Alle Sezioni Unite la legittimità dell’autotutela peggiorativa fra interesse pubblico ed interesse individuale del contribuente

La Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite il tema, oggetto di diversi orientamenti giurisprudenziali, circa la correlazione tra autotutela sostitutiva e accertamento integrativo. Per gli Ermellini, i nodi da sciogliere riguardano il principio dell'unicità dell'accertamento e l’interesse da tutelare fra interesse pubblico ed interesse individuale del contribuente.

La vicenda ha origine da un ricorso respinto dalla CTP di Imperia avente ad oggetto un avviso di accertamento in materia di IRPEF, IVA e contributi previdenziali, emesso in sostituzione di un precedente accertamento annullato dall'Ufficio in autotutela . Nello specifico l'Agenzia delle Entrate ha prima notificato al contribuente un avviso di accertamento per l'anno di imposta 2003, in seguito ha emesso un provvedimento di autotutela, con il quale veniva contestualmente annullato il menzionato avviso di accertamento ed emesso un nuovo avviso di accertamento. Con il nuovo avviso di accertamento , oltre che riproporre la ricostruzione dei ricavi, già effettuata nel precedente accertamento, veniva mutata in aumento la pretesa tributaria, sulla base di movimentazioni bancarie di cui l'ufficio non ha tenuto conto nel precedente avviso. Avverso alla decisione dei giudici di prima istanza, il contribuente propone ricorso in commissione regionale, circa la legittimità dell'accertamento integrativo ai sensi degli art. 43 DPR 600/1973 e 57 DPR 633/1972 . Per i giudici di secondo grado i motivi dell'appello proposto sono da considerarsi infondati in quanto l'ufficio aveva annullato in autotutela l'originario avviso d'accertamento emendando l'errore che lo inficiava senza procedere ad integrare ex post l'avviso. Il contribuente ricorre in Cassazione sulla base di due motivi la violazione degli art. 43, comma 4, DPR n. 600/1973 e art. 57, comma 4, DPR n. 633/1972 recanti il divieto di integrazione dell'accertamento in mancanza di nuovi elementi, anche in relazione all'art. 10 Statuto del contribuente. L' omessa motivazione circa la configurabilità di un accertamento integrativo art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. . La Suprema Corte, alla luce dei diversi orientamenti giurisprudenziali emersi, ritiene che le questioni meritino di essere sottoposte alla valutazione delle Sezioni Unite per la loro rilevanza nomofilattica. In particolare, la Cassazione rimette le seguenti questioni. La prima riguarda i limiti di esercizio del potere di autotutela , ossia quale sia l'interesse da tutelare, alla luce del tenore normativo dell' art. 2, comma 1, decreto 11 febbraio 1997 n. 37 - Min. Finanze, che recita testualmente, L'Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, quali tra l'altro errore di persona evidente errore logico o di calcolo errore sul presupposto dell'imposta doppia imposizione mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione . La Corte si chiede quindi se la norma presupponga l'esistenza di soli vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale e se, di conseguenza, sia diretta alla tutela dell'interesse individuale del contribuente, con esclusione del potere dell'amministrazione finanziaria di adottare provvedimenti di annullamento in malam partem ”, o sia finalizzata alla tutela dell'interesse pubblico relativamente alla corretta riscossione dei tributi con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi, ovvero del giudicato. La seconda questione concerne il rapporto tra il potere di autotutela , il principio dell'unicità dell'accertamento e l'accertamento integrativo . Nello specifico la Suprema Corte pone il tema se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, giustificata dal principio di perennità della potestà amministrativa” e correlato alla sussistenza di vizi sostanziali e non solo formali , costituisca un'ulteriore deroga al principio dell'unicità dell'accertamento, tenuto conto degli artt. 43 , comma 3, DPR n. 600/1973 e art. 57, comma 4, DPR n. 633/1972 , che disciplinano l'istituto dell'accertamento integrativo, in relazione alla diversità strutturale e funzionale del potere di autotutela rispetto al potere di accertamento integrativo.

Presidente Bruschetta Ritenuto che 1. La Commissione tributaria provinciale di Imperia aveva respinto il ricorso presentato da B.A. avente ad oggetto l'avviso di accertamento n. Omissis , relativo all'anno di imposta 2003, in materia di Irpef, Iva e contributi previdenziali, emesso in sostituzione dell'avviso di accertamento n. Omissis , fondato su accertamenti bancari ed annullato dall'Ufficio in autotutela con atto comunicato al contribuente il 14 febbraio 2011. 2. La Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello, ritenendo che il motivo di appello con il quale era stata censurata l'illegittimità dell'accertamento integrativo, era infondato, in quanto l'ufficio aveva annullato in autotutela l'originario avviso d'accertamento emendando l'errore che lo inficiava senza procedere ad integrare ex post l'avviso. 