Processo Amanda Knox: revocata la sentenza di condanna per calunnia

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi – ai sensi dell’art. 628- bis c.p.p. – sull’adozione dei rimedi necessari ad eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti della condanna per calunnia inflitta in violazione del diritto convenzionale all’assistenza difensiva e linguistica.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte Sin dal compimento dei primi atti investigativi, il clamore mediatico assunto dalla vicenda processuale ha rapidamente travalicato i confini nazionali ed i talk show dell'epoca hanno fortemente condizionato l'opinione pubblica che si è divisa tra colpevolisti” e innocentisti”. A distanza di quasi dieci anni dalla sentenza definitiva, l'attivazione del nuovo rimedio straordinario ex art. 628-bis c.p.p. ha consentito alla Suprema Corte di scrivere un inedito capitolo della lunga storia processuale che ha visto imputata – e poi assolta – Amanda Knox per l'omicidio della giovane Meredith Kercher , commesso a Perugia nel lontano 1° novembre 2007. Occorre chiarire che il decisum in commento non ha inciso sulla pronuncia assolutoria relativa all' imputazione di omicidio , ma ha revocato le due sentenze della Corte di Cassazione limitatamente alla condanna inflitta alla Knox per il delitto di calunnia commesso ai danni di Patrick Lumumba, e ha annullato la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Perugia, disponendo un rinvio per un nuovo ed autonomo giudizio. Prima di procedere alla disamina del nuovo istituto processuale introdotto con la c.d. Riforma Cartabia , occorre, in estrema sintesi, ripercorrere l'iter processuale – nazionale e sovranazionale – che ha preceduto la sentenza in commento. A differenza dell'ondivago sentiero processuale percorso, nei diversi gradi di giudizio dai due allora imputati in concorso per omicidio, l'imputazione per calunnia ascritta alla sola Knox ha retto, senza particolari incertezze, sino alla pronuncia definitiva cfr. Cass., Sez. I, 26.03.2013, n. 26455 , in Cass. pen., 2014, 4, 1281 Cass., Sez. V, 27.03.2015, n. 36080 , in Foro it., 2016, 7-8, II, 448 . Soltanto a seguito del ricorso presentato dalla Knox, i Giudici della Corte di Strasburgo C. EDU, Sez. I, 24.01.2019, n. 76577, in DeJure hanno ravvisato, nelle dichiarazioni accusatorie dalla stessa rese, la violazione del diritto all'assistenza difensiva e linguistica , ai sensi dell'art. 3, par. 1 e 3 lett. c , e CEDU . Pertanto, i difensori della Knox, Prof. Avv. Luca Lupària Donati e Avv. Carlo Della Vedova, hanno chiesto ed ottenuto – con ricorso dinanzi alla S.C. ai sensi dell'art. 628 bis c.p.p. – una pronuncia che ha eliminato gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla condanna per calunnia, in conseguenza della decisione adottata dalla Corte EDU. La ritenuta violazione del diritto all'assistenza difensiva e linguistica in ambito sovranazionale Le dichiarazioni accusatorie rese dalla Knox, priva dell'assistenza difensiva, sono state oggetto dell'attento scrutinio della Corte di Strasburgo chiamata a pronunciarsi sulla violazione delle Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali . Ed invero, per quanto concerne il diritto all'assistenza difensiva , la Corte EDU ha accertato la violazione dell'art. 6, par. 1 e 3 lett. c . Pur non avendo la Knox ancora formalmente assunto lo status d'indagata attraverso la tempestiva iscrizione soggettiva nel registro delle notizie di reato, gli agenti di polizia giudiziaria hanno dapprima sottoposto le utenze alla stessa intestate ad intercettazione telefonica e, successivamente, interrogato l'allora indagata per circa due ore in assenza del difensore di fiducia o d'ufficio v. C. EDU, Sez. I, 24.01.2019, n. 76577, in DeJure . In realtà, nel corso dell'incidente cautelare prima, e nei successivi gradi di giudizio poi, la Suprema Corte ha decretato l' inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'indagata relativamente alla sola imputazione di omicidio e di violenza sessuale, mantenendo ferma l'utilizzabilità per il delitto di calunnia per essere le stesse dichiarazioni considerate corpo del reato cfr. Cass., 1.04.2008, n. 16410 , in Dejure . Tale prospettazione è stata disattesa dalla Corte EDU che ha ritenuto ingiustificata – anche per l'imputazione di calunnia – la limitazione dell'assistenza difensiva durante il compimento dell'atto . Negli stessi termini, la Corte di Strasburgo si è espressa per la violazione dell'art. 6, par. 1 e 3, lett. e CEDU quanto all'assistenza di un interprete. Nella specie, la Corte EDU ha rilevato l'anomala condotta professionale tenuta dall'interprete nel corso delle audizioni rese dalla Knox, ritenuta ambigua e inopportuna considerate le circostanze del caso e la necessità di assicurare il più possibile la genuinità del narrato. Secondo il giudizio espresso in sede sovranazionale, l'atteggiamento dell'interprete è andato ben oltre le funzioni che la stessa avrebbe dovuto assicurare in quanto […] ha voluto stabilire una relazione umana ed emotiva con la ricorrente, attribuendosi un ruolo di mediatrice e assumendo un atteggiamento materno che non erano assolutamente richiesti nel caso di specie Cfr. C. EDU, Sez. I, 24.01.2019, n. 76577, cit. . Con il richiamato decisum sovranazionale, nel riconoscere la violazione al diritto ad un equo processo garantito dall'art. 6 CEDU , la Corte EDU ha attribuito alla Knox un'equa soddisfazione ai sensi dell' art. 41 CEDU quantificata dalla Corte in € 10.400,00 oltre le spese e gli interessi fino al saldo. I presupposti e le condizioni per la richiesta di revisione europea Con l'introduzione dell' art. 628 bis c.p.p. , il legislatore è intervenuto per colmare il vuoto normativo derivante dall' assenza di un rimedio processuale finalizzato ad ottenere la revoca della condanna emessa a seguito di un giudizio dichiarato non equo” dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo. La Riforma Cartabia ha accolto le sollecitazioni provenienti dal Giudice delle leggi in precedenza chiamato a colmare il vuoto normativo derivante dall'impossibilità di favorire la restitutio in integrum del condannato all'esito di un procedimento inficiato dalla violazione dell'art. 6 CEDU ex plurimis , C. Cost., 7.4.2011, n. 113 , in Cass. pen., 2012, 3, 933 . Nell'occasione, la Corte Costituzionale ha dichiarato l' illegittimità dell' art. 630 c.p.p. nella parte in cui non ha previsto un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna – rispetto a quelli già regolati dalla norma – per ottenere la riapertura del processo laddove sia necessario, ai sensi dell' art. 46, par. 1, CEDU , per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo. Per oltre dieci anni dalla declaratoria d'incostituzionalità, e sino all'introduzione dell'art. 628 bis c.p.p., la c.d. revisione europea – attivabile grazie all'interpretazione costituzionalmente orientata dell' art. 630 c.p.p. – ha rappresentato l'unico presidio di garanzia riconosciuto al condannato per superare la mancata individuazione di un mezzo straordinario d'impugnazione finalizzato a conformarsi ad una pronuncia della Corte EDU, in ossequio al disposto di cui all' art. 46, par. 1, CEDU , secondo cui Le altre parti contraenti s'impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nella quali sono parti . Già dall'autonoma collocazione sistematica del nuovo rimedio di cui all'art. 628 bis c.p.p. situato nel Titolo III bis del libro IX sulle impugnazioni si coglie l' originalità del mezzo straordinario rispetto alla revisione di cui all' art. 630 c.p.p. ci si riferisce non soltanto all' attribuzione della competenza della Corte di Cassazione – in luogo della Corte d'Appello prevista per la revisione – ma anche alla regola di giudizio prevista dall'art. 628 bis , comma 5, c.p.p. la c.d. incidenza effettiva , nonché ai possibili epiloghi decisori. Non è questa la sede per dirimere le possibili intersezioni normative tra l'intervento addizionale della Corte costituzionale ex art. 630 c.p.p. – sopravvissuto, di fatto, al nuovo istituto processuale – e lo schema processuale introdotto con l'art. 628 bis c.p.p., ma occorre soffermarsi, preliminarmente, sui presupposti e le condizioni per avanzare la richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei dritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o dei protocolli addizionali . Ed invero, il legislatore delegato ha individuato tra i soggetti legittimati ad avanzare la suddetta richiesta il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza che abbiano ottenuto un giudicato dalla Corte EDU con il quale si siano accertate violazioni della Convenzione o dei suoi Protocolli addizionali oppure la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell'art. 37 della Convenzione, a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato. La richiesta deve essere presentata nella cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento di cui si chiede la revoca personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale nel termine di novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la sentenza della Corte EDU. La nuova regola di giudizio prevista dall' art. 628-bis, comma 5, c.p.p. Ai sensi dell'art. 628 bis , comma 5, c.p.p., la Corte di Cassazione , fuori dei casi di inammissibilità, accoglie la richiesta quando la violazione accertata dalla Corte EDU per natura e gravità abbia avuto una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale di condanna. A eccezione di una pronuncia relativa all'applicabilità della revisione europea ai provvedimenti di competenza del Tribunale di Sorveglianza cfr. Cass., 13.07.2023, n. 39801 , in CED Cass., n. 285231 , per la prima volta la S.C. ha delineato l'ambito di applicabilità della regola di giudizio prevista dall'art. 628 bis c.p.p. Si tratta, in particolare, di valutare l'incidenza del giudicato europeo su quello interno , senza che ai Giudici di legittimità possa essere riconosciuta la facoltà di esprimere un diverso apprezzamento sulla sussistenza della violazione convenzionale. Stando all'interpretazione della S.C., il concetto di effettività utilizzato dal legislatore delegato non si discosta in maniera particolarmente significativa dalla nozione di decisività coniata dalla giurisprudenza di legittimità quale idoneità disarticolante del vizio rilevato rispetto al verdetto cui il Giudice di merito sia giunto Sul concetto di decisività , ex plurimis , Cass., Sez. Sez. IV, 23.1.2014, n. 6783 , in Dejure . E invero, ai sensi dell 'art. 606, lett. d c.p.p. , si ritiene decisiva la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia . Dunque, l'assimilazione tra i giudizi di effettività e decisività , espressa nella condivisibile prospettazione offerta della giurisprudenza di legittimità, non può che condurre ad una interpretazione orientata a valutare le ripercussioni che la violazione convenzionale ha avuto sul giudicato interno. In altre parole, la S.C. è chiamata a una verifica di resistenza tra il giudizio di responsabilità espresso nel giudicato interno e le violazioni convenzionali riconosciute dalla Corte EDU. Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che la violazione al diritto a un equo processo garantito dall'art. 6 CEDU nei termini accertati dalla Corte di Strasburgo abbia minato in radice la possibilità di utilizzare quale corpo del reato di calunnia le dichiarazioni rilasciate da Amanda Knox. Gli epiloghi decisori L'art. 628 bis , comma 5, c.p.p., ha individuato tre , alternativi, epiloghi decisori laddove non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto o comunque risulti superfluo il rinvio, la Corte può assumere i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna la Corte può trasmette gli atti al giudice dell'esecuzione da ultimo, la S.C. ha la facoltà di disporre la riapertura del processo nel grado o nella fase in cui si sia verificata la violazione e stabilisce se e in quale parte conservino efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi. Tra le diverse opzioni decisorie, la disposizione ha contemplato la possibilità di disporre la regressione del procedimento alla fase di merito in cui si sia accertata la violazione . Lo conferma l' art. 628 bis , comma 6 e 7, c.p.p. che ha stabilito la nuova decorrenza del termine prescrizionale e di improcedibilità unitamente alla modifica apportata all' art. 60, comma 3, c.p.p. che ha espressamente previsto la riassunzione dello status di imputato in caso di accoglimento della richiesta di cui all'art. 628 bis c.p.p. Nella sentenza in commento, la S.C. ha disposto la revoca delle due sentenze nella parte in cui hanno determinato il passaggio in giudicato della sentenza per calunnia , optando per l'annullamento con rinvio della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Perugia, che ha chiuso la fase di merito circa la responsabilità per il delitto di calunnia. Ciò al fine di consentire al giudice del rinvio di riesaminare l'incidenza effettiva delle accertate violazioni convenzionali sul giudicato interno per addivenire […] ad un nuovo ed autonomo giudizio , in particolare sulla valutazione del memoriale sottoscritto dalla Knox e consegnato agli ufficiali di polizia giudiziaria prima che la stessa fosse sottoposta alla misura cautelare in carcere. E infatti, il manoscritto redatto in lingua inglese dalla Knox non è stato sottoposto all'azione demolitoria della Corte EDU perché non attinto dalle violazioni del diritto all'assistenza difensiva e linguistica riferibili alle sole dichiarazioni rese oralmente dalla stessa.

Presidente Scarlini – Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. La richiesta ex art. 628-bis c.p.p. oggi al vaglio di questa Corte è stata presentata dai procuratori speciali di K.A.M. e concerne la condanna per calunnia pronunziata nell'ambito di un più ampio processo di cui si dirà nel prosieguo commessa ai danni di L.D., detto P., accusato dalla K. di essere l'autore dell'omicidio di K.M. la condanna della K. per calunnia fu pronunziata dalla Corte di assise di Perugia il 4-5 dicembre 2009 e fu confermata dalla Corte di assise di appello di Perugia il 3 ottobre 2011, pronunzia, quest'ultima, passata in giudicato, quanto al giudizio di penale responsabilità, a seguito della sentenza della prima sezione penale di questa Corte del 25 marzo 2013, che rigettò il ricorso dell'imputata. Sulla condanna per la calunnia hanno inciso anche le vicende successive del procedimento principale, in particolare quanto al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2 , definitivamente esclusa dalla sentenza di annullamento senza rinvio di questa sezione del 25 marzo 2015 su cui pure si ritornerà. La richiesta sub iudice fonda sulla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, prima sezione, del 24 gennaio 2019, che, adita dalla condannata, ha ravvisato nel processo a suo carico per la calunnia alcune violazioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali d'ora in avanti, CEDU tale istanza mira ad ottenere da questa Corte l'adozione dei provvedimenti necessari per porre rimedio alle predette violazioni, in applicazione del nuovo istituto di cui all'art. 628-bis c.p.p., introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che costituisce un inedito presidio normativo per dare attuazione, nell'ordinamento interno, alle decisioni favorevoli della Corte di Strasburgo. 2. Come accennato, la condanna di K.A.M. per calunnia si inserisce in una vicenda giudiziaria ben più complessa, che in questa sede va ricostruita, quantomeno nei passaggi di rilievo ai fini della decisione cui è chiamato oggi il Collegio. 2.1. K.A.M. classe Omissis fu tratta a giudizio dinanzi alla Corte di assise di Perugia insieme all'allora fidanzato S.R. per A l'omicidio aggravato in concorso anche con G.R.H., giudicato separatamente con rito abbreviato e condannato in via definitiva della sua coinquilina, la ventiduenne studentessa inglese K.M., avvenuto nella notte tra il Omissis nell'abitazione che le due ragazze condividevano, insieme ad altre due giovani, a Omissis B il porto, fuori dall'abitazione di S., del coltello utilizzato per l'omicidio C la violenza sessuale aggravata, sempre in concorso come sopra, ai danni di K.M. D il furto, tra l'altro, di due telefoni cellulari appartenenti a K.M. E la simulazione del tentato furto, da parte di ignoti, all'interno dell'appartamento teatro dei fatti, simulazione attuata per assicurarsi l'impunità dei delitti di omicidio e di violenza sessuale. La sola K., inoltre, era chiamata a rispondere del reato di cui al capo F , ossia la calunnia ai danni di L.D. detto P. , suo datore di lavoro, accusato ingiustamente di essere l'autore dell'omicidio, ciò secondo l'editto accusatorio al fine di ottenere l'impunità per quest'ultimo reato. In particolare, le accuse ai danni di L. erano state formulate dalla K. con denuncia sporta nel corso delle dichiarazioni rese alla Squadra Mobile ed alla Questura di Perugia in data Omissis così il capo di imputazione . Ovvero quando nell'ambito delle serrate audizioni che erano seguite all'efferato delitto ella era stata escussa all'interno dei locali della Questura di Perugia per diverse ore prima la ragazza, alle ore 1.45, aveva reso sommarie informazioni testimoniali dinanzi ai poliziotti e poi, alle ore 5.45, aveva reso spontanee dichiarazioni al pubblico ministero poco dopo era stata sottoposta a fermo per l'omicidio della coinquilina. Qualche ora più tardi, la K. aveva chiesto e ottenuto carta e penna ed aveva redatto un manoscritto in lingua inglese, che pure era stato consegnato agli inquirenti, in cui rievocava sia i suoi ricordi dei fatti, sia le condizioni in cui aveva reso le dichiarazioni della notte precedente. A seguito delle accuse dell'attuale istante, L. aveva subito un periodo di custodia in carcere per l'omicidio, fino a quando le indagini non avevano rivelato la sua estraneità ed egli era stato scarcerato. 2.2. Con sentenza del 4-5 dicembre 2009, la Corte d'assise di Perugia dichiarò la K. e S. colpevoli dei reati loro ascritti al capo A in detto reato assorbito il delitto contestato alla lettera C nonché dei reati loro contestati ai capi B e D ed E e, per quanto riguarda la K., anche della calunnia sub F , pronunziando condanna anche agli effetti civili. 2.3. Decidendo sui gravami proposti dagli imputati, la Corte di assise d'appello di Perugia, con sentenza del 3 ottobre 2011, pronunziò l'assoluzione degli imputati dai reati loro ascritti ai capi A B e D , per non aver commesso il fatto, e dal reato di cui al capo E perché il fatto non sussiste. Con la medesima deliberazione la condanna per la calunnia fu, invece, confermata, esclusa tuttavia l'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti di cui all'art. 368 c.p., comma 2, la pena fu individuata in anni tre di reclusione, con conferma delle statuizioni civili concernenti tale capo. 2.4. La prima sezione penale di questa Corte, adita dal Procuratore generale di Perugia, dall'imputata e dalle parti civili, il 25 marzo 2013, annullò la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi A in esso assorbito il capo C B , D ed E ed all'esclusione dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, riguardo alla calunnia, rinviando per nuovo esame alla Corte d'assise di appello di Firenze di contro, il ricorso della K. fu respinto quanto alla condanna per la calunnia, sicché calò il giudicato sulla relativa affermazione di responsabilità dell'odierna richiedente. 2.5. Pronunciando in sede di rinvio, la Corte d'assise di appello di Firenze, il 30 gennaio 2014, confermò la sentenza di primo grado quanto alla condanna per l'omicidio e per i reati connessi nonché circa la sussistenza della circostanza aggravante del nesso teleologico quanto alla calunnia. 2.6. Su ricorso della difesa dell'imputata, questa sezione, con sentenza del 27 marzo 2015, annullò senza rinvio la condanna per l'omicidio, la simulazione di reato e il furto, per non aver commesso il fatto, e quella per la contravvenzione perché era maturato il termine di prescrizione la Corte escluse, altresì, la circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, quanto alla calunnia, individuando la pena, per tale, residuo reato, in anni tre di reclusione. L'annullamento senza rinvio di questa Corte quanto alla responsabilità della K. e di S. per l'uccisione di M. e per i reati connessi fu sostanzialmente dettato dall'incertezza probatoria che aveva caratterizzato l'intero processo, a sua volta legata a errori o imprecisioni commessi nella primissima fase investigativa, che compromettevano la tenuta della decisione avversata così la pronunzia in esame, nel prologo del percorso argomentativo, a margine del riferimento all'iter processuale teste' riassunto Un iter obiettivamente ondivago, le cui oscillazioni sono, però, la risultante anche di clamorose defaillances o amnesie investigative e di colpevoli omissioni di attività d'indagine, che, ove poste in essere, avrebbero, con ogni probabilità, consentito, sin da subito, di delineare un quadro, se non di certezza, quanto meno di tranquillante affidabilità, nella prospettiva vuoi della colpevolezza vuoi dell'estraneità degli odierni ricorrenti. Un siffatto scenario, intrinsecamente contraddittorio, costituisce, già in sé, un primo, eloquente, segnale di un insieme probatorio tutt'altro che contrassegnato da evidenza oltre il ragionevole dubbio . Ne conseguiva si legge, ancora, nella sentenza di annullamento senza rinvio che il vaglio della Corte di merito, allorché aveva confermato il giudizio di condanna, era caratterizzato da discrasie, incongruenze ed errores in iudicando, che inficiano, ab imis, la tenuta complessiva della struttura argomentativa , con riferimento soprattutto ma non solo allo scrutinio sui risultati della prova scientifica, cui si era giunti si legge nella sentenza di annullamento in violazione delle regole consacrate dai protocolli internazionali . In conclusione scriveva la Corte L'intrinseca contraddittorietà degli elementi probatori, emergente dal testo della sentenza impugnata, inficia in nuce il tessuto connettivo della stessa pronuncia comportandone l'annullamento e il rinvio al Giudice di merito fu considerato inutile, in ragione della chiarita impossibilità di superamento dei dubbi individuati. 