Distanze tra fondi e vedute, torna a pronunciarsi di nuovo la Cassazione

La disciplina delle distanze per le vedute opera per tutte le medesime indipendentemente dal fatto che siano state aperte iure proprietatis o iure servitutis .

In tema di distanze tra proprietà e confini la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire il principio di diritto secondo cui la disciplina delle distanze per le vedute, contenuta nell' art. 907 c.c. , opera per tutte le vedute, indipendentemente dal fatto che esse siano state aperte iure proprietatis , a un metro e mezzo dal confine, o iure servitutis . Il diritto di proprietà di un immobile fronteggiante il fondo altrui non può attribuire, tuttavia, in assenza di titoli specifici negoziali o originari, come l'usucapione , anche l'acquisto della servitù di veduta, la quale suppone l'esistenza […] di aperture che consentano la inspectio ” e la prospectio ” nel fondo confinante cfr. Cass. civ., n. 11956 del 2009 . Sulla base di questo principio sono stati accolti il ricorso principale e incidentale contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva accertato, sulla base delle risultanze dell'ausiliario, che il terrapieno carrabile oggetto di contesa era da definire come costruzione in senso tecnico-giuridico per cui assoggettabile alla normativa sulle distanze. Sempre all'esito degli accertamenti effettuati dall'ausiliario, la Corte di Appello di Roma dichiarava non rispettate le distanze legali, costituiva una servitù di veduta, prospetto e luce dal balcone con ringhiera per usucapione a favore di parte attrice e, in virtù di tale servitù, dichiarava doversi procedere alla riduzione in pristino delle opere realizzate. Nell'argomentare l'accoglimento dei ricorsi principale e incidentale, la Cassazione afferma che non è possibile procedere a un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, stante le motivazioni della Corte di Appello. I Giudici di legittimità rilevano come la domanda dedotta dall'odierna parte resistente era diretta a denunciare la violazione delle distanze legali e ottenere la relativa demolizione delle costruzioni poste sul fondo vicinale, ovvero di actio negatoria servitutis . Richiamando Cas. civ. n. 14446 del 2010 e Cass. civ. n. 2661 del 2020 , i Giudici ribadiscono come le norme dei regolamenti edilizi comunali e dei piani regolatori siano integratrici delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni . Alla luce di questi rilievi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata rinviando alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione affinché riesamini nuovamente al questione tenendo conto delle considerazioni qui riportate e in tema di usucapione di servitù di veduta, e in tema di distanze e confini e il rapporto tra la relativa normativa codicistica e il piano regolatore .

Presidente Mocci – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. L.A., +Altri hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 8296/2018 della Corte d'appello di Roma depositata il 28 dicembre 2018. C.T. e M.R. hanno proposto ricorso incidentale articolato in quattro motivi. Resistono con controricorso P.F. e O.M.A 2. La trattazione dei ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell' art. 375 c.p.c. , commi 2 e 4-quater, e art. 380 bis.1, c.p.c. , nel testo applicabile ratione temporis D.Lgs. n. 149 del 2022, ex art. 35 . I controricorrenti P.F. e O.M.A. hanno depositato memoria. 3. La Corte d'appello di Roma ha respinto gli appelli proposti in via principale da B.S. e M. ed in via incidentale da C.T. e M.R., contro la sentenza n. 7415/2013 del Tribunale di Roma, che, in accoglimento delle domande di P.F. e O.M.A., proprietari di immobili siti in omissis , aveva accertato che il terrapieno e le opere in cemento armato realizzate dai convenuti all'interno delle loro proprietà non erano rispettose delle distanze legali, ordinandone la riduzione in pristino, ed aveva altresì dichiarato costituita per usucapione in favore degli attori una servitù di veduta, prospetto e luce dal balcone con ringhiera nonché dal cortile ai piedi del muro perimetrale, dichiarando che il terrapieno, il muro e le opere ad esso annesse erano limitative della predetta servitù. 