Sul ricorso per cassazione pendente innanzi al Collegio alla data di entrata in vigore della Riforma Cartabia

Nel caso di specie, gli imputati, protagonisti della vicenda in esame, lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p. l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 95, d.lgs. n. 150/2022 per averlo interpretato nel senso che come ricorsi pendenti alla data di entrata del cit. provvedimento debbano intendersi unicamente quelli rigettati e non anche quelli dichiarati inammissibili.

Secondo i ricorrenti, tale interpretazione è illogica ed irrazionale rispetto alla ratio legis sottesa alla c.d. Riforma Cartabia ” in quanto risulta parzialmente abrogativa ed indebitamente restrittiva di una norma improntata al favor rei ” ed alla volontà del legislatore di favorire le pene sostitutive in caso di condanne detentive inferiori a quattro anni. L'esclusione dei procedimenti per i quali la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi non troverebbe fondamento nella disposizione, che ha utilizzato la pendenza del procedimento in cassazione unicamente come dato temporale, al solo scopo di estendere la nuova disciplina a tutti i procedimenti per i quali non sia intervenuto il giudicato formale. Inoltre, la giurisprudenza richiamata nell'ordinanza impugnata riguarda la diversa ipotesi della procedibilità del reato e risulta, pertanto, inconferente nel caso di specie . Le doglianze sono fondate. Per poter dirimere tale controversia, il Collegio sottolinea che il ricorso per cassazione, pendente innanzi la Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 e successivamente dichiarato inammissibile, non preclude, ricorrendo le condizioni di cui all' art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 , di presentare al giudice dell'esecuzione, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive previste dalla legge n. 689 del 1981 , risultando ragionevolmente ed eccezionalmente estesa, in presenza di una previsione normativa che regola una specifica ipotesi di superabilità del giudicato, la disciplina della sopravvenuta legge più favorevole .

Presidente Di Nicola – Relatore Poscia Ritenuto in fatto 1.Con la ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha dichiarato inammissibili le istanze avanzate da B.F. , D.P. e D.F. per la sostituzione delle pene detentive, loro rispettivamente inflitte con la sentenza della medesima Corte territoriale pronunciata il giorno 7 febbraio 2022, con la pena della detenzione domiciliare sostitutiva ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 56 e del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 95 . 1.1. Il giudice dell'esecuzione ha osservato che le predette istanze erano inammissibili poiché i ricorsi per cassazione proposti dai tre condannati avverso la sopra indicata sentenza della Corte di appello di Milano erano stati dichiarati inammissibili dalla Corte di cassazione sentenza n. 6139/2023 del 10 gennaio 2023 , di talché doveva escludersi l'applicabilità al caso di specie della disposizione contenuta nel citato art. 95 che prevede espressamente che il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi alla Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della L. 24 novembre 1981, n. 689 , al giudice dell'esecuzione . 1.2. Secondo la Corte territoriale, quindi, essendo stati dichiarati inammissibili i ricorsi per cassazione doveva escludersi che, nella fattispecie, fosse pendente un ricorso per cassazione alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 30 dicembre 2022 , come peraltro già statuito dalle Sezione Unite in fattispecie assimilabile alla presente. 2. Avverso la predetta ordinanza B.F. , D.P. e D.F. , per mezzo dell'avv. D.G., propongono ricorsi per cassazione affidati ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all' art. 173 disp. att. c.p.p. , insistendo per l'annullamento della stessa. 2.1. In particolare lamentano, ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. b , l'inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2022, art. 95 per averlo interpretato nel senso che come ricorsi pendenti alla data di entrata in vigore del citato provvedimento debbano intendersi unicamente quelli rigettati e non anche quelli dichiarati inammissibili. Tale interpretazione, secondo i ricorrenti, è illogica ed irrazionale rispetto alla ratio legis sottesa alla c.d. Riforma Cartabia” in quanto risulta parzialmente abrogativa ed indebitamente restrittiva di una norma improntata al favor rei” ed alla volontà del legislatore di favorire le pene sostitutive in caso di condanne detentive inferiori a quattro anni. L'esclusione dei procedimenti per i quali la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi non troverebbe fondamento nella disposizione, che ha utilizzato la pendenza del procedimento in cassazione unicamente come dato temporale, al solo scopo di estendere la nuova disciplina a tutti i procedimenti per i quali non sia intervenuto il giudicato formale. Inoltre, osservano i ricorrenti, la giurisprudenza richiamata nell'ordinanza impugnata riguarda la diversa ipotesi della procedibilità del reato e risulta, pertanto, inconferente nel caso di specie. Infine, con i ricorsi viene sollevata questione di legittimità costituzionale del citato art. 95, nella interpretazione fornita dalla Corte di appello di Milano, per violazione dell' art. 3 Cost. e del principio di ragionevolezza ed equità laddove limita la portata di tale disposizione transitoria ai soli condannati i cui ricorsi per cassazione - pendenti alla data del 30 dicembre 2022 - siano stati rigettati. Considerato in diritto 1.I ricorsi devono essere accolti per le ragioni di seguito illustrate. 