Il diritto alla rinnovazione istruttoria dell’imputato dichiarato assente

L'imputato assente rimesso in termini per impugnare la sentenza di primo grado ha diritto ad una integrale rinnovazione istruttoria, non rilevando la valutazione del giudice di appello circa la sua necessità tuttavia, il principio costituzionale del diritto ad una breve durata del processo impone che la rinnovazione istruttoria venga circoscritta al solo esercizio dei diritti che l'imputato avrebbe potuto esercitare se avesse partecipato al giudizio di primo grado .

La Corte di Cassazione si allinea alle statuizioni della Corte EDU in tema di equo processo celebrato in assenza sottolineando il diritto alla rinnovazione istruttoria in appello quando l'imputato viene rimesso in termini per impugnare. Il giudice di appello però mantiene il potere-dovere di stabilire i limiti della rinnovazione istruttoria richiesta dall'imputato contumace, riconoscendo allo stesso solo l'esercizio dei diritti che avrebbe potuto esercitare se avesse partecipato al giudizio di primo grado . I fatti La Corte di Assise di appello di Torino ha condannato il ricorrente alla pena di anni trenta di reclusione per il delitto di omicidio aggravato nonché dei delitti di cui agli artt. 10, 12 e 14, Legge n. 497/2014 e 411 c.p., in concorso con altri imputati giudicati separatamente. L'imputato era stato condannato all'ergastolo dai giudici di primo grado, ed il suo appello era stato dichiarato inammissibile, essendo il suo difensore privo di mandato speciale ad impugnare. Il nuovo giudizio d'appello L'imputato, però, veniva rimesso in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado. La Corte di assise di appello ha, in primo luogo, respinto l'eccezione di nullità dell'intero giudizio per nullità del decreto di latitanza. E inoltre, veniva rigettata la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria mediante un nuovo esame degli imputati e di alcuni testimoni, che non erano stati sentiti nel giudizio di primo grado. Il ricorso alla Suprema Corte L'imputato ricorreva per Cassazione rilevando la nullità del decreto che dichiarava la sua latitanza in ragione del fatto che, essendo stato rimesso in termini per l'impugnazione, era stata riconosciuta la sua incolpevole ignoranza sulla pendenza di un procedimento penale a carico e pertanto doveva dichiararsi la nullità del decreto che dispone giudizio. Ricorreva inoltre avverso il rigetto alla rinnovazione istruttoria da parte dei giudici d'appello rilevando come la giurisprudenza di legittimità abbia sempre sostenuto che all'imputato contumace, rimesso in termini per l'impugnazione, deve riconoscersi il diritto alla rinnovazione dell'istruttoria, persino se abbia avuto conoscenza della pendenza del procedimento. La conoscenza della pendenza di un provvedimento restrittivo La Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, evidenziando la piena legittimità della notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata mediante copia al difensore, ai sensi dell' art. 165 c.p.p. Sottolinea inoltre la differenza concettuale fra la conoscenza della pendenza di un provvedimento restrittivo a carico dell'imputato con la conoscenza della pendenza del procedimento penale . Ed invero, resta legittima la latitanza dichiarata ai sensi dell' art. 269 c.p.p. , per la volontaria sottrazione ad un ordine restrittivo o limitativo della libertà, come del resto era avvenuto nel caso di specie. Diversamente, la mancata conoscenza del procedimento costituisce un vizio autonomo, già noto e sanato” mediante la rimessione in termini al diritto a impugnare la sentenza di primo grado che non incide sulla legittimità del decreto che dichiara la latitanza dell'imputato. Quando l'imputato assente ha diritto alla rinnovazione istruttoria in appello? La Cassazione, nonostante la volontaria e consapevole condizione di latitanza dell'imputato, riconosce comunque il diritto alla rinnovazione dell'istruttoria per il condannato rimesso in termini per impugnare, i cui limiti sono però definiti da due differenti orientamenti giurisprudenziali sul tema. Un primo e più restrittivo orientamento ermeneutico della Cassazione, anche più risalente nel tempo, faceva leva sul disposto dell' art. 603, comma 4, c.p.p. Sicché, indipendentemente dalla condizione di assenza