottrina o in giurisprudenza e comunque mai affrontata in precedenza da questa Corte, nonché suscettibile di riproporsi in molti altri giudizi. In ordine alla terza, in particolare, la Prima Presidente, pur dando atto della sussistenza di profili di problematicità, collegati alla possibile interferenza del rinvio pregiudiziale con altri strumenti anticipatori della definizione della giurisdizione, ha ritenuto di non poter escludere, prima facie, l'ammissibilità del quesito, proprio in considerazione della complessità dei predetti profili, nonché della natura esclusivamente interpretativa della questione prospettata nell'ordinanza di rimessione. 2. Come correttamente rilevato dalla CGT di primo grado, la legittimazione del Giudice tributario a sollevare la questione pregiudiziale d'interpretazione è stata negata da una parte della dottrina in virtù della duplice considerazione della mancanza di un'espressa norma di rinvio all' art. 363-bis c.p.c. , nella disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992 , e dell'avvenuta soppressione, in sede di approvazione della L. n. 130 del 2022 , di un'analoga disposizione originariamente contenuta nel D.D.L. n. 2636 del 2022, art. 2, comma 1, lett. g , avente ad oggetto la riforma della giustizia e del processo tributario si è osservato inoltre che un'applicazione generalizzata dell'art. 363-bis avrebbe richiesto un'apposita delega legislativa, non presente nella L. 26 novembre 2021, n. 206 , in attuazione della quale è stato emanato il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 , evidenziandosi altresì la distinzione tra giustizia ordinaria e giustizia tributaria, già prevista dal nostro ordinamento ed ulteriormente valorizzata dalla L. n. 130 cit., che ha modificato il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 , attraverso la professionalizzazione del giudice tributario di merito e la modifica delle norme che disciplinano il reclutamento, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle corti di giustizia tributaria. Tali obiezioni non appaiono tuttavia insuperabili, ove si tenga conto del generale rinvio alle norme del c.p.c. contenuto nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, che ne consente l'applicazione anche al processo tributario, per quanto non disposto dalle relative disposizioni e nei limiti della compatibilità con le stesse, dell'unicità della disciplina del giudizio di cassazione, applicabile anche al processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nell'art. 62, comma 2 D.Lgs. n. 546 cit., e della collocazione topografica dell' art. 363-bis c.p.c. , inserito proprio tra le disposizioni che disciplinano il giudizio di cassazione, nonché del tenore letterale della norma in esame, che nell'individuare l'organo legittimato a sollevare la questione pregiudiziale d'interpretazione fa riferimento al giudice di merito , senza ulteriori specificazioni. Neppure può ritenersi ostativa all'applicazione dell' art. 363-bis c.p.c. la distinzione della giurisdizione tributaria da quella civile, avuto riguardo alla comune individuazione, quale organo di vertice dell'ordinamento processuale, della Corte di cassazione, cui è attribuita la funzione di giudice di legittimità, con il compito di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo finalità, queste, alla cui realizzazione contribuisce indubbiamente anche l'istituto del rinvio pregiudiziale, in quanto volto a sollecitare un responso anticipato della Corte in ordine ad una questione di diritto, sostanziale o processuale, non ancora risolta dalla giurisprudenza di legittimità ed avente carattere seriale, che presenti gravi difficoltà interpretative ed appaia rilevante ai fini della decisione della controversia sottoposta all'esame del giudice remittente. In realtà, è proprio la funzione nomofilattico-deflattiva assegnata al rinvio pregiudiziale ad avvalorarne la riferibilità anche al giudizio tributario di merito, non potendosi disconoscere l'utilità di tale strumento proprio in una materia come quella tributaria, nell'ambito della quale si rivela particolarmente pressante l'esigenza di assicurare l'uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione di un contenzioso notoriamente assai consistente sotto il profilo quantitativo e spesso connotato da caratteri di serialità, nonché di consentire una più rapida definizione delle controversie