In tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è inesistente, quando - alla luce anche dell’articolo 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. numero 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. numero 158 del 2015 – ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti a il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo […].
[…] b l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articolo 36-bis e 36-ter d.P.R. numero 600 del 1973 e all'articolo 54-bis d.P.R. numero 633 del 1972 ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l'attività di accertamento e le sanzioni previste dall'articolo 13, comma 1, d.lgs. numero 471 del 1997 ovvero dall'articolo 13, comma 4, d.lgs. numero 471 del 1997 come modificato dal d.lgs. numero 158 del 2015, qualora ratione temporis applicabile. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l'appello proposto da G. M. Spa avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva, a sua volta, respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento relativo agli anni d'imposta 2006 e 2007, concernente il recupero di un'agevolazione riconosciuta per l'acquisto di beni strumentali posta indebitamente in compensazione. La CTR respingeva l'appello della M. evidenziando che a il Ministero dello sviluppo economico aveva disconosciuto l'agevolazione b le rotative acquistate non erano state utilizzate per intero per la produzione editoriale in lingua italiana. Avverso detta decisione la G.M. Spa ha proposto ricorso per cassazione con otto motivi, reiterando, in particolare, l'eccezione di decadenza della potestà accertativa dell'Amministrazione finanziaria con riguardo alla ripresa per il 2006. Con ordinanza numero 35536/2022, depositata in data 2 dicembre 2022, la Sezione Tributaria ha rimesso la causa al Primo Presidente per valutare l'opportunità dell'assegnazione della stessa alle Sezioni Unite civili, ravvisando un contrasto interpretativo interno alla Sezione Tributaria sulla distinzione tra crediti d'imposta inesistenti e crediti d'imposta non spettanti, distinzione rilevante ai fini dell'individuazione del termine per l'esercizio della potestà accertativa da parte dell'Amministrazione finanziaria. La F. Srl e il suo legale rappresentante, F. D., anche in proprio, impugnavano l'atto di recupero, con cui l'Agenzia delle entrate recuperava i crediti di imposta indebitamente compensati dalla società nelle annualità 2014, 2015, 2016 e 2017, per una somma complessiva di € 266.877,79, oltre interessi e sanzioni. Sull'impugnazione dei contribuenti, la Commissione tributaria regionale di Reggio Calabria riformava la decisione di primo grado limitatamente al contestato minor credito d'imposta per l'anno 2009 e confermava nel resto. La CTR, in particolare, riteneva provata la riutilizzazione in compensazione dei crediti, evidenziando che, nella fattispecie, si versava nell'ipotesi di compensazione di crediti inesistenti previsti dal quinto comma dell'articolo 13 sanzione dal 100 al 200% e non di crediti non spettanti, previsti dal quarto comma. Avverso detta decisione F. Srl e F.D. hanno proposto ricorso per cassazione. Con ordinanza numero 3784/2023, depositata in data 8 febbraio 2023, la Sezione Tributaria ha rimesso la causa al Primo Presidente per valutare l'opportunità dell'assegnazione della stessa alle Sezioni Unite civili, ravvisando anche in questo caso un contrasto interpretativo interno alla Sezione Tributaria sulla distinzione tra crediti d'imposta inesistenti e crediti d'imposta non spettanti, nella specie rilevante ai fini della misura delle sanzioni applicabili ai sensi dell'articolo 13 d.lgs. 18 dicembre 1997 numero 471, come modificato dall'articolo 15 d.lgs. numero 158 del 24 settembre 2015, ma evidenziando altresì – attesa la già avvenuta rimessione di altro ricorso sulla medesima questione ma con riguardo alla parallela problematica dell'individuazione del termine per l'esercizio della potestà accertativa da parte dell'Amministrazione finanziaria - l'esigenza di un più ampio intervento chiarificatore sulla nozione stessa di credito inesistente e sulla sua differenziazione rispetto al credito non spettante. Le Sezioni Unite hanno enunciato i seguenti principi di diritto «in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, all'azione di accertamento dell'erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all'articolo 27, comma 16, d.l. numero 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'articolo 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. numero 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. numero 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti a il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo b l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articolo 36-bis e 36-ter d.P.R. numero 600 del 1973 e all'articolo 54-bis d.P.R. numero 633 del 1972 ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l'attività di accertamento» «la distinzione tra credito inesistente e credito non spettante ha, innanzitutto, carattere strutturale e trae il suo fondamento logico giuridico dal complessivo sistema ordinamentale tributario l'una “l'inesistenza” ha un valore obbiettivo, mentre l'altra la “non spettanza” ha un carattere dinamico ancorato al presupposto, antitetico, dell'esistenza del credito» «in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all'articolo 