Furto di energia elettrica, la Cassazione circoscrive i poteri del giudice dibattimentale

È potere-dovere del pubblico ministero effettuare le nuove contestazioni in sede dibattimentale e riqualificare così il fatto-reato. Se il giudice preclude al pubblico ministero tale potere-dovere, la sentenza è viziata da nullità assoluta ex artt. 178 e 179 c.p.p.

Ai fini della vicenda che ci occupa occorre richiamare la distinzione tra nuove contestazioni ex art. 517 c.p.p. e la contestazione di un fatto nuovo che emerge in sede dibattimentale previsto dall' art. 518 c.p.p. . Nell'ipotesi di nuove contestazioni ex art. 517 c.p.p., non occorre né il consenso dell'imputato né l'autorizzazione del giudice poiché è imposto al pubblico ministero di procedere alla contestazione della circostanza aggravante o del reato connesso purché la competenza non sia di un giudice superiore. Al contrario nell'ipotesi sub art. 518 c.p.p. ovvero la contestazione di un fatto nuovo emerso in corso del dibattimento, è il giudice che autorizza la contestazione purché vi sia il consenso dell'imputato e la nuova contestazione non precluda la speditezza del processo. Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica e lo qualifica come ricorso per saltum inoltre in base al principio espresso dalle Sezioni Unite n. 3512 del 2021 la sentenza di proscioglimento, pronunciata nella udienza pubblica dopo la costituzione delle parti, non è riconducibile al modello di cui all' art. 469 c.p.p. ed è appellabile nei limiti indicati dalla legge . Secondo i Giudici di legittimità, la sentenza viola la legge con riferimento all' esercizio dell'azione penale in merito alla contestazione suppletiva . Con riferimento alle nuove contestazioni ex art. 516 c.p.p. e seguenti è da rilevare che gli stessi mirano a salvaguardare il principio di correlazione tra accusa e sentenza . Il Pubblico Ministero interviene sull'imputazione enunciata per adeguarla a quanto emerso dalle prove raccolte cosicché il dibattimento e la relativa decisione siano attinenti alla fattispecie corretta oppure ampliata. Va ricordato che è un esclusivo potere del Pubblico Ministero, in ossequio all' art. 112 Cost. , quello di effettuare nuove contestazioni . Nel caso di specie si ricade sotto l'egida dell' art. 517 c.p.p. per cui in caso di nuove contestazioni sollevate dal Pubblico Ministero non occorre né la previa autorizzazione del giudice né il consenso dell'imputato. Di conseguenza, il giudice del dibattimento che nega al pubblico ministero il compimento di un atto imperativo, insindacabile e obbligatorio qual è la contestazione della circostanza aggravante rilevando la tardività è illegittimo . Qui sta la differenza tra l' art. 517 c.p.p. e l' art. 518 c.p.p. che invece, con riferimento all'ipotesi di contestazione di un fatto nuovo , prevede la possibilità del Presidente del collegio di autorizzarla o meno. A sostegno di quanto appena esposto si ricorda la motivazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 139 del 2015 che nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell' art. 517 c.p.p. , nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, ha precisato che la contestazione tardiva ” di circostanze aggravanti, è idonea a determinare un significativo mutamento del quadro processuale, potendo incidere in modo rilevante sull'entità della sanzione – tanto più quando si tratti di circostanza a effetto speciale – e talvolta sullo stesso regime di procedibilità del reato . Andando a esaminare il caso di specie, il PM in sede dibattimentale aveva richiesto la modifica dell'imputazione nonché la contestazione dell'aggravante ex art. 625, n. 7, c.p. da cui derivava la procedibilità d'ufficio del reato contestato il Tribunale ha illegittimamente negato l'esercizio di questo potere-dovere del PM rilevando la tardività sull'errato presupposto del decorso dei termini per la proposizione di querela da parte della persona offesa, decidendo quindi sulla base dell'originaria imputazione rilevando l'improcedibilità ex art 129 c.p.p Il Collegio richiama le Sezioni Unite in tema di tardività Cass. pen., sez. Unite, ud. 28 ottobre 1998 dep. 11 marzo 1999 n. 4 in riferimento al potere-dovere del PM in dibattimento di procedere alla modifica dell'imputazione afferma che non sono posti specifici limiti temporali all'esercizio di detto potere nell'ambito di tale fase processuale il dibattimento, ndr , né consente di fare distinzioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione suppletiva” trae causa. […] la modifica dell'imputazione o la contestazione di una circostanza aggravante, come pure di un reato concorrente, non possono che considerarsi come eventualità fisiologiche in un sistema processuale che si ispira al rito accusatorio incentrato nel dibattimento, ma che non consente […] dispersione degli elementi utili per un giusto processo”. […] mediante la contestazione suppletiva all'inizio del dibattimento e sulla base di elementi non considerati nella formulazione dell'originaria imputazione, in caso di circostanza aggravante o di modifica dell'imputazione evita di precludere al pubblico ministero la possibilità di richiedere un accertamento completo del fatto-reato, in sede di giudizio. E ciò perché gli elementi modificativi o integrativi del fatto quali le circostanze aggravanti non potrebbero mai formare oggetto di autonomo giudizio penale […] . In ossequio al principio ex art. 112 Cost. di obbligatorietà dell'azione penale, le disposizioni processuali non fanno riferimento ad alcuna preclusione temporale correlata alla preesistenza rispetto all'apertura del dibattimento degli elementi di fatto che portano alla modifica dell'imputazione ex art. 516 c.p.p. poiché le nuove contestazioni possono avvenire sino all'istruzione dibattimentale. A conclusione della disamina fin qui prospettata, il pubblico ministero ex art. 517 c.p.p. nella vicenda che qui ci occupa, era pienamente legittimato alla contestazione suppletiva della circostanza aggravante ex art. 625, n. 7, c.p I Supremi Giudici quindi qualificano l'impugnazione del pubblico ministero quale ricorso per saltum e ritenuta la sussistente nullità denunciata con l'impugnazione del Procuratore della Repubblica ricorrente, poiché in violazione delle norme di legge sopra richiamate il giudice del dibattimento ha precluso al pubblico ministero il potere-dovere di esercitare e proseguire l'azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato e qualificato, il Tribunale è incorso in una nullità assoluta di ordine generale ex artt. 178 e 179 c.p.p. , che attiene alla formulazione della imputazione e all'esercizio dell'azione penale . Il Collegio, quindi, annulla la sentenza impugnata senza rinvio.

Presidente Piccialli – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Siracusa ha dichiarato non doversi procedere ai sensi dell' art. 129 c.p.p. nei confronti di C.A. perché l'azione non deve essere più proseguita per mancanza di querela in relazione al delitto contestato di cui all'art. 624 e art. 625, n. 2, perché al fine di procurarsi un profitto si impossessava di Kwh 35075 di energia elettrica sottraendola all'Enel, mediante allaccio diretto alla rete nello specifico collegandosi con due conduttori da 6mm circa cadauno direttamente alla presa di alimentazione Enel in modo da alterare la registrazione dei consumi di energia elettrica alimentando l'immobile sito in omissis . Con l'aggravante del mezzo fraudolento. In omissis . Il Tribunale all'udienza del 6.04.2023 aveva rilevato la tardività della contestazione in udienza da parte del PM della circostanzà aggravante di cui all' art. 625 c.p. , n. 7, in quanto era decorso infruttuosarnente il termine di novanta giorni per la proposizione della querela così come previsto dal D.L. 150 del 2022, art. 85, da parte dell'Enel che aveva presentato una mera denuncia.Il Tribunale aveva ritenuto tardiva la richiesta di contestazione suppletiva in quanto l'azione era divenuta improcedibile e che la causa di improcedibilità osta a qualsiasi indagine in fatto ed esaurisce il potere di esercitare l'azione penale in questa sede. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Siracusa per violazione di legge. Deduce in particolare che erratamente il Tribunale aveva fissato un termine di decadenza per il PM ai fini della contestazione di cui all' art. 517 c.p.p. . Evidenzia che nel caso di specie l'esercizio dell'azione penale e l'apertura del dibattimento si erano verificate sotto un diverso regime di procedibilità del reato in contestazione il rapporto era validamente costituito e il Pubblico ministero mediante l'esercizio di un potere che non prevede alcuna delibazione da parte del giudice poteva pertanto effettuare una contestazione suppletiva fino alla chiusura dell'istruttoria dibattimentale. Tra l'altro nel caso di specie il fatto materiale era già completamente descritto nel capo di imputazione e nessuna prerogativa della difesa viene ad essere lesa. 3. Il Pocuratore Generale in sede ha presentato requisitoria scritta hiedendo dichiararsi non doversi procedere per mancanza della querela. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1.1. Trattasi di ricorso per saltum. Sez. U, n. 3512 del 28/10/2021 Ud. dep. 31/01/2022 Rv. 282473 01 ha affermato il seguente principio che la sentenza di proscioglimento, pronunciata nella udienza pubblica dopo la costituzione delle parti, non è riconducibile al modello di cui all' art. 469 c.p.p. ed è appellabile nei limiti indicati dalla legge. In motivazione, la Corte ha precisato che la sentenza predibattimentale è esclusivamente quella pronunciata fino al compimento delle formalità previste dall' art. 484 c.p.p. , nell'ambito dell'udienza camerale appositamente fissata . 1.2. Il Collegio ritiene che la pronuncia impugnata viola la legge secondo quanto prospettato nel ricorso del Pubblico ministero con riferimento all'esercizio del dell'azione penale in specie al potere dovere della contestazione suppletiva. Va ribadito che in tema di nuove contestazioni in dibattimento, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull'ammissibilità della contestazione del fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio o del reato concorrente o della circostanza aggravante non menzionati in tale decreto, proposta dal pubblico ministero ai sensi degli artt. 516 e 517 c.p.p. , dovendo invece provvedere sul capo d'imputazione come modificato, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell'imputato cfr. Sez. 2 n. 9039 del 17/01/2023. Tale affermazione si inserisce in un costante orientamento già ribadito da precedenti pronunce Sez. 6, n. 37577 del 15/10/2010, Rv. 248539 01 in motivazione secondo cui l' art. 516 c.p.p. , e segg., inseriti sotto la rubrica Nuove contestazioni , disciplinano l'esercizio dell'azione penale nel corso del dibattimento, mirando a salvaguardare il principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza. Il pubblico ministero interviene sull'imputazione enunciata nell'atto che instaura il giudizio, per adeguarla a quanto emerge dalle prove raccolte, in modo che il dibattimento possa proseguire e la decisione conformarsi alla fattispecie concreta corretta e/o ampliata. Effettuare una nuova contestazione è un potere esclusivo del pubblico ministero, inerente all'esercizio dell'azione penale, la cui obbligatorietà è prescritta dall' art. 112 Cost. . Inoltre, nell'ipotesi ricorrente art. 517 c.p.p. , non è richiesto nè il consenso dell'imputato nè l'autorizzazione del giudice. Pertanto, la decisione del giudice del dibattimento che, arrogandosi un potere che nessuna norma gli riconosce, nega al pubblico ministero il compimento di un atto imperativo, insindacabile e obbligatorio qual è la contestazione della circostanza aggravante rilevando la tardività è illegittimo. Nello stesso senso si era già affermato che avvenuta, infatti, la contestazione del reato connesso da parte del pubblico ministero, il giudice che procede ha l'obbligo di provvedere in ordine al nuovo capo di imputazione, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell'imputato, ovvero dichiarando la propria incompetenza perché il fatto appartiene a quella di un giudice superiore. E ove il giudicante ometta di decidere nel senso su riferito, la sentenza da lui resa potrà essere utilmente impugnata in quanto non si è pronunciata su di un capo di imputazione. Anzi, è proprio questo l'unico rimedio a disposizione del rappresentante della pubblica accusa avverso il rifiuto del giudicante a provvedere sulla contestazione effettuata ai sensi dell' art. 517 c.p.p. , dal momento che la possibilità di procedere autonomamente da taluni prospettata è data per il reato connesso, ma non per la circostanza aggravante Sez. 2, n. 5180 del 5.11.1999 in motivazione . A conferma di tale principio è sufficiente osservare che l'art. 517 stabilisce esclusivamente che il pubblico ministero contesta all'imputato il reato connesso o la circostanza aggravante emersa dagli atti del dibattimento, senza prevedere alcun potere di intervento per l'organo giudicante, come fa invece l' art. 518 c.p.p. con riferimento alla contestazione di un fatto nuovo, stabilendo che il presidente del collegio può autorizzarlà'. Emerge pertanto evidente come dalla ricognizione delle norme di riferimento in presenza di una circostanza aggravante al giudice che procede è preclusa qualsiasi attività discrezionale posto che l'unico titolare dell'azione penale, il pubblico ministero, può procedere alla modifica dell'imputazione. 