3. I giudici di secondo grado, inoltre, hanno evidenziato che l'effettivo rilievo penale della vicenda, documentalmente attestata dal deposito della denuncia sporta dagli ufficiali verbalizzanti, giustificava il raddoppio dei termini previsti dall' art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/73 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633/72, anche in ragione del comportamento fiscale imputabile al ricorrente astrattamente contrario ai principi che governavano il rapporto con l'amministrazione finanziaria e che, trattandosi di accertamento analitico-induttivo, in mancanza di prova, gravante sul contribuente, non erano deducibili i costi in nero, non potendosi applicare la presunzione a mente della quale i maggiori ricavi occulti comportavano necessariamente maggiori costi occulti. 4. B.A. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi. 5. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Considerato che 1. Il primo mezzo deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 43, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972 recanti il divieto di integrazione dell'accertamento in mancanza di nuovi elementi, anche in relazione all'art. 10 Statuto del contribuente. La sentenza di appello era errata perché aveva escluso che l'accertamento impugnato il secondo accertamento fosse riconducibile ad un accertamento che, quanto meno limitatamene al maggior imponibile rispetto al primo, era un accertamento integrativo spiccato in assenza dei presupposti di legge. Nel caso di specie, l'Ufficio risultava perfettamente a conoscenza, al momento dell'emissione del primo atto impositivo, degli elementi inseriti nel nuovo accertamento, in questa sede impugnato - tant'e' che non veniva fatta la minima menzione in quest'ultimo di eventuali nuovi elementi sopravvenuti - solamente che aveva ritenuto di non riconoscere più le giustificazioni in precedenza addotte dal contribuente. Con il secondo accertamento, l'Agenzia aveva integrato l'imponibile, includendo in esso la quota parte del prelievo del 21 luglio 2003 per la maggior somma di Euro 507.000,00 movimento indicato a pag. 7 del secondo accertamento che non aveva fatto parte del primo accertamento se non nei limiti di Euro 84.023,47 perché l'esponente aveva fornito giustificazioni per la differenza pag. 9 del secondo accertamento in totale la SV non è stata in grado di giustificare movimenti bancari relativi ad accrediti per Euro 110.150,00, e addebiti per Euro 507.251,47, per un totale di Euro 617.401,47 e, tuttavia, ciò era compiuto senza che fosse intervenuto un fatto nuovo successivo al primo accertamento. 2. Il secondo mezzo deduce, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, l'omessa motivazione circa la configurabilità di un accertamento integrativo. Il ricorrente aveva affermato la nullità dell'accertamento impugnato perché integrava la pretesa recata dall'accertamento base ricorrendo, però, a dati ed elementi già conosciuti al momento della notificazione del primo accertamento, ma la sentenza di appello aveva affermato, sul punto, che l'Ufficio non aveva proceduto a integrare ex post l'avviso, ma aveva solo corretto un errore. 3. Il Collegio ritiene che le questioni sottese all'esame dei motivi formulati meritino di essere sottoposte alla valutazione delle Sezioni Unite per la loro rilevanza nomofilattica, alla luce dei diversi orientamenti emersi sulle seguenti questioni 1 se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, in ragione del tenore letterale dell' art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 , presupponga l'esistenza di soli vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale e, di conseguenza, se sia diretto alla tutela dell'interesse individuale del contribuente, con esclusione del potere dell'amministrazione finanziaria di adottare provvedimenti di annullamento in malam partem, o sia finalizzato alla tutela dell'interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi e del giudicato 2 se l'esercizio del potere di autotutela tributaria correlato alla sussistenza di vizi sostanziali e non solo formali sia riconducibile ad un accertamento che, quanto meno limitatamene al maggior imponibile accertato, costituisca un accertamento integrativo e configuri un'ulteriore deroga non specificamente normata alla luce del tenore letterale dell' art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 al principio dell'unicità dell'accertamento, tenuto conto anche della diversità strutturale e funzionale del potere di autotutela rispetto al potere di accertamento integrativo. 4. Deve premettersi, innanzi tutto, che, nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente un primo avviso di accertamento n. Omissis , per l'anno di imposta 2003, in data 11 dicembre 2009, avverso il quale B.A. aveva proposto ricorso in data 9 febbraio 2010 davanti la Commissione tributaria provinciale di Imperia successivamente, l'Agenzia delle Entrate aveva emesso un provvedimento di autotutela il n. 4177 del 18 gennaio 2011 , con il quale veniva contestualmente annullato l'avviso di accertamento n. Omissis dell'11 febbraio 2009 ed emesso un nuovo avviso di accertamento, n. Omissis oggetto del presente giudizio , notificato in data 14 febbraio 2011. Con il nuovo avviso di accertamento, oltre che riproporre la ricostruzione dei ricavi, già effettuata nel precedente accertamento sulla base del processo verbale di constatazione del 28 novembre 2008, veniva mutata in aumento la pretesa tributaria, in quanto non veniva più ritenuto giustificato il prelievo eseguito dal contribuente il 21 luglio 2013, dal conto Sella n. 112190439, per complessivi Euro 552.251,47 nel primo accertamento ritenuto giustificato ad accezione che per la quota parte di Euro 84.023,47, con la conseguente determinazione del maggior reddito d'impresa individuale per Euro 194.173,47 . Con il secondo avviso di accertamento, invece, ritenute infondate le giustificazioni fornite dall'esponente, fino alla quota parte di Euro 507.251,47, veniva recuperato un maggior imponibile pari a Euro 617.401,47. 