pendenti. Non a caso, la relazione di accompagnamento del citato D.D.L. n. 2636 del 2022, nell'illustrare il contenuto dell'art. 2, comma 2, lett. g , recante la previsione del rinvio pregiudiziale, individuava nella sua introduzione una novità di tipo processuale volta a rendere più tempestivo l'intervento nomo-filattico, con auspicabili benefici in termini di uniforme interpretazione della legge, quale strumento di diretta attuazione dell' art. 3 Cost. , prevedibilità delle decisioni e deflazione del contenzioso premesso infatti che nella materia tributaria l'esigenza di assicurare una tempestiva interpretazione uniforme è particolarmente avvertita, a causa del continuo succedersi di norme di nuova introduzione e della serialità della loro applicazione, essa affermava che una interpretazione autorevole e sistematica della Corte resa con tempestività, in poco tempo ed in concomitanza alle prime pronunzie della giurisprudenza di merito, può svolgere un ruolo deflattivo significativo, prevenendo la moltiplicazione dei conflitti e con essa la formazione di contrastanti orientamenti territoriali . L'identità delle motivazioni sottese all'inserimento di tale disposizione nel D.D.L. n. 2636 rispetto a quelle che hanno determinato l'introduzione dell' art. 363-bis c.p.c. consente di escludere che l'intervenuta soppressione della prima, in sede di approvazione della L. n. 130 del 2022 , possa produrre l'effetto di impedire l'applicazione del secondo anche nel processo tributario, rispetto alla quale, d'altronde, non può attribuirsi una portata ostativa neppure alla diversa formulazione delle due norme è pur vero, infatti, che il testo dell' art. 363-bis c.p.c. non risulta interamente sovrapponibile a quello del D.D.L. n. 2636, art. 2, comma 2, lett. g , il quale richiedeva che la questione sollevata con il rinvio pregiudiziale fosse non solo idonea alla definizione anche parziale della controversia, caratterizzata da particolari difficoltà interpretative e suscettibile di presentarsi in numerose controversie, ma anche nuova o comunque non trattata dalla Corte di cassazione, e di particolare rilevanza per l'oggetto o per la materia , nonché oggetto di pronunce contrastanti dei giudici tributari di merito peraltro, indipendentemente dal significato che avrebbe potuto essere attribuito a tali ulteriori requisiti, l'esclusione della necessità degli stessi, per effetto della espunzione di tale disposizione dalla legge di riforma del processo tributario, non consente di ravvisare alcun profilo d'incompatibilità tra l'istituto in esame, così come disciplinato dal codice di rito civile, e la disciplina del processo tributario di merito. 3. Parimenti non decisive appaiono le obiezioni formulate da una parte della dottrina in ordine alla possibilità di sollevare, mediante il rinvio pregiudiziale, una questione di diritto incidente sulla giurisdizione del Giudice adito. Benvero, la disciplina dettata dal codice di rito in materia di giurisdizione sembra delineare un sistema compiuto, nell'ambito del quale è affidato al Giudice di legittimità il compito di dirimere le relative questioni, operando come giudice anche del fatto, e procedendo quindi direttamente all'individuazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alla controversia, sulla base del petitum sostanziale della domanda e delle norme che disciplinano la fattispecie cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 20/11/2007, n. 24009 11/07/ 2006, n. 15661 10/01/2003, n. 261 . Tale sindacato può essere esercitato non solo successivamente, in sede di ricorso per cassazione avverso le decisioni adottate dai giudici di merito, ma anche in via preventiva, attraverso gli strumenti di cui all' art. 41 c.p.c. e alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59, comma 3, senza tuttavia che sia prevista, almeno in prima battuta, un'iniziativa ufficiosa dal giudice adito, al quale è consentito soltanto di reagire alla rimessione della causa da parte di altro giudice ritenutosi carente di giurisdizione il regolamento di giurisdizione è infatti rimesso esclusivamente all'iniziativa delle parti, le quali possono peraltro promuoverlo soltanto finché la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado, mentre il conflitto di giurisdizione può essere sollevato d'ufficio dal giudice esclusivamente in caso di riassunzione del giudizio a