3. Non può prescindersi, poi, nel dare atto degli elementi su cui ha ragionato la Corte edu, dal menzionare la sentenza del Tribunale di Firenze del 14 gennaio 2016, che pronunziò l'assoluzione della K. dal reato di calunnia ai danni degli interpreti che l'avevano assistita nel corso delle due dichiarazioni della notte tra il 5 e il Omissis , dei poliziotti che la escussero in quelle ore e del pubblico ministero che presenziò all'escussione delle ore 5.45, calunnia consistita nell'averli accusati di vari reati dalla calunnia al falso, dalla falsa testimonianza al favoreggiamento , commessi tacendo alcune circostanze in sede dibattimentale e inducendola, all'epoca della escussione notturna più volte richiamata, a rendere alcune dichiarazioni non corrispondenti alla realtà, tra cui quelle concernenti il coinvolgimento di L. nell'omicidio. Il procedimento era sorto all'esito della trasmissione degli atti al pubblico ministero, disposta dalla Corte di assise di Perugia a seguito delle dichiarazioni rese dalla K. nel corso del processo a suo carico. Il Giudice monocratico di Firenze pronunziò l'assoluzione dell'imputata con la formula perché il fatto non sussiste quanto alle accuse ai danni dei poliziotti e dell'interprete e perché il fatto non costituisce reato in ordine alle accuse mosse al pubblico ministero che si occupava delle indagini. 4. Venendo al tema di più immediato interesse ai fini dell'odierno giudizio, non altrettanto ondivago può dirsi il percorso processuale relativo alla calunnia commessa dalla K. ai danni di L Come già precisato, la condanna della K. per il reato di calunnia ai danni di L. è passata indenne attraverso tutti i gradi del giudizio, anche di rinvio, fatta eccezione per la circostanza aggravante del nesso teleologico, che ha subito alterne vicende in dipendenza di quelle per il reato di cui all'art. 575 c.p., fino ad essere definitivamente esclusa in ragione dell'annullamento senza rinvio per l'omicidio cui il delitto ex art. 368 c.p. sarebbe stato collegato teleologicamente, nel senso di essere funzionale ad ottenere l'impunità per l'uccisione di M Le accuse di essere l'autore dell'omicidio erano state rivolte a L. si legge nelle sentenze di merito nel corso di più dichiarazioni rese dalla K. agli inquirenti alle ore 1.45 ai poliziotti della Questura di Perugia e alle ore 5.45 del Omissis anche al pubblico ministero su tali accuse la K. era tornata in un memoriale scritto in inglese di sua iniziativa e consegnato alla Polizia nella stessa data, qualche ora dopo. 5. Il 24 gennaio 2019, la prima sezione della Corte edu ha accolto parzialmente il ricorso presentato nell'interesse della K., con la pronunzia che quest'ultima intende far valere con la richiesta di cui all'art. 628-bis c.p.p. sottoposta al vaglio di questa Corte. Dopo un'accurata ricostruzione dei fatti e delle articolazioni del procedimento, la Corte di Strasburgo ha ravvisato, nel processo a carico di K.A. per la calunnia ai danni di L., le seguenti violazioni. 5.1 Violazione dell'art. 3 CEDU Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti sotto il profilo procedurale, quanto al trattamento che era stato riservato alla K. durante le sue audizioni della notte del Omissis . La violazione, più precisamente, è stata ravvisata nel fatto che era mancata una indagine ufficiale effettiva per identificare e punire i possibili responsabili. A tale riguardo, la Corte può solo rilevare che, nonostante le ripetute denunce della ricorrente, i trattamenti da lei segnalati non sono stati oggetto di alcuna indagine In particolare, rileva che non è stato dato seguito alla richiesta di trasmissione degli atti alla procura, formulata dalla difesa dell'interessata il 13 marzo 2009 anzi ha osservato la Corte a seguito di tale udienza, gli atti erano stati trasmessi al pubblico ministero per procedere contro la K. per calunnia. La Corte di Strasburgo ha, invece, negato che potesse ravvisarsi violazione materiale dell'art. 3 della Convenzione osservando come non vi siano elementi per poter concludere che la ricorrente sia stata oggetto dei trattamenti inumani e degradanti lamentati . 5.2. Violazione dell'art. 6, par. 1 e 3 lett. c Cedu, quanto al diritto all'assistenza difensiva, in ordine quantomeno alle dichiarazioni rese alle ore 5.45 del 6 novembre 2009. La conclusione dei Giudici di Strasburgo, a questo riguardo, è stata che il Governo non sia riuscito a dimostrare che la limitazione dell'accesso della ricorrente all'assistenza legale durante l'audizione del Omissis alle 5.45 non ha pregiudicato in modo irreparabile l'equità del processo nel suo complesso . 5.3. Violazione dell'art. 6, parr. 1 e 3 lett. e CEDU quanto all'assistenza di un interprete. Nella specie la Corte ha rilevato che il comportamento tenuto da A. D.A., n. d.e. mentre la K. esponeva la sua versione dei fatti, e' andato oltre le funzioni di interprete che essa doveva assicurare perché la donna ha voluto stabilire una relazione umana ed emotiva con la ricorrente, attribuendosi un ruolo di mediatrice e assumendo un atteggiamento materno con non erano assolutamente richiesti nel caso di specie . Su questo aspetto prosegue la Corte edu la K. non aveva ricevuto tutela attraverso un'adeguata verifica delle possibili ripercussioni di questo comportamento e ciò aveva compromesso la generale equità del procedimento. 5.4. Riconosciute le anzidette violazioni ed in forza dell'art. 41 CEDU Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto Interno dell'Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa , la Corte edu ha riconosciuto alla K. la somma di 10.400 Euro, oltre le spese e gli interessi fino al saldo. 6. Sulla base della sentenza della Corte edu e per ottenere l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli della pronunzia di condanna di K.A., gli Avvocati Luparia Donati Luca e Dalla Vedova Carlo suoi difensori e procuratori speciali hanno presentato richiesta ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p. il 28 marzo 2023 presso la Cancelleria di questa Corte. 6.1. La richiedente esordisce con una ricostruzione delle sollecitazioni che hanno condotto all'introduzione da parte del D.Lgs. n. 150 del 2022 dell'istituto della richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o dei Protocolli Addizionali . Ricorda la parte che, in seguito all'adozione della Raccomandazione R 2000 2, del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, gli Stati contraenti erano stati invitati ad adottare una qualche forma di riapertura del procedimento, nelle ipotesi in cui la Corte edu avesse accertato una violazione della CEDU. La perdurante inerzia del legislatore si legge nella richiesta aveva così indotto la Corte di Cassazione a individuare, nel corso del tempo, diversi rimedi la restituzione nel termine per proporre impugnazione per l'imputato contumace ex art. 175 c.p.p., commi 2 e 2-bis il ricorso straordinario per errore di fatto nelle ipotesi di violazione perpetrata in Cassazione l'incidente di esecuzione per ottenere l'eseguibilità del giudicato di cui all'art. 670 c.p.p. per le violazioni sostanziali . I limiti derivanti dall'incertezza sugli strumenti utilizzabili e dalla loro inadeguatezza restitutoria non erano stati superati neanche dopo l'introduzione nel nostro ordinamento, per effetto della sentenza costituzionale n. 113 del 2011, della c.d. revisione Europea, ovvero l'adattamento del mezzo di impugnazione straordinario disciplinato dall'art. 630 c.p.p., e s.s. alla riapertura del processo per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte di Strasburgo ai sensi dell'art. 46, par. 1, CEDU. Di qui l'introduzione, ad opera del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 36, del rimedio nuovo di cui oggi si invoca l'applicazione. 6.2. Dopo questa premessa, la richiesta passa a rendere una fedele ricostruzione degli accadimenti processuali nei termini già sopra riportati, segnalando che, dato il presofferto patito in custodia cautelare, la pena per la calunnia era stata integralmente scontata. Si legge nella domanda che, durante il procedimento penale principale, il procuratore non chiese l'esame degli imputati K. e S. e che la prima fu esaminata solo su richiesta della sua difesa l'esame durò per varie ore nei giorni del 13 marzo, del 12 e del 13 giugno 2009 e, nonostante la puntuale ricostruzione dei fatti avvenuti la sera del Omissis in occasione della redazione dei verbali delle ore 1.45 e 5.45 redatti in violazione degli articoli della Convenzione sui diritti umani come accertati dalla Corte edu , la richiedente subì comunque un altro procedimento penale per calunnia ai danni degli agenti di Polizia giudiziaria e dello stesso pubblico ministero per le dichiarazioni difensive rese. Durante le udienze sopra menzionate, l'istante ribadì ulteriormente le modalità aggressive e offensive delle quali era stata vittima, gli scappellotti che aveva ricevuto e la manipolazione che aveva subito da parte dell' interprete della Polizia la quale, raccontandole un episodio traumatico personale, le aveva suggerito che poiché era traumatizzata, non poteva ricordare tutti i fatti e, doveva quindi cercare di ricordare qualcos'altro. Segnala, poi, la richiedente che, al termine dell'udienza, fu dato seguito alla richiesta della parte pubblica di trasmissione degli atti in Procura per la calunnia ravvisata a suo carico per avere, pur sapendoli innocenti, accusato gli agenti di polizia che l'avevano escussa il Omissis di falsa testimonianza, calunnia e favoreggiamento, falso ideologico, violenze e minacce e non a quella della difesa per i reati che quest'ultima aveva raccontato di aver subito quella notte. La richiedente ricorda, poi, l'esito assolutorio definitivo del processo di Firenze a suo carico, che ebbe ad oggetto, oltre che la calunnia ai danni dei poliziotti, anche quella nei confronti del pubblico ministero Dott. Mignini nella sentenza si legge nella richiesta il Giudice monocratico ritenne che la K. fosse stata sottoposta a una forte pressione psicologica da parte degli inquirenti, che la condusse a fare il nome del L. con la sola finalità di porre fine a trattamenti contrari ai diritti della persona indagata. 6.3. Si giunge, quindi, alla decisione della Corte edu, di cui la richiesta rievoca gli snodi, in termini sovrapponibili a quanto sopra illustrato. 