5. Tanto premesso in punto di ricostruzione fattuale, sotto il profilo normativo, è noto che l'istituto dell'autotutela è stato introdotto nel diritto tributario, in origine, dall' art. 68 del D.P.R. n. 27 marzo 1992, n. 287 poi abrogato, a partire dal 25 aprile 2001, dall'art. 23 del D.P.R . n. 26 marzo 2001, n. 107 e poi disciplinato dall'art. 2 quater del decreto L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 , ed infine, in attuazione di quest'ultima disposizione, codificato dal relativo Regolamento procedurale approvato con Decreto del Ministero delle Finanze 11 febbraio 1997, n. 37 . Rileva, anche, l' art. 13 della L. 27 luglio 2000, n. 212 , che, al comma 6, prevede che il Garante del contribuente, attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente 5.1 In particolare, l'art. 2 quater, comma 1, del decreto L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 dispone Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell'Amministrazione finanziaria competenti per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'amministrazione. 5.2 L'art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 prevede che Il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento spetta all'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'ufficio ovvero in via sostitutiva, in caso di grave inerzia, alla Direzione regionale o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende e l'art. 2, comma 1, prevede che 1. L'Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, quali tra l'altro a errore di persona b evidente errore logico o di calcolo c errore sul presupposto dell'imposta d doppia imposizione e mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti f mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza g sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati h errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione al comma 2 che Non si procede all'annullamento d'ufficio, o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione finanziaria. 5.3 Dalle norme richiamate deriva, dunque, che il procedimento di autotutela in ambito fiscale può essere attivato dall'ufficio, di propria iniziativa dal contribuente, mediante presentazione di istanza motivata all'Amministrazione finanziaria dal Garante del contribuente, autonomamente o su sollecitazione del contribuente e che competente all'annullamento dell'atto illegittimo è lo stesso ufficio che lo ha emanato, cui spetta di provvedere, ovvero, nel caso di sua grave inerzia senza giustificato motivo, la Direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate da cui l'ufficio dipende, in via sostitutiva art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 l'Amministrazione finanziaria, a norma dell'art. 2 del Regolamento può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, nelle ipotesi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, la cui tipologia è individuata, in modo non tassativo, dallo stesso art. 2, comma 1, del D.M. n. 37 del 1997 . 6. Tanto premesso, la norma di cui all'art. 2-quater del decreto L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 , è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che Il potere di autotutela dell'Amministrazione ha carattere generale e, pertanto, può essere legittimamente esercitato sino al momento in cui non si sia formato il giudicato sull'atto oggetto dello stesso ovvero, al contempo, sino a che non sia decorso il termine di decadenza, fissato dalle singole leggi di imposta, per l'emissione del nuovo avviso di accertamento Cass., 2 febbraio 2022, nn. 3267 , 3268 Cass., 7 dicembre 2021, n. 38744 Cass., 30 giugno 2021, n. 18446 Cass., 30 giugno 2021, n. 18388 Cass., 23 giugno 2021, n. 17924 Cass., 16 giugno 2021, n. 16996 Cass., 28 ottobre 2019, n. 27481 Cass., 20 marzo 2019, n. 7751 Cass., 21 marzo 2018, n. 7033 Cass., 31 maggio 2017, n. 24994 Cass., 7 aprile 2009, n. 8379 e che, ove non si sia formato il giudicato all'atto della notificazione del nuovo atto impositivo e non vi sia stata decadenza dal potere di accertamento, l'esercizio del potere di autotutela è non solo legittimo, ma corrisponde a un preciso potere-dovere dell'Amministrazione finanziaria, la quale è onerata, in virtù del c.d. principio di perennità, a sostituire l'atto annullato con un nuovo atto, ancorché di contenuto identico a quello annullato, privo dei vizi originari dello stesso Cass., 18 maggio 2021, n. 13407 Cass., 30 settembre 2020, n. 20705 Cass., 6 luglio 2020, n. 13807 Cass., 9 giugno 2020, n. 10981 Cass., 18 febbraio 2020, n. 4153 Cass., 20 marzo 2019, n. 7751 . 6.1 La Corte di Cassazione ha, pure, specificato che, in virtù del richiamato principio di perennità, il potere della Pubblica Amministrazione sopravvive al suo esercizio e può essere nuovamente attuato, anche in relazione stessa fattispecie e, persino, in senso opposto alla precedente manifestazione del potere stesso, con la conseguenza che l'esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, ancorché l'atto originario venga rimosso con effetti ex tunc, rinnovando doverosamente l'amministrazione un proprio atto viziato con l'emanazione di un altro, corretto dai vizi del precedente e sostitutivo del medesimo Cass., 21 settembre 2022, n. 27706 , in motivazione, che richiama anche Cass., 2 febbraio 2022, nn. 3267 e 3268 , citate Cass., 23 ottobre 2021, n. 27091 Cass., 11 maggio 2018, n. 11510 Cass., 8 luglio 2015, n. 14219 . 