dell'imputato, spetterebbe comunque al giudice di appello il compito di valutare l'effettiva necessità della rinnovazione. Il secondo e più recente indirizzo giurisprudenziale, ispirato alle recenti applicazioni dei principi del diritto a un processo equo” ex art. 6 della CEDU , sancisce quasi una presunzione iuris tantum ” di mancata conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell'imputato dichiarato contumace, sicché il diritto alla integrale rinnovazione dell'istruttoria costituirebbe il rimedio necessario per reintegrare il soggetto nei diritti di difesa non potuti esercitare in primo grado. La soluzione della Cassazione Gli Ermellini da un lato sembrano dare continuità a tale ultimo orientamento e alla recentissima sentenza della CEDU pronunciatasi sulla medesima questione Corte EDU, Sez. I, sentenza del 31 agosto 2023, Shala c. Italia , sancendo l'illegittimità del rigetto della Corte d'Assiste d'appello alla richiesta di rinnovazione istruttoria poiché fondata sull'affermazione della consapevole scelta dell'imputato a sottrarsi alla conoscenza del procedimento. Secondo i giudici di legittimità, dal momento che la restituzione in termini è stata disposta perché non è stata ritenuta superata la presunzione della sua dell'imputato involontaria ignoranza della pendenza del procedimento, gli attribuiva il diritto alla rinnovazione delle prove già assunte a suo carico, non potendo altrimenti essere ritenuto equo” il nuovo processo svolto in sua presenza . Il giudizio controfattuale” sulla rinnovazione istruttoria La Cassazione però sottolinea come non può del tutto limitarsi il potere-dovere del giudice per valutare l'effettiva rilevanza delle prove richieste, ex art. 495 c.p.p., anche al fine di rispettare il principio costituzionale del diritto ad una breve durata del processo . Così, introducendo a una sorta di giudizio controfattuale sulla utilità delle richieste istruttorie e sulle relative garanzie all'esercizio di diritto di difesa. La sentenza della Cassazione sottolinea che il giudice di appello mantiene pur sempre il potere-dovere di circoscrivere la rinnovazione istruttoria limitatamente all 'esercizio dei diritti dell'imputato che avrebbe potuto esercitare se avesse partecipato al giudizio di primo grado . Sulla base di tali principi viene esclusa la rinnovazione delle prove già ammesse ed espletate nel giudizio di primo grado a cui l'imputato non avrebbe comunque partecipato, ordinando invece la rinnovazione alle sole ipotesi in cui allo stesso sarebbe stato garantito il diritto al contraddittorio sulla prova.

Presidente Boni – Relatore Masi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 12 settembre 2022 la Corte di assise di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa in data 12 giugno 1998 dalla Corte di assise di Alessandria, ha condannato D.F. .o.E. ., alias K.G., alla pena di trenta anni di reclusione per i delitti di cui alla L. n. 497 del 2014, artt. 575 e 577 c.p. , artt. 10, 12 e 14 e art. 411 c.p. , da lui commessi il omissis , in concorso con altri imputati giudicati separatamente, cagionando la morte di H.I., colpendolo con armi da punta e taglio e di Ka. Tu ., ferendolo con un colpo di arma da fuoco e colpendolo con un'arma da taglio alla base del collo, detenendo e portando in pubblico illecitamente il revolver usato per il secondo omicidio, e poi occultando i due cadaveri, dandogli fuoco. Il D., era stato condannato all'ergastolo dai giudici di primo grado, ed il suo appello era stato dichiarato inammissibile, essendo il suo difensore privo di mandato speciale. Egli, però, con ordinanza in data 26 ottobre 2020, e a seguito di annullamento di una precedente ordinanza di senso contrario, era stato rimesso in termini per proporre l'impugnazione. La Corte di assise di appello ha, in primo luogo, respinto l'eccezione di nullità dell'intero giudizio per la nullità del decreto di latitanza, e l'eccezione di nullità del rinvio a giudizio perché non preceduto dall'interrogatorio dell'imputato. Ha altresì respinto la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria, mediante l'esame dell'imputato e l'escussione dei coimputati e di alcuni testimoni, anche mai sentiti in precedenza. Nel merito ha ritenuto provati i reati, conformemente alla sentenza di primo grado, dalla confessione di uno dei coimputati, tale S.K. , dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria, e da una conversazione intercettata a carico del D., e ha respinto le censure di inattendibilità del chiamante in correità. Ha invece escluso l'attenuante della premeditazione per il reato di cui al capo B , già esclusa dal giudice di appello per i coimputati, riducendo così la pena dall'ergastolo a quella di trenta anni di reclusione, ma ha respinto la richiesta di concessione delle attenuanti generiche. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso D.F. .o.E. ., alias K.G., per mezzo del proprio difensore avv. Luppi Emanuele, articolando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo censura la violazione degli artt. 178 e 179 c.p.p. in relazione alla nullità del decreto che dispone il giudizio quale conseguenza della nullità del decreto di latitanza emesso il 03 settembre 1997, e la carenza e illogicità della motivazione laddove la Corte ha ritenuto che l'imputato fosse a conoscenza del processo, con violazione dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. c ed e . La nullità da cui è affetto il decreto di rinvio a giudizio è assoluta, essendo nullo il decreto di latitanza emesso il 03 settembre 1997, in quanto dall'accertamento dell'irreperibilità del D., risulta evidente che egli non si è sottratto volontariamente all'esecuzione del decreto di fermo, emesso dal pubblico ministero il omissis , e all'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le indagini preliminari il omissis , in quanto egli non ha mai avuto notizia della instaurazione di un procedimento penale nei suoi confronti. Le ricerche per il suo rintraccio non sono state esaurienti, perché il pubblico ministero non dette seguito alle notizie della presenza del D. in […] presso la moglie, o della sua detenzione in […], riportate anche nella sentenza di appello la Corte di assise di appello ha affermato che la notizia della detenzione era risultata, in seguito, non veritiera, ma tale informazione è irrilevante perché pervenuta cinque mesi dopo l'emissione del decreto di latitanza. Questo, dunque, non venne emesso sulla base dell'esito infruttuoso di tutte le ricerche possibili, nè si può ritenere che l'informazione pervenuta successivamente abbia sanato la lacunosità delle indagini. Inoltre, non vi è la certezza che il D. fosse a conoscenza della instaurazione di un procedimento penale a suo carico e della emissione di un provvedimento restrittivo la Corte di cassazione ha annullato una precedente ordinanza, che negava la rimessione in termini per proporre l'appello, proprio rilevando che non vi era la prova che egli fosse stato a conoscenza della pendenza del procedimento. La nullità del decreto di latitanza comporta la nullità del decreto di rinvio a giudizio, come fu eccepito dal difensore nel corso del giudizio di primo grado. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso censura l'erronea applicazione dell' art. 603 c.p.p. , comma 4, e la carenza e illogicità della motivazione in relazione al diniego della rinnovazione dibattimentale mediante l'esame della persona offesa, con violazione dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. b ed e . La Corte di assise di appello gli ha negato il diritto alla rinnovazione istruttoria asserendo che egli ha rinunciato volontariamente a partecipare al processo, ma tale motivazione viola la legge e contraddice la decisione della Corte di cassazione di rimetterlo in termini per proporre l'appello, avendo egli incolpevolmente ignorato la pendenza del processo. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha sempre sostenuto che l'imputato contumace, rimesso in termini per l'impugnazione, ha diritto alla rinnovazione dell'istruttoria, persino se abbia avuto conoscenza della pendenza del procedimento. La sua richiesta deve quindi essere accolta, avendo egli specificato, per ciascuna prova, i temi di indagine da esplorare. 2.3. Con il terzo motivo censura l'erronea applicazione dell' art. 62-bis c.p. , e la carenza e illogicità della motivazione in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, con violazione dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e . La sentenza impugnata ha respinto la richiesta di applicazione di dette attenuanti per la gravità dei fatti e l'assenza di elementi valutabili positivamente, ma tale gravità è desunta da una ricostruzione della vicenda a cui il ricorrente non ha partecipato, non avendo potuto, per la sua involontaria assenza dal processo, fornire una diversa interpretazione nè illustrare elementi in proprio favore. Anche per tale motivo dovrebbe, perciò, essere consentita la richiesta rinnovazione istruttoria. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso, per la sua infondatezza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, nei limiti sotto precisati, e deve essere accolto. 2. Il primo motivo di ricorso è infondato. La Corte di assise di appello ha correttamente respinto l'eccezione di nullità del, decreto di latitanza, affermando che esso fu emesso dopo l'effettuazione di ricerche esaustive. In particolare, risulta rispettata anche la norma di cui all' art. 169 c.p.p. , comma 4, che secondo la giurisprudenza di legittimità deve ritenersi applicabile anche ai fini dell'emissione del decreto di latitanza v. Sez. 6, n. 5929 del 22/01/2009 , Rv. 243064 . Infatti, come precisato alla pagina 13 della sentenza, a seguito dell'informazione di una possibile presenza dell'imputato in […], nella città di […], informazione peraltro generica, non essendosi mai accertato un recapito all'estero, il pubblico ministero avanzò al Procuratore generale la richiesta di estradizione, ma tale estradizione non venne mai eseguita, evidentemente per il mancato rintraccio del ricercato. Quanto all'informazione di un suo arresto in Grecia, con sua conseguente detenzione in […], tale notizia si rivelò in seguito del tutto falsa, sia perché l'imputato risultò non essere detenuto in alcun carcere albanese, sia perché la Grecia, addirittura, comunicò che la comparazione delle impronte digitali aveva imposto di escludere che la persona arrestata fosse l'imputato. Questi non può, pertanto, dolersi del mancato approfondimento in ordine ad un'informazione che, se anche fosse stata coltivata, non avrebbe consentito il suo rintraccio, in quanto l'adempimento a suo parere omesso, cioè l'attendere, prima di emettere il decreto di latitanza, che la infondatezza di tali notizie fosse comunicata in forme ufficiali, non avrebbe modificato la sua posizione nè avrebbe soddisfatto un suo diritto o un suo interesse. Secondo questa Corte, poi, In tema di dichiarazione di latitanza, l'accertamento della volontarietà dell'imputato di sottrarsi alle ricerche, che costituisce presupposto necessario del relativo decreto, può fondarsi anche su presunzioni, purché le stesse abbiano una base fattuale idonea a dimostrare tale volontà, tenuto anche conto delle concrete abitudini di vita del ricercato Sez. 3, n. 10733 del 07/02/2023 , Rv. 284315 . Nel presente caso, peraltro, è ampiamente provato che l'imputato era a conoscenza del fatto di essere ricercato per l'esecuzione di un ordine di cattura, stante l'esplicito contenuto delle due intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado, alle pagine 12 e seguenti, e quanto alla prima di esse anche nella sentenza di secondo grado, alle pagine 14 e 15 è quindi dimostrato che egli si è sottratto volontariamente e consapevolmente all'esecuzione di un ordine restrittivo. Il ricorrente confonde, poi, la conoscenza della pendenza di un provvedimento restrittivo a suo carico con la conoscenza della pendenza del procedimento, lamentando di non avere avuto la consapevolezza dell'esistenza di un procedimento in corso. La latitanza, però, viene dichiarata, ai sensi dell' art. 269 c.p.p. , in caso di volontaria sottrazione ad un ordine restrittivo o limitativo della libertà di movimento. La mancata conoscenza del procedimento è stata già accertata dalla Corte di assise di appello, che proprio per tale motivo ha ordinato, in data omissis , la sua rimessione in termini per l'impugnazione, ai sensi della L. n. 67 del 2014 , art. 175 c.p.p. , comma 2, previgente, essendo stato egli giudicato in contumacia prima dell'entrata in vigore. La correttezza del decreto di latitanza esclude, per conseguenza, la fondatezza della eccezione di nullità del decreto di citazione in giudizio, affermata dal ricorrente solo per l'asserita nullità di tale primo decreto, essendo legittima la notifica di tale atto effettuata ai sensi dell' art. 165 c.p.p. 