6.4. La richiedente passa, quindi, ad illustrare le ragioni per cui la sentenza della Corte di Strasburgo possa e debba fondare la domandata revoca della sentenza di condanna. Il primo passaggio è dedicato al tema della incidenza effettiva della violazione accertata dalla Corte Europea di cui all'art. 628-bis c.p.p., comma 5, incidenza che la richiedente individua nella circostanza che le dichiarazioni etero accusatorie incriminate erano state indotte proprio dallo stato di prostrazione notevole pressione psicologica che definire di stress appare riduttivo tale da far dubitare della effettiva spontaneità delle dichiarazioni così, la Corte di assise di appello di Perugia nella prima sentenza liberatoria determinato nella ragazza dalle gravi inosservanze delle garanzie procedurali, sia per quanto riguarda l'assistenza difensiva che per quella linguistica. Quanto alla prima, essa costituisce, per giurisprudenza consolidata della Corte edu, un baluardo contro abusi da parte della Polizia. La richiesta, quindi, si sofferma sulla violazione del diritto all'assistenza di un interprete diritto che, a lume della giurisprudenza di Strasburgo, di quella di Lussemburgo e delle norme unionali, deve essere di qualità tale da assicurare all'indagato o all'imputato di comprendere l'accusa formulata a suo carico art. 2 e 5 della direttiva 20 10/64/UE , con l'obbligo dell'autorità giudiziaria nazionale di controllare siffatta qualità il riferimento e', in particolare, a Corte Giust. UE, IS, 23 novembre 2021, C-564119 . Per di più, pur non avendo elementi per accertare direttamente la sussistenza di un trattamento inumano e degradante e quindi di una violazione dell'art. 3 CEDU in senso sostanziale , la Corte edu ha ritenuto comunque che i fatti denunciati dalla richiedente raggiungono la soglia minima di gravità per rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 3 della Convenzione p. 135 . Ricorda altresì la richiedente che il quadro delle violazioni era stato già confermato da questa Corte in sede cautelare sentenza n. 16410/08 del primo aprile 2008 allorché aveva affermato che le dichiarazioni spontanee delle ore 5 e 54 non sono utilizzabili né a carico dell'indagata, né nei confronti degli altri soggetti accusati del concorso nel medesimo reato, in quanto rese senza le garanzie difensive da parte di una persona che aveva già formalmente assunto la veste di indagata . Tali violazioni erano poi stigmatizzate dalla Corte di assise di appello di Perugia nella sentenza assolutoria, allorché aveva scritto La durata ossessiva degli interrogatori, portati avanti di giorno e di notte, condotti da più persone nei confronti di una ragazza giovane e straniera, che all'epoca non comprendeva né parlava affatto bene la lingua italiana, ignara dei propri diritti, privata dell'assistenza di un difensore, al quale avrebbe avuto diritto essendo ormai di fatto indagata per delitti tanto gravi ed assistita, per di più, da una interprete che . anziché limitarsi a tradurre la induceva a sforzarsi di ricordare spiegandole che, forse a causa del trauma subito, era confuse nei ricordi, rende del tutto comprensibile che ella si trovasse in una situazione di notevole pressione psicologica che definire di stress appare riduttivo, tale da far dubitare dell'effettiva spontaneità delle dichiarazioni Donde i giudici di Strasburgo, riprendendo la decisione della Corte di assise di appello, hanno scritto che Essa ha ritenuto che la ricorrente avesse effettivamente subito un vero e proprio supplizio che aveva generato una situazione psicologica insopportabile, per sfuggire alla quale la ricorrente aveva rilasciato dichiarazioni incriminanti nei confronti di D.L. p. 130 . La ricostruzione prosegue la richiesta è stata ribadita dalla stessa sentenza irrevocabile di assoluzione del Tribunale di Firenze del 14 gennaio 2016, nella parte in cui aveva ritenuto verosimili le accuse che la K. aveva formulato ai danni dei poliziotti e dell'interprete, dato il clima generale di quella notte e le irritualità che aveva caratterizzato l'operato degli inquirenti, e ne aveva criticato l'approccio, anche laddove impropriamente tendente all'empatia. Proprio sulla base di questa sentenza, i Giudici di Strasburgo hanno scritto che Il tribunale considerò in particolare che la stessa fosse stata sottoposta a una forte pressione psicologica da parte degli inquirenti, il che l'aveva indotta a fare il nome di D. al solo scopo di porre fine a un trattamento contrario ai diritti della persona indagata p. 103 . Conclude, quindi la richiedente assumendo che sia stata raggiunta la prova circa il fatto che l'assenza di un difensore, la mancanza di un'assistenza linguistica di qualità, l'assenza di riposo, il prolungarsi dell'interrogatorio, l'ora notturna, il numero di poliziotti coinvolti e le modalità aggressive dell'esame avessero certamente determinato uno stato di prostrazione e di condizionamento insopportabile nei suoi confronti. Quanto alla giurisprudenza interna applicata nel caso di specie quella secondo cui l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da persona che avrebbe dovuto essere sentita con il difensore ex art. 63 c.p.p., comma 2, artt. 64 e 350 c.p.p., non riguarda anche i reati che si commettono durante e con quelle dichiarazioni, primo fra tutti la calunnia la richiedente assume che tale esegesi non può che riferirsi secondo un'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme nonché rispettosa dei principi Eurounitari alle sole dichiarazioni rese da soggetto che, pur privo del difensore e in assenza degli avvisi, si sia trovato nelle condizioni di esprimersi in modo libero e consapevole tanto dal punto di vista linguistico che psicologico . Al contrario si legge nella richiesta estendere siffatto orientamento alle ipotesi nelle quali le dichiarazioni siano state rese da un soggetto che, proprio in conseguenza della violazione dei diritti fondamentali primo tra tutti il diritto alla lingua e alla libertà morale , sia stato privato della libertà di autodeterminarsi, sarebbe palesemente contrario al canone dell'inviolabilità della dignità della persona, scolpito nell'art. 2 Cost. e nell'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e alla stessa inviolabilità della libertà personale, che postula la punizione di ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni della libertà art. 13 Cost., comma 4 . In quest'ottica assume particolare rilievo la garanzia di un'assistenza linguistica adeguata che nella giurisprudenza di Strasburgo e nella stessa direttiva 2010/64/UE viene configurato come un diritto volto a garantire la stessa capacità processuale del soggetto a cui è attribuito in quanto, in assenza di un'intermediazione, coloro che sono incapaci linguisticamente finiscono per partecipare al processo solo in senso fisico, ma senza alcuna consapevolezza. Nella specie, l'assenza di un'assistenza linguistica qualitativamente adeguata o, peggio, la presenza di un'interprete di parte aveva profondamente alterato la capacità di K.A. di valutare i fatti, di comprendere il senso delle domande e il significato dei comportamenti non verbali degli operatori, nonché l'effettiva portata delle proprie affermazioni, influendo sulla percezione onirica del racconto effettuato nella notte del 6 novembre, percezione che la giovane aveva riconosciuto già poche ore dopo nel memoriale redatto. Dissente, quindi, la richiedente dall'affermazione contenuta nella sentenza della Corte di Cassazione n. 26455/2013 secondo la quale la K. seppure molto giovane era ragazza matura, con un livello culturale adeguato , parametri che nulla potevano rispetto all'incapacità linguistica o, peggio, all'assistenza linguistica apprestata da una figura parziale, che perseguiva un interesse concorrente con quello degli inquirenti. Se ne ricaverebbe si legge ancora nella richiesta che l'utilizzo delle dichiarazioni rese da K.A. il Omissis sia impedito anche dalle norme dell'art. 64 c.p.p., comma 2, e art. 188 c.p.p., che vietano l'impiego di metodi e tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti , sbarramento reputato pacifico in dottrina e nella giurisprudenza, costituzionale e di legittimità. Quanto al memoriale, la richiedente esclude che esso possa fondare l'elemento materiale della calunnia, giacché la Corte di assise di appello di Perugia aveva scritto che la stessa articolazione del racconto, contenuta non solo nel verbale di spontanee dichiarazioni ma anche nel memoriale redatto subito dopo, appare come la narrazione confusa di un sogno, sia pure macabro, che non la descrizione di una vicenda davvero accaduta p. 32 , pur traendone, poi, l'errata conclusione di conferma della condanna. Lo scritto era il primo atto in cui la giovane aveva potuto difendersi, il grido di dolore di una ragazza prostrata, che non conosceva le regole del nostro Paese, aveva subito plurime violazioni dei propri diritti e stava per essere tradotta in carcere. D'altronde si legge ancora nella richiesta dalla semplice lettura del manoscritto, non si ricava che esso documenti l'accusa di un reato verso una persona che la K. sapeva innocente al contrario, risulta evidente che le dichiarazioni contenute nel memorandum trovavano la loro radice nella univoca volontà di collaborazione della giovane rispetto alle investigazioni e nella volontà di palesare le proprie incertezze circa la veridicità dei fatti poco prima narrati agli inquirenti. A sostegno di tale assunto, la parte ne trascrive un tratto Per quanto riguarda questa confessione che io ho reso la scorsa notte voglio chiarire che ho seri dubbi sulla verità delle mie dichiarazioni perché sono state rese sotto la pressione di stress, shock, e perché ero esausta. Non solo mi era stato detto che sarei stata arrestata e messa in prigione per 30 anni, ma sono stata anche colpita in testa quando non ricordavo correttamente un fatto. Ho le idee più chiare rispetto a prima, ma mi mancano ancora delle parti, e so che questo non mi aiuta. Ma questa è la verità e questo è ciò che penso in questo momento. Vi prego, non prendetevela con me, perché ciò mi rende soltanto più confusa e non giova a nessuno. Capisco quanto sia grave questa situazione, e proprio per questo, voglio che queste informazioni siano più chiare possibili. Se ci sono ancora parti che non hanno senso, per favore chiedetemele. Sto facendo del mio meglio, proprio come voi. Vi prego, credetemi almeno in questo, sebbene vi capisco se non lo fate. Tutto quello che so è che non ho ucciso M., e quindi devo temere soltanto le bugie . Richiamando, poi, la giurisprudenza interna circa il dolo di calunnia che vede, quale condizione essenziale, la piena conoscenza della innocenza dell'accusato la richiedente sostiene che non sia sufficiente il dolo eventuale, sicché il dubbio sulla colpevolezza esclude il dolo, sottolineando come le sue incertezze fossero state precisate Ho dei flashback in cui vedo D. come l'assassino, ma è impossibile per me sapere in che modo la verità si presenta nella mia mente, perché non ricordo con certezza se quella notte ero a casa mia Le domande alle quali si dovrebbe rispondere ora sono, a mio parere, le seguenti perché S.R. ha mentito o, secondo voi ha mentito ? perché ho pensato a L.D.? le prove della mia presenza al momento e sui luoghi dei fatti sono attendibili? Se sì, cosa