Assegno divorzile per l’ex moglie anche se ha una nuova relazione

Inutili le obiezioni proposte dall'ex marito e mirate a porre in evidenza il nuovo legame sentimentale della ex consorte. Decisiva la mancanza di prove in merito a un progetto comune di vita della donna col nuovo compagno.

Inutile il riferimento fatto dall'uomo alla nuova relazione dell'ex moglie questo dettaglio non è sufficiente per negare alla donna l'assegno divorzile. Definitiva la crisi coniugale tra moglie e marito, i giudici di merito riconoscono il diritto della donna – disoccupata e con scarse competenze da spendere nel mercato del lavoro – a percepire l'assegno divorzile. Su questo fronte, poi, in primo grado il quantum è fissato in 1.200 euro mensili, poi portato in secondo grado a 1.500 euro mensili. I giudici di merito sanciscono inoltre che la partecipazione della donna al mantenimento dei tre figli – maggiorenni ma non autosufficienti economicamente e collocati presso il padre – va limitata esclusivamente alle spese straordinarie, e, comunque, solo nella misura del 30 per cento. Nello specifico, in Appello viene respinta l'ipotesi che la donna avesse instaurato una convivenza more uxorio. A questo proposito, i giudici osservano che «l'uomo ha ammesso l'assenza di coabitazione» tra l'ex moglie e il nuovo compagno di lei mentre «si è limitato a riferire della instaurazione di una relazione sentimentale tra la donna ed una terza persona, senza allegare, però, né provare l'esistenza di un progetto comune tra i due». A fronte di tale quadro, i giudici di secondo grado ribadiscono che «la mera esistenza di un rapporto sentimentale non può configurare una convivenza more uxorio», e, quindi, in questa vicenda, va respinta «la domanda di revoca dell'assegno divorzile» avanzata dall'uomo. Per quanto concerne poi il tema del riconoscimento dell'assegno divorzile e della sua quantificazione, i giudici d'Appello hanno posto in evidenza «la palese disparità tra la rilevante condizione economico-patrimoniale dell'uomo», certificata dall'«esercizio di un'attività imprenditoriale», da un «consistente patrimonio immobiliare» e dal possesso di «beni mobili registrati e titoli», e «la condizione economica della donna, attualmente disoccupata, titolare di modestissimi risparmi e dell'usufrutto di un immobile acquistato dall'ex marito a seguito della separazione ed intestato in nuda proprietà ai loro figli». I giudici hanno ritenuto accertato, poi, che «la donna non è in grado di raggiungere l'autosufficienza economica, sia per l'età, sia per l'assenza di specifiche competenze» e hanno posto in rilievo «il rilevante sacrificio professionale della donna, che per il matrimonio aveva rinunciato ad un impiego che le avrebbe consentito introiti di 1.500 euro mensili, scegliendo di lavorare nell'impresa del marito e di occuparsi in via pressoché esclusiva dei figli». Per chiudere il cerchio, poi, i giudici d'Appello hanno precisato che, «pur essendo vero che la donna non si è impegnata, dopo la separazione, per trovare un nuovo impiego –possibile perché i figli inizialmente con lei conviventi erano oramai cresciuti - e che la funzione compensativa dell'assegno è stata assolta anche dall'intestazione a lei dell'usufrutto dell'immobile ove abita e dalla erogazione, all'epoca, di 70.000 euro per arredarla», la circostanza che «l'uomo fosse già un imprenditore di successo, dotato di cospicuo patrimonio, alla data del matrimonio, non portava ad escludere che egli avesse potuto dedicarsi più proficuamente all'attività di impresa ed alla gestione del suo patrimonio, consolidandolo, grazie all'espletamento in via esclusiva da parte della moglie delle incombenze relative ai figli». Per