4. Il primo motivo del ricorso di L.A., +Altri denuncia la violazione e falsa applicazione dell' art. 873 c.c. , per non aver considerato la Corte d'appello che, in caso di opere realizzate su terreni in pendio, come quello di cui è causa, ai fini del rispetto delle distanze legali rileva unicamente la parte che supera il livello medio del piano di campagna originario, che viceversa nella specie non è stato superato. Il secondo motivo del ricorso di L.A., +Altri denuncia la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell' art. 873 c.c. e degli artt. 3 e 9 delle norme di attuazione del piano particolareggiato Il Poggetto , ed ancora delle norme tecniche di attuazione del nuovo P.R.G. di Roma approvato con deliberazione c.c. n. 18 del 12.02.2008, nonché delle norme tecniche di attuazione del vecchio P.R.G. approvate con Delib. G. Lazio 6 marzo 1979, n. 689 ed infine violazione del principio iura novit curia di cui all' art. 113 c.p.c. . Si assume che la Corte d'appello di Roma ha ritenuto applicabile alla fattispecie il rispetto della distanza dai confini di m. 5 che viceversa non è prescritta dal piano particolareggiato Il Poggetto per le zone di nuova edificazione residenziale semplice in cui ricadono le opere di cui è causa, nè ha indicato quale specifica norma di piano regolatore generale, stante il richiamo a quest'ultimo da parte del piano particolareggiato, sarebbe stata nella specie violata. Il terzo motivo del ricorso di L.A., +Altri denuncia ancora la violazione e falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, dell' art. 873 c.c. e dell'art. 2700 c.c., evidenziando l'erroneità della sentenza impugnata anche laddove ha fatto riferimento all' art. 873 c.c. a prescindere dalle norme regolamentari del piano particolareggiato e dello strumento urbanistico generale. La Corte di appello non avrebbe considerato che la distanza tra le opere di cui è causa e il fabbricato di proprietà P.-O. non è costante, ma varia in quanto le due costruzioni non sono parallele tra loro, e che il muro in questione si allontana progressivamente dal fabbricato per cui, nel tratto che interessa la proprietà dei ricorrenti, si trova ad una distanza superiore ai tre metri previsti dall' art. 873 c.c. . Il primo motivo del ricorso incidentale di C.T. e M.R. denuncia la violazione e falsa applicazione dell' art. 873 c.c. per le stesse ragioni di cui al primo motivo del ricorso di L.A., +Altri . Il secondo motivo del ricorso incidentale di C.T. e M.R. denuncia la violazione e falsa applicazione delle stesse norme di diritto e per le stesse ragioni di cui al secondo motivo del ricorso di L.A., +Altri . Il terzo motivo del ricorso incidentale di C.T. e M.R. denuncia la violazione e falsa applicazione delle stesse norme di diritto e per le stesse ragioni di cui al terzo motivo del ricorso di L.A., +Altri . 5. In relazione a tali questioni, oggetto dei motivi di appello principale e incidentale, la Corte d'appello di Roma ha affermato che l'attività edilizia posta in essere dagli appellanti, consistente in un muro di sostegno completo di soletta orizzontale sommitale, che rendeva possibile la realizzazione di un terrapieno carrabile posto al servizio del loro edificio, integra senza dubbio il concetto di costruzione in senso tecnico-giuridico che, come tale, resta soggetta alla normativa in tema di distanze legali come accertato dall'ausiliario, tali opere erano poste ad una distanza inferiore rispetto a quella indicata sia dallo strumento urbanistico mt 5 sia dall' art. 873 c.c. - l'iter argomentativo seguito e le conclusioni cui giunge l'ausiliario - il quale alla luce della disposizione contenuta all'art. 3 del Piano particolareggiato denominato Poggetto indicava in ml 5 la distanza di rispetto dal confine, devono ritenersi condivisibili in quanto adeguatamente motivate ed esenti da vizi logici - in relazione ai rilievi sollevati dagli appellanti, anche a voler ritenere non applicabile alla fattispecie la disposizione contenuta nel P.R.G. del Comune di Roma, appare risolutivo l'accertamento relativo al mancato rispetto della distanza tra le costruzioni prevista dalla disciplina codicistica . 5.1. Questa motivazione contenuta nella sentenza impugnata non consente di svolgere il controllo di legittimità invocato dai ricorrenti principali ed incidentali in ordine alla corretta applicazione delle norme di diritto che realmente regolano la fattispecie dedotta in giudizio. Le domande di P.F. e O.M.A. erano volte ad accertare innanzitutto che il terrapieno e le opere in cemento armato realizzate dai convenuti all'interno delle loro proprietà non fossero rispettose delle distanze legali. Si trattava, dunque, di actio negatoria servitutis diretta a denunziare la violazione delle distanze legali da parte dei proprietari del fondo vicino e ad ottenere la demolizione delle loro costruzioni. È certo che le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872 e 873 c.c. , integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni ad esempio, Cass. n. 14446 del 2010 Cass. n. 2661 del 2020 . Ciò non significa, tuttavia, che, il giudice sia esonerato dal rendere le argomentazioni rilevanti per individuare e far comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, così da consentire un effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, nella specie, per supportare la condanna alla riduzione in pristino ex art. 872 c.c. e così individuare specificamente le disposizioni aventi natura integrativa dei precetti di cui all' art. 873 c.c. contenute vuoi nel piano regolatore generale, vuoi nelle relative norme tecniche di attuazione, volte a disciplinare l'attività della P.A. per un migliore assetto dell'agglomerato urbano ed i rapporti di vicinato tra privati in modo equo. La Corte d'appello di Roma ha ravvisato la contemporanea violazione sia della distanza dal confine di mt 5 prevista dallo strumento urbanistico , ovvero della disposizione contenuta all'art. 3 del Piano particolareggiato denominato Poggetto , sia, per superare ogni rilievo degli appellanti, e quindi anche a voler ritenere non applicabile alla fattispecie la disposizione contenuta nel P.R.G. del Comune di Roma , della distanza tra le costruzioni prevista dalla disciplina codicistica . Senonché, non è plausibile questa motivazione ancipite, fondata sull'irrisolta alternatività delle violazioni, giacché, quando il piano particolareggiato esecutivo prescrive le distanze dal confine, senza consentire neppure la costruzione in aderenza, detta norma regolamentare è integrativa del codice civile per tutta la sua disciplina, tal che la norma di cui all' art. 873 c.c. cede alla norma regolamentare ad esempio, Cass. n. 10304 del 2017 . Diverse sono ovviamente anche le statuizioni di riduzione in pristino in caso di costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c. ed in caso di costruzione che violi una norma regolamentare che impone il rispetto del distacco minimo dal confine, dovendo il giudice ordinare la demolizione delle parti che superano rispettivamente tali limiti. Non trovano riscontro nella sentenza impugnata nemmeno le allegazioni sullo stato dei luoghi che, secondo i ricorrenti, è caratterizzato da un dislivello naturale dei fondi. Il che incide sulla sussistenza della nozione di costruzione, ai fini dell'osservanza delle distanze legali, tale non essendo il muro che, nel caso di dislivello naturale, oltre a delimitare il fondo, assolve anche alla funzione di sostegno e contenimento del declivio naturale per evitare smottamenti o frane, mentre la parte che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, in quanto priva della funzione di conservazione dello stato dei luoghi, è soggetta alla disciplina giuridica propria delle sue oggettive caratteristiche di costruzione in senso tecnico giuridico tra le tante, Cass. n. 23843 e n. 10512 del 2018 . 6. Il quarto motivo del ricorso di L.A., +Altri e del ricorso incidentale di C.T e M.R. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158, 1061 e 2697 c.c. , nonché degli artt. 907 e 905 c.c. e dell'art. 100 c.p.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per la declaratoria dell'acquisto per usucapione della servitù di veduta in favore del fondo di proprietà P.-O., che viceversa erano carenti per i nesistenza della servitù stessa, non potendo questa essere riferita a un balcone posto a distanza regolamentare dal confine altrui, il che dà luogo solo a una limitazione legale. 6.1. La sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti i requisiti per l'acquisto mediante usucapione di una servitù di veduta, grazie al possesso ultraventennale della ringhiera che delimita il balcone, ed ha così ravvisato il diritto degli attori di pretendere ai sensi dell' art. 907 c.c. l'osservanza della distanza in ordine a tale servitù di veduta, acquistata per usucapione, verso il fondo dei vicini. 6.2. Anche questo quarto motivo dei ricorsi è fondato, alla stregua del principio di seguito enunciato. La disciplina delle distanze per le vedute, contenuta nell' art. 907 c.c. , opera per tutte le vedute, indipendentemente dal fatto che esse siano state aperte iure proprietatis, a un metro e mezzo dal confine, o iure servitutis. Il diritto di proprietà di un immobile fronteggiante il fondo altrui non può attribuire, tuttavia, in assenza di titoli specifici negoziali o originari, come l'usucapione , anche l'acquisto della servitù di veduta, la quale suppone l'esistenza per la prescritta durata ventennale, a distanza inferiore di quella prescritta dall' art. 905 c.c. , di aperture che consentano la inspectio e la prospectio nel fondo confinante arg. da Cass. n. 11956 del 2009 . 7. Vanno pertanto accolti sia il ricorso principale di L.A., +Altri sia il ricorso incidentale di C.T. e M.R., e l'impugnata sentenza va cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che esaminerà nuovamente la causa tenendo conto dei rilievi svolti e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.