Abusi edilizi: l’edificio va demolito anche se abitato da minore gravemente malato

Il diritto alla salute, specie a fronte di patologie gravi ed invalidanti, trova attuazione in primo luogo ponendo il malato in un ambiente del tutto salubre, edificato ed attrezzato nel pieno rispetto della disciplina di legge .

Nella causa oggetto di commento il ricorrente lamenta la non corretta contemperazione tra i valori costituzionali coinvolti diritto alla salute e diritto di abitazione in primis nonché il principio di proporzionalità. Nel ricorso, infatti, si legge che l'ordinanza non avrebbe apprezzato il fondamentale diritto alla salute del minore , che non potrebbe risultare cedevole rispetto al ripristino dei luoghi, pena un gravissimo pericolo di vita o, comunque, un grave ed insostenibile turbamento a seguito del mutamento dell'ambiente di vita quotidiana . Sotto altro profilo, a parere della difesa, il diritto di abitazione non sarebbe stato adeguatamente contemperato con il diritto alla salute del minore attese le gravi condizioni nelle quali lo stesso versava nonché debitamente documentate. I Giudici di Legittimità rigettano il ricorso trovandolo manifestamente infondato. Non solo il ricorso fa leva sulla valutazione di merito effettuata dalla Corte di Appello che i Giudici di legittimità non possono sindacare, ma, argomenta ancora la Cassazione, anche gli altri due motivi – uno relativo al complesso edilizio e l'altro relativo alla singola abitazione - non possono essere accolti. Quanto al primo, infatti, la considerazione che il complesso oggetto di ordine di demolizione si trovi in una zona completamente urbanizzata è una pura congettura fattuale atteso che l'ordine di demolizione dell'edificio fa riferimento a una pronuncia divenuta irrevocabile nel 1998, e quindi andrebbe presa in considerazione la prospettazione urbanistica di allora e non di adesso. Sotto il profilo particolare della singola unità abitativa, la Corte di Cassazione non rileva apprezzabili le censure mosse. Anzitutto sottolinea come l'immobile sia stato realizzato con plurime violazioni di sigilli, modifiche ed integrazioni, oltre a cambi di destinazione d'uso, anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna . Andando, poi, a indagare la problematica concernente le condizioni di salute del figlio minore a parere dei Giudici la Corte di Appello ha fornito una motivazione solida e logica circa il contemperamento dei vari interessi coinvolti. Ribadiscono che la condizione di salute del minore non è di per sé incompatibile allo spostamento del nucleo familiare in altra abitazione idonea ad accoglierlo . Vieppiù, i Giudici di legittimità sottolineano che alcuna censura è stata mossa dal ricorrente sotto il profilo della compatibilità tra la grave patologia di cui è affetto il minore e l' ambiente di vita sorto in totale violazione di ogni previsione edilizia e sanitaria, comprese le norme a presidio proprio della salubrità degli ambienti . È su questo punto che la Corte di Cassazione fa leva sottolineando come l'impugnazione non ponga alcun argomento a riguardo ed è proprio in questa sede che i Giudici colgono l'occasione per ribadire che il diritto alla salute , specie a fronte di patologie gravi ed invalidanti, trova attuazione in primo luogo ponendo il malato in un ambiente - non necessariamente ospedaliero - del tutto salubre , edificato ed attrezzato nel pieno rispetto della disciplina di legge , proprio perché questa è volta a garantire anche il benessere di chi abita in quei luoghi, specie se malato . Di conseguenza il rispetto della normativa in ambito edilizio risponde anche alla necessità che i privati usufruiscano di un bene immobile in totale sicurezza di talché la salute e la propria incolumità sono efficacemente tutelati.