quanto concerne, infine, la partecipazione della donna al mantenimento dei figli nella limitata misura del 30 per cento delle spese straordinarie, i giudici d'Appello hanno osservato che «la donna è priva di redditi e ha difficoltà a procurarseli, vista l'età e vista la mancanza di specifica qualifica professionale, non acquisita lavorando presso l'impresa dell'ex marito». Per i Giudici di Cassazione non ci sono i presupposti per accogliere la richiesta dell'uomo e revocare l'assegno divorzile riconosciuto alla donna. Ciò perché «la coabitazione assume una valenza indiziaria, ai fini della prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza di fatto, da valutarsi, in ogni caso» alla luce del contesto e delle circostanze, mentre, viceversa, «l'assenza della coabitazione non è di per sé decisivo». Corretta, secondo i Giudici di terzo grado, la valutazione compiuta in Appello sulla vicenda oggetto del processo, poiché non ci si è limitati a «valorizzare la circostanza dell'assenza di coabitazione» tra la donna e il suo nuovo compagno, ma si è affermato che «non risulta provato nemmeno un progetto comune di vita». A questo proposito, non sono stati forniti elementi probatori tali da certificare l'esistenza di un effettivo legame di convivenza tra la donna e il compagno, quali «l'esistenza di figli, la comunanza di rapporti bancari o altre patrimonialità significative, la contribuzione al menage familiare». In sostanza, è assolutamente non dimostrata l'esistenza di «un nuovo progetto di vita della donna col nuovo partner, da cui inevitabilmente discendono reciproche contribuzioni economiche». E in questo quadro sono irrilevanti i «post pubblicati su Facebook» e «una presenza occasionale del compagno presso l'abitazione della donna», elementi questi che «se comprovano l'esistenza di un legame affettivo, non valgono a dimostrare un effettivo progetto di vita comune, con una effettiva compartecipazione della donna e del compagno alle spese». Accertato il diritto della donna a percepire l'assegno divorzile, va messo in discussione, secondo i Giudici di Cassazione, il quantum stabilito in Appello. Ciò perché «la valutazione circa il contributo fornito dalla donna all'incremento patrimoniale dell'ex marito è stata svolta in maniera ipotetica rispetto alle scelte e alla condotta di vita familiare della donna, così come in relazione al nesso di causalità, tanto più che la donna comunque lavorava, anche se presso l'azienda del marito, percependo uno stipendio», per cui «non tutto il suo tempo era dedicato alla cura della famiglia». Necessario, poi, anche approfondire la tematica relativa alla copertura delle spese per il mantenimento dei figli dei due ex coniugi. Su questo fronte, in premessa, i Giudici ribadiscono che «l'onere di provvedere al mantenimento dei figli, in maniera diretta o indiretta, grava su entrambi i genitori quale espressione della responsabilità genitoriale e, nel giudizio di divorzio, al fine di quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore per il mantenimento dei figli economicamente non autosufficienti, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto». Ebbene, i Giudici precisano, tornando alla vicenda oggetto del processo, che «può essere gravato, in via esclusiva, del mantenimento ordinario dei figli il genitore collocatario» - l'uomo, in questa vicenda - «solo qualora l'altro genitore versi in condizioni di indigenza estrema senza sua colpa o inerzia colpevole o di trovarsi nella concreta impossibilità di provvedere», ma l'esistenza di questa situazione non è stata accertata a carico della donna che, invece, è stata in sostanza esonerata dalla contribuzione per il mantenimento dei tre figli.

