La presunzione di responsabilità a carico del conducente concorre con quella a carico del proprietario dell’animale

Lo stabilire se un fatto illecito resti disciplinato dall’articolo 2043 c.c. o dall’articolo 2052 c.c., quando su esso sia mancata in primo grado una pronuncia espressa, è questione di individuazione della norma applicabile e non di qualificazione giuridica della domanda.

La società Alfa convenne in giudizio la Regione Marche chiedendo il risarcimento dei danni causati alla sua vettura da parte di un cinghiale sbucato improvvisamente sulla strada. Il Giudice di pace accolse la domanda liquidando una somma di denaro alla società e la Regione Marche propose appello che il Tribunale di Macerata accolse condannando la società Alfa alle spese del doppio grado di giudizio. Avverso la sentenza del Tribunale di Macerata ricorre in cassazione la società Alfa. Preliminare all'esame dell'eccezione di giudicato interno sollevata dalla Regione Marche è stato stabilire se la presunzione di cui all'articolo 2052 c.c. si applichi ai danni causati dalla fauna selvatica, applicazione contestata dalla Regione. Diversamente, infatti, il ricorso sarebbe inammissibile per irrilevanza della censura, in quanto invocherebbe la violazione d'una norma che il giudice non doveva applicare. Al quesito appena esposto la Cassazione ha risposto affermativamente che la Regione debba rispondere ai sensi dell'articolo 2052 c.c. dei danni causati dalla fauna selvatica è già stato affermato da numerose decisioni, tra le quali la recente Cassazione numero 7969 del 20/04/2020. Sul punto, non sembra aver avuto rilevanza l'ordinanza numero 4 del 04/01/2001 della Corte Costituzionale in cui la Consulta escluse che quell'interpretazione restrittiva, in allora diffusa, contrastasse col principio di uguaglianza. In secondo luogo, non è condivisibile l'affermazione secondo cui «il potere sulla fauna spetta allo Stato», non alle Regioni. Alle Regioni la legge attribuisce il potere di «emanare norme relative alla gestione ed alla tutela della fauna selvatica» ed è principio antico del diritto civile che l'attribuzione di qualsiasi potere comporta l'assunzione delle connesse responsabilità. La qualificazione giuridica della domanda, infatti, resta invariata nell'uno come nell'altro caso il risarcimento del danno da fatto illecito. Lo stabilire se debba applicarsi l'articolo 2043 o l'articolo 2052 c.c. è questione da risolvere in base al principio jura novit curia. Se dunque si ammette che la scelta tra l'applicazione dell'articolo 2043 c.c. e l'applicazione dell'articolo 2052 c.c. sia questione non di qualificazione della domanda, ma di riparto dell'onere della prova, deve negarsi la formazione del giudicato interno, posto che il giudicato sostanziale non si forma sugli errores in procedendo. Chiarito ciò, i giudici hanno aggiunto che la modifica della domanda è sempre ammissibile quando riguarda «la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l'atto introduttivo o comunque essere a questa collegata quanto meno per alternatività». E questo è il caso che ricorre nella vicenda analizzata in cui la parte attrice, infatti, chiedendo applicarsi l'articolo 2052 c.c. - ha invocato una diversa qualificazione giuridica della domanda - non ha modificato i fatti posti a fondamento della domanda - ha formulato una istanza alternativa, e non cumulativa, rispetto alla domanda originaria. Sul punto è bene evidenziare che il precedente invocato dalla Regione con controricorso Cass. numero 25280 del 11/11/2020, cit. , oltre ad essere rimasto isolato non può ritenersi decisivo, in quanto dalla scarna esposizione dei fatti di causa non consente di stabilire se, in quel caso, vi fu o meno una pronuncia espressa sull'inapplicabilità dell'articolo 2052 c.c. al caso di specie circostanza decisiva ai fini della formazione del giudicato. In conclusione, deve affermarsi il principio per cui lo stabilire se un fatto illecito resti disciplinato dall'articolo , 2043 c.c. o dall'articolo 2052 c.c., quando su essa sia mancata in primo grado una pronuncia espressa, è questione di individuazione della norma applicabile e non di qualificazione giuridica della domanda, e può essere prospettata per la prima volta in grado di appello. Nel merito, la censura del primo motivo è fondata alla luce della giurisprudenza che ritiene applicabile alla Regione la presunzione di cui all'articolo 2052 cod. civ., già in precedenza richiamata. Con la censura del terzo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex articolo 132, comma 2, numero 4, c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto “non superata” da parte sua la presunzione di colpa di cui all'articolo 2054, primo comma, cod. civ. La Corte ha affermato più volte che essa, in virtù del principio jura novit curia, può ritenere fondato il ricorso anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione avvenga sulla base dei fatti accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata. Ciò posto, ritiene il Collegio che sia erronea in punto di diritto l'affermazione del Tribunale, nella parte in cui parrebbe sostenere che, nel caso di sinistri stradali causati da fauna selvatica, dapprima il giudicante debba accertare se il danneggiato abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro e solo dopo che sia stata fornita tale prova, scatterebbe la presunzione di colpa di cui all'articolo 2052 c.c. a carico del proprietario dell'animale. La Corte, infatti, ha affermato che nel caso di sinistro stradale causato da un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente concorre con, ma non prevale su, la presunzione di colpa a carico del proprietario dell'animale.