6.2 Ancora i giudici di legittimità hanno affermato che l'autotutela sostitutiva, che può essere esercitata anche in pendenza di giudizio, perché l'emissione del primo atto non consuma il potere di imposizione, può essere esercitato anche per rimuovere vizi sostanziali e non meramente formali del provvedimento Cass., 1 marzo 2022, n. 6621 Cass., 6 luglio 2020, n. 13807 e, su tale premessa, hanno ritenuto legittimo l'esercizio della cd. autotutela in malam partem In materia tributaria, il potere di autotutela è funzionale al soddisfacimento dell'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l'annullamento, in tale sede, di un atto favorevole al contribuente, non essendone preclusa l'adozione dal D.M. n. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1 recando quest'ultimo un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui l'amministrazione finanziaria può procedere all'annullamento in autotutela cfr. Cass., 19 marzo 2014, n. 6398 . 6.3 Sulla stessa scia questa Corte, dopo avere affermato che In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest'ultimo, ma costituisce esercizio dell'ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l'emanazione dell'atto annullato, nonché del generale potere di autotutela, in ordine alla quale, peraltro, l'Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità, trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all'invalidità dell'atto precedente ha, altresì, precisato che la sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dall' art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600 , ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell'Ufficio e di non condividere l'assunto difensivo della controricorrente secondo cui l'atto emesso in autotutela non potrebbe essere emanato in peius rispetto al contribuente, dando continuità al principio secondo cui in materia tributaria, il potere di autotutela è funzionale al soddisfacimento dell'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l'annullamento, in tale sede, di un atto favorevole al contribuente, non essendone preclusa l'adozione dall' art. 1 del D.M. n. 11 febbraio 1997, n. 37 , recando quest'ultimo un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui l'amministrazione finanziaria può procedere all'annullamento in autotutela Cass., 27 febbraio 2015, n. 4029 , che richiama anche Cass., 28 febbraio 2013, n. 22827 Cass., 19 marzo 2002, n. 3951 Cass., 22 febbraio 2002, n. 2531 . 6.4 Nel senso della possibilità che l'amministrazione finanziaria sia dotata del potere di adottare in autotutela provvedimenti di annullamento di precedenti atti incidenti in malam partem, questa Corte ha rilevato che proprio l' art. 2-quater, comma 1, del D.L. n. 564/1994 , conv. nella l. n. 656/94 , legittima tale possibilità riferendosi semplicemente all'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca degli atti illegittimi o infondati, senza dunque operare alcuna distinzione fra atti in bonam partem o in malam partem ai fini del riconoscimento del potere di annullamento e revoca e che l' art. 1 del il D.M. n. attuativo n. 37/1997 , che contiene un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui può procedersi alle ipotesi di annullamento in autotutela, ha inteso regolare le sole ipotesi di annullamento che avrebbero potuto ridondare favorevolmente sul contribuente - tanto da essere disposte senza istanza di parte - senza tuttavia prendere in alcuna considerazione le ulteriori ipotesi di annullamento modificativo di precedenti statuizioni che l'art. 2 quater cit. non esclude in alcun modo dal suo ambito operativo, concludendo, dunque, che Deve quindi riconoscersi all'amministrazione fiscale il potere di adottare atti modificativi di precedenti statuizioni favorevoli al contribuente, proprio perché il potere di autotutela in ambito fiscale va riguardato in un'ottica protesa a salvaguardare il soddisfacimento dell'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate. Se, dunque, non pare potersi revocare in dubbio che a monte dell'azione amministrativa tributaria vi è l'esigenza di incamerare i mezzi finanziari nell'ambito delle prerogative e nei limiti stabiliti dalla legge, analoga esigenza non può che governare anche l'esercizio dei poteri di autotutela, nell'ambito dei quali potrà peraltro essere pienamente realizzato anche l'interesse del contribuente a non subire una tassazione superiore a quella prevista dalla legge e determinata secondo le norme che regolano l'accertamento tributario Cass., 19 marzo 2014, n. 6398 , in motivazione . 6.5 Ancora, queta Corte ha affermato che Nel processo tributario, il sindacato sull'atto di diniego dell'Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l'esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017 , si basa su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente Cass., 24 agosto 2018, n. 21146 . 