1.3. Ulteriore argomento si trae dalla lettura della motivazione della sentenza della Corte costituzionale del 9 luglio 2015 n. 139 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' art. 517 c.p.p. , nella parte in cui, nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione, e che ha precisato che la contestazione tardiva di circostanze aggravanti, è idonea a determinare un significativo mutamento del quadro processuale , potendo incidere in modo rilevante sull'entità della sanzione tanto più quando si tratti di circostanze ad effetto speciale e talvolta sullo stesso regime di procedibilità del reato. La Corte ha osservato, inoltre, che l'imputato che si veda contestare in dibattimento una circostanza aggravante già risultante dagli atti di indagine si trova in situazione non dissimile da quella del destinatario della contestazione tardiva di un fatto diverso sicché, una volta divenuta ammissibile la richiesta di patteggiamento nel caso di modificazione dell'imputazione a norma dell' art. 516 c.p.p. , la preclusione di essa nel caso di contestazione di una nuova circostanza aggravante, ai sensi dell' art. 517 c.p.p. , risulta foriera di ingiustificate disparità di trattamento al pari della richiesta di giudizio abbreviato. 1.4.Nel caso in esame il pubblico ministero in dibattimento aveva richiesto la modifica dell'imputazione e la contestazione dell'aggravante del 625 c.p., n. 7, da cui derivava in astratto la procedibilità di ufficio del reato contestato ed il Tribunale ha illegittimamente negato l'esercizio di tale potere-dovere e ha rilevato la tardività sul presupposto errato che erano decorsi i termini per proporre la querela da parte della persona offesa e ha deciso sulla base della originaria imputazione rilevando la improcedibilità ex art. 129 c.p.p. . Vanno qui ribaditi, quanto alla rilevata tardività della contestazione suppletiva, i principi affermati da Sez. Unite n. 4 del 28/10/1998 Ud. dep. 11/03/1999 Rv. 212757, secondo cui la direttiva n. 78, di cui all'art. 2 delle legge delega per il vigente codice di rito L. 16 febbraio 1987 n. 81 , prevedendo appunto il potere del pubblico ministero di procedere nel dibattimento alla modifica dell'irriputazione non pone specifici limiti temporali all'esercizio di detto potere nell'ambito di tale fase processuale, nè consente di fare distinzioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione suppletiva trae causa. E ciò è stato previsto dalla direttiva in esame, e poi introdotto nel codice di rito, perché la modifica dell'imputazione o la contestazione di una circostanza aggravante, come pure di un reato concorrente, non possono che considerarsi come eventualità fisiologiche in un sistema processuale che si ispira al rito accusatorio incentrato nel dibattimento, ma che non consente, come più volte ricordato dalla Corte Costituzionale, dispersione degli elementi utili per un giusto processo . Ora, è vero che la tendenziale parità delle parti, cui si ispira la logica del sistema accusatorio nell'esaltare il principio del contraddittorio richiede che il pubblico ministero formuli l'imputazione in base agli elementi d'accusa già acquisiti nelle indagini preliminari artt. 405-407 c.p.p. e che, a sua volta, l'imputato, posto a conoscenza degli elementi di accusa, possa sin dall'inizio del dibattimento contrastarli efficacemente. Ma ciò non può comportare, come ineluttabile conseguenza, che, se il pubblico ministero, per inerzia o errore, abbia omesso in parte la contestazioneòdi elementi di accusa già acquisiti, non possa provvedervi poi nel dibattimento, e sin dal suo inizio, apportando le necessarie modifiche all'imputazione. Senza contare, infine, che mediante la contestazione suppletiva all'inizio del dibattimento e sulla base di elementi non considerati nella formulazione dell'originaria imputazione, in caso di circostanza aggravante o di modifica dell'imputazione evita di precludere al pubblico ministero la possibilità di richiedere un accertamento completo del fatto reato, in sede di giudizio. E ciò perché gli elementi modificativi od integrativi del fatto quali le circostanze aggravanti non potrebbero mai formare oggetto di autonomo giudizio penale, diversamente da quanto sostenuto erratamente nella sentenza impugnata. Si darebbe luogo altrimenti ad una contrazione dell'ambito di esercizio dell'azione