Presidente Ramacci – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27/4/2023, la Corte di appello di Napoli rigettava l'incidente di esecuzione con il quale F.V., aveva chiesto la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione emesso con la sentenza pronunciata dallo stesso Ufficio il 6/6/1998, irrevocabile il 6/11/1998, con riguardo al reato di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20 . 2. Propone ricorso per cassazione il F., deducendo i seguenti motivi - inosservanza o erronea applicazione degli artt. 2, 3 e art. 32 Cost. , artt. 3, 6 e 8 CEDU. Premessa la descrizione delle gravissime condizioni di salute del figlio minorenne del ricorrente, si lamenta che la Corte d'appello non avrebbe fatto un corretto uso del principio di proporzionalità, nè avrebbe correttamente bilanciato i valori costituzionali coinvolti. In particolare, l'ordinanza non avrebbe apprezzato il fondamentale diritto alla salute del minore, che non potrebbe risultare cedevole rispetto al ripristino dei luoghi, pena un gravissimo pericolo di vita o, comunque, un grave ed insostenibile turbamento a seguito del mutamento dell'ambiente di vita quotidiana. Sotto altro profilo, e sempre nell'ambito della necessità di valutare in concreto gli interessi, la Corte non avrebbe considerato che l'immobile da abbattere si troverebbe all'interno di un quartiere completamente urbanizzato e circondato da altri fabbricati, così che la demolizione non potrebbe arrecare alcun beneficio al territorio comunale - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Ribadito l'argomento appena richiamato, si lamenta ancora che l'ordinanza si sarebbe concentrata sul diritto all'abitazione, senza però valutare quello alla salute del minore. In particolare, non sarebbe stata esaminata la documentazione prodotta dalla difesa, dalla quale emergerebbe che le condizioni dello stesso si aggraverebbero qualora questi venisse tolto dal proprio ambiente di vita se è vero, infatti, che il contesto familiare sarebbe riproducibile in ogni altro luogo, sarebbe, tuttavia, dimostrato anche che una differente abitazione necessariamente diversa per spazi e struttura - verrebbe di certo percepita dal giovane, con ogni conseguenza negativa. Non sospendere l'ordine di demolizione, dunque, sarebbe irragionevole, illogico ed inumano . Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta manifestamente infondato. 4. La Corte di appello ha rigettato l'incidente di esecuzione con una motivazione del tutto solida, priva di qualunque vizio, ispirata all'ampia documentazione prodotta e a logica rigorosa una motivazione, dunque, non censurabile con gli argomenti contenuti nel ricorso, che, oltre a svilupparsi su molteplici elementi di puro merito che questa Corte non è ammessa a verificare, trascura l'indubbia forza argomentativa del provvedimento impugnato, non riuscendo ad opporvi alcuna doglianza adeguata. 5. Al riguardo, il Collegio rileva innanzitutto che l'impugnazione si sviluppa su due soli argomenti, l'uno - di carattere generale - riferito all'intero immobile, l'altro - di carattere particolare - concernente il solo appartamento occupato dal F. e dal suo nucleo familiare entrambi non possono essere accolti. 6. Quanto al primo, il ricorrente afferma a più riprese che l'immobile si troverebbe in un'area ormai completamente urbanizzata, circondato da numerose altre costruzioni, cosicché la sua demolizione non potrebbe arrecare alcun reale e concreto beneficio al territorio del Comune di […]. 6.1. Ebbene, in senso contrario appare agevole osservare, per un verso, il carattere evidentemente fattuale di questa considerazione, come tale inammissibile nel giudizio di legittimità, e, per altro verso, il suo contenuto palesemente congetturale, nei termini di un'illazione priva di ogni sostegno istruttorio. Senza tacere, peraltro, del fatto che quest'ulteriore, prospettata urbanizzazione dell'area non potrebbe comunque avere alcuna incidenza sull'ordine di demolizione, dato che - come affermato dalla Corte di appello - il lungo tempo trascorso dall'irrevocabilità della sentenza che lo contiene nel corso del quale tale saturazione si sarebbe compiuta è addebitabile esclusivamente al ricorrente, che non aveva adempiuto ad un dovere impostogli con una pronuncia divenuta definitiva il 6/11/1998. L'eventuale valutazione del contesto urbanistico, dunque, avrebbe dovuto esser prospettata e documentata con riferimento a quell'epoca, non certo a quella odierna. 7. Con riguardo, poi, all'appartamento occupato dal ricorrente, dalla moglie e dai figli minori, il ricorso contesta all'ordinanza violazioni di legge e vizi di motivazione che dal testo del provvedimento non emergono affatto. 7.1. In primo luogo, il Collegio rileva che la Corte di appello ha analizzato numerosi indici di proporzionalità dell'ordine di demolizione - tra quelli costantemente richiamati dalla giurisprudenza nazionale e convenzionale - e su questi ha speso considerazioni che il ricorso neppure menziona, tantomeno contesta. Ci si riferisce, in particolare, alla consapevolezza, in capo all'istante, della violazione di legge compiuta, che l'ordinanza ha riconosciuto sul presupposto che questi - proprietario e committente delle opere abusive - aveva edificato un intero edificio, con plurime violazioni di sigilli, modifiche ed integrazioni, oltre a cambi di destinazione d'uso, anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna. In ordine, poi, ai tempi della vicenda, sono stati già ricordati gli oltre 17 anni trascorsi tra lo stesso giudicato e l'attivazione del procedimento di esecuzione, ai quali poi se ne sono aggiunti altri 7, sempre senza che l'istante avesse mai adottato una qualunque iniziativa per trovare una differente soluzione abitativa per sé o per la propria famiglia. 