Presidente Travaglino – Relatore Valle Fatti di causa La Light Impianti S.r.l.s. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Macerata, la Regione Marche chiedendo il risarcimento dei danni causati alla sua vettura da parte di un cinghiale che era sbucato improvvisamente sulla strada che la vettura stava percorrendo, guidata da M.M., la notte del Omissis , sulla Omissis . Il Giudice di pace accolse la domanda e liquidò in favore della società oltre mille novecento Euro Euro 1.950,00 e le spese di lite. La Regione Marche propose appello. Il Tribunale di Macerata ha, con sentenza numero 813 del 19/08/2021, accolto l'appello della Regione e ha rigettato la domanda, condannando la Light Impianti S.r.l. alle spese del doppio grado. Avverso la sentenza del Tribunale di Macerata ricorre la Light Impianti S.r.l.s. con atto affidato a cinque motivi. Risponde con controricorso la Regione Marche. Entrambe le parti hanno depositato memoria per l'adunanza camerale del 05/06/2023, alla quale la causa è stata trattenuta in decisione. Ragioni della decisione La ricorrente muove alla sentenza del Tribunale di Macerata le seguenti censure. Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell'articolo 2052 c.c. La ricorrente ritiene errata la sentenza d'appello laddove essa ha affermato che l'accoglimento della domanda in forza della norma sulla responsabilità del custode comporterebbe il vizio di ultrapetizione. Il secondo motivo afferma l'erroneità della sentenza per avere essa rigettato la domanda ritenendola infondata sia che si fosse applicato l'articolo 2043 c.c. che l'articolo 2052 c.c. Il terzo mezzo pone censura di violazione dell'articolo 132 c.p.c. in base all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 per motivazione mancante, in quanto non conseguente alla disamina dei fatti di causa. Il quarto mezzo deduce violazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 per omesso esame di fatto decisivo, costituito dal verbale dei carabinieri intervenuti sul luogo dell'incidente. Il quinto motivo contesta la mancanza di valida procura alla lite in favore dei difensori della Regione Marche. La Regione Marche ha eccepito l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, invocando p. 9, p. B del controricorso la formazione del giudicato interno sulla qualificazione della domanda. Deduce, al riguardo, che la Light Impianti S.r.l. in primo gradò formulò soltanto una domanda di condanna ai sensi dell'articolo 2043 o 2051 c.c. , e soltanto tardivamente in appello ha invocato la presunzione di cui all'articolo 2052 c.c. Il quinto motivo di ricorso, avente carattere preliminare, relativo all'invalida costituzione in giudizio della regione Marche è inammissibile, in quanto non tempestivamente sollevato, o quantomeno non risultando dove e quando la detta questione sia stata sollevata nelle fasi di merito, cosicché sul punto deve ritenersi essere formato giudicato Sez. U numero 20934 del 12/10/2011 Rv. 619010 - 01 e Cass. numero 444 del 14/01/2003 Rv. 559678 - 01 , con riguardo, appunto, alle fasi processuali di merito, mentre avuto riguardo alla presente fase la Regione Marche risulta validamente costituita in giudizio con richiamo della delibera autorizzativa, come da atti depositati in ambito telematico. Preliminare all'esame dell'eccezione di giudicato interno sollevata dalla Regione Marche è stabilire se la presunzione di cui all'articolo 2052 c.c. si applichi ai danni causati dalla fauna selvatica, applicazione contestata dalla Regione pp. 11-14 del controricorso . Diversamente, infatti, il ricorso sarebbe inammissibile per irrilevanza della censura, in quanto invocherebbe la violazione d'una norma che il giudice non doveva applicare. Al quesito appena esposto deve rispondersi affermativamente. Questo principio è già stato ripetutamente affermato da questa Corte, e non convincono in senso contrario gli argomenti spesi dall'amministrazione controricorrente. Che la Regione debba rispondere ai sensi dell'articolo 2052 c.c. dei danni causati dalla fauna selvatica è già stato affermato da numerose