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato, con le precisazioni che seguono, e deve essere parzialmente accolto. 2.1. La motivazione con cui la Corte di assise di appello, richiamando la norma di cui all' art. 603 c.p.p. , comma 4, ha respinto integralmente la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria effettuata nel procedimento di primo grado svolto in assenza del ricorrente, richiesta che comprendeva il nuovo svolgimento delle prove dichiarative già assunte e l'assunzione di nuovi testimoni, non applica correttamente i principi dettati da questa Corte, e le stesse norme del codice di rito. Abrogato dalla L. n. 67 del 2014 , art. 603 c.p.p. , comma 4, ma ancora applicabile nel presente caso ai sensi dell'art. 15-bis della stessa legge, che subordina la rinnovazione dell'istruttoria, in favore dell'imputato contumace, alla prova che egli non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento, deve, infatti, essere coordinato con l' art. 176 c.p.p. , che ha sempre consentito la rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere , con l'unico limite della sua possibilità, e con la stessa norma dell' art. 175 c.p.p. , comma 2, che, interpretata alla luce dell' art. 6 della Convenzione EDU e dei numerosi provvedimenti della medesima Corte Europea, prevede una sorte di presunzione iuris tantum di mancata conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell'imputato dichiarato contumace vedi, tra le molte, Sez. 2, n. 21393 del 15/04/2015 , Rv. 264219 . Tale coordinamento è stato effettuato, dalla giurisprudenza di legittimità, seguendo due diversi orientamenti il primo, più risalente, dà prevalenza alla norma dell' art. 603 c.p.p. , comma 4, attribuendo quindi al giudice di appello il compito di valutare l'effettiva necessità della rinnovazione, mentre il secondo ritiene che la rimessione in termini ai sensi dell' art. 175 c.p.p. , comma 2, attribuisca all'imputato, già contumace, il diritto alla integrale rinnovazione dell'istruttoria, costituendo ciò un rimedio necessario per reintegrare il soggetto nei diritti non potuti esercitare in primo grado. La sentenza Sez. 2, n. 51041 del 09/11/2016 , Rv. 268944, ha descritto chiaramente i due orientamenti, aderendo poi a quello più recente, perché ritenuto applicare meglio i principi della Corte EDU. Tale orientamento è rimasto sino ad oggi prevalente, pur con qualche differenza tra le sentenze che attribuiscono comunque al giudice di appello il potere-dovere di valutare la pertinenza e rilevanza delle prove di cui è chiesta la rinnovazione vedi Sez. 6, n. 42912 del 12/06/2018 , Rv. 274202 , e le sentenze che, invece, ritengono preclusa al giudice ogni valutazione in ordine all'ammissibilità, pertinenza e rilevanza di dette prove vedi Sez. 1, n. 13733 del 25/02/2020 , Rv. 278995, e Sez. 3, n. 29821 del 05/04/2023 , Rv. 284981 . 2.2. L'orientamento oggi prevalente, che riconosce all'imputato, rimesso in termini ai sensi dell' art. 175 c.p.p. , comma 2, il diritto ad una integrale rinnovazione istruttoria, non limitata dalla valutazione del giudice di appello circa la sua necessità, deve essere confermato. È evidente, infatti, che solo in tale modo è assicurato il diritto dell'imputato al pieno contraddittorio, e ad un confronto diretto con i soggetti che lo accusano, come previsto dall'art. 6, comma 1, lett. d , della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo recentemente la Corte EDU ha condannato l'Italia per non avere assicurato un processo equo ad un imputato già contumace, e rimesso in termini per appellare la sentenza di condanna in applicazione dell' art. 175 c.p.p. , comma 2, perché non gli è stata consentita, oltre ad altri dinieghi, la riapertura del processo, con assunzione di prove, e la sua personale audizione sent. Shala c. Italia, del 31 agosto 2023 . Il diniego opposto dalla sentenza di appello alla rinnovazione di qualunque prova, fondato sull'affermazione dell'essersi l'imputato sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento, è perciò errato, perché la restituzione in termini, che è stata disposta perché non è stata ritenuta superata la presunzione della sua involontaria ignoranza della pendenza del procedimento, gli attribuiva il diritto alla rinnovazione delle prove già assunte a suo carico, non potendo altrimenti essere ritenuto equo il nuovo processo svolto in sua presenza. 