6.6 E' stato, inoltre, precisato che L'esercizio del potere di autotutela non costituisce un mezzo di tutela del contribuente e nel giudizio instaurato contro il rifiuto di esercizio dell'autotutela può esercitarsi un sindacato soltanto sulla legittimità del rifiuto, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale alla rimozione dell'atto che giustifichino l'esercizio di tale potere e non sulla fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un'indebita sostituzione del giudice nell'attività amministrativa od un'inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo, né l'impugnazione del diniego di provvedere in autotutela può ridondare direttamente i suoi effetti sull'atto cui si riferisce, oramai definitivo Cass., 14 dicembre 2016, n. 25705 e che In tema di accertamento tributario, l'esercizio del potere di autotutela non presuppone necessariamente che l'atto ritirato sia affetto da vizi di forma, avendo l'Amministrazione, in virtù ed in forza dell'imperatività che ne connota l'agire, il potere di sostituire un precedente atto impositivo illegittimo con innovazioni che possono investirne tutti gli elementi strutturali, costituiti dai destinatari, dall'oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento Cass., 23 febbraio 2010, n. 4272 7 . Ciò posto, come è stato osservato da autorevole dottrina, se da un lato le specifiche caratteristiche che connotano l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva riconducono ad un potere di intervento dell'Ente impositore ampio e generale, giustificato, come è stato affermato, dal principio di perennità della potestà amministrativa, dall'altro lato, tuttavia, si pone sia un problema di coordinamento dell'istituto dell'autotutela sostitutiva con il principio tendenziale dell'unicità dell'accertamento, che dovrebbe deporre per l'esercizio di tale potere solo per la rimozione di vizi formali, sia l'esigenza di raccordare le norme dettate in tema di autotutela tributaria con le previsioni contenute negli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, che condizionano il potere erariale di integrare gli atti impositivi alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, istituto, quello dell'accertamento integrativo, che, espressamente disciplinato dal legislatore, costituisce una deroga al principio dell'unicità dell'accertamento più specificamente, a parere della dottrina richiamata, il principio di tutela dell'affidamento del contribuente non può essere pregiudicato dalla possibilità per l'Ufficio di esercitare il potere di autotutela al fine di correggere errori commessi in precedenza, non formali e modificativi in senso sostanziale del precedente atto, ove il nuovo atto emesso dall'Ufficio, proceda alla richiesta di una maggiore pretesa, basata sul medesimo corredo istruttorio ed sul medesimo presupposto di fatto, perché così facendo si introdurrebbe un'ulteriore deroga, non prevista dalla legge, al principio dell'unicità dell'accertamento. Non solo, è stato pure precisato che estendere il perimetro dell'esercizio dell'autotutela sostitutiva anche ai vizi sostanziali dell'atto, oltre a rendere evanescente la linea di confine tra tale potere e quello di accertamento integrativo ex artt. 43, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972 , comporta pure la modifica in peius della pretesa tributaria per il contribuente esclusivamente in virtù del richiamato principio di perennità della potestà amministrativa, giustificato dall'esigenza di una continua e puntuale aderenza dell'azione amministrativa all'interesse pubblico che si rileva dovrebbe essere informato, altresì al principio di buona amministrazione, in un'ottica di bilanciamento tra i contrapposti interessi in gioco da un lato quello del contribuente a vedere determinata la pretesa fiscale in un unico atto, senza rischiare di essere esposto ad una rettifica della precedente pretesa, magari proprio in conseguenza della difesa da lui espletata durante il contenzioso, dall'altro quello dell'Erario ad effettuare integrazioni e rettifiche in caso di errori, commessi durante la redazione dell'atto. In ultimo, è stato sottolineato che un problema di demarcazione netta dei confini dell'istituto dell'autotutela sostitutiva e di quello dell'accertamento integrativo si pone anche in considerazione del fatto che l'accertamento integrativo ha per presupposto l'avviso di accertamento originariamente adottato che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, che, nella ricorrenza del presupposto della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Ufficio, viene integrato e modificato nell'oggetto e nel contenuto, conservando sia l'accertamento originario, sia l'accertamento integrativo la propria autonomia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. 7.1 In tema di accertamento integrativo, come già questa Corte ha precisato, gli artt. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, consentendo all'Amministrazione di modificare un atto impositivo già emesso soltanto nell'ipotesi di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte sua, costituiscono una deroga al principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti, con la conseguenza che l'accertamento integrativo, a differenza di quello parziale, non può basarsi su atti o fatti acquisiti e già conosciuti dall'ente impositore fin dall'origine ma non contestati, in quanto ciò pregiudicherebbe il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva, a cui presidio si pone il predetto principio generale, ma deve necessariamente fondarsi su nuovi elementi atti a giustificarlo, non essendo ammissibile un accertamento a singhiozzo, senza che di essi debba darsi indicazione in modo specifico a pena di nullità Cass., 1 ottobre 2018, n. 23685 Cass., 4 dicembre 2020, n. 27788 e, più di recente, Cass., 22 aprile 2022, n. 12854 . 