decisioni, tra le quali Cass. numero 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 - 01 Cass. numero 8384 del 29/04/2020 Cass. numero 8385 del 29/04/2020 Cass. numero 12113 del 22/06/2020, Rv. 658165 Sez. 3, Cass. numero 13848 del 6/07/2020, Rv. 658298 - 01 Cass. numero 20997 del 2/10/2020, Rv. 659153 - 01 Cass. numero 16550 del 23/05/2022, Rv. 665057 - 01 nonché, non massimate Cass. numero 18085 del 31/08/2020 Cass. numero 18087 del 31/08/2020 Cass. numero 19101 del 15/09/2020 Cass. numero 25466 del 12/11/2020 Cass. numero 3023 del 9/02/2021 . I principi posti a fondamento delle suddette decisioni, cui può qui rinviarsi ai sensi dell'articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1 resistono alle obiezioni sollevate dalla Regione Marche nel controricorso e nella memoria. In primo luogo, non viene in rilievo l'ordinanza numero 4 del 04/01/2001 della Corte costituzionale, con cui fu ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2052 c.c., nella parte in cui - secondo l'interpretazione vent'anni fa prevalente - era ritenuto inapplicabile ai danni causati dalla fauna selvatica. In quell'ordinanza, infatti, la Consulta escluse che quell'interpretazione restrittiva, in allora diffusa, contrastasse col principio di uguaglianza. Ma ovviamente ciò non comporta per consequentiam che altre interpretazioni, consentite dal testo della norma, debbano ritenersi inibite. L'ordinanza interpretativa di rigetto pronunciata dalla Consulta infatti - come è noto - vincola il giudice ordinario quando il Giudice delle leggi ritenga che la norma scrutinata sia conforme a Costituzione solo se interpretata in certo modo, che sia in rapporto di esclusione reciproca con qualsiasi altra interpretazione. Non è questo il nostro caso se la Corte costituzionale ha ritenuto non in contrasto con l'articolo 3 Cost. l'opzione interpretativa di escludere la P.A. dall'ambito applicativo dell'articolo 2052 c.c., ciò non comporta che qualsiasi differente interpretazione dell'articolo 2052 c.c. non sia conforme a Costituzione conformità a Costituzione che, è bene ricordare, costituisce l'unico oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, restando affidato alla Corte di cassazione il compito di stabilire quale sia l'esatta interpretazione della legge articolo 65 ord. giud. . Infine, non sarà superfluo ricordare che se l'interpretazione più antica fu ritenuta non contrastante con l'articolo 3 Cost., a maggior ragione deve ritenersi conforme a Costituzione quella più recente, che parificando in punto di colpa quoad culpam tutti i proprietari di animali, domestici e selvatici, esclude in radice anche il solo sospetto di illegittimità costituzionale. In secondo luogo, non è condivisibile l'affermazione secondo cui il potere sulla fauna spetta allo Stato , non alle Regioni. Alle Regioni la legge attribuisce il potere di emanare norme relative alla gestione ed alla tutela della fauna selvatica L. 11 febbraio 1992, numero 157, articolo 1, comma 3 ed è principio antico del diritto civile che l'attribuzione di qualsiasi potere comporta l'assunzione delle connesse responsabilità. In terzo luogo, non è esatto affermare che le Regioni non hanno potere sul singolo animale selvatico, per due ragioni - sia perché stabilire - ad es. - dove allocare la fauna o se ridurne il numero costituiscono altrettante forme di potere sul singolo animale , per l'ovvia ragione che il più contiene il meno - sia perché l'articolo 2052 c.c. subordina la speciale responsabilità ivi prevista alla proprietà dell'animale, non al potere su di esso prova ne sia che tale responsabilità sorge anche quando l'animale sia smarrito o fuggito , e dunque anche quando il proprietario non ha più alcun controllo su esso. In quarto luogo, l'interpretazione della legge non può non tenere conto dei tempi e dei luoghi in cui essa deve essere applicata. E quando la norma presenti un profilo di incertezza, l'interprete deve prendere in considerazione non la legge ma il legislatore, e non la lettera ma lo spirito del legislatore, e non il fatto ma l'intenzione, e