27, comma 18, d.l. numero 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall'articolo 13, comma 5, d.lgs. numero 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'articolo 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. numero 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. numero 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti a il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo b l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articolo 36-bis e 36-ter d.P.R. numero 600 del 1973 e all'articolo 54-bis d.P.R. numero 633 del 1972 ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall'articolo 13, comma 1, d.lgs. numero 471 del 1997 ovvero dall'articolo 13, comma 4, d.lgs. numero 471 del 1997 come modificato dal d.lgs. numero 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile». Il contrasto giurisprudenziale sulle nozioni di “credito inesistente” e di “credito non spettante” Secondo un primo più risalente e maggioritario orientamento tra le nozioni di “credito inesistente” e “credito non spettante” non vi sarebbe alcuna differenza. Si è affermato, specificamente, che «l'articolo 27, comma 16, d.l. 185/2008, conv. l. 2/2009, non intende elevare “l'inesistenza del credito a categoria distinta dalla non spettanza distinzione a ben vedere priva di fondamento logico giuridico , ma intende solo garantire un margine di tempo adeguato per le verifiche talora complesse riguardanti l'investimento generatore del credito d'imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'articolo 43 d.P.R. per il comune avviso di accertamento» «dunque, ogniqualvolta il credito derivante dall'operato investimento non sussiste, per ciò solo deve ritenersi inesistente nel senso precisato dalla norma» Cass. numero 10112 del 21/04/2017 e Cass. numero 19237 del 02/08/2017 seguite poi da Cass. 24093 del 30/10/2020 Cass. numero 354 del 13/01/2021 Cass. numero 31859 del 05/11/2021 . In dissenso a questa interpretazione si sono poste le sentenze “gemelle” numero 34443, 34444 e 34445 del 16/11/2021. In particolare, le sentenze numero 34444 e numero 34445 del 2021, che maggiormente si sono diffuse sulla questione, dopo aver rilevato che la nozione di credito inesistente è stata positivamente dettata con «il nuovo articolo 13, comma 5, terzo periodo, del d.lgs. numero 471/1997, come introdotto dall'articolo 15 del d.lgs. numero 158/2015», concludono nel senso di ritenere che il precedente orientamento «vada necessariamente superat[o] anche per effetto della citata novella, non tanto e non già perché quest'ultima sia direttamente applicabile alla fattispecie, ratíone temporis, bensì perché nella stessa definizione positiva di credito inesistente può rinvenirsi la conferma della dignità della distinzione delle due categorie in discorso, già sulla base dell'originario impianto normativo concernente la riscossione dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati». In tal senso si è evidenziato che - l'articolo 27, comma 16, d.l. numero 185/2008, concerne «la sola riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, numero 241 - la «novella del 2015 si innesta nella riscrittura della norma già contenuta nel contestualmente abrogato articolo 27, comma 18, d.l. cit. … e mira quindi a specificare il contenuto del precetto originario, così ancorando la nozione di credito inesistente ad una dimensione non reale o non vera , ossia priva di elementi giustificativi». La risoluzione del contrasto da parte delle Sezioni Unite Le Sezioni Unite, nel comporre il contrasto giurisprudenziale, ritengono che debba darsi prevalenza all'orientamento emerso da ultimo. La problematica di fondo si incentra su un duplice ordine di profili in primo luogo, se le due nozioni credito inesistente e credito non spettante abbiano, effettivamente, un oggetto differente e, in tal caso, quali siano i caratteri distintivi in secondo luogo, se, con riguardo alla condotta di indebito utilizzo in compensazione di un “credito inesistente” ovvero “non spettante”, sia ravvisabile, e da quando, un regime giuridico differente e quali siano i presupposti che ne condizionano l'applicabilità. Quanto alla prima questione, l'articolo 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. numero 471 del 1997, come modificato dall'articolo 15, d.lgs. 24/09/2015 numero 158, ha fornito, per la prima volta, una esplicita definizione positiva di credito inesistente stabilendo che «Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633». Accanto a tale definizione, il legislatore, al comma 4 dell'articolo 13 cit., parimenti modificato dalla novella del 2015, ha fornito una autonoma definizione della nozione di credito non spettante, individuato con la locuzione «utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti». Occorre osservare che tali indicazioni postulano comunque una ricognizione di quali siano i presupposti, di fatto e normativi, per ritenere esistente un credito d'imposta esse, inoltre, sono applicabili, in sé, alle fattispecie successive al 1° gennaio 2016 articolo 32, comma 1, d.lgs. numero 158 del 2015 , rilievo quest'ultimo che, se ai fini sanzionatori trova un adeguato temperamento nell'applicazione dei principi in tema di successione di norme, condiziona l'applicabilità del maggior termine per l'esercizio della potestà accertativa da parte degli Uffici finanziari ex articolo 27, comma 