significa ciò rispetto alla mia memoria? E' affidabile? vi sono altre prove contro D. o contro qualsiasi altra persona? chi è veramente l'assassino? Questo è particolarmente importante perché penso di non poter servire come testimone a carico condemning testimone in questa circostanza . In ogni caso si sostiene, ancora, nella richiesta, in via subordinata anche laddove si ritenessero in ipotesi integrati l'elemento oggettivo e soggettivo della calunnia, si deve reputare il reato scriminato ex art. 54 c.p La condotta degli operanti secondo la ricostruzione della Corte di assise di appello di Perugia, del Tribunale di Firenze e della Corte edu aveva determinato una situazione di pericolo in alcun modo causato dalla stessa indagata di un danno grave alla persona. Tale pericolo era rappresentato dalla concreta probabilità che gli inquirenti mantenessero la giovane nella condizione di prostrazione in cui l'avevano ridotta e che, ancora peggio, ella avrebbe subito una lunga limitazione della libertà personale, il che l'aveva indotta a confermare la narrazione che vedeva coinvolto L.P. la calunnia appare proporzionata al pericolo sventato perché la libertà personale di L. era equivalente o addirittura sub-valente rispetto all'integrità fisica e psichica della K Donde la Corte di Cassazione, adita ex art. 628-bis c.p.p., deve prendere atto della sussistenza di una scusante che risulta dagli atti senza necessità di ulteriori accertamenti fattuali e pronunciare l'annullamento senza rinvio con la formula perché il fatto non costituisce reato ex art. 620 c.p.p., lett. e , e art. 129 c.p.p In via gradata chiede la parte laddove invece si ritenesse non sufficiente il quadro probatorio emergente dagli atti e si reputasse necessario un approfondimento ulteriore sul piano fattuale circa le condotte poste in essere dall'autorità inquirente, questa Corte dovrebbe revocare la sentenza della Corte di cassazione n. 26455 del 25 marzo 2013 depositata in data 18 giugno 2013 nella parte relativa alla calunnia e annullare con rinvio la sentenza della Corte di assise di appello di Perugia n. 4/2011. 6.5. Un'altra sezione della richiesta in esame è dedicata alla Eliminazione degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione accertata dalla C. e. d. u. Ricorda, a tale riguardo, la richiedente che il nuovo art. 628-bis c.p.p. attribuisce alla Suprema Corte un autonomo margine di apprezzamento riguardo alla valutazione dell'attualità delle conseguenze dannose, senza ancorarla all'attualità dello stato detentivo dell'interessato, cessato da tempo in quanto la condanna a tre anni di reclusione fu del tutto assorbita dal presofferto in custodia cautelare. A seguire, la richiesta è diretta alla illustrazione dei dati di fatto che comprovano la persistenza attuale del pregiudizio derivante dal processo in capo alla K Ella è bersaglio perenne del discredito dell'opinione pubblica mediante manifestazioni di odio veicolate tramite social media, mezzi di informazione, e lettere contenenti minacce di morte non solo nei confronti della richiedente ma anche di sua figlia. La sua immagine, sul mercato mondiale , è oggi associata a termini quali colpevole e bugiarda . Sugli stessi temi esistono pubblicazioni, libri e documentari. La difficoltà dei rapporti sociali per la sua famiglia, suo marito e sua figlia minore è tale da aver generato la necessità di cambiare casa dal centro di Omissis ad un'abitazione in una zona remota. Ella ha difficoltà a viaggiare, soprattutto in Europa, tanto che, durante la visita in Italia nell'estate del 2019, è stata costretta ad assumere delle guardie del corpo per il pericolo derivante dai numerosi messaggi di odio e minacce ricevuti. Lo stesso si può dire per i genitori e le sorelle, costretti a sopportare il riverbero della sua cattiva reputazione. La K. ha difficoltà nel trovare un lavoro da svolgere in un luogo pubblico o a stretto contatto con il pubblico per il senso di pericolo causato dalle numerose lettere minatorie ricevute nelle quali è descritta come la ragazza colpevole e bugiarda del delitto di Perugia. Si verifica una costante violazione del diritto alla privacy della richiedente. I fatti di cui al processo si legge ancora nella richiesta sono oggetto di continue polemiche e discussioni nella stampa, in televisione e sono dibattuti nei Paesi principalmente coinvolti nella vicenda quali l'Italia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, Paesi nei quali l'opinione pubblica risulta in larga parte colpevolista, nonostante l'assoluzione per il reato di concorso in omicidio. Le situazioni di fatto sopra rappresentate che la richiedente si riserva di documentare possono comunque essere ritenute dimostrate come dati di comune esperienza ex art. 115 c.p.c Di fronte a questo persistente nocumento derivante dalla sentenza di condanna per la calunnia, la condanna da parte della Corte di Strasburgo della Repubblica Italiana al pagamento di 10.400 Euro, per il danno morale subito, ed al pagamento di 8.000 Euro a titolo di spese condanna eseguita in data 18 dicembre 2019 dal Governo italiano non è minimamente sufficiente a rimuovere gli effetti pregiudizievoli subiti dalla richiedente. Tale rimozione potrebbe discendere solo dal risarcimento in forma specifica osserva la parte che la disposizione dell'art. 41 CEDU e, soprattutto, la lettura che ne fornisce la Corte edu, depongono nel senso che l'indennizzo non è destinato a riparare la violazione , ma solo le sue conseguenze . Insomma, si deve ritenere che le due obbligazioni non siano alternative ma cumulative. In questo senso si è espressa la Corte edu nella sentenza Papamichalopoulos c. Grecia del 31 ottobre 1995 e, successivamente, nella sentenza Scozzari e Giunta c. Italia del 13 luglio 2000, avente ad oggetto un provvedimento giurisdizionale non definitivo di affidamento di minori. In particolare, in questa seconda pronuncia, la Corte ha precisato che lo Stato convenuto . è chiamato non solo a versare agli interessati le somme accordate a titolo di equa soddisfazione ma anche a scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o, se del caso, individuali da adottare nel suo ordine giuridico interno allo scopo di porre fine alla violazione constatata dalla Corte e di rimuoverne per quanto possibile le conseguenze . Come riconosciuto dalla Risoluzione 1226 2000 adottata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 28 settembre 2000, proprio perché la Convenzione Europea costituisce un meccanismo unico di protezione dei diritti dell'uomo, che contribuisce in maniera determinante al mantenimento della sicurezza democratica ed al rispetto del diritto nell'insieme dell'Europa, è essenziale che gli Stati onorino pienamente l'impegno formale a conformarsi alle sentenze definitive della Corte Europea nelle controversie in cui essi sono parti . L'evoluzione della giurisprudenza convenzionale vede oggi a differenza che in passato, allorquando era sufficiente il versamento agli interessati delle somme assegnate a titolo di equa soddisfazione attribuito un rilievo del tutto inedito all'esecuzione dell'obbligo di porre fine alla produzione degli effetti pregiudizievoli conseguenti alla violazione e di attuare una restitutio in integrum. In questa direttrice si colloca la modifica, da parte del Protocollo n. 14 alla CEDU, dell'art. 46CEDU, con la parziale giurisdizionalizzazione della fase dell'esecuzione in particolare, si riconosce la possibilità di adire la stessa Corte per far accertare la mancata ottemperanza da parte di uno Stato all'obbligo di conformarsi alla sentenza art. 46, parr. 4 e 5, CEDU . 7. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto della richiesta. 7.1. Dopo avere diffusamente e fedelmente ricostruito le vicende processuali che hanno interessato la K., il Procuratore generale ha illustrato la richiesta ex art. 628-bis c.p.p. e tracciato accuratamente le linee portanti dell'istituto di nuova introduzione. Venendo alle sue conclusioni, il Procuratore generale ha innanzitutto sostenuto l'ammissibilità dell'istanza proposta nell'interesse della K., siccome avanzata da soggetto legittimato ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p., comma 1 il condannato , a mezzo di difensore munito di procura speciale. La circostanza che la richiesta sia stata presentata presso la cancelleria della Corte di Cassazione, anziché presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di condanna come richiesto dall'art. 628-bis c.p.p., comma 2 , secondo il Procuratore generale, non incide sull'ammissibilità della richiesta, a lume del principio di conservazione dei mezzi d'impugnazione. Prosegue, quindi, il Procuratore generale rilevando la tempestività della richiesta, in quanto formulata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022, come previsto dalla disposizione transitoria di cui all'art. 91 del D.Lgs. in parola, secondo cui, quando la decisione con cui la Corte Europea dei diritti dell'uomo abbia accertato una violazione dei diritti riconosciuti dalla CEDU o dai Protocolli addizionali alla stessa sia divenuta definitiva in data anteriore all'entrata in vigore del decreto-legislativo, il termine di cui all'art. 628-bis c.p.p., comma 2, decorre dal giorno successivo all'entrata in vigore del decreto medesimo. Quanto all' indicazione specifica delle ragioni che giustificano la richiesta pure prevista dal comma 2 il Procuratore generale osserva che sono state precisate dalla richiedente le violazioni delle garanzie convenzionali riscontrate dal giudice Europeo e sono stati allegati gli elementi a sostegno della domanda. 