Presidente Antonio – Relatore Tricomi Rilevato che 1.- M.M. ha presentato ricorso per cassazione con tre mezzi avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna pubblicata il omissis resa in giudizio divorzile che, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha incrementato l'assegno divorzile in favore di D.E. posto a carico di M. da Euro 1.200,00= ad Euro 1.500,00= mensili, oltre ISTAT, e ha confermato la partecipazione di D. alle spese per il mantenimento dei tre figli esclusivamente in relazione a quelle straordinarie, nella misura del 30%. D.E. ha replicato con controricorso. Non sono state depositate memorie. Considerato che 2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione o erronea/falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 10, per contrasto con i principi enunciati a Cass. numero 12335/2021 in punto di qualificazione giuridica della famiglia di fatto. Il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia ritenuto non provata l'esistenza di un progetto di vita comune tra la ex moglie e B.F., con il quale ella aveva instaurato una stabile relazione a far data dal […], ritenendo tale circostanza non rilevante ai fini dell'accoglimento della domanda di revoca dell'assegno divorzile. Sostiene che plurimi erano gli elementi che egli aveva offerto a dimostrazione della relazione stabile intrapresa poco dopo la separazione e che la D. non ne aveva smentito la sussistenza, salvo a riferire in sede di gravame che era finita da oltre un anno. 2.2.- Con il secondo motivo si denuncia la violazione o erronea/falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 10, per contrasto con i principi enunciati in ordine alla quantificazione e alla conferma dell'assegno divorzile ex Cass. Sez. U. numero 18287/2018. Quanto al profilo assistenziale, il ricorrente lamenta che non sia stato adeguatamente valorizzato il comportamento inerte della ex moglie nella ricerca del lavoro dopo la separazione, considerata la qualifica professionale per competenza informatica e per l'esperienza maturata. Quanto al profilo compensativo rileva che la stessa Corte di merito ha ritenuto che sia stata assolto con la intestazione dell'usufrutto immobiliare e dell'erogazione di Euro 70.000,00= per l'arredamento. Il ricorrente si duole di come sia stato determinato l'assegno divorzile in funzione compensativa/perequativa e deduce che doveva essere quantificato solo in funzione assistenziale, stante l'attuale impossibilità della D. di raggiungere autonomamente l'autosufficienza economica, non potendosi trasformare in indebita locupletazione. Si duole che l'assegno riconosciuto a D. sia stato parametrato alla retribuzione cui avrebbe rinunciato con il matrimonio e si duole che sia stato valorizzato in funzione perequativa il contributo alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio, pur avendo rilevato che il M. già prima del matrimonio era imprenditore di successo e che le allegazioni in ordine al contributo offerto da D. erano state tardivamente proposte in primo grado. 2.3.- Con il terzo motivo si denuncia la violazione o erronea/falsa applicazione dell'articolo 337-ter c.c., comma 4, nella parte in cui dispone che ciascuno dei coniugi deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Il ricorrente si duole che la ex moglie sia stata esonerata dal contributo al mantenimento indiretto dei tre figli maggiorenni, ma non economicamente autosufficienti, tutti collocati presso il padre, restando obbligata solo alla partecipazione alle spese straordinarie nella misura del 30%, in violazione del criterio di proporzionalità parametrato alle rispettive capacità di lavoro e professionali con valorizzazione delle risorse economiche individuali e delle accertate potenzialità. Sostiene che lo stato di disoccupazione non esonera dal dovere di provvedere sia pure in misura contenuta al mantenimento dei figli. 3.- Per quanto interessa - la Corte di appello ha escluso che D. avesse istaurato una convivenza more uxorio osservando che M. aveva ammesso l'assenza della coabitazione tra le parti e si era limitato a riferire della istaurazione di una relazione sentimentale tra D. ed una terza persona, senza allegare, nè provare l'esistenza di un progetto comune tra i due ha concluso che la mera esistenza di un rapporto sentimentale non poteva configurare convivenza more uxorio ed ha respinto la domanda di revoca dell'assegno divorzile. - quindi, la Corte di merito, nell'esaminare il tema del riconoscimento dell'assegno divorzile e della sua quantificazione, ha confermato la decisione di primo grado, quanto al riconoscimento dello stesso in funzione assistenziale e compensativa. Segnatamente, quanto al primo profilo, assistenziale, ha tenuto conto della