non una parte, ma l'intero . Ebbene, l'interpretazione restrittiva dell'articolo 2052 c.c. fu affermata per la prima volta trent'anni fa 1996 per fatti avvenuti dieci anni prima Omissis , in un caso che riguardava danni alle colture causati da anatre selvatiche provenienti da una riserva di caccia Cass. numero 2192 del 15/03/1996 . Quell'interpretazione sorse dunque in un contesto sociale ed economico nel quale erano ancora di là da venire la proliferazione incontrollata della fauna selvatica, le pesanti interferenze di questa con la circolazione stradale, il costante pericolo da essa provocato alla incolumità ed alla vita stessa delle persone. Secondo attendibili studi provenienti da associazioni del settore, e calcolando solo i sinistri stradali con danni alle persone, nel decennio 2012-2022 la fauna selvatica ha provocato 1.736 sinistri, i quali hanno causato la morte di 151 persone e il ferimento di altre 1.961 in pratica, un morto od un ferito ogni trentotto ore. Sicché, anche ad ammettere che la lettera dell'articolo 2052 c.c. possa dirsi ambigua sotto il profilo di cui qui si discorre, proprio per questa ragione deve essere preferita l'interpretazione che privilegi la tutela dei diritti fondamentali della persona alla vita ed alla salute, prevalenti su qualsiasi contrapposto diritto od interesse. In ciò, per l'appunto, deve farsi consistere quell'obbligo di cui la comunità intera deve farsi carico , affermato dalla Corte costituzionale nell'ordinanza 4 del 2001, sopra ricordata. Stabilito dunque che l'eccezione di giudicato interno è rilevante nel presente giudizio, se ne può esaminare il merito. Essa è infondata. In punto di fatto, il presente giudizio si è così svolto a nell'atto introduttivo del giudizio, la Light Impianti S.r.t. non ha invocato la presunzione di cui all'articolo 2052 c.c. b il giudice di primo grado ha accolto la domanda ai sensi dell'articolo 2043 c.c., senza nulla dire in merito all'applicabilità dell'articolo 2052 c.c. non è dunque esatto quanto dedotto dalla Regione a p. 10, terzo capoverso, del controricorso, e cioè che il Giudice di pace avrebbe espressamente escluso l'applicabilità dell'articolo 2052 c.c. c in appello la danneggiata vittoriosa in primo grado e appellata ha chiesto rigettarsi il gravame, senza nulla osservare in merito all'applicabilità dell'articolo 2052 c.c. d il giudice d'appello ha ritenuto preclusa la questione concernente l'applicabilità dell'articolo 2052 c.c., ed ha esaminato esclusivamente la responsabilità della Regione ai sensi dell'articolo 2043 c.c., rigettando la domanda per difetto di prova della colpa, ma aggiungendo che la domanda sarebbe stata infondata anche alla stregua dell'articolo 2052 c.c. e Light Impianti S.r.l. ha impugnato per cassazione tale sentenza, sostenendo che erroneamente il Tribunale ha ritenuto preclusa la questione dell'applicabilità dell'articolo 2052 c.c. A fronte di tale vicenda, la Regione ha eccepito nel controricorso l'avvenuta formazione del giudicato interno sulla natura extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. dell'invocata responsabilità , invocando a sostegno dell'eccezione il precedente di questa Corte rappresentato dall'ordinanza numero 25280 del 11/11/2020, pronunciata in fattispecie analoga. In principio, questa corte ha più volte ammesso che la qualificazione giuridica sia suscettibile di passare in giudicato che si tratti di qualificazione d'un fatto, d'un negozio, dell'azione o dell'eccezione. Corollario di questo orientamento è che quando il giudice di primo grado abbia qualificato la domanda in un certo modo, e non vi sia stata impugnazione sul punto, è precluso in sede di legittimità invocare una diversa qualificazione. In applicazione di questo principio si è ritenuta avvenuta la formazione del giudicato interno, ad esempio, nei seguenti casi - quando il giudice di primo grado abbia qualificato la responsabilità del convenuto come contrattuale, e tale statuizione non sia stata censurata in appello Cass. numero 13037 del 12/05/2023, Rv. 667589 - 02 Cass. numero 19938 del 