7.2 Con specifico riguardo al rapporto tra annullamento in sede di autotutela ed accertamento integrativo, questa Corte ha affermato che l' art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 , nella parte in cui consente modificazioni dell'avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell'ufficio, non opera con riguardo ad un avviso annullato in sede di autotutela, alla cui rinnovazione l'Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo che l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale giudicato formatosi sull'atto nullo Cass., 5 maggio 2023, n. 11849 Cass., 21 settembre 2022, n. 27706 Cass., 20 marzo 2019, n. 7751 . 7.3 E' stato, altresì, precisato che In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest'ultimo, ma costituisce esercizio dell'ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l'emanazione dell'atto annullato, nonché del generale potere di autotutela, in ordine alla quale, peraltro, l'Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità diversamente da quanto accade ordinariamente , trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all'invalidità dell'atto precedente la sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dal D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell'Ufficio Cass., 27 febbraio 2015, n. 4029 Cass., 18 febbraio 2016, n. 3248 Cass. n. 12 marzo 2021, n. 6981 in motivazione . 8. La giurisprudenza sopra richiamata, dunque, si declina in ossequio ai seguenti principi - l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva ha carattere generale ed è diretto alla rimozione dell'atto originario viziato, con effetti ex tunc, e alla sua sostituzione con un altro atto corretto dai vizi del precedente e può essere esercitato, anche nel corso del contenzioso, incontrando due soli limiti 1 il formarsi di un giudicato sull'atto oggetto dell'atto stesso 2 lo spirare del termine di decadenza, fissato dalle singole leggi d'imposta, per l'emissione del nuovo avviso di accertamento - l'autotutela sostitutiva deve rispettare il divieto di doppia imposizione ed il diritto di difesa del contribuente, con la conseguenza che il secondo atto legittimo purché non sia incorso nei termini di decadenza e non sia elusivo del giudicato , deve espressamente annullare il precedente - l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva involge vizi non solamente formali, ma anche sostanziali, ed è correlato all'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, con conseguente legittimità dell'esercizio della cd. autotutela in malam partem - l'esercizio del potere di autotutela, in quanto si giustifica in relazione a ragioni di rilevante interesse generale, si basa su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente - l'avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest'ultimo, ma costituisce esercizio dell'ordinario potere di accertamento, e la sua emissione non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dal D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell'Ufficio. 9. Ora, a fronte di tale orientamento, numerose altre pronunce, oltre la dottrina più autorevole che, sulla premessa che l'istituto dell'autotutela tributaria, in termini di disciplina giuridica, sia stato introdotto prima di quello amministrativo, previsto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241 , e che i due istituti, seppure abbiano un comune denominatore da individuare nelle loro finalità, presentino differenze di carattere sostanziale, non fosse altro per l'eterogeneità della materia in cui l'istituto è destinato ad operare nel diritto tributario hanno, invece, sostenuto che, proprio in ragione del principio della unitarietà dell'avviso di accertamento, non sia possibile sostituire in autotutela un avviso con un altro che rechi una maggiore pretesa impositiva che sia fondato su una diversa valutazione dei medesimi elementi, poiché l'interesse posto a fondamento dell'esercizio del potere di autotutela così come previsto dalle norma di riferimento che specificamente dispone che l'Amministrazione finanziaria procede all'annullamento nei casi in cui sussista l'illegittimità dell'atto , non è quello generale alla rimozione dell'atto, ma quello proprio ed individuale del contribuente destinatario dell'atto illegittimo, con il conseguente corollario che non sia possibile l'esercizio del potere di autotutela in malam partem. In particolare, è stato affermato che l'atto di annullamento in sede di autotutela si differenzia da quello integrativo emesso sulla scorta della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, perché l'accertamento integrativo interessa il medesimo rapporto sui cui è intervenuto l'atto precedente e ne dispone un nuovo contenuto, con la conseguente possibilità, fino alla scadenza del termine per l'accertamento, di integrare o modificare la pretesa impositiva in aumento mediante la notificazione di un nuovo avviso integrativo rispetto all'accertamento originario e non prevede, dunque, anche la possibilità di notificare un accertamento integrativo, laddove la pretesa resti identica o sia diminuita. Di qui, il discrimine tra l'autotutela sostitutiva che riguarda le sole ipotesi in cui la pretesa tributaria originaria resti identica o viene diminuita con il divieto di emettere atti di annullamento in malam partem e l'accertamento integrativo, che in presenza di nuovi elementi sopravvenuti, consente la modifica in aumento della pretesa impositiva. Proprio il limite posto dalla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi, che non consentirebbe di utilizzare