evidente disparità tra la rilevante condizione economico - patrimoniale di M. esercizio di attività imprenditoriale a mezzo di omissis SNC, consistente patrimonio immobiliare, beni mobili registrati e titoli , ritenendo solo transitoria la eventuale flessione reddituale dedotta dal M., e la condizione economica di D. attualmente disoccupata, titolare di modestissimi risparmi, e dell'usufrutto dell'immobile acquistato dal marito a seguito della separazione ed intestato in nuda proprietà ai figli , avendo accertato che D. non era in grado di raggiungere l'autosufficienza economica sia per l'età, sia per l'assenza di specifiche competenze quanto al secondo profilo, compensativo, ha considerato rilevante il sacrificio professionale della D. che per il matrimonio aveva rinunciato ad un impiego che le avrebbe consentito introiti mensili di Euro 1.500,00 mensili, scegliendo di lavorare nell'impresa del marito e di occuparsi in via pressoché esclusiva dei figli come da deposizioni testimoniali . Tuttavia, la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse stato valorizzata, nella quantificazione dell'importo, la componente perequativa ed ha affermato che, pur essendo vero che la D. non si era impegnata, dopo la separazione, per trovare un nuovo impiego - possibile perché i figli inizialmente con lei conviventi erano oramai cresciuti - e che la funzione compensativa dell'assegno era stata assolta anche dall'intestazione a lei dell'usufrutto dell'immobile ove abita e della erogazione all'epoca di Euro 70.000,00 per arredarla, il gravame meritava accoglimento in relazione al mancato riconoscimento di una funzione perequativa dell'assegno. In proposito la Corte di merito ha affermato che la circostanza che M. fosse già un imprenditore di successo, dotato di cospicuo patrimonio alla data del matrimonio, non portava ad escludere che egli avesse potuto dedicarsi più proficuamente all'attività di impresa ed alla gestione del suo patrimonio, consolidandolo, grazie all'espletamento in via esclusiva da parte della moglie elle incombenze relative ai figli, e per tale ragione ha incrementato l'assegno ad Euro 1.500,00 = mensili. - infine, la Corte di appello ha confermato la partecipazione della D. al mantenimento dei figli nella limitata misura del 30% delle spese straordinarie, sul rilievo che questa era priva di redditi, aveva difficoltà a procurarseli per l'età e per la mancanza di specifica qualifica professionale, non acquisita lavorando presso l'impresa del M. 4.1.- Il primo motivo è inammissibile, oltre che infondato. La censura, nonostante sia stata proposta come violazione di legge, sollecita impropriamente il riesame del merito, senza nemmeno indicare alcun fatto decisivo di cui sia stato omesso l'esame. Va qui ribadito che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, nè gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell'esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga - in maniera concisa ma logicamente adeguata - gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo svolto Cass. numero 29730/2020 Cass. numero 3601/2006 . La doglianza risulta altresì infondata. Come chiarito nei precedenti di legittimità Cass. numero 3645/2023 e Cass. numero 14151/2022 , la coabitazione assume una valenza indiziaria, ai fini della prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza di fatto, da valutarsi in ogni caso non atomisticamente ma nel contesto e alle circostanze in cui si inserisce , mentre, viceversa, l'assenza della coabitazione non è di per sé decisivo e la Corte di appello si è attenuta a tale principio, perché non si è limitata a valorizzare la circostanza dell'assenza di coabitazione, ma ha affermato che non risultava provato nemmeno un progetto comune di vita. Orbene, in mancanza dell'elemento oggettivo della stabile coabitazione, occorre che l'accertamento dell'effettivo legame di convivenza, allorquando esso costituisca un fattore impeditivo del diritto all'assegno divorzile, sia compiuto in modo rigoroso, in riferimento agli elementi indiziari potenzialmente rilevanti, perché gravi e precisi, così come previsto dall'articolo 2729 c.c., comma 1 il giudice è quindi tenuto, perché è la stessa norma dell'articolo 2729 c.c. che lo richiede, a procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati, nonché di eventuali argomenti di prova acquisiti al giudizio. Le Sezioni Unite nella sentenza numero 32198/2021 hanno fatto riferimento esemplificativo ad alcuni indici, quali l'esistenza di figli, la comunanza di rapporti bancari o altre patrimonialità significative, la contribuzione al menage familiare. Deve esserci, in sostanza, un nuovo progetto di vita con il nuovo partner, dal quale inevitabilmente discendono reciproche contribuzioni economiche. Il relativo onere probatorio incombe su chi neghi il diritto all'assegno. Ora, la Corte d'appello non ha rilevato alcuno di questi indici, nè la censura illustra la mancata valorizzazione di elementi indiziari di tal fatta, limitandosi a riferire di post pubblicati su Facebook e della presenza occasionale presso l'abitazione di D. del terzo, elementi che, se comprovano l'esistenza - non contestata - di un legame affettivo, non valgono a dimostrare un effettivo progetto di vita comune tra l'ex coniuge e il terzo, con una effettiva compartecipazione alle spese di entrambi. 