7.2. Quella che il Procuratore generale contesta e', invece, come anticipato, la fondatezza dell'istanza della K Ricorda la parte pubblica che l'art. 628-bis c.p.p., comma 5 racchiude la regola fondamentale di giudizio da adottare, ossia quella che concerne l'effettiva incidenza che la violazione della Convenzione ha prodotto sulla condanna parere del C.S.M. del 21 settembre 2022 dunque, non è sufficiente lamentare una violazione della Convenzione ai fini della proposizione del ricorso, ma occorre che la stessa risulti decisiva ai fini della condanna parere C.S.M., cit. . Sostiene, quindi, il Procuratore generale che non tutte le violazioni possono condurre alla riapertura del processo penale o alla revoca di una sentenza coperta da giudicato, ma soltanto quelle che abbiano inciso sulla sentenza interna di condanna in modo tale da porsi in contrasto con il merito della Convenzione violazioni di natura sostanziale o da generare dubbi sull'accertamento processuale violazioni di natura processuale . Il Giudice nazionale prosegue la parte non ha margini di apprezzamento sull'esistenza della violazione rilevata dal giudice Europeo, ma è competente a decidere circa la gravità e l'incidenza di detta violazione sul procedimento penale, giudizio che, nella specie, deve concludersi con esito negativo. In particolare, la sentenza di Strasburgo, accertate violazioni esclusivamente processuali e non già sostanziali da parte dello Stato italiano, si è limitata a liquidare una somma da corrispondere alla ricorrente a titolo di equa soddisfazione per il danno morale patito somma, peraltro, di gran lunga inferiore a quella richiesta Euro 10.400,00 a fronte di una richiesta di Euro 500.000 , ma non ha suggerito, neanche in parte motiva, l'adozione di misure individuali ulteriori, volte ad assicurare una restitutio in integrum il che si sostiene neutralizzerebbe la portata della decisione rispetto ai pretesi interventi ripristinatori da parte dello Stato italiano, in quanto è la stessa Corte edu che non ne ha individuato la necessità. E comunque si legge ancora nella requisitoria si deve escludere che le violazioni accertate dalla Corte Europea siano di natura e gravità tali da avere avuto una incidenza effettiva sulla sentenza di condanna per calunnia pronunciata nei confronti di K.A. all'esito di due giudizi di merito e uno di legittimità la dimostrazione di tali requisiti e dell'incidenza effettiva di tali violazioni sulla sentenza di condanna, nonché dell'attualità e persistenza degli effetti negativi derivanti dalla decisione interna frutto della violazione convenzionale che potrebbe suggerire l'adozione di iniziative ripristinatorie , non può che gravare sul soggetto che propone l'istanza. Quanto alla violazione dell'art. 3 della Convenzione, il Procuratore generale sottolinea che la Corte edu ha espressamente escluso, sotto il profilo materiale della doglianza, che vi siano elementi per poter concludere che la ricorrente sia stata oggetto dei trattamenti inumani e degradanti lamentati , riconoscendo solo la violazione sotto il profilo processuale, cioè quanto alla mancata attivazione di un'indagine che potesse chiarire i fatti e le eventuali responsabilità nel suo caso paragrafi 138 e 140 della sentenza CEDU . Riguardo il diritto all'assistenza difensiva, contrariamente a quanto si sostiene nell'istanza, la Corte di Strasburgo ha ritenuto violato l'art. 6 par. p.p. 1 e 3 c della Convenzione solo quanto all'audizione delle ore 5.45 del Omissis con esclusione, dunque, delle prime dichiarazioni etero-accusatorie rese alle ore 1.45, per le quali non è stata accertata alcuna violazione convenzionale , allorché la K. aveva ormai formalmente acquisito la qualità di indagata e, conseguentemente, avrebbe dovuto essere informata dei suoi diritti procedurali primo tra tutti, il diritto di farsi assistere da un avvocato . Ne', infine, il Giudice Europeo ha accertato contrariamente a quanto sostenuto nella richiesta la violazione del diritto all'assistenza di un interprete . Piuttosto, ha constatato che l'istante, debitamente informata delle accuse formulate a suo carico il 19 giugno 2008 , quando venne sentita il Omissis in Commissariato e, dunque, quando rese le dichiarazioni etero-accusatorie integranti l'elemento materiale del delitto di calunnia , fu assistita da un'interprete che allacciò con lei una relazione umana ed emotiva , assumendo un ruolo di mediatrice e un atteggiamento materno. Sostiene il Procuratore generale che la Corte edu ha escluso che, dal punto di vista dell'art. 6 p. 1, l'interprete sia soggetto al requisito formale di indipendenza o di imparzialità in quanto tale paragrafo 184 sent. Corte edu ciò che rileva, infatti, è che il suo comportamento non pregiudichi l'equità del processo e che i suoi servizi apportino all'imputato o indagato un aiuto effettivo. Nella specie, ciò che viene addebitato allo Stato italiano dalla Corte Europea è unicamente il fatto di non avere avviato un'indagine che facesse luce sulle accuse mosse dalla K. e che accertasse se il comportamento dell'interprete avesse avuto un impatto sull'esito del procedimento penale avviato dalla ricorrente . Ne consegue che l'affermazione che si legge nella richiesta secondo la quale la K., in occasione delle dichiarazioni rese il Omissis , fu privata di un'assistenza linguistica qualitativamente adeguata o, peggio, prestata da un'interprete di parte che alterò la sua capacità di comprendere il senso delle domande e di valutare l'effettiva portata delle proprie valutazioni, sarebbe una mera illazione, che non corrisponde alla effettiva portata della violazione convenzionale accertata dal giudice Europeo. Ne', sulla scorta della decisione della Corte sovranazionale e dei plurimi accertamenti giudiziari nazionali così la richiesta , è provato che il Omissis l'autorità inquirente abbia condotto l'interrogatorio con modalità tali da ledere la libertà dell'allora indagata e con l'unico scopo di far parlare una giovane donna straniera che era stata profondamente condizionata , con conseguente inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni etero-accusatorie integranti l'elemento materiale del delitto di calunnia, ai sensi dell'art. 188 c.p.p. pag. 17 della richiesta tanto si ricava dal fatto che la stessa sentenza della Corte Europea esclude la violazione materiale dell'art. 3 CEDU, in assenza di elementi per poter concludere che la ricorrente sia stata oggetto dei trattamenti inumani e degradanti lamentati . Con riferimento al manoscritto della K., poi, il Procuratore generale rappresenta quanto segue. Innanzitutto l'osservazione difensiva per cui esso non sarebbe sufficiente a integrare l'elemento materiale del delitto di calunnia in quanto si tratterebbe della narrazione confusa di un sogno , redatta da una ragazza angosciata che non conosceva i propri diritti e che era stata sottoposta ad esame in violazione di tali diritti fonda sull'assenza della K. da casa al momento dell'omicidio, circostanza smentita nei giudizi di merito. Quanto, poi, all'incidenza della sentenza della Corte edu sulla decisione di condanna, il Procuratore generale sostiene che l'istante intenderebbe rimettere in gioco un accertamento coperto da giudicato, trascurando che a ella aveva reso dichiarazioni etero-accusatorie il Omissis sia quelle dell'1.45, con riferimento alle quali neppure è stata ritenuta integrata la violazione dell'art. 6 p.p. 1 e 3 c della Convenzione, sia quelle delle 5.45 ed aveva poi spontaneamente redatto il memoriale, nella sua lingua madre, nel quale aveva continuato a fare il nome di L. b l'argomentazione secondo la quale la ragazza fece il nome di L. perché sottoposta a forti pressioni non ha alcun fondamento, perché l'indicazione del predetto è stata tenuta ferma dopo le prime dichiarazioni e ribadita nel memoriale, scritto in piena solitudine e a distanza temporale rispetto ad una prima reazione non controllata in detto memoriale la ragazza non affermava l'estraneità del L. ai fatti occorsi la notte dell'I. novembre 2007, in quanto, pur asserendo di essere confusa, continua a dire di confermare le dichiarazioni fatte la scorsa notte c nei giorni immediatamente successivi al Omissis la K. ormai munita di difensore non aveva mai segnalato agli inquirenti la falsità delle accuse e ciò anche dopo che, in un colloquio con la madre tenutosi il 10 novembre 2008 registrato , aveva sostanzialmente riconosciuto di avere incolpato un innocente. Aggiunge il Procuratore generale che la situazione di forte stress cui la K. è stata sottoposta durante le audizioni del Omissis era stata già considerata dai giudici nazionali, che avevano escluso che la capacità di autodeterminazione della ragazza fosse stata condizionata e, comunque, come sottolineato da questa Corte nella sentenza del 24 marzo 2013, il diritto di difesa, in nessun ordinamento degli Stati di diritto, si estende sino al punto di accusare di un reato un innocente, che, peraltro, subì un periodo di carcerazione a causa delle false accuse. Il Procuratore generale conclude, quanto alla dedotta esistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, che si riflette sul piano sociale, con conseguenze morali e materiali, che contrariamente a quanto si sostiene nell'istanza sub iudice l'immagine negativa della K., maturata in parte dell'opinione pubblica, verosimilmente non è il frutto della condanna per calunnia, quanto dell'incertezza giudiziaria che ha connotato l'intera vicenda processuale. In particolare, il Procuratore generale ricorda le evoluzioni processuali relative all'omicidio e rammenta che questa sezione aveva deciso per l'annullamento senza rinvio tenuto conto di un compendio indiziario non univoco e intrinsecamente contraddittorio pag. 31 sent. Cass. sent. 27.3.2015 , inidoneo a supportare una statuizione di colpevolezza oltre il limite del ragionevole dubbio, pur essendo dato conclamato nel processo la presenza della ragazza nell'appartamento in cui avvenne l'omicidio par. 9.4.1, pag. 47, sent. cit. e pur in presenza di elementi di forte sospetto pag. 47 sent, cit. , la cui valenza dimostrativa è stata tuttavia posta in dubbio da elementi di segno contrario. 8. Il 25 settembre 2023, il difensore della parte civile L.D., l'Avv. Pacelli Carlo, ha presentato una memoria. Lo scritto prende le mosse da un passo della sentenza n. 36080/2015 del 27 marzo 2015 di questa sezione 9.4.1. Tanto premesso, si osserva ora, quanto alla posizione di K.A., che la sua presenza nell'abitazione teatro dell'omicidio è dato conclamato nel processo, alla stregua delle sue stesse ammissioni contenute anche nel memoriale a sua firma, nella parte in cui riferisce che trovandosi in cucina, dopo che la giovane inglese ed altra persona si erano appartati nella stanza della stessa K. per un rapporto sessuale, aveva sentito un urlo straziante dell'amica, al punto lacerante ed insostenibile da lasciarsi scivolare, accovacciata a terra, tenendo ben strette le mani all'orecchie per non sentire altro. In proposito è certamente condivisibile il giudizio di attendibilità espresso dal giudice a quo con riferimento a questa parte della narrazione dell'imputata sul plausibile riflesso che fu proprio lei ad accennare, per la prima volta, ad un possibile movente sessuale dell'omicidio ed a parlare dell'urlo straziante della vittima quando ancora gli inquirenti non disponevano degli esiti dell'ispezione cadaverica e degli esami autoptici né delle informazioni testimoniali successivamente raccolte sull'urlo della vittima e sull'ora in cui fu percepito testi C.N., M.A. ed altri . Si fa riferimento, in particolare, alle dichiarazioni rese dall'odierna ricorrente il 6.11.2007 f. 96 , nei locali della polizia di stato. D'altro canto, le stesse dichiarazioni calunniose nei confronti del L., che le sono valse la condanna, con statuizione ormai coperta dal giudicato, avevano come presupposto del narrato proprio la presenza della giovane statunitense nella casa di Via Omissis , circostanza questa di cui nessuno, in quel momento all'infuori, come ovvio, delle altre persone presenti in casa poteva essere a conoscenza cit. f. 96 . Secondo il dire calunnioso della K., in compagnia di L., incontrato per caso in Piazza Omissis , ella aveva fatto rientro a casa in Via Omissis , e lì, sopraggiunta la K., il suo accompagnatore aveva rivolto attenzioni sessuali alla giovane inglese, con la quale si era