elementi probatori già noti all'Ufficio quando ha emesso l'avviso di accertamento, corrobora l'assunto che il potere di autotutela sostitutivo sia diretto a correggere solo vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale. 9.1 Così questa Corte ha affermato come dall' art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 , sia ricavabile il principio tendenziale dell'unitarietà dell'avviso d'accertamento. E ciò nel senso che la legge consente di frazionare gli accertamenti in caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, con la conseguenza, che l'Ufficio non può per esempio sostituire in autotutela un avviso con un altro modificato fondato su una diversa valutazione dei medesimi elementi Cass., 3 giugno 2015, n. 11421 e, ivi richiamate, Cass., 20 giugno 2007, n. 14377 e Cass., 8 maggio 2006, n. 10526 . 9.2 Inoltre, è stato precisato che I principi secondo cui, fino alla scadenza del termine per l'accertamento, questo può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte, disciplinano soltanto l'integrazione o la modificazione in aumento, rispetto all'accertamento originario, e non anche quelle in diminuzione. Soltanto le prime integrano una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria, mentre le seconde si risolvono in una mera riduzione della pretesa originaria e, quindi, in una revoca parziale del relativo avviso. Ne deriva che, mentre l'integrazione o la modificazione in aumento dell'accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell'adozione di un nuovo avviso di accertamento - specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario - il quale si aggiunge a, ovvero sostituisce, quello originario, l'integrazione o la modificazione in diminuzione, non integrando una nuova pretesa tributaria, ma soltanto una pretesa minore, non necessita neppure di una forma o di una motivazione particolari Cass., 17 ottobre 2014, n. 22019 , che richiama anche Cass., 27 settembre 2000, n. 12814 . 9.3 Detto principio è stato ribadito anche successivamente In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'integrazione o la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica in aumento che, determinando una pretesa nuova, deve necessariamente formalizzarsi nell'adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l'indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall' art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 Cass., 30 ottobre 2018, n. 27543 . 9.4 Questa Corte, inoltre, ha ritenuto inconferente il richiamo all' art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 poiché tale disposizione disciplina solo l'integrazione o la modificazione in aumento, rispetto all'accertamento originario, e non anche quelle in diminuzione, proprio perché, mentre le prime integrano una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria nuovi avvisi, nuovi elementi, e relativa, specifica motivazione , le seconde si risolvono in una mera riduzione della pretesa originaria e, quindi, in una revoca parziale del relativo avviso di accertamento. In altri termini, mentre l'integrazione o la modificazione in aumento dell'accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell'adozione di un nuovo avviso di accertamento, specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario, il quale si aggiunge a, ovvero sostituisce, quello originario, l'integrazione o la modificazione in diminuzione, non integrando una nuova pretesa tributaria ma soltanto una pretesa minore, non necessita di una forma o di una motivazione particolari Cass., 26 aprile 2000, n. 12814 , citata . 9.5 Ancora, questa Corte ha precisato che In tema di accertamento ai fini dell'IVA, il presupposto della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, previsto dal D.P.R. n. 22 ottobre 1972, n. 633, art. 57, comma 3, per l'esercizio del potere di integrare o di modificare in aumento l'avviso di accertamento già notificato, non è richiesto per l'autoannullamento di precedente avviso di rettifica e la sostituzione dello stesso con uno nuovo, contenente lo stesso dispositivo ma una diversa motivazione, atteso che, in tal caso, non ricorre esercizio del predetto potere integrativo o modificativo caratterizzato dall'aggiungersi, al precedente provvedimento legittimo, di un ulteriore provvedimento che ne amplia il contenuto , ma sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a diritto, nell'ambito del generale potere di autotutela della pubblica amministrazione Cass., 28 maggio 2008, n. 13891 . 9.6 Ancor più in particolare, è stato evidenziato che L' art. 57.3, primo periodo, D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633 , stabilisce che Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Il potere che viene da esso attribuito all'Ufficio tributario è quello di accertare progressivamente l'oggetto dell'imposta, man mano che si manifesta la sua esistenza e man mano che l'Ufficio la percepisce. Il presupposto della sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi va intesa, pertanto, non come la verificazione di fatti nuovi, che devono invece essersi realizzati nel periodo di imposta oggetto di accertamento, ma come la realizzazione di una situazione di conoscibilità di fatti tributariamente rilevanti successiva all'adozione del primo avviso di accertamento e alla quale è seguita l'acquisizione della conoscenza effettiva da parte dell'Ufficio. Il potere di integrare o di modificare in aumento il precedente avviso di accertamento e', dunque, anch'esso, al pari del potere di autotutela, un potere amministrativo di secondo grado, che tuttavia, a differenza del potere di annullamento, consente all'Ufficio di aggiungere al precedente accertamento parziale legittimo, senza sostituirlo, una valutazione omogenea della fattispecie che si è potuta rilevare compiutamente solo per gradi. Il potere di accertamento integrativo o modificativo in aumento ex art. 57 D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633 , e', quindi, diverso sia strutturalmente sia funzionalmente dal potere di annullamento. Infatti, quanto alla struttura esso ha per presupposto un atto - l'avviso di accertamento già adottato - che non solo è in sé legittimo, ma che continua ad esistere perché non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento. Per contro, l'atto amministrativo tributario di annullamento assume ad oggetto un precedente avviso di accertamento che è illegittimo e al quale esso si sostituisce, non quanto all'oggetto, ma quanto al contenuto, inteso come comprensivo sia del dispositivo dell'atto sia della sua motivazione. Dal punto di vista funzionale, poi, mentre l'avviso di accertamento integrato, o modificato in aumento, e l'avviso di accertamento integrativo, o modificativo in aumento, cooperano all'integrale determinazione progressiva dell'oggetto dell'imposta, il provvedimento amministrativo tributario di autotutela sostituisce, in ordine al medesimo oggetto, il proprio contenuto - il dispositivo e/o la motivazione -a quello dell'avviso di accertamento precedente e, così facendo, pone se stesso in luogo di quello Cass., 28 marzo 2002, n. 4534 , in motivazione . 9.7 Anche di recente, infine, è stato affermato il principio che In tema di accertamento delle imposte, la sostituzione in autotutela dell'avviso di accertamento è istituto diverso dall'accertamento integrativo, in quanto soltanto quest'ultimo può fondarsi sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti di evasione, sicché l'avviso che abbia sostituito quello annullato in autotutela, ove incrementativo della ripresa a tassazione, non può fondarsi sulla mera rivalutazione fattuale e giuridica degli stessi elementi posti a fondamento di quello annullato, ma, in forza di quanto previsto dall' art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 vigente ratione temporis , su elementi in precedenza non conosciuti dall'Ufficio accertatore ed in questo senso essere adeguatamente motivato Cass., 16 marzo 2020, n. 7293 . 10. Due sono, quindi, le questioni che meritano di essere affrontate e che, all'evidenza, sono strettamente correlate, sulle quali l'orientamento della Corte non è univoco - la prima riguarda i limiti di esercizio del potere di autotutela disciplinato dall'art. 2-quater del decreto L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 , come attuato con il D.M. n. 11 febbraio 1997, n. 37 , alla luce del tenore normativo dell'art. 1, che recita testualmente, nella parte di rilievo, che L'Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, quali tra l'altro a errore di persona b evidente errore logico o di calcolo c errore sul presupposto dell'imposta d doppia imposizione e mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti f mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza g sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati h errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione in particolare, il quesito che rileva è se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, in ragione del tenore letterale dell' art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 , presupponga l'esistenza di soli vizi formali presenti nell'atto impositivo e non anche vizi a carattere sostanziale e se, di conseguenza, sia diretto alla tutela dell'interesse individuale del contribuente, con esclusione del potere dell'amministrazione finanziaria di adottare provvedimenti di annullamento in malam partem, o sia finalizzato alla tutela dell'interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi, ovvero del giudicato - la seconda questione concerne il rapporto tra il potere di autotutela, il principio dell'unicità dell'accertamento e l'accertamento integrativo e, specificamente, se l'esercizio del potere di autotutela tributaria, giustificata dal principio di perennità della potestà amministrativa quest'ultimo riferito in generale all'azione amministrativa e che trova fondamento nei principi espressi dagli artt. 53 e 97 Cost. , che consegue all'esigenza di una continua e puntuale aderenza dell'azione amministrativa all'interesse pubblico e correlato alla sussistenza di vizi sostanziali e non solo formali costituisca un'ulteriore deroga non specificamente normata alla luce del tenore letterale dell' art. 1 del D.M. n. 37 del 1997 al principio dell'unicità dell'accertamento e ciò tenuto conto degli artt. artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, che disciplinano l'istituto dell'accertamento integrativo, e della diversità strutturale e funzionale del potere di autotutela rispetto al potere di accertamento integrativo. 11. In conclusione, il Collegio, in considerazione della particolare importanza delle questioni di diritto sottoposte e ai fini della risoluzione del contrasto, ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente di questa Corte, ai sensi dell' art. 374, comma 2, c.p.c. , ai fini dell'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. P.Q.M. La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.