4.2.- Il secondo motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito precisati. Va osservato che la decisione, ove riconosce la funzione assistenziale già posta a base della statuizione del Tribunale che aveva accolto la domanda di assegno divorzile determinandolo in Euro 1.200,00= mensili, non viene adeguatamente censurata, posto che, ferma la accertata rilevantissima differenza economica tra le parti, su cui il ricorrente nulla più osserva, sostanzialmente si chiedere un riesame del merito in ordine alla capacità lavorative e alla possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, che, al contrario, risulta sufficientemente compiuto dalla Corte di appello. Quanto alla funzione compensativa riservata all'assegno divorzile, la Corte di appello non riconosce alcun importo, ritenendo che sia già stata soddisfatta mediante dazioni economiche e patrimoniali da parte dell'ex marito avvenute in precedenza. Quanto all'aspetto perequativo, la Corte di appello, riconoscendo il diritto in tal senso, ha proceduto ad incrementare l'Importo dell'assegno. Con riferimento all'assegno riconosciuto ai fini assistenziali, la censura non merito accoglimento risultando volta ad un inammissibile riesame del merito. La decisione ha illustrato con dovizia di elementi le ragioni del riconoscimento dell'assegno in funzione assistenziale e ha ben puntualizzato che la funzione compensativa era stata già assolta con le dazioni precedentemente intercorse al momento della separazione usufrutto, somma di danaro . Tuttavia, la statuizione in merito al riconoscimento di una quota di assegno in funzione perequativa risulta svolta in maniera assertiva e non rispondente ai principi di recente affermati secondo cui l'assegno divorzile, nella sua componente prequativa-compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del nesso causale tra l'accertata sperequazione fra i mezzi economici dei coniugi e il contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali in assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli Cass. numero 10614/2023 , di guisa che il giudice del merito deve accertare l'impossibilità dell'ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte manente matrimonio , idonee a condurre l'istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente. Cass. numero 9144 del 31/03/2023 . Nel caso in esame, la valutazione circa il contributo fornito all'incremento patrimoniale del l'ex marito è svolto in maniera ipotetica rispetto alle scelte e alla condotta di vita familiare della moglie, così come in relazione al nesso di causalità, tanto più che la moglie, comunque, lavorava, anche se presso la impresa del marito, percependo uno stipendio, per cui non tutto il suo tempo era dedicato alla cura della famiglia. 4.3.- Il terzo motivo è fondato. L'onere di provvedere al mantenimento dei figli in maniera diretta o indiretta grava su entrambi i genitori quale espressione della responsabilità genitoriale e, nel giudizio di divorzio, al fine di quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore per il mantenimento dei figli economicamente non autosufficienti, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto Cass. numero 19299/2020 Cass. numero 4145/2023 . Tanto rammentato, va osservato che può essere gravato del mantenimento ordinario dei figli in via esclusiva il genitore collocatario solo qualora l'altro genitore versi in condizioni di indigenza estrema senza sua colpa o inerzia colpevole o si trovarsi nella concreta impossibilità di provvedere e, nel caso in esame, la Corte di appello non ha accertato la ricorrenza di questa situazione, la cui prova grava sul genitore che chiede di essere esonerato della relativa contribuzione. 5. In conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo nei sensi di cui in motivazione, infondato il primo la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi espressi. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. - Rigetta il primo motivo ed accoglie i motivi secondo e terzo cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna anche per le spese - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52.