seguito della declinatoria della giurisdizione da parte di un altro giudice, e comunque non oltre il termine previsto dall'art. 59 cit., comma 3. Rispetto al predetto sistema, lo strumento introdotto dall' art. 363-bis c.p.c. presenta rilevanti differenze, essendo rimesso all'iniziativa del giudice, il quale può avvalersene non soltanto nel giudizio di primo grado, ma anche in appello, e quindi dopo che sia già intervenuta una decisione, e potendo essere utilizzato soltanto per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto. In sede di rinvio pregiudiziale, resta pertanto precluso il compimento d'indagini di fatto, anche nel caso in cui la questione sollevata rivesta carattere processuale, dovendo questa Corte limitarsi a prendere in esame il quesito di diritto formulato dal giudice di merito, rispetto al quale la situazione di fatto dallo stesso prospettata viene in considerazione esclusivamente ai fini della valutazione in ordine alla rilevanza della questione, che costituisce una delle condizioni di ammissibilità individuate dall'art. 363-bis, comma 1. Tali differenze non possono ritenersi tuttavia sufficienti ad escludere la compatibilità del nuovo istituto con la disciplina dettata per la risoluzione delle questioni di giurisdizione, configurandosi lo stesso, piuttosto, come uno strumento complementare a quelli già previsti dal codice di rito, rispetto ai quali svolge una funzione diversa, orientata non solo e non tanto tanto alla definizione della singola controversia pendente dinanzi al giudice che dispone il rinvio, quanto all'enunciazione di un principio di diritto suscettibile di applicazione in un numero indefinito di giudizi, già pendenti o futuri, nei quali si ponga la medesima questione. La ratio dell' art. 41 c.p.c. consiste infatti nell'accelerare la definizione della controversia, consentendo di dissipare in limine litis i dubbi eventualmente insorti in ordine alla giurisdizione del giudice adito, attraverso la sollecitazione di una pronuncia immediata di questa Corte regolatrice sulla relativa questione, in modo tale da evitare che la decisione della stessa da parte del giudice di merito possa essere modificata in sede d'impugnazione, con la conseguente regressione del giudizio alla fase precedente. Tale finalità acceleratoria risulta estranea alla funzione dell'istituto previsto dall' art. 363-bis c.p.c. , la quale consiste invece nel deflazionare il contenzioso inerente ad una determinata materia, favorendo la definizione dei giudizi pendenti e prevenendo l'instaurazione di giudizi futuri mediante la sollecitazione di una pronuncia nomofilattica di questa Corte, avente efficacia vincolante soltanto nell'ambito del giudizio in cui è adottata, ma idonea, per l'autorevolezza della fonte da cui promana e la sua capacità persuasiva, ad orientare le successive decisioni dei giudici di merito e le scelte degli operatori economici e giuridici in ordine alla convenienza dell'instaurazione di ulteriori giudizi. Non a caso, tra le condizioni di ammissibilità del rinvio la norma in esame richiede, oltre alla necessarietà della questione ai fini della definizione anche parziale del giudizio ed alla mancata risoluzione della stessa da parte della Corte di cassazione, l'esistenza di gravi difficoltà interpretative, che il giudice remittente è tenuto a dimostrare anche mediante la specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili, e l'idoneità della questione a porsi in numerosi giudizi, in tal modo escludendo la possibilità di rimettere al Giudice di legittimità la soluzione di questioni che non richiedano un particolare sforzo ermeneutico o rivestano una portata meramente episodica, in quanto strettamente collegate alla peculiarità della situazione di fatto sottoposta all'esame del giudice di merito. In effetti, relativamente all'istituto in esame, la funzione acceleratoria riveste una portata meramente secondaria ed eventuale rispetto a quella nomofilattico-deflattiva, essendo l'utilità del rinvio apprezzabile non solo e non tanto in relazione al singolo giudizio nello ambito del quale viene disposto, la cui durata non risulta necessariamente abbreviata, quanto e soprattutto in relazione all'intero contenzioso nel quale si pone il quesito di diritto formulato dal giudice di merito, la cui definizione è destinata sicuramente ad essere agevolata dalla risoluzione immediata