8. In ordine, poi, alle gravi condizioni di salute del figlio minore del ricorrente, con lui convivente, la Corte di appello - contrariamente a quanto viene denunciato - ha sviluppato una motivazione ancora del tutto solida e logica, con la quale non solo il diritto all'abitazione, ma anche il fondamentale diritto alla salute è stato compiutamente esaminato e posto in relazione agli altri interessi coinvolti nella vicenda. 8.1. In particolare, con una valutazione di merito che questa Corte non è ammessa a sindacare in fatto, l'ordinanza ha sottolineato che la patologia del minore - indubbiamente di notevole gravità - non appare di per sé incompatibile con il possibile spostamento del nucleo familiare in un'altra abitazione idonea ad accoglierlo. È stato sottolineato, infatti, che dal complesso della documentazione prodotta emerge che il giovane versa in uno stato patologico compiutamente descritto a pag. 7 tale che, se per un verso impone di preservare l'ambiente domestico e familiare dunque, la vicinanza dei genitori , così, per altro verso, rende difficile far comprendere la conformazione e l'ubicazione della casa familiare, così che - afferma la Corte di appello - l'ambiente domestico necessario a garantire la tranquillità del minore ben potrebbe essere riprodotto in una diversa abitazione. 8.2. Sotto altro profilo, peraltro, l'ordinanza - con argomento non manifestamente illogico - ha sottolineato che sono ormai trascorsi molti anni oltre dieci da quando la malattia del minore si è manifestata in tutta la sua gravità, e che durante un così lungo periodo il ricorrente - come già riportato - non ha mai intrapreso alcuna iniziativa per trovare una differente soluzione abitativa. Questa, peraltro, sarebbe stata certamente consentita dalle condizioni economiche del F. altro indice di proporzionalità da valutare , tutt'altro che disagiate, considerando che lo stesso aveva tratto lauti guadagni dalla locazione degli appartamenti che compongono il fabbricato in esame, quasi interamente occupato da terze persone estranee al nucleo familiare questa circostanza risulta ampiamente trattata dalla Corte di appello pag. 5 , con esame della documentazione prodotta e considerazioni ancora estranee al contenuto del ricorso. 8.3. Queste conclusioni - si ribadisce - sono contestate nell'ultimo motivo di ricorso, che tuttavia si sviluppa in argomenti di puro fatto palesemente inammissibili, come il richiamo a stralci della relazione della dottoressa P. o del Centro studi della scoliosi, che questa Corte non può valutare. Negli stessi termini, ancora, deve essere valutata anche la censura per la quale le conclusioni della Corte di appello circa una possibile, differente soluzione abitativa sarebbero irragionevoli e irrealistiche , dato che il minore percepirebbe un nuovo ambiente con evidente disagio e perdendo quel minimo di orientamento di cui dispone si tratta, evidentemente, di considerazioni - generiche - ammissibili solo in sede di merito. 9. Sotto un differente profilo, peraltro, si osserva che il ricorso non spende alcuna valutazione circa l'effettiva compatibilità, con la grave patologia, di un ambiente di vita sorto in totale violazione di ogni previsione edilizia e sanitaria, comprese le norme a presidio proprio della salubrità degli ambienti ad esempio, dimensioni minime dei locali, altezze, rapporto di aeroilluminazione, regolarità degli impianti deve rilevarsi, infatti, che il diritto alla salute, specie a fronte di patologie gravi ed invalidanti, trova attuazione in primo luogo ponendo il malato in un ambiente - non necessariamente ospedaliero - del tutto salubre, edificato ed attrezzato nel pieno rispetto della disciplina di legge, proprio perché questa è volta a garantire anche il benessere di chi abita in quei luoghi, specie se malato. In altri termini, il rispetto della normativa in materia edilizia risponde non solo all'ovvia esigenza di tutelare un bene collettivo, come tale sottratto alla libera ed indiscriminata disponibilità dei singoli, ma anche alla necessità che questi stessi possano usufruire del bene in sicurezza, proprio perché regolarmente edificato, tutelando la propria salute e la propria incolumità - in sintesi, il proprio benessere - anche e soprattutto per l'ipotesi di eventi superiori come le calamità naturali si pensi alla normativa antisismica o a tutela dal rischio idrogeologico o, per l'appunto, le malattie o situazioni invalidanti che costringano un soggetto a vivere, magari costantemente, all'interno di uno spazio chiuso. Ebbene, su questi decisivi profili l'impugnazione non contiene alcun argomento. 9. Lo stesso ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell' art. 616 c.p.p. , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Dispone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52 , che - a tutela dei diritti o della dignità degli interessati - sia apposta a cura della cancelleria, sull'originale della sentenza, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.