Condotta indecorosa del praticante: giusto il diniego di iscrizione all’albo

Il Consiglio Nazionale Forense interviene a delineare il requisito della condotta irreprensibile richiesto dalla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense.

Con la sentenza n. 205 del 2023 il Consiglio Nazionale Forense affronta e delinea la problematica concernente la condotta del praticante tenuta anche al di fuori della vita lavorativa , precisandone i relativi limiti. La vicenda origina dal ricorso presentato da un praticante avverso la decisione emessa dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, il quale negava al praticante l'iscrizione nel registro speciale dei praticanti avvocati senza patrocinio. Tre i motivi di ricorso dedotti dal ricorrente errata motivazione per quanto concerne la ritenuta insussistenza del requisito della condotta irreprensibile ex art. 17 della legge n. 247 del 2012 anche alla luce delle stesse pronunce del CNF che sin dal 2014 ha ritenuto che le condotte apprezzabili sotto il profilo morale non sono quelle riferibili alla dimensione privata dell'individuo, bensì quelle che rilevano ai fini della valutazione rispetto all'affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento della specifica attività non sussistenza di condizioni ostative all'iscrizione nel registro speciale poiché la lettera g del comma 1° dell' art. 17 della legge n. 247 del 2012 nel prevedere un elenco tassativo di condanne ostative non contempla l' art. 392 c.p. violazione della previsione secondo cui il professionista radiato dall'albo può chiedere di essere nuovamente iscritto trascorsi cinque anni dall'esecutività del provvedimento sanzionatorio e non oltre un anno successivo alla scadenza di tale temine. Il CNF analizza anzitutto il terzo motivo affermando come lo stesso non possa applicarsi al caso in esame dal momento che concerne tassativamente il professionista radiato dall'albo a seguito di un provvedimento esecutivo. Quanto agli altri due motivi di doglianza, il CNF provvede a una trattazione congiunta. Sul requisito della condotta irreprensibile così come richiesto a seguito della novella del 2012, questa viene esclusa nel caso in cui il praticante tenga comportamenti non conformi alla disciplina positiva o alle regole deontologiche in quanto idonei ad incidere negativamente sull'affidabilità del richiedente anche e soprattutto in ordine al corretto svolgimento dell'attività forense . Sebbene non vadano considerate ai fini dell'iscrizione all'albo quelle condotte tenute in un lasso di tempo tale per cui non possono essere considerate attuali, a parere del Consiglio Nazionale Forense nel caso di specie occorre tenere presenti le dichiarazioni rilasciate dall'odierno ricorrente riguardo ai procedimenti pendenti a suo carico nonché per i quali è già intervenuta condanna. Contina il Consiglio affermando che è condivisibile la pronuncia resa dal Consiglio dell'Ordine distrettuale di negare la richiesta di iscrizione all'albo praticanti poiché occorre tenere in considerazione il generale comportamento del soggetto anche con riguardo alla dimensione privata che evidenzia la non affidabilità dello stesso in relazione alla previsione della sua inclinazione ad un corretto svolgimento della professione . A conclusione, il Consiglio richiama anche i doveri di probità, dignità e decoro sottolineando come gli stessi siano doveri generali ai quali l'avvocato deve ispirarsi e attenersi sia nello svolgimento della vita lavorativa che privata.

CNF, sentenza n. 205/2023