18/07/2008, Rv. 604563 - 01 - quando il giudice di primo grado abbia qualificato un'opposizione esecutiva come opposizione agli atti esecutivi la parte soccombente abbia proposto appello senza contestare tale qualificazione il giudice d'appello abbia dichiara quest'ultimo inammissibile, ed il soccombente abbia chiesto in sede di legittimità che l'opposizione fosse qualificata come opposizione agli atti esecutivi Cass. numero 29763 del 12/10/2022, Rv. 665820 - 01 - quando il giudice di merito abbia qualificato un'obbligazione come obbligazione di valuta e tale statuizione non sia stata è impugnata in tal caso è precluso al soccombente pretendere in sede di rinvio la rivalutazione monetaria Cass. numero 19212 del 30/09/2005, Rv. 583570 - 01 . La regola secondo cui il giudicato possa formarsi anche sulla qualificazione giuridica non è tuttavia senza eccezioni. Essa ha, in particolare, quattro limiti, e il giudicato sulla qualificazione giuridica non si forma quando a la qualificazione giuridica data dal giudice di merito alla domanda non ha condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito Sez. U numero 16084 del 9.6.2021, p. 46 dei Motivi della decisione Cass. numero 10745 del 17.4.2019 Cass. numero 14077 del 01/06/2018, Rv. 649336 - 01 b l'appellante, pur non censurando la qualificazione giuridica adottata dal primo giudice, abbia formulato difese di merito incompatibili con essa Sez. U, numero 16084 del 9.6.2021, in motivazione Cass. numero 2612 del 4.2.2021 Cass. numero 9048 del 12/04/2018 c la qualificazione giuridica d'un rapporto non abbia formato oggetto di contestazione tra le parti Cass. numero 4455 del 21/02/2017 Cass. numero 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 - 01, con riferimento proprio ad una fattispecie identica a quella oggi in esame d infine, non è luogo a discorrere di giudicato sulla qualificazione giuridica, quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta. In questa ipotesi, in virtù del principio jura novit curia, è sempre consentito al giudice - anche in sede di legittimità - valutare d'ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione della norma applicabile ex multis, Cass. numero 6341 del 05/03/2019 . In applicazione di questo principio si è ritenuto, ad es., che proposta impugnazione sulla questione della sospensione della prescrizione, la Corte di cassazione possa rilevare d'ufficio la norma applicabile all'individuazione del dies a quo Cass. numero 28565 del 03/10/2022, Rv. 665765 - 01 per una diversa fattispecie, ma in senso analogo, Cass. numero 4272 del 18/02/2021, Rv. 660590 - 01 . In applicazione di tali principi questa corte ha già più volte ammesso che possa prospettarsi per la prima volta in appello Cass. numero 9294 del 08/05/2015, Rv. 635285 - 01 Cass. numero 1920 del 06/07/1973, Rv. 364997 - 01 Sez. 3, Cass. numero 1103 del 09/05/1964, Rv. 301572 - 01 od in Cassazione, come nella specie, la questione della norma disciplinante un determinato fatto illecito. In tal senso si vedano - Cass. numero 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 - 01, con riferimento al danno da fauna selvatica - Cass. numero 15724 del 18/07/2011, Rv. 619488 - 01, e Sez. 3, Sentenza numero 17764 del 05/09/2005, Rv. 584901 - 01 con riferimento al danno da cose in custodia . Ciò posto, nel caso di specie nessun giudicato interno può ritenersi formato sulla qualificazione giuridica della domanda, per le ragioni indicate supra, pagg.7 e segg. In primo luogo, infatti, lo stabilire se la domanda proposta dall'attore debba decidersi applicando l'articolo 2043 c.c. o l'articolo 2052 c.c. non è una questione di qualificazione giuridica della domanda. La qualificazione giuridica della domanda, infatti, resta invariata nell'uno come nell'altro caso il risarcimento del danno da fatto illecito. Lo stabilire se debba applicarsi l'una o l'altra norma è questione di individuazione della norma applicabile, da risolvere in base al principio jura novit curia. In secondo luogo, la questione che il Tribunale ha ritenuto di esaminare, sebbene non esplicitamente