quindi appartato nella camera della stessa, da cui era poi venuto l'urlo straziante. Insomma, era stato L. ad uccidere M. e ciò poteva affermarlo in quanto lei stessa si trovava sul luogo del delitto, sia pure in stanza diversa . La parte civile trascrive, poi, la traduzione di tratti del memoriale della K. del 6 novembre Vedo P., l'ho visto vicino al campetto di basket, l'ho visto vicino alla porta di casa, mi sono rannicchiata in cucina con le mani sopra le orecchie, perché nella mia testa ho sentito M. gridare e, nella pagina successiva Confermo le dichiarazioni fatte la scorsa notte riguardo agli avvenimenti che possono essere successi a casa mia con P. dopo ancora Vedo P. come l'assassino . Si legge nella memoria che questo scritto è stato spontaneamente redatto, in lingua inglese, che si tratta di un documento molto meditato e curato, che fu poi consegnato volontariamente dalla K. all'ispettrice F. affinché venisse usato a sua difesa. A riprova delle condizioni in cui il memoriale fu redatto, la memoria riporta uno stralcio del controesame della K. da parte del difensore di parte civile all'udienza del 12 giugno 2009, in cui la predetta aveva ammesso di averlo scritto in autonomia. L'attenzione dell'estensore si concentra, poi, sull'altro memoriale, quello del 7 novembre 2007, consegnato dalla K. a personale della polizia penitenziaria, in cui, in una specie di post scriptum, scriveva Non ho mentito quando ho detto che pensavo che l'assassino fosse P. Ho veramente pensato che fosse lui l'assassino . La memoria si sofferma, quindi, sulla valutazione che dei memoriali è stata fatta dalla Corte di cassazione. Il riferimento è alla sentenza n. 990 del 2008, che ne ha sancito la piena utilizzabilità. E allora si chiede la parte civile se si fosse trattato di un semplice equivoco, di un malinteso e/o di un fraintendimento, ma perché A. non chiarì la vicenda dinanzi al Giudice per le indagini preliminari della convalida, ma si avvalse della facoltà di non rispondere? Su questo aspetto, la Corte edu sarebbe incorsa in una clamorosa svista quando ha ritenuto che La difesa della ricorrente, che contestava l'arresto, aveva indicato che le dichiarazioni rese dalla ricorrente alla Polizia il Omissis non erano una confessione, ma una semplice collaborazione con le autorità. Aveva aggiunto che la ricorrente era profondamente scossa e che i suoi ricordi erano inaffidabili perché sarebbe stata turbata al punto di essere privata della sua capacità di autodeterminazione . Di questa attività non vi è traccia nel verbale dell'udienza di convalida dell'8 novembre 2007. Neanche nei giorni successivi la K. rivelò l'innocenza di L. di cui era, quindi, consapevole nonostante, nei colloqui in carcere con la madre, si dicesse avvilita per le false accuse mosse M. Hai raccontato tutto ai tuoi avvocati? K. Gli ho detto comunque tutto quello che era successo . e mi sento malissimo per questo perché ho messo P. in una situazione orribile, adesso è in galera ed è per colpa mia, è colpa mia del fatto che lui è qui mi sento malissimo . Mi sento male, davvero malissimo per lui, mi sento male per P. perché . Non so se potrò guardarlo in faccia dopo tutto questo perché gli devo delle scuse, ecco quello che so che devo fare, devo andare da lui e dirgli sono davvero spiacente pag. 33 . Analoghe affermazioni la ragazza aveva fatto nel corso del colloquio in carcere del 13 novembre 2007 con i genitori Mi dispiace così tanto per P Mi dispiace così tanto! Ho rovinato la sua vita. Vorrei inginocchiarmi ogni volta che lo vedo e dirgli che mi dispiace tantissimo. Io gli ho parlato prima di essere arrestata. Era venuto a chiedermi se volevo essere intervistata, io dissi di no e allora mi disse Ok , buona fortuna e io grazie . E' un bravo ragazzo, lui non mi fa paura pag. 115 . Ancora, il 17 novembre, nel colloquio con i congiunti, la K. aveva riferito . ma è stupido. Non posso dire altro, perché so che ero lì e non posso mentire a riguardo, non ho ragione di farlo . Nel corso dell'esame condotto dal difensore di parte civile prosegue la memoria la K. aveva confermato il contenuto dei colloqui, affermando di avere rivelato l'innocenza di L. anche ai suoi difensori. La parte si chiede, quindi, perché costoro non si recarono in Procura per scagionare L., riportando, poi, un passaggio delle repliche dell'allora difensore della K. Avv. Ghirga Luciano in cui il professionista si era soffermato sulle ragioni della mancata comunicazione , ricavandone la conclusione che la falsa accusa a L. fosse essenziale per sostenere la tesi difensiva della K In ordine alle sommarie informazioni testimoniali del Omissis non si trattò di interrogatorio, come scrive la difesa della richiedente , la parte civile sottolinea che, la sera del 5 novembre 2007, K.A. non fu chiamata in questura dalla polizia e che ivi non fu sentita quale indagata, ma ci andò volontariamente, vi rimase spontaneamente e fu sentita solo ed esclusivamente a sommarie informazioni quale persona informata sui fatti in questa direzione si richiama la deposizione dell'ispettrice F. . Dopodiché si contesta la genuinità dell'affermazione della K. secondo cui il nome di L. lo aveva suggerito la Polizia, visto che egli non era ancora nell'inchiesta al contrario, era stata la K. a menzionare L. e a introdurre una serie di circostanze fattuali che lo collocavano nella casa dell'omicidio. La K. aveva mentito anche quando, nel corso dell'esame dibattimentale, a domanda del difensore di parte civile, aveva riferito che la notizia che M. fosse stata violentata era provenuta dalla Polizia, visto che si trattava di una circostanza che non era ancora venuta alla luce, neanche a livello medico-legale, come pure è emerso nel dibattimento. E allora l'unica spiegazione è che la K. evocò fatti vissuti direttamente. La parte civile concentra, a seguire, la sua attenzione sulle dichiarazioni della K. delle ore 5.45, su cui così aveva scritto la Corte di assise di appello di Firenze K.A.M. incolpò dell'omicidio L.P. alle ore 1,45 del Omissis , e successivamente trascorsero quattro ore in cui la ragazza non ebbe colloqui con persone esterne, né risulta che abbia subito particolari maltrattamenti. Anche ammettendo per un momento che gli ufficiali della polizia giudiziaria di Perugia alle ore 1,45 del Omissis , nella frenesia della ricerca di un colpevole all'omicidio della povera M., forse anche perché pressati dall'opinione pubblica cittadina e dalla rilevanza mediatica che fino da subito la vicenda aveva assunto, avessero avuto un preciso interesse ad incolpare per il tramite della ragazza L.P., peraltro a loro perfettamente sconosciuto, dell'omicidio avvenuto, non si vede la ragione per la quale la ragazza dovesse mantenere la propria versione mendace, anzi arricchendola con particolari, alle ore 5,45 del Omissis , allorquando si trovò di fronte non i perfidi ufficiali di polizia giudiziaria, che a suo dire l'avevano costretta a rendere tali deposizioni, ma un magistrato a cui la ragazza avrebbe potuto rivolgersi con maggiore fiducia, denunciando fin da subito le prevaricazioni subite, senza neppure il rischio di essere esposta a ritorsioni da parte della polizia, poiché alle 5.45 del Omissis non era ancora in vinculis. Ma ciò non accadde. K.A.M. reiterò le accuse davanti al magistrato, accuse che non furono mai ritrattate dalla ragazza per tutti i giorni successivi, neppure allorquando, finalmente sottratta alle grinfie della polizia e del pubblico ministero, ebbe la possibilità di colloquiare con i propri difensori e i propri familiari fino a portare tale incolpazione alle estreme conseguenze, consistite nel far trattenere in carcere una persona che lei sapeva innocente per molti giorni, perfettamente indifferente alla sofferenza umana che a lui cagionava . Un'altra circostanza che testimonia la presenza della K. a via Omissis è che ella aveva riferito agli inquirenti di un grido della vittima, grido che effettivamente vi era stato ma che anch'esso non era ancora emerso. La memoria affronta, quindi, la testimonianza del Prof. C. consulente della difesa K. e della funzionaria della Questura D.A., colei che fece da interprete quella notte. Quanto al primo medico specialista in neurologia e psichiatria egli ammise che la rivelazione di fatti non altrimenti conosciuti dell'occorso corrisponde a ricordi reali. In relazione alla seconda, la parte civile precisa che la Dott.ssa D. è un'interprete traduttrice in servizio presso la Questura di Perugia e che ella aveva svolto diligentemente il proprio incarico, senza avere mai prima visto né conosciuto la K. e senza averla indotta a rivelare alcunché la teste aveva anche riferito che la K. aveva letto, anche con il suo aiuto, i verbali prima di firmarli. Dopo aver ribadito l'orientamento giurisprudenziale per cui l'eventuale inutilizzabilità di dichiarazioni rese senza garanzie difensive non impedisce di considerare quelle stesse dichiarazioni qualora esse configurino un reato, la parte civile sottolinea di non avere mai ricevuto né scuse né un risarcimento dalla K. nonostante le pesantissime conseguenze patite per le false accuse, sia sotto il profilo personale che familiare. La parte precisa, altresì, che la Corte edu non lo aveva citato e che, quindi, questa costituisce la prima occasione in cui può illustrare la propria tesi sulla vicenda. Sostiene, quindi, che la sentenza della Corte di Strasburgo, che già ha concesso l'equo indennizzo versato dallo Stato italiano , non ha indicato altre misure, né generali né individuali, da attuare per darvi esecuzione. E comunque la Corte di cassazione non avrebbe una mera funzione notarile rispetto al dictum della Corte edu, dovendo effettuare il vaglio di cui all'art. 628-bis c.p.p., comma 5 sostiene altresì la parte civile che le violazioni processuali riscontrate dalla Corte edu non devono necessariamente ripercuotersi a differenza di quelle sostanziali sul giudicato nazionale e che la K. ha comunque interamente espiato la pena comminata a suo carico. Ancora, la memoria insiste sulla circostanza che, quando la K. aveva incolpato L.P.D., con le prime dichiarazioni delle ore 1,45, anche secondo la Corte edu non poteva essere considerata sospettata. In occasione di quelle stesse dichiarazioni, la D., quindi, non era intervenuta quale interprete di una persona indagata, bensì di una persona informata sui fatti, e non aveva suggerito nulla alla K La medesima versione delle ore 1,45 era stata sostanzialmente mantenuta ferma, ribadita e arricchita dalla K. successivamente nei memoriali e, comunque, non era stata da lei mai smentita sino a quando le indagini non avevano escluso in radice ogni coinvolgimento di L Il processo a carico della K. è stato equo così, ancora, la memoria le è stata assicurata ogni garanzia difensiva ed infine è stata assolta per l'omicidio, mentre la condanna per calunnia è stata sempre confermata sono riportati i passaggi delle sentenze di merito che si sono occupate del reato di cui all'art. 368 c.p. . La parte civile prosegue obiettando alle argomentazioni della richiedente concernenti la violazione del divieto di cui all'art. 188 c.p.p. e sottolineando che la stessa Corte EDU ha dichiarato che, nel caso di specie, non vi è stata violazione dell'art. 3 della Convenzione dal punto di vista del suo profilo materiale. Ancora davvero sconcertante sembra alla parte civile l'invocazione da parte della K. della scriminante di cui all'art. 54 c.p. ed i motivi su cui riposa, eloquenti addirittura di una ritenuta subvalenza del bene della libertà personale violato per L. rispetto a quello della propria integrità fisica e psichica. In ordine alle conseguenze pregiudizievoli della condanna per calunnia in capo alla K., esse opina la parte civile non derivano da tale decisione, oggettivamente considerata del tutto satellitare e dunque trascurata dai media, ma dalla più ampia vicenda omicidiaria in cui la K. è rimasta coinvolta e che nel tempo ha visto l'opinione pubblica dividersi tra innocentisti e colpevolisti. Il ricorso ex art. 628-bis c.p.p. deve, dunque, essere rigettato, con condanna al rimborso delle spese del grado a favore della parte civile. 