2.3. Quanto ai poteri del giudice di appello, se e per quali motivi egli possa limitare la rinnovazione istruttoria chiesta dall'imputato appellante dopo la rimessione in termini, deve darsi atto che le differenze sopra evidenziate, tra le pronunce che ammettono un intervento regolatore del giudice e quelle che escludono la sua possibilità di valutare la rinnovabilità delle prove già assunte, devono essere, in realtà, ridimensionate. Anche l'orientamento più rigoroso in tema di diritti dell'imputato afferma, infatti, che il suo diritto di esaminare o far esaminare i testimoni a carico deve essere ripristinato nella sua interezza, sempre che la prova, della quale si chiede la rinnovazione, sia stata decisiva per la condanna Sez. 3, n. 29821 del 05/04/2023 , cit., in motivazione . Sarebbe d'altronde ingiustificato sottrarre totalmente al giudice il potere-dovere di valutare la rilevanza ed effettiva utilità delle prove richieste, che è stabilito dall' art. 495 c.p.p. , anche al fine di rispettare il principio costituzionale del diritto ad una breve durata del processo. Nè è fondato affermare che tale potere-dovere è stato già esercitato dal giudice di primo grado, ben potendo essere emersa proprio dallo svolgimento dell'istruttoria di primo grado l'inutilità di alcune delle prove ammesse ed espletate, la cui rinnovazione, se consentita solo sulla base di un astratto diritto alla completa ripetizione dell'istruttoria già svolta, non soddisferebbe alcun diritto o interesse dell'imputato stesso. Nel caso di specie, poi, il processo di primo grado è stato svolto nei confronti di più imputati, che potrebbero essere stati condannati o assolti sulla base di prove rilevanti solo per la loro posizione, la cui rinnovazione non apporterebbe alcun elemento utile per l'accertamento della responsabilità dell'imputato. Si deve quindi affermare che il giudice di appello mantiene il potere-dovere di stabilire il corretto ambito della rinnovazione istruttoria chiesta dall'imputato già contumace, e rimesso in termini per l'impugnazione, potere-dovere che deve, però, essere esercitato in modo da consentire allo stesso l'esercizio dei diritti che egli avrebbe potuto esercitare se avesse partecipato al giudizio di primo grado. 2.4. Alla luce dei principi di diritto sopra richiamati, la decisione della Corte di assise di appello di non consentire la rinnovazione di alcune delle prove dichiarative richieste con l'atto di appello deve essere ritenuta non censurabile. La nuova audizione dell'originario coimputato I. è stata motivatamente negata perché questi, dalla sentenza di primo grado, risulta non avere fatto alcuna dichiarazione a carico del D. , e la condanna di quest'ultimo non si è comunque basata su alcuna affermazione del coimputato, cosicché la mancanza di un diretto confronto con lui non ha cagionato alcuna limitazione del diritto di difesa del ricorrente. La nuova audizione del teste B.L. è stata motivatamente negata perché la sua deposizione, come riassunta nella sentenza stessa, alla pagina 17, è risultata palesemente irrilevante, e inutile per la condanna del D. L'omessa partecipazione di quest'ultimo all'audizione di questo teste non ha, pertanto, violato alcun suo diritto, in quanto egli non avrebbe potuto comunque confrontarsi con lui, stante il rifiuto di questi, chiaramente manifestato, a farsi esaminare. La nuova audizione delle testi L. e K. è stata motivatamente negata perché esse non hanno fornito alcun contributo all'affermazione di responsabilità del D., essendo state le loro dichiarazioni valutate solo come riscontro alle accuse del coimputato K. La condanna del ricorrente non si è basata sulle loro testimonianze, bensì sulla chiamata in correità del K. e su alcune intercettazioni telefoniche, per cui la rilevanza di tali prove dichiarative è stata correttamente esclusa, allo stato, non potendo la loro nuova audizione apportare alcun elemento utile per la decisione. 2.5. Al contrario, il diniego della nuova audizione dell'originario coimputato K.S. costituisce una violazione del diritto dell'imputato a confrontarsi con il proprio accusatore. Dalla sentenza di primo grado risulta evidente che la condanna del ricorrente si è basata sulla sua chiamata in correità, la cui attendibilità venne vagliata anche attraverso un confronto disposto con l'altro imputato presente, I. La mancata attribuzione della possibilità di tale confronto anche all'odierno imputato D. non è quindi giustificata, dovendo egli essere messo in grado di esercitare il medesimo diritto che fu esercitato dal coimputato presente in udienza. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata, con riferimento al diniego di rinnovare l'istruttoria mediante la nuova audizione dell'originario coimputato K. All'esito della rinnovazione di questa prova potrà essere valutata la necessità di rinnovare anche l'istruttoria finalizzata alla verifica della sua attendibilità. 2.6. La richiesta di audizione degli originari coimputati Y. e M. deve, invece, essere qualificata come richiesta di prove nuove, mai assunte nel processo di primo grado, perché il coimputato M. rimase contumace e la Y., pur presente, non risulta avere reso alcuna dichiarazione in dibattimento. In merito all'ammissione di prove nuove, non svolte nel giudizio di primo grado a cui il ricorrente non ha partecipato, il giudice di appello deve esercitare i poteri attribuitigli dall' art. 603, comma 2, c.p.p. , come ritenuto da questa Corte, anche con le pronunce che seguono gli orientamenti interpretativi più rigorosi. La mancata escussione di tali prove nel giudizio di primo grado comporta che l'assenza del ricorrente nel dibattimento non ha leso alcun suo diritto nè limitato le sue possibilità difensive in relazione ad esse, per cui il diritto di far assumere testimoni a discarico, che egli esercita in grado di appello, sottostà ai normali limiti in tema di ammissibilità e rilevanza delle prove richieste. Deve quindi ritenersi correttamente motivato il diniego della Corte di assise di appello in merito all'audizione degli originari coimputati Y. e M., non risultando da alcun elemento che essi possano e intendano riferire fatti utili per la decisione. È correttamente motivato il diniego di ascoltare come testi tali A.A., B.E. e M.A., richiesti con l'atto di appello, perché non è stato precisato quali dichiarazioni, rilevanti per la decisione, essi potrebbero riferire. Nell'atto di appello si afferma soltanto che essi sarebbero a conoscenza diretta dei fatti-reato e potrebbero dimostrare l'estraneità dell'imputato rispetto agli omicidi contestati, ma non si precisa nè di quali fatti si tratti specificamente, nè da quale fonte diretta derivi la loro conoscenza, non essendo tali circostanze ricavabili dalla sentenza di primo grado, che non menziona mai tali soggetti come presenti ad alcuna fase della complessa vicenda omicidiaria o della successiva soppressione dei cadaveri. Devono, pertanto applicarsi i consolidati principi in merito all'ammissibilità delle prove nuove o sopravvenute, secondo cui È inammissibile ò la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante assunzione di prove sopravvenute dopo il giudizio di primo grado ove non vengano indicati o forniti elementi concreti per consentire al giudice di valutare l'effettiva sopravvenienza della prova Sez. 3, n. 42711 del 23/06/2016 , Rv. 267973 e Nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio di primo grado rende comunque inammissibile la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale che si risolva in una attività esplorativa di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente, non sussistendo pertanto, rispetto ad essa, alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame Sez. 3, n. 47293 del 28/10/2021 , Rv. 282633 . 3. Il terzo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito, in quanto relativo solo al trattamento sanzionatorio da applicare in caso di nuova condanna. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve pertanto essere accolto, annullando la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello, quanto al suo secondo motivo e limitatamente alla rinnovazione della prova costituita dall'audizione del chiamante in correità S.K., salva ogni decisione, all'esito di essa, in merito alla rinnovazione delle prove relative alla verifica della sua attendibilità. Deve altresì essere sempre assicurato, all'imputato rimesso in termini, il diritto ad essere ascoltato, diritto da lui peraltro già esercitato, avendo reso una spontanea dichiarazione al giudice di appello. P.Q.M . Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.