della questione interpretativa. Non merita d'altronde consenso l'osservazione formulata da una parte della dottrina, secondo cui l'ammissibilità del rinvio pregiudiziale ai fini della risoluzione di una questione di giurisdizione troverebbe ostacolo nella natura stessa di tali questioni, nell'ambito delle quali i profili di diritto risultano inscindibilmente connessi a quelli di fatto, giacché l'individuazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alla controversia presuppone necessariamente la valutazione della vicenda da cui trae origine la posizione giuridica fatta valere con la domanda giudiziale, che costituisce quindi un aspetto essenziale dell'apprezzamento demandato al Giudice di legittimità ed ancor prima, al giudice di merito . Per un verso, infatti, tale inscindibilità contraddistingue, in linea di principio, tutte le questioni di carattere processuale, per la cui risoluzione, com'e' noto, questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, provvedendo al riscontro del vizio lamentato attraverso l'esame diretto degli atti di causa, indipendentemente dalla correttezza giuridica e dalla coerenza e logicità della motivazione adottata dal giudice di merito cfr. ex plurimis, Cass., Sez. lav., 5/08/2019, n. 20924 21/04/2016, n. 8069 Cass., Sez. II, 13/08/2018, n. 20716 sicché, ove si condividesse la predetta opinione, l'ammissibilità del rinvio pregiudiziale dovrebbe essere esclusa per tutte le questioni interpretative riguardanti norme processuali, e ciò in contrasto con la lettera dell' art. 363-bis c.p.c. , la quale individua l'oggetto del rinvio in una questione esclusivamente di diritto , senza distinguere tra norme sostanziali e norme processuali. Per altro verso, anche in riferimento a tali questioni, è ben possibile distinguere concettualmente tra l'interpretazione della norma giuridica astrattamente destinata a regolare la fattispecie, che può essere demandata al Giudice di legittimità attraverso il rinvio pregiudiziale, e la ricostruzione della concreta vicenda processuale, che resta affidata al giudice di merito, sia in via preventiva, ai fini della motivazione in ordine alla rilevanza della questione, che in via successiva, ai fini dell'applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte sebbene, infatti, ai sensi dell'art. 363-bis, u.c. tale principio rivesta carattere vincolante nel giudizio a quo, dev'essere riconosciuta al giudice di merito la facoltà di escluderne l'applicazione, non solo alla luce di modificazioni normative eventualmente sopravvenute alla sua enunciazione, ma anche alla luce degli elementi risultanti da un'istruttoria più approfondita, ove dagli stessi emerga una situazione di fatto difforme da quella tenuta presente nella formulazione del quesito. Tali precisazioni devono ritenersi riferibili anche alle questioni di giurisdizione, in ordine alle quali occorre distinguere tra i profili fattuali rimessi in via esclusiva al giudice di merito, consistenti nell'individuazione della vicenda sostanziale sottoposta al suo esame e delle domande e delle eccezioni proposte dalle parti, e quelli giuridici demandati al Giudice di legittimità, consistenti non già nell'individuazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alla controversia, ma nell'interpretazione delle norme sostanziali e processuali dalle quali dipende il riparto di giurisdizione in quest'ottica, non possono ritenersi interamente condivisibili le modalità di formulazione del quesito di diritto proposto dalla CGT remittente e le stesse conclusioni formulate dal Procuratore generale, con cui viene chiesto a questa Corte di stabilire direttamente se spetti al Giudice tributario la giurisdizione in ordine alla controversia riguardante il diniego del contributo a fondo perduto previsto dal D.L. n. 34 del 2020, art. 25 dovendo l'oggetto della questione essere individuato, piuttosto, nell'interpretazione delle disposizioni che disciplinano i requisiti per la fruizione di tale beneficio e ne determinano le modalità di erogazione e recupero, ai fini dell'individuazione della sua natura, che costituisce il criterio fondamentale di collegamento tra la controversia e la giurisdizione tributaria. 