penale, con ciò contravvenendosi al disposto dell' art. 112 Cost. Degli elementi a base di detta contestazione è comunque garantita la tempestiva conoscenza alla difesa, ai sensi dell' art. 430 comma 2, art. 431, art. 433 comma 2, art. 466 c.p.p. Ed ancora, proprio a garanzia del diritto di difesa, l' art. 519 c.p.p. dà facoltà all'imputato, nei cui confronti ò il pubblico ministero abbia proceduto a contestazione suppletiva salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva , di chiedere al giudice un termine per poter contrastare l'accusa perché in parte integrata o modificata. La norma in esame, peraltro, aggiunge che il tempo concesso dal giudice non può essere inferiore al termine per comparire previsto dall'art. 429 art. 519, comma 2 , cioè non inferiore a venti giorni . 1.5. In riferimento al momento processuale in cui il potere di precisazione della contestazione, immediatamente derivante dal principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale di cui all' art. 112 Cost. , deve essere esercitato, le direttrici ermeneutiche declinate dalla giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione Sez. U, n. 4 del 28/10/1998 dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212757 , non assegnano alcuna preclusione correlata alla preesistenza, rispetto all'apertura del dibattimento, degli elementi di fatto che portano alla modifica dell'imputazione di cui all' art. 516 c.p.p. e alla contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all' art. 517 c.p.p. , poiché le nuove contestazioni possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Di guisa che il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni va riconosciuto al Pubblico ministero senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l'imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l'oblazione ex multis Sez. 6, n. 18749 del 11/04/2014, Rv. 262614, Sez.6 n. 44980 del 22.09.2009 Rv. 245284 . 1.6. Sullo specifico tema il Collegio condivide le pronuncia già decisa dalla Sez. feriale n. 43255 del 22.09.2023 con cui si è affermato il seguente principio in caso di giudizio per il reato di furto aggravato ex art. 625 c.p. , comma 1, n. 2, pur essendo decorso il termine previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 85, comma I, senza che la persona offesa abbia presentato querela, in difetto di sopravvenienze dibattimentali all'uopo rilevanti, il P.M. di udienza, prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, può modificare l'imputazione, procedendo alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante ulteriore che renda in astratto il reato procedibile di ufficio nella specie, quella di cui all' art. 625 c.p. , comma 1 , n. 7, per essere stato il fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio sul presupposto che il P.M. non ha la mera facoltà, bensì il potere-dovere di esercitare e proseguire l'azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato, e non ostando, in ipotesi, alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante e l'assenza di sopravvenienze dibattimentali all'uopo rilevanti . 1.7. Va in conclusione affermato che il PM, ai sensi dell' art. 517 c.p.p. , era pienamente legittimato ad effettuare la contestazione suppletiva della circostanza aggravante in questione,625 n. 7 c.p., a seguito della quale il reato oggetto di contestazione non era più in astratto procedibile a querela di parte ma d'ufficio e il Tribunale doveva decidere sulla regiudicanda come risultante dal legittimo esercizio da parte del Pubblico Ministero del potere dovere di formulare la imputazione. 1.8. Ne consegue che, qualificata l'impugnazione del pubblico ministero quale ricorso per saltum e ritenuta sussistente la nullità denunciata con l'impugnazione del Procuratore della Repubblica ricorrente, poiché in violazione delle norme di legge sopra richiamate il giudice del dibattimento ha precluso al Pubblico ministero il potere-dovere di esercitare e proseguire l'azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato e qualificato, il Tribunale è incorso in una nullità assoluta di ordine generale ex artt. 178 e 179 c.p.p. , che attiene alla formulazione della imputazione e all'esercizio dell'azione penale nel caso di specie ricorre il caso di cui all'art. 569 comma 4 prima parte in relazione al 604 c.p.p., comma 4 e l'annullamento va disposto senza rinvio al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Siracusa per l'ulteriore corso.