16, d.l. numero 185/2008. Si tratta, quindi, di verificare se, e in quale misura, le definizioni introdotte dal legislatore nel 2015 corrispondano a nozioni già esistenti e ricavabili da principi generali dell'ordinamento tributario e quale sia il rapporto con la disciplina introdotta nel 2008. Le Sezioni Unite ritengono opportuno partire dal dato, intuitivo e di comune conoscenza anche secondo il linguaggio comune, che la nozione di “inesistenza” evoca, sul piano fenomenico, la non appartenenza alla realtà lo specifico evento o circostanza – che determina l'insorgere del credito - non esiste o non si è mai realizzato. A tali situazioni è assimilabile l'ipotesi in cui il credito la pretesa , pur regolarmente sorto, sia venuto meno per “consumazione” perché già utilizzato dal soggetto interessato. Queste connotazioni, infine, possono assumere rilievo assoluto, nel senso che l'inesistenza riguarda la totalità dei consociati, oppure carattere relativo in quanto condizioni riferite a specifici soggetti in questo caso il credito o la pretesa non “esistono” per il soggetto che li invoca, senza che interferisca con questa conclusione la circostanza che essi esistano per altri soggetti o per un diverso rapporto. Sul piano giuridico tributario, la nozione è indubbiamente più sottile poiché postula, accanto ad una declinatoria fenomenica, anche la ricognizione positiva, con riguardo alle singole previsioni d'imposta, di quei requisiti – condizioni, termini e forme – normativamente imposti come elementi costitutivi dei singoli crediti d'imposta. In particolare, il credito va considerato inesistente non solo quando le attività e i presupposti fondanti non sono mai venuti in essere ma anche quando siano assenti le ulteriori condizioni essenziali – formali o sostanziali - previste dal legislatore. Se sussiste l'esigenza di identificare quali siano gli elementi la cui mancanza impedisce il perfezionarsi della fattispecie agevolativa, è tuttavia evidente che non tutti gli elementi e gli adempimenti che partecipano alla realizzazione della fattispecie assumono un necessario rilievo costitutivo, potendo influire su aspetti meramente formali ovvero incidere solo sull'efficacia della pretesa. In tali ipotesi, il credito esiste ma non è utilizzabile in tutto o in parte, sicché il credito non può validamente od efficacemente esser posto in compensazione. Le due categorie, dunque, appaiono strutturalmente distinte e, sul piano logico, alternative il credito è inesistente oppure esiste ma è non spettante. In conclusione, la distinzione tra credito inesistente e credito non spettante ha, innanzitutto, carattere strutturale e trae il suo fondamento logico giuridico dal complessivo sistema ordinamentale tributario l'una “l'inesistenza” ha un valore obbiettivo, mentre l'altra la “non spettanza” ha un carattere dinamico ancorato al presupposto, antitetico, dell'esistenza del credito. Il differente regime giuridico in caso di indebito utilizzo in compensazione di un credito inesistente ovvero non spettante Dal complessivo quadro normativo emerge che, recepita positivamente la distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti articolo 10 quater d.lgs. numero 74/2000 , ai fini tributari sin dall'origine articolo 27, commi 16 e ss l'intervento del legislatore è stato mirato a fornire una disciplina specifica in caso di compensazioni con crediti inesistenti. Ciò emerge, innanzitutto, sul piano letterale. Già il comma 16 dell'articolo 27 d.l. numero 185/2008, in sé solo considerato, è esplicito nell'individuare l'oggetto della disciplina «nella riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione». I successivi commi 17 e 18 dell'articolo 27 cit. confermano l'univocità della scelta normativa poiché si riferiscono - solo ed esclusivamente - alla compensazione di «crediti inesistenti». L'effettiva portata dell'originaria disciplina – e la delimitazione dell'area di specifica regolamentazione – emerge, peraltro, da una pluralità di argomenti. In primo luogo, il rinvio operato dall'articolo 27, comma 16, d.l. numero 185 del 2008 non solo all'articolo 10 quater ma alla stessa procedura di riscossione ex articolo 1, comma 421, l. numero 331/2004 – in sé rilevante per la generalità delle compensazioni indebite – è espressamente circoscritto alle sole compensazioni per crediti inesistenti. In secondo luogo, tale delimitazione non concerne qualsiasi indebita compensazione per crediti inesistenti ma solo quelle emergenti dal «controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato», come esplicitamente prevede il comma 16, con espressione poi ripresa dal successivo comma 17. Appare evidente – concludono le Sezioni Unite - che la definizione di crediti inesistenti e crediti non spettanti debba intendersi senza soluzione di continuità, rientrando nella nozione della prima quali elementi costitutivi entrambi i requisiti ora esplicitamente previsti dall'articolo 13, comma 5, d.lgs. numero 471 del 1997 e già inclusi nell'articolo 27, comma 16, d.l. numero 185 del 2008 ed assumendo rilevanza residuale quella di cui all'articolo 13, comma 4. Si tratta, in definitiva, di esito che, oltre a discendere dal dato letterale delle norme, risponde a criteri di coerenza e di razionalità di sistema e alle finalità, obbiettive, perseguite dal legislatore.
Presidente De Chiara – Relatore Tinarelli Cas. 34419/2023 Cas. 34452/2023