4. Così puntualizzati i termini della questione sottoposta all'esame di queste Sezioni Unite, si osserva innanzitutto che il D.L. n. 34 del 2020, art. 25 nel prevedere il riconoscimento di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica Covid-19 , introduce esso stesso un criterio di riparto della giurisdizione, giacché, nel disciplinare il controllo dei dati dichiarati a sostegno dell'istanza ed il recupero del contributo non spettante, stabilisce espressamente, nell'ultimo periodo del comma 12, che per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 l'applicabilità di tali disposizioni, che implica la devoluzione delle controversie alla giurisdizione tributaria, trova giustificazione, secondo la relazione illustrativa, nella circostanza che tali controversie hanno ad oggetto il recupero di un'agevolazione basata su dati di natura tributaria . In effetti, nell'individuare gli aventi diritto al contributo, l'art. 25 fa riferimento ai soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 comma 1 , prescrivendo, quale requisito, che l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di Omissis sia inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di Omissis comma 4 , e determinando l'importo del contributo in misura pari ad una percentuale della differenza tra i predetti valori, variabile in relazione all'ammontare dei ricavi di cui al D.P.R. n. 9 del 1986, art. 85, comma 1, lett. a e b , e dei compensi di cui all'art. 54, comma 1 medesimo D.P.R., indicati nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto comma 5 . Esso dispone inoltre che il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5 testo unico delle imposte sui redditi, e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 . L'erogazione del contributo ha luogo sulla base di un'istanza dell'interessato, recante l'indicazione della sussistenza dei requisiti prescritti, rivolta alla Agenzia delle entrate e presentata in via telematica, i cui contenuti informativi, modalità di effettuazione e termini di presentazione sono definiti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia comma 10 . Il contributo è corrisposto dalla medesima Agenzia comma 11 , alla quale è demandato anche il controllo dei dati dichiarati dal beneficiario, nonché il recupero degl'importi non spettanti, sui quali è prevista l'applicazione di sanzioni in misura corrispondente a quelle di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 5, e degl'interessi nella misura di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 20 comma 12 . Ai fini del controllo, vengono infine richiamate le disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 31 e ss. al D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2 , e, per quanto compatibili, quelle di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 28 convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 , mentre il recupero è assoggettato alla disciplina dettata dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 421-423. Orbene, il reiterato rinvio della predetta disciplina a norme dell'ordinamento tributario, posto in relazione con l'espressa attribuzione al Giudice tributario dell'impugnazione degli atti di recupero delle somme indebitamente erogate, potrebbe accreditare l'opinione secondo cui la materia trattata giustificherebbe la devoluzione alla giurisdizione tributaria di tutte le controversie riguardanti il contributo in esame, in tal senso deponendo apparentemente l'individuazione dei beneficiari mediante il riferimento al D.P.R. n. 917 del 1976, la subordinazione del beneficio alla riduzione del fatturato e dei corrispettivi, la commisurazione del suo ammontare ad una percentuale di tale riduzione, l'esclusione dello stesso dalla base imponibile delle imposte sui redditi e dal valore della produzione netta rilevante ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, e l'individuazione dell'ente erogatore nell'Agenzia delle entrate, incaricata anche dell'attività di controllo e recupero delle somme indebitamente corrisposte, nonché l'assoggettamento di tale attività alla disciplina propria delle entrate tributarie, con l'applicazione delle sanzioni e degl'interessi per le stesse previsti. A tale conclusione dovrebbe peraltro pervenirsi anche con riferimento ad altre disposizioni, successive al D.L. n. 34 del 2020, art. 25 che hanno previsto l'erogazione di analoghi contributi a fondo perduto vanno richiamati, in particolare, il D.L. 14 agosto 2020, n. 104, art. 59 convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126 , che ha