A casa il professore condannato per associazione mafiosa

Inutili le obiezioni proposte dal docente per contestare il drastico provvedimento adottato dall’istituzione scolastica. Per i Giudici è logico, nella vicenda presa in esame, il venir meno del vincolo fiduciario e così dell’affidamento del datore di lavoro in ordine all’esatto adempimento delle prestazioni future del dipendente.

Fuori dalla scuola il professore condannato in via definitiva per associazione mafiosa. Legittima la sanzione disciplinare della destituzione , adottata proprio a seguito della chiusura del procedimento penale a carico del docente. Riflettori puntati, grazie prima al lavoro investigativo delle forze dell'ordine e poi ai provvedimenti dei giudici, sulla presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia. A essere coinvolto è anche un docente che insegna in Lombardia. A seguito della condanna definitiva del professore a dieci anni e quattro mesi di reclusione per associazione mafiosa , arriva il provvedimento dell'istituzione scolastica, ovviamente condiviso dal Ministero dell'Istruzione, ossia la sanzione disciplinare della destituzione . In parole povere, il docente deve dire addio al proprio lavoro a scuola. Questo licenziamento è ritenuto legittimo dai giudici di merito, i quali sottolineano la gravità della violazione commessa dal professore condannato degli obblighi imposti al personale docente . In questa ottica viene in particolare rilevato che la condanna del docente per associazione di tipo mafioso, con pena accessoria dell'interdizione legale dai pubblici uffici , ha comportato un rilevante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola-famiglia e pesante discredito dell'amministrazione scolastica , così da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento , a fronte del venir meno dell' affidamento del datore di lavoro sull'esatto adempimento delle prestazioni future del dipendente, tenuto anche conto della reiterazione degli illeciti . Con il ricorso in Cassazione, però, il legale del docente mette in dubbio adeguatezza e proporzionalità della sanzione della destituzione , anche tenendo conto, sottolinea, del disconoscimento del diritto alla salvaguardia del posto di lavoro . Questa obiezione non convince i Giudici di terzo grado, i quali confermano difatti la legittimità del drastico provvedimento adottato dall'istituzione scolastica. È infatti condivisa dai magistrati di Cassazione la valutazione compiuta dai giudici dell'Appello in ordine al venir meno del vincolo fiduciario e così dell'affidamento del soggetto datore di lavoro in ordine all'esatto adempimento delle prestazioni future del dipendente . Fondamentale, in questa ottica, il riferimento a parametri significativi quali la reiterazione delle condotte, l'esser le stesse condotte gravemente contrarie al dovere di adempiere le funzioni pubbliche affidate con disciplina ed onore, e, infine, la stessa entità della pena irrogata con contestuale applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, interdizione che è perpetua se la condanna alla reclusione viene disposta, come in questo caso, per un tempo non inferiore ai cinque anni . Giusto, quindi, il licenziamento del docente, una volta accertate in modo definitivo le condotte penalmente rilevanti da lui tenute.

Presidente Manna – Relatore De Marinis Fatti di causa Con sentenza del 23 maggio 2022 la Corte d'Appello di Milano confermava la decisione resa dal Tribunale di Sondrio e rigettava la domanda proposta da P.E. nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, nonché dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia - Ufficio XIII - Ambito territoriale di […], avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare della destituzione irrogatagli, con provvedimento del omissis , all'esito della riapertura del procedimento disciplinare con atto di contestazione del […], seguita alla condanna penale definitiva, pronunziata in sede di rinvio, per intervenuta cassazione della sentenza resa in grado di appello, che accertava la responsabilità del P. ai sensi dell'art. 416 bis c.p. associazione mafiosa , con irrogazione della pena della reclusione ad anni 10 e mesi 4. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto aver il primo giudice correttamente motivato il giudizio espresso in ordine alla gravità della violazione degli obblighi imposti al personale docente sul rilievo che la condanna per associazione di tipo mafioso con pena accessoria dell'interdizione legale dai pubblici uffici comportava un rilevante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola-famiglia e pesante discredito dell'amministrazione scolastica così da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento ed il venir meno dell'affidamento del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future, tenuto anche conto della reiterazione degli illeciti. Per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l'impugnazione ad un unico motivo, cui resistono, con controricorso, il Ministero dell'Istruzione e del Merito già Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e l'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia - Ufficio XIII - Ambito territoriale di […]. La Procura Generale ha depositato la propria requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso. I controricorrenti hanno poi presentato memoria. Con atto in data 29 giugno 2023 il ricorrente depositava istanza di differimento dell'udienza fissata per il 6 luglio 2023 avendo interesse a depositare la relazione comportamentale annessa al provvedimento estintivo della pena decorrente dall' omissis al fine di attestare la sua fattiva e positiva partecipazione all'opera di rieducazione. Ragioni della decisione Il Collegio ritiene di dover dar corso alla causa, non essendo consentito ai sensi dell' art. 372 c.p.c. , il deposito di documentazione che non attenga alla nullità della sentenza e all'ammissibilità del ricorso o del controricorso. Inoltre, nel giudizio di legittimità non è mai prevista la necessità della presenza personale, neppure in sede penale, del ricorrente. Venendo quindi all'esame del ricorso è a dirsi come con l'unico motivo il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 498, lett. a e art. 496, lamenta a carico della Corte territoriale l'incongruità logica e giuridica del giudizio espresso in ordine all'adeguatezza e proporzionalità della sanzione della destituzione irrogatagli, tenuto anche conto del disconoscimento del diritto alla salvaguardia del posto di lavoro. Il motivo risulta infondato, dovendo ritenersi il giudizio in ordine all'adeguatezza e proporzionalità della sanzione operato dalla Corte territoriale congruamente argomentato, risultando la valutazione in ordine al venir meno del vincolo fiduciario e così dell'affidamento del soggetto datore in ordine all'esatto adempimento delle prestazioni future, fondato su parametri significativi, dati dalla reiterazione delle condotte, dall'esser le stesse gravemente contrarie al dovere di adempiere le funzioni pubbliche affidate con disciplina ed onore e dalla stessa entità della pena irrogata con contestuale applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, che ex art. 29 c.p. , comma 1, è perpetua se la condanna alla reclusione viene disposta - come avvenuto nel caso in esame - per un tempo non inferiore ai 5 anni. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.