presupposta dalla sentenza di primo grado, era una questione non di qualificazione giuridica, ma di riparto dell'onere della prova stabilire se cioè tale riparto dovesse avvenire ai sensi dell'articolo 2043 c.c., che avrebbe addossato tale onere all'attore oppure ai sensi dell'articolo 2052 c.c., che l'avrebbe addossato alla Regione. Tale questione sorse tuttavia solo in appello, giacché in primo grado il Giudice di pace accolse la domanda attorea ritenendola provata nei suoi elementi costitutivi, sicché l'attore non aveva interesse a dolersi della violazione del criterio di riparto dell'onere della prova. Se dunque si ammette che la scelta tra l'applicazione dell'articolo 2043 c.c. e l'applicazione dell'articolo 2052 c.c. sia questione non di qualificazione della domanda, ma di riparto dell'onere della prova, deve negarsi la formazione del giudicato interno, posto che il giudicato sostanziale non si forma sugli errores in procedendo. In terzo luogo, le SS.UU. con la nota sentenza Sez. U, Sentenza numero 12310 del 15/06/2015 Rv. 635536 - 01, nello stabilire cosa debba intendersi per domanda nuova , domanda precisata e domanda modificata , a p. 21 della motivazione hanno rilevato che non si pone mai una questione di novità della domanda dinanzi ad una mera diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, per la quale neppure sarebbe necessaria un'apposita previsione e addirittura la concessione di termini e controtermini . Chiarito ciò, hanno aggiunto che la modifica della domanda è sempre ammissibile quando riguarda la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l'atto introduttivo o comunque essere a questa collegata quanto meno per alternatività . E questo è il caso che ricorre nella vicenda oggi in esame la parte attrice., infatti, chiedendo applicarsi l'articolo 2052 c.c. a ha invocato una diversa qualificazione giuridica della domanda ammesso che di qualificazione si possa parlare a fronte dell'invocazione d'una ipotesi responsabilità aggravata in luogo della generale regola aquiliana b non ha modificato i fatti posti a fondamento della domanda c ha formulato una istanza alternativa, e non cumulativa, rispetto alla domanda originaria. Resta solo da aggiungere che il precedente invocato dalla Regione a pag. 10 del proprio controricorso Cass. numero 25280 del 11/11/2020, cit. , oltre ad essere rimasto isolato esso infatti contrasta con la copiosa giurisprudenza richiamata supra non può ritenersi decisivo, in quanto dalla scarna esposizione dei fatti di causa non consente di stabilire se, in quel caso, vi fu o meno una pronuncia espressa sull'inapplicabilità dell'articolo 2052 c.c. al caso di specie circostanza, per quanto detto, decisiva ai fini della formazione del giudicato. In conclusione, deve affermarsi il principio per cui lo stabilire se un fatto illecito resti disciplinato dall'articolo 2043 c.c. o dall'articolo 2052 c.c., quando su essa sia mancata in primo grado una pronuncia espressa, è questione di individuazione della norma applicabile e non di qualificazione giuridica della domanda, e può essere prospettata per la prima volta in grado di appello. Nel merito, la censura del primo motivo è fondata alla luce della giurisprudenza che ritiene applicabile alla Regione la presunzione di cui all'articolo 2052 c.c., già in precedenza richiamata. Con la censura del terzo motivo, come s'e' detto, il ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, nella parte in cui ha ritenuto non superata da parte sua la presunzione di colpa di cui all'articolo 2054 c.c., comma 1. E' altresì fondata, per due distinte ragioni, la prospettazione di avvenuto superamento da parte della Light Impianti S.r.l., della presunzione di colpa dio cui all'articolo 2054 c.c., comma 1. In primo luogo, è nel vero la ricorrente quando sostiene che la sentenza impugnata manca, sul punto di motivazione. Infatti a pag. 3, ultimo periodo, della suddetta sentenza, il Tribunale a dapprima afferma il principio di diritto secondo cui la vittima di un sinistro stradale causato dalla fauna selvatica ha l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, in applicazione dell'articolo 2054 c.c., comma 1 b quindi rileva in punto di fatto che il Giudice di pace escluse la sussistenza d'una condotta colposa concorrente della vittima c quindi conclude affermando che l'appello pertanto deve essere accolto. Il Tribunale dunque non spiega perché il giudizio formulato dalla sentenza di primo grado sulla assenza di colpa della vittima sia stato erroneo. Si tratta dunque di un caso quasi di scuola di nullità della sentenza per mancanza di motivazione. In secondo luogo, la censura di cui si discorre è fondata per altra ragione di diritto, non prospettata dal ricorrente, ma che è consentito nella presente sede rilevare. Prima di esporla, va ricordato che questa Corte ha ripetutamente affermato che essa, in virtù del principio jura novit curia, può ritenere fondato il ricorso anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione avvenga sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata Cass. numero 19132 del 29/09/2005 Cass. numero 20328 del 20/09/2006 Cass. numero 24183 del 13/11/2006 Cass. numero 6935 del 22/03/2007 Cass. numero 4994 del 26/02/2008 Cass. numero 10841 del 17/05/2011 Cass. numero 3437 del 14/02/2014 Cass. numero 18775 del 28/07/2017 Cass. numero 26991 del 05/10/2021 Cass. numero 34437 del 23/11/2022 . Ciò posto, ritiene il Collegio che sia erronea in punto di diritto l'affermazione del Tribunale, nella parte in cui parrebbe sostenere che, nel caso di sinistri stradali causati da fauna selvatica, dapprima il giudicante debba accertare se il danneggiato abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro e solo dopo che sia stata fornita tale prova, scatterebbe la presunzione di colpa di cui all'articolo 2052 c.c. a carico del proprietario dell'animale. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che nel caso di sinistro stradale causato da un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente articolo 2054 c.c. concorre con, ma non prevale su, la presunzione di colpa a carico del proprietario dell'animale Cass. numero 16550 del 23/05/2022, Rv. 665057 - 01 Cass. numero 4373 del 07/03/2016, Rv. 639473 - 01 Cass. numero 200 del 09/01/2002, Rv. 551460 - 01 Cass. numero 5783 del 27/06/1997, Rv. 505537 - 01 Cass. numero 2717 del 19/04/1983, Rv. 427614 - 01 Cass. numero 778 del 05/02/1979, Rv. 396960 - 01 Cass. numero 2615 del 09/12/1970, Rv. 349007 - 01 Cass. numero 1356 del 08/09/1970, Rv. 347082 - 01 Cass. numero 2875 del 28/07/1969, Rv. 342693 - 01 . Anche al di fuori della materia dei sinistri stradali, del resto, questa Corte ha ammesso il concorso, nel caso di responsabilità per danni da rovina di edificio, tra la presunzione a carico del proprietario ex articolo 2053 c.c., e quella a carico del conduttore ex articolo 1218 c.c. Cass. numero 1860 del 12/07/1962, Rv. 252929 - 01 . Corollario dei suddetti principi principio è che a se solo uno dei soggetti interessati superi la presunzione posta a suo carico, la responsabilità graverà sull'altro soggetto b se tutti e due vincono la presunzione di colpa, ciascuno andrà esente da responsabilità c se nessuno dei due raggiunga la prova liberatoria, la responsabilità graverà su entrambi in pari misura Cass. numero 5783 del 27/06/1997, Rv. 505537 - 01 . Resta solo da aggiungere che la sentenza di questa Corte numero 7969 del 2020 non ha affatto affermato che nel caso di sinistri causati da fauna selvatica l'applicazione della presunzione di colpa di cui all'articolo 2052 c.c. sia subordinata al previo accertamento concreto della diligente condotta di guida della vittima. Ha, al contrario, espressamente affermato che tale questione, in quel caso, esulava dal thema decidendum. La sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, al Tribunale di Macerata, in persona di diverso magistrato, che procederà a nuovo esame sulla base di quanto in questa sede affermato e provvederà, altresì, a regolare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia la causa al Tribunale di Macerata, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.