9. In data 26 settembre 2023, i difensori di K.A. hanno presentato una memoria. 9.1. In primo luogo, essi hanno insistito per la trattazione orale e, in subordine, hanno eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 628 bis c.p.p., comma 4, secondo cui sulla richiesta la Corte di Cassazione decide in Camera di consiglio a norma dell'art. 611 c.p.p. , per contrasto con gli artt. 3,111 e 117 Cost Si legge nella memoria che, il 25 luglio 2023, i difensori avevano depositato a questo ufficio istanza ex art. 611 c.p.p., commi 1-bis e 1-ter, per la trattazione in forma pubblica dell'udienza del 12 ottobre 2023 in data 6 settembre 2023, l'istanza era stata rigettata alla luce dell'art. 628-bis c.p.p., comma 4, La Corte di cassazione decide in Camera di consiglio a norma dell'art. 611 c.p.p. in combinato disposto con il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, che consente la richiesta di discussione orale soltanto per i ricorsi per i quali è prevista la trattazione ai sensi degli art. 614 e 127 c.p.p. . Si legge, ancora, nella memoria che la questione, siccome concernente le modalità di svolgimento dell'attività dei difensori e dello stesso giudice nell'odierno giudizio, è imprescindibile ai fini della definizione del processo. l'art. 628-bis c.p.p., comma 4, rinvia in modo generico all'art. 611 c.p.p. e, pertanto, non esclude in modo esplicito che la Corte possa disporre, anche d'ufficio, la trattazione orale si tratta di eventualità che il legislatore non sembra aver precluso, anche in considerazione del tipo di sindacato esercitato dalla Corte, alla quale è ora demandata la trasposizione del giudicato Europeo nell'ordinamento interno in relazione a ricorsi che possono avere ad oggetto questioni di particolare rilevanza sussistono i presupposti ai quali l'art. 611 c.p.p., commi 1-bis e 1-quater condizionano la possibilità per la Corte di disporre che il ricorso sia trattato con la partecipazione delle parti il ricorso e', infatti, proposto contro una sentenza pronunciata nel dibattimento ex art. 611 c.p.p., comma 1-bis e ter, e investe la Corte di questioni che risultano, all'evidenza, di particolare rilevanza risulterebbe, quantomeno, contraddittoria una normativa la quale, introdotta allo scopo di rafforzare la tutela del condannato che abbia adito vittoriosamente la Corte di Strasburgo, accordasse a quest'ultimo garanzie partecipative meno intense di quelle che corredavano la c.d. revisione Europea come legittimata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 113 del 2011 logica conseguenza dell'opzione ermeneutica che la parte contesta sarebbe l'irragionevole omologazione della procedura prevista per il nuovo rimedio riparatorio a procedimenti concernenti materie di più modesta rilevanza il riferimento e', tra gli altri, ai ricorsi per la cassazione dei provvedimenti di rigetto della richiesta di restituzione nel termine la discussione orale è ammessa, ancora oggi, con riguardo a un rimedio deputato alla correzione di meri vizi di percezione e non di ragionamento, ossia il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto di cui all'art. 625-bis c.p.p. nel quale la giurisprudenza di legittimità aveva individuato prima della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113 del 2011 un mezzo esperibile dal condannato per ottenere l'esecuzione della sentenza dalla Corte di Strasburgo che avesse accertato una violazione perpetrata nel giudizio di cassazione ove si ritenesse di non poter aderire all'interpretazione proposta, l'assetto normativo in questione sarebbe irragionevole, giacché la tutela assicurata al condannato oggi legittimato a richiedere l'esecuzione della decisione Europea a lui favorevole risulterebbe deteriore financo rispetto a quella garantita sia pure in casi limitati ai suoi fratelli minori . A questo riguardo, la difesa K. sostiene che la giurisprudenza di legittimità non dubita della legittimazione di costoro ad attivare incidente di esecuzione allo scopo di ottenere la rimozione degli effetti della condanna a una pena illegale, alla stregua di una pronuncia della Corte Europea Cass. pen., sez. 1, sent. 11 ottobre 2016, n. 44193, in C.E.D. Cass., rv. 267861 tale orientamento pare destinato a sopravvivere alle novità introdotte dal legislatore della Riforma i fratelli minori , diversamente dal ricorrente vittorioso a Strasburgo, potrebbero paradossalmente accedere a un procedimento quello, per l'appunto di esecuzione nell'ambito del quale la partecipazione del difensore è prevista espressamente come necessaria e il giudice decide con ordinanza ricorribile per cassazione. Alla luce di queste osservazioni, la parte insiste per la richiesta di trattazione orale e, in subordine, sollecita questa Corte a sollevare questione di costituzionalità dell'art. 628-bis c.p.p. per violazione degli artt. 3,111 e 117 Cost 9.2. In una seconda parte della memoria, la richiedente ricorda il dispositivo della sentenza di annullamento senza rinvio di questa sezione e trascrive uno stralcio della motivazione concernente la sintesi delle ragioni della pronunzia demolitoria. Dopodiché, a sostegno di un annullamento senza rinvio della sentenza di condanna in questa sede, la richiedente sottolinea come, allo stato, non appaia necessaria alcuna ulteriore attività di accertamento circa i fatti avvenuti la notte fra il Omissis in Perugia presso gli uffici della Questura, che sono alla base della valutazione di condanna per il delitto di calunnia. 10. In data 6 ottobre 2023, l'Avv. Pacelli Carlo ha depositato memoria di replica, conclusioni scritte e nota spese. 10.1. Nella memoria di replica, la parte civile ha rimarcato che K.A., la sera del Omissis , andò in Questura liberamente, vi rimase spontaneamente e rilasciò volontariamente le sommarie informazioni di cui al verbale del Omissis ore 1.45, quale persona informata dei fatti, in cui accusò chiaramente L. dell'omicidio, senza però accusare anche se stessa. In riferimento a tali dichiarazioni, la Corte edu avrebbe escluso qualsiasi violazione convenzionale. Tale accusa fu mantenuta e arricchita dalla K. anche nelle successive dichiarazioni spontanee, nei memoriali del Omissis e con il silenzio in sede di convalida del fermo dinanzi al Giudice per le indagini preliminari la volontà di mantenere ferma l'accusa, inoltre, si apprezza anche nelle intercettazioni ambientali in carcere con i genitori. Constata, dunque, la parte civile che la K. non rivelò mai agli investigatori che L. era innocente e ciò fece per una precisa strategia difensiva. La parte civile sostiene, altresì, che la sentenza della Corte di Strasburgo avrebbe rilevato solo violazioni di natura processuale e che avrebbe escluso, viceversa, violazioni di natura materiale o sostanziale la Corte edu, inoltre, si è limitata a liquidare una somma 10.400 Euro a titolo di risarcimento del danno morale patito e non ha disposto né suggerito la riapertura del processo e/o l'adozione di misure individuali ulteriori finalizzate alla restituito in integrum. La Corte Europea, inoltre, non ha riscontrato né operato alcun collegamento tra le violazioni convenzionali ritenute e la condanna per il delitto di calunnia riportata dalla K. ed ha rigettato il ricorso di quest'ultima nella parte in cui la ricorrente lamentava la violazione dell'art. 6, pp. 1 e 3a della Convenzione riscontrando espressamente, per quanto concerne il procedimento per calunnia, che ella era stata debitamente e correttamente informata delle accuse formulate a suo carico il 19 giugno 2008 per il tramite dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Quanto alla violazione dell'art. 3 CEDU, la Corte Europea non avrebbe mai affermato che il Omissis l'autorità inquirente avesse raccolto le dichiarazioni della K. con modalità tali da condizionarla e lederne la libertà di autodeterminazione o da alterarne la capacità di ricordare e di valutare i fatti, avendo, al contrario, escluso che la K. fosse stata oggetto dei trattamenti inumani e degradanti dalla stessa lamentati. Per quanto concerne l'assistenza linguistica, la Corte edu non avrebbe mai affermato che il comportamento dell'interprete avesse avuto un'incidenza effettiva sull'esito del procedimento penale, alterando la capacità della K. di comprendere il senso delle domande. In definitiva, le violazioni convenzionali, per la loro natura e gravità, non avrebbero avuto un'incidenza effettiva sulla sentenza di condanna per calunnia, né la richiedente avrebbe provato il pregiudizio grave ed irreparabile conseguente alla condanna riportata per il delitto di calunnia e non ristorato dall'equa soddisfazione riconosciuta in sede Europea. Lo strepitus fori lamentato dalla K. deriverebbe non già dalla condanna per calunnia, ma dalla vicenda omicidiaria in cui è rimasta coinvolta. 10.2. Nelle conclusioni scritte, l'Avv. Pacelli ha insistito per il rigetto della richiesta della K. e per la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile. 11. In data 6 ottobre 2023, anche gli Avv. Dalla Vedova Carlo e Luparia Donati Luca hanno depositato una memoria di replica. Essi hanno innanzitutto ricordato che la vicenda ha riscosso un inusitato clamore mediatico per le drammatiche modalità della morte della giovane K.M. ed anche in virtù della nazionalità delle persone coinvolte. Ciò ha determinato un'anomala accelerazione delle indagini alla ricerca di un colpevole, che non ha giovato al perseguimento della verità. L'iter processuale è stato tortuoso, in ragione degli errori degli investigatori che, ove evitati, avrebbero, con ogni probabilità, consentito, sin da subito, di delineare una completa ricostruzione dei fatti. Oggi la K., che ha Omissis anni, è sposata ed ha una figlia, ha interesse ad eliminare gli effetti pregiudizievoli che la vedono ingiustamente condannata per calunnia, a seguito della sentenza CEDU