previsto un contributo in favore dei soggetti esercenti attività d'impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, nelle zone A o equipollenti dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana e dei comuni ove sono situati santuari religiosi il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 1 convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 , e il D.L. 18 dicembre 2020, n. 172, art. 2 che hanno previsto contributi in favore dei soggetti titolari di partita IVA operanti nei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte con il D.P.C.M. 24 ottobre 2020 e dal D.L. n. 172 cit. per contenere la diffusione dell'epidemia Covid-19 il D.L. 22 marzo 2021, n. 41, art. 1 convertito con modificazioni dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 , che, al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 , ha previsto un contributo in favore dei soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d'impresa, arte o professione o producono reddito agrario. Tali disposizioni, infatti, oltre a ricollegare il riconoscimento del contributo ad un peggioramento della situazione economica emergente dai dati fiscali del richiedente e ad escluderne l'ammontare dal computo della base imponibile delle imposte sui redditi e dal valore della produzione netta rilevante ai fini dell'IRAP, analogamente a quanto previsto dal D.L. n. 34 del 2020, art. 25 estendono espressamente a tali contributi le disposizioni da quest'ultimo dettate in tema di controllo dei dati dichiarati e di recupero delle somme indebitamente corrisposte, ivi compresa quella di cui all'ultimo periodo del comma 12, che rinvia al D.Lgs. n. 546 del 1992 per le controversie relative agli atti di recupero. Senonché, alla devoluzione alla giurisdizione tributaria di tutte le controversie inerenti ai contributi in questione si oppone non solo il tenore letterale della predetta disposizione, recante un puntuale riferimento alle sole controversie riguardanti gli atti di recupero, ma anche il dettato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 che, nell'individuare l'ambito della giurisdizione tributaria, vi include tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio . Ai fini dell'individuazione di tali controversie, l'ordinanza di rimessione ha correttamente richiamato l'orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui una fattispecie deve ritenersi di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese cfr. tra le più recenti, Corte Cost., sent. n. 167 del 2018 n. 89 del 2018, n. 269 del 2017 . A tale principio si sono costantemente attenute anche queste Sezioni Unite, che, nel delineare i caratteri identificativi del tributo, hanno evidenziato a la matrice legislativa della prestazione imposta, nel senso che il tributo nasce direttamente in forza della legge, risultando irrilevante l'autonomia contrattuale, b la doverosità della prestazione, nel senso che il tributo comporta un'ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico, c l'impossibilità, per i soggetti tenuti al pagamento, di sottrarsi a tale obbligo e la sostanziale irrilevanza della volontà delle parti, sotto il profilo genetico e funzionale, d il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione è volta ad apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore cfr. tra le altre, Cass., Sez. Un., 26/02/ 2021, n. 5418 28/10/2015, n. 21950 13/06/2014, n. 13431 . Tale ricostruzione della fattispecie tributaria non ha peraltro impedito di ricondurre alla giurisdizione tributaria anche le controversie aventi ad oggetto la spettanza delle agevolazioni fiscali, non solo nel caso in cui le stesse incidano direttamente sulla determinazione della base imponibile o del tributo, ma anche nel caso in cui si traducano in una sovvenzione indiretta, accordata mediante il riconoscimento di un credito d'imposta cfr. in proposito, Cass., Sez. V, 24/03/2021, n. 8203 , che ha riconosciuto la natura tributaria dei crediti d'imposta previsti dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, art. 20 in favore degli esercenti le sale cinematografiche, in quanto concorrenti alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'IRAP Cass., Sez. Un., 5/05/2011, n. 9841 , che ha ritenuto spettante alla giurisdizione tributaria l'impugnazione del provvedimento di revoca del credito d'imposta previsto dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350 , art. 4, commi 181-186 e 189, della in favore delle imprese editrici, in quanto avente l'effetto di ridurre l'imposta altrimenti dovuta . Le considerazioni svolte al riguardo non appaiono tuttavia suscettibili di estensione al contributo in esame, il quale, oltre a non consistere evidentemente nell'imposizione di una prestazione che implica una decurtazione patrimoniale a carico dell'obbligato, né fatta eccezione per quello di cui al D.L. n. 41 del 2021, art. 1 che ai sensi del comma 7 può essere alternativamente accordato anche in tale forma, a scelta del contribuente nel riconoscimento di un credito d'imposta, ma nell'erogazione di una somma da parte dell'Amministrazione, non concorre neppure alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi né alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'IRAP sicché, al di là del profilo soggettivo costituito dall'affidamento all'Agenzia delle entrate del compito di erogare l'importo dovuto e di controllare i dati dichiarati nell'istanza, l'unico collegamento tra il contributo in esame e la materia tributaria è rappresentato dalla individuazione delle condizioni che ne legittimano l'attribuzione e dei dati sulla base dei quali dev'essere determinato il relativo ammontare, il cui disconoscimento non comporta tuttavia la formulazione di una pretesa tributaria da parte dell'Amministrazione, nonché dall'applicabilità delle disposizioni che disciplinano l'accertamento delle imposte sui redditi e le relative sanzioni, le quali non vengono tuttavia in rilievo nelle controversie aventi ad oggetto l'erogazione del contributo. In quest'ottica, deve escludersi la possibilità di estendere la portata del richiamo alla disciplina processuale dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992 , contenuto nel D.L. n. 34 del 2020, art. 25, comma 12, nell'ultimo periodo oltre il limite delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione degli atti di recupero adottati dall'Agenzia delle entrate, ricomprendendovi anche quelle riguardanti il riconoscimento e l'erogazione del contributo a fondo perduto l'esclusione della natura tributaria di tale beneficio impone infatti un'interpretazione restrittiva della norma in esame, avente l'effetto di circoscriverne l'ambito applicativo alla sola ipotesi da essa espressamente contemplata, e ciò anche in considerazione della natura speciale della giurisdizione tributaria, che ne preclude l'estensione a controversie aventi un oggetto estraneo alla materia ad essa attribuita. Condivisibilmente, in proposito, l'ordinanza di rimessione richiama il principio, enunciato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui il carattere speciale della giurisdizione tributaria, preesistente alla Costituzione ed imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto, fa sì che, nella modificazione del suo oggetto, il legislatore ordinario incontri il duplice limite di non snaturare le materie ad essa originariamente attribuite e di assicurarne la conformità a Costituzione l'identità della natura delle predette materie costituisce infatti una condizione essenziale, operante in riferimento ad ogni modifica legislativa riguardante l'oggetto di tale giurisdizione, e necessaria affinché la stessa possa qualificarsi come una consentita revisione , e non si traduca quindi nell'introduzione di un nuovo giudice speciale, espressamente vietata dall' art. 102 Cost. cfr. Corte Cost., sent. n. 64 del 2008 n. 39 del 2010 . 5. In conclusione, la questione sollevata dall'ordinanza di rimessione va risolta attraverso l'enunciazione del principio di diritto riportato nel dispositivo. La natura ufficiosa del rinvio pregiudiziale esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali. P.Q.M. enuncia il seguente principio di diritto In tema di contributo a fondo perduto previsto dal D.L. n. 34 del 2020, art. 2 5 a favore dei soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica Covid-19 , il comma 12 di tale disposizione, nella parte in cui prevede, all'ultimo periodo, che per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 546 del 199 2, non trova applicazione ai giudizi aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego del contributo adottato dall'Agenzia delle entrate c.d. scarto telematico . Dispone la restituzione degli atti alla Corte di Giustizia Tributaria di Agrigento.