2. La questione oggetto del presente procedimento è se, in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, l'intervenuta dichiarazione di inammissibilità del ricorso, pendente avanti la Corte di cassazione alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 , precluda al condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, di presentare al giudice dell'esecuzione istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui alla L. n. 689 del 1981 entro trenta giorni dalla data di irrevocabilità della sentenza di condanna. 3. La risposta deve essere affermativa, sulla base del principio generale di applicabilità della sopravvenuta legge sostanziale più favorevole fissato dall' art. 2 c.p. invero, la disposizione di cui si tratta ha natura senza dubbio sostanziale incidendo sul trattamento sanzionatorio riservato al condannato e, in particolare, sulla possibilità di accedere ad una pena sostitutiva rispetto a quella della detenzione in carcere. Va ricordato, al riguardo, che poiché le sanzioni sostitutive di pene detentive brevi previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 hanno natura di vere e proprie pene, le norme che le disciplinano hanno natura sostanziale e, in caso di successione di leggi nel tempo, sono soggette alla disciplina di cui all' art. 2 c.p. , comma 3 ora quarto, n.d.r. , Sez. 1, Sentenza n. 24652 del 25/05/2005, Rv. 231669 - 01 . 3.1. Tale principio, d'altra parte, non è nuovo atteso che, ad esempio, l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall' art. 131-bis c.p. , avendo natura sostanziale, è stato ritenuto applicabile, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 , anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione dell' art. 2 c.p. , comma 4, e art. 129 c.p.p. , è deducibile e rilevabile d'ufficio ex art. 609 c.p.p. , comma 2, anche nel caso di ricorso inammissibile Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593 - 01 . 3.2. È noto poi che in tema di successione di leggi nel tempo, la Corte di cassazione può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi dell' art. 609 c.p.p. , l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative in melius . Inoltre, il diritto dell'imputato, desumibile dall' art. 2 c.p. , comma 4, di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la lex mitior anche nel caso in cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedentemente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati dal legislatore in termini di minore gravità. Sez. U, Sentenza n. 46653 del 26/06/2015, Rv. 265111 - 01 . 3.3. Con riferimento alle condizioni di procedibilità, rispetto ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, è stato escluso che in caso di inammissibilità del ricorso debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela Sez. U, Sentenza n. 40150 del 21/06/2018, Rv. 273551 - 01 . 4. Ne consegue che non è condivisibile quanto statuito dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta preclusione dovuta alla inammissibilità del ricorso per cassazione, proprio in ragione della natura sostanziale della disposizione in oggetto. 5. Va anche osservato come, nel caso di specie, la ratio legis della norma transitoria escluda che possa farsi applicazione del principio di carattere generale - il quale non va posto in discussione ma che, come sarà più chiaro in seguito, risulta eccezionalmente superato - secondo il quale la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, impedendo la costituzione del rapporto giuridico processuale e comportando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, porterebbe ad escludere la stessa pendenza del procedimento. È il caso di considerare che, a regime, la competenza ad applicare le pene sostitutive appartiene al giudice della cognizione art. 545-bis c.p. e tale norma - sebbene di natura processuale e, quindi, sottoposta al regime del tempus regit actum - ha indubbiamente, come in precedenza sottolineato, anche natura sostanziale, in quanto strumentale all'applicazione di sanzioni penali le pene sostitutive , cosicché deve, di regola, trovare applicazione, se più favorevole lex mitior , anche nei processi penali pendenti sia nei gradi di merito che nel giudizio di legittimità, salvo ragionevoli deroghe che il legislatore non ha posto. La Corte costituzionale ha, infatti, precisato che il regime giuridico riservato alla lex mitior, e segnatamente la sua retroattività, non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all' art. 25 Cost. , comma 2, in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione, concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole per il reo. Da ciò discende che eventuali deroghe al principio di retroattività della lex mitior, ai sensi dell' art. 3 Cost. , possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa ex multis, Corte Cost. sentenza 11 ottobre 2006, n. 393 . Per escludere la quale, evitando un'evidente sperequazione, il legislatore, ha opportunamente chiarito, mediante l'introduzione della norma transitoria, che il principio di retroattività della lex mitior trova applicazione, senza deroghe, tanto con riferimento ai reati commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 , ma i cui procedimenti fossero iniziati dopo l'entrata in vigore della legge situazione sostanzialmente parificabile a quella a regime , quanto ai reati parimenti commessi prima e tuttavia pendenti alla data dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 , ossia anche ai processi già pendenti per tali fatti a quella data, in quanto una disciplina differenziata, tra gli uni e gli altri, come si sarebbe potuto ipotizzare in assenza della disciplina transitoria e quindi in mancanza di una apposita regolamentazione soprattutto per il giudizio di cassazione , non avrebbe avuto alcuna base giustificativa ragionevole. Infatti, trattandosi, nella sostanza, di una rimodulazione del trattamento sanzionatorio, la materia è, di regola, estranea al giudizio di legittimità, ma la mera pendenza del giudizio consente l'operatività del meccanismo, la cui applicazione immediata è interdetta dalle competenze della Corte, che non può svolgere accertamenti di merito e discrezionali in una materia come quella del trattamento sanzionatorio, la quale è ordinariamente caratterizzata dall'esercizio di tali facoltà inoltre l'eventuale accoglimento del ricorso, del quale perciò occorreva definire l'esito, avrebbe impedito l'applicazione delle sanzioni sostitutive. Ed è questa la ragione per la quale il legislatore ha concepito un meccanismo che, prevedendo la formazione del giudicato a seguito della pronuncia di inammissibilità o di rigetto del ricorso, consentisse al condannato entro trenta giorni dall'irrevocabilità della sentenza di azionale l'istituto. In altri termini, l'irrevocabilità, che ordinariamente preclude l'applicazione dell' art. 2 c.p. , comma 4, è invece una precondizione, nei procedimenti pendenti innanzi la Corte di cassazione, dell'applicazione dell'istituto rientrante, in tal caso, nella competenza del giudice dell'esecuzione espressamente abilitato a rimodulare il giudicato, superandolo, in costanza delle condizioni previste dalla legge, con la sostituzione della pena con una delle sanzioni di cui al Capo III della L. 24 novembre 1981, n. 689 e, al tempo stesso, ciò che rileva è la pendenza del procedimento non la sua definizione inammissibilità piuttosto che rigetto . La giurisprudenza della Corte ha già affermato, sulla base delle Sezioni Unite D'Amato, che la pendenza del procedimento di legittimità, ai fini dell'applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 95 si ha con la pronuncia della sentenza da parte del giudice d'appello prima del 30 dicembre 2022 che determina in sé la pendenza del giudizio in Cassazione, anche quando il ricorso inammissibile o infondato, n.d.r. sia stato presentato dopo tale data cosicché su istanza di parte può attivarsi il procedimento previsto dall'art. 95 cit. dinanzi al giudice dell'esecuzione per l'applicazione delle pene sostitutive entro 30 giorni dall'irrevocabilità della sentenza Sez. V, n. 37022 del 28/06/2023, Catalano ed altri, n. m. . Infatti, le Sezioni Unite della Corte hanno chiarito che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni transitorie, la pronuncia della sentenza di condanna determina la pendenza del giudizio di impugnazione Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009, D'Amato, in motivazione e ciò vale a consentire la piena operatività della lex mitior, a maggior ragione quando il legislatore abbia espressamente stabilito al riguardo, regolando la materia per consentirne l'applicazione anche nel caso di sentenza irrevocabile e indipendentemente dalla infondatezza o dalla manifesta infondatezza dell'impugnazione, ovvero vale ad escludere la regola della retroattività delle disposizioni più favorevoli, sempreché tale disciplina sia prevista dalla legge ed abbia una ragionevole base giustificativa, così da non violare il principio ex art. 3 Cost. , situazione nella specie non sussistente. 6. In conclusione deve affermarsi il seguente principio di diritto Il ricorso per cassazione, pendente innanzi la Corte di cassazione alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 e successivamente dichiarato inammissibile, non preclude, ricorrendo le condizioni di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 95 di presentare al giudice dell'esecuzione, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive previste dalla L. n. 689 del 1981 , risultando ragionevolmente ed eccezionalmente estesa, in presenza di una previsione normativa che regola una specifica ipotesi di superabilità del giudicato, la disciplina della sopravvenuta legge più favorevole . 7. L'accoglimento dei ricorsi per le ragioni sopra illustrate determina l'assorbimento della questione di legittimità costituzionale sopra illustrata. 8 L'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, per nuovo giudizio alla luce dei principi sopra fissati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano