Cento anni della Corte di Cassazione “Unica”, intervento del Presidente del CNF

In occasione del convegno 1923-2023 i cento anni della Cassazione unica”, è intervenuto anche il Presidente del CNF Greco.

Si riporta di seguito il discorso del Presidente del CNF Sono lieto di portare il saluto dell'Avvocatura italiana al Convegno che celebra i cento anni dell'unificazione della Corte di Cassazione, evento che ha comportato il superamento del particolarismo giudiziario ereditato dal ritardo con cui il Paese ha raggiunto l'unità nazionale unità destinata a rimanere incompleta fino a quando l'ordinamento giuridico italiano non avesse saputo rinunziare alle diverse Corti di cassazione presenti negli Stati preunitari, nel quadro di una prospettiva di unificazione dei diritti e dei doveri dei cittadini italiani una prospettiva di eguaglianza sostanziale, oltre che formale, che ha poi trovato affermazione nell' art. 3 della Costituzione della Repubblica . Ed è proprio nella Costituzione della Repubblica che il vigente ordinamento radica saldamente il rapporto tra Avvocatura e Corte di cassazione mi riferisco all' art. 106, comma 3, della Costituzione , norma proposta in Assemblea costituente da un eccelso avvocato, che contemporaneamente ricopriva la carica di Presidente del Consiglio nazionale forense, l'Avv. Piero Calamandrei. L' art. 106 Cost prevede che su designazione del Consiglio superiore della magistratura, previa consultazione del Consiglio nazionale forense, possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione avvocati che abbiano meriti insigni di esperienza professionale e cultura giuridica. Tale norma non ha avuto un percorso semplice, essendo stata a lungo considerata residuale e non facente parte a pieno titolo dei principi che governano l'organizzazione giudiziaria. Si è dovuto attendere cinquant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione per averne l'attuazione, a partire dal 1998 [Cfr. Legge n. 303 del 1998 ]. A ben vedere, invece, come avevano chiaro i padri costituenti, la disposizione esprime un valore essenziale della cultura giuridica non si tratta di riconoscere un premio o di promuovere” all'ufficio di consigliere di cassazione avvocati che abbiano ben meritato ed onorato la toga forense nella professione, bensì di arricchire la Corte di cassazione di professionalità di estrazione diversa da quella della magistratura, nella consapevolezza che nella cultura comune della giurisdizione il ruolo dell'avvocatura non può essere residuale. Utili, in tale visione costruttiva della sinergica partecipazione dell'Avvocatura alla funzione della Corte Suprema, sono anche le disposizioni, di rango primario, che inseriscono due rappresentanti del Consiglio nazionale forense, tra cui il suo Presidente, tra i componenti del Consiglio direttivo della Corte. È una partecipazione paritaria, pleno iure, se così si può dire, con medesime facoltà e doveri dei componenti magistrati. E se questo deve e può essere il modello per una produttiva partecipazione del corpo forense agli organi di gestione dei profili organizzativi della giurisdizione, appare incomprensibile ed inaccettabile la condizione minoritaria, sia numerica che di competenze, che ancora connota la posizione e le funzioni degli avvocati nei Consigli giudiziari dei distretti di Corte di appello. Su questo tema auspico fortemente che in occasione della riscrittura dell' ordinamento giudiziario , che in attuazione della legge delega n. 71 del 2022 dovrebbe presto vedere la luce, la magistratura rinunzi a riflessi corporativi e si apra con fiducia ad una collaborazione paritaria con gli Avvocati. Credo che l'esperienza di questi anni di partecipazione di rappresentanti del Consiglio nazionale forense al Consiglio direttivo della Corte di cassazione possa costituire un esempio che rassicuri adeguatamente. L'intreccio, anzi, l'abbraccio” tra Cassazione ed Avvocatura non finisce qui. Tutti sappiamo quanto stia a cuore all'Avvocatura la propria autonomia deontologica, che è uno dei frutti più preziosi del pluralismo giuridico, frutto proprio dell'esperienza giuridica italiana ed europea, direbbe Capograssi [G. Capograssi, L'esperienza giuridica nella storia , ora in G. Capograssi, La vita etica , scritti scelti e introduzione di F. Mercadante, 885 e ss., Bompiani, Milano 2008.]. Aldo Maria Sandulli riconosceva negli ordini professionali i fenomeni giuridici dell'autarchia, dell'autonomia e dell'autocrinia. L'autonomia – scriveva - … ha forse la più squisita e gelosa espressione nella creazione spontanea e nella elaborazione dei precetti di deontologia professionale … , in cui si realizza … con maggior compiutezza e spontaneità … il fenomeno del decentramento istituzionale” [A.M. Sandulli, Regole di deontologia professionale e sindacato della Corte di Cassazione , in Giust. civ. 1961, 616 ss.]. L'Avvocatura, pur tenendo moltissimo alla propria autonomia deontologica, legata ai principi democratici e pluralisti, sa bene che autonomia” non equivale a separatezza” ed è lieta che l'ultima parola sull'applicazione delle fattispecie deontologiche sia della Cassazione a sezioni unite. La possibilità di ricorrere in Cassazione per sindacare la legittimità delle sentenze del Consiglio nazionale forense riafferma il principio che ha portato alla Cassazione unica e cioè la necessità che il pluralismo giuridico sia sempre riportato ad unità e ad uniformità interpretativa. E tale funzione di unificazione e garanzia di parità di trattamento non può che essere svolta dalla Corte di cassazione. Questa soluzione, che da anni presidia il collegamento tra ordinamento dell'avvocatura e ordinamento generale, tuttavia, non è affatto scontata e va difesa. Abbiamo vivo il ricordo dell'insidia portata da un'istituzione molto più recente della Corte di cassazione e del Consiglio nazionale forense. Mi riferisco all'Autorità garante del mercato e della concorrenza AGCM , che pochi anni fa ha rivolto la sua attenzione alle sentenze pronunciate in materia disciplinare dal Consiglio nazionale forense, chiedendo un parere al Consiglio di Stato sulla possibilità di qualificarle come intese restrittive della concorrenza”, con l'intento di sanzionare il Consiglio nazionale forense per le sentenze pronunciate in materia deontologica, ovvero riguardanti la correttezza del comportamento degli avvocati. Non bastava all'Autorità garante del mercato essere intervenuta qualificando e sanzionando pesantemente, come intese restrittive”, i provvedimenti amministrativi e, financo, i pareri resi dal Consiglio nazionale forense, ignorando la legge 247/2012 [Cfr. Art. 35 lett. q legge 247/2012] che prevede che il CNF rende pareri anche al Ministro Guardasigilli sui temi che interessano la professione forense e l'amministrazione della giustizia. Qualificare intese restrittive della concorrenza” le sentenze in materia deontologica del Consiglio nazionale forense, come avrebbe voluto l'Autorità garante del mercato, avrebbe decretato la fine dell'autonomia deontologica e della giurisdizione disciplinare. Ebbene, il Consiglio di stato rispose in termini negativi le sentenze del Consiglio nazionale in materia disciplinare sono decisioni assunte da un giudice speciale nell'esercizio della funzione giurisdizionale ed hanno un autonomo sistema di verifica e controllo affidato, appunto, non all'Autorità garante del mercato ma alle sezioni unite civili della Corte di cassazione [Consiglio di Stato, sez. I, parere 27 dicembre 2010, n. 5679, in Foro italiano , 2011, 70 e ss.]. L'Avvocatura italiana vuole, anzi pretende, che sia solo la Cassazione a dire l'ultima parola sulla deontologia forense . Il legame tra Avvocatura e Corte di cassazione è un legame profondo, che non riguarda solo l'istituzione dell'Avvocatura ma tutti gli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, che passa attraverso i ricorsi che, in difesa dei loro assistiti, gli avvocati italiani hanno presentato in questo secolo di storia della Corte unica, affidando all'ultimo grado di giudizio la parola definitiva sulla domanda di giustizia. Oggi, tuttavia, non posso esimermi dall'esprimere la preoccupazione con cui gli avvocati italiani si rivolgono alla Corte di Cassazione, la quale negli ultimi anni ha indirizzato la sua attenzione verso un rigoroso, a mio parere, eccessivo formalismo. L'aspettativa di giustizia che il cittadino rivolge alla Corte Suprema, seppur nel giudizio di legittimità, non può risultare frustrata da una valutazione in cui l'aspetto formale comprime e addirittura prevarica quello sostanziale, in un procedimento che sembra ormai caratterizzato dalla minuziosa ricerca dell'elemento cui ricondurre una causa di inammissibilità. Si pensi ad esempio al recente orientamento sulla validità del mandato ad litem, secondo cui la procura sarebbe valida solo se temporalmente e localmente contestuale all'atto il ricorso cui essa accede Cass. ord. n. 9271/2023 . Su tale orientamento dovranno pronunciarsi le Sezioni unite, per cui non voglio indugiare cfr. Cass. Civ., sez 3, ord. n. 19039 del 5/07/2023 . Tuttavia, non posso omettere di evidenziare come il collegamento tra procura e ricorso è già assicurato dal contenuto materiale ed oggettivo che la procura speciale deve avere, in cui va richiamato l'atto cui si riferisce, con la descrizione minuziosa del provvedimento che si impugna, tanto che la procura, conferita su foglio separato”, conformemente alle norme di legge, dovrebbe di per sé portarci a concludere per la piena validità della procura rilasciata anche in un momento e in un luogo diverso da quello del perfezionamento dell'atto cui essa accede. Ed infatti il requisito della specialità della procura, di cui all' art. 83, comma 3, c.p.c. , non postula la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell'atto cui accede, dal momento che, anche nel caso in cui la procura sia stata redatta, sottoscritta e autenticata in data anteriore a quella del ricorso, è possibile desumerne la specialità, da un lato, dalla sua congiunzione materiale o telematica al ricorso e, dall'altro, dalla sua susseguente notifica insieme a quest'ultimo” Cass., sez. 3, sentenza n. 36827 del 15/12/2022 Peraltro, l'orientamento restrittivo sembra persino contraddire il novellato art. 182, comma 2, cpc , per il quale l'inammissibilità del ricorso per carenza di rappresentanza deve essere preceduta dalla concessione di un termine per la sanatoria con efficacia retroattiva. Mi auguro dunque che il sano e leale dialogo produttivo esistente tra Corte di Cassazione e Consiglio nazionale forense che ha già dato i suoi frutti – penso al protocollo sul processo civile in Cassazione od ai dialoghi” recentemente avviati in via telematica sulle piattaforme informatiche del CNF, che hanno visto avvocati e magistrati della scambiarsi opinioni sulle tecniche redazionali dei ricorsi – contribuisca a rendere ancor più proficua la collaborazione tra giudici e avvocati nel processo e per il processo ne trarranno beneficio i cittadini che affidano al sistema giudiziario le speranze di tutela dei loro diritti, e che vedono nella Corte di cassazione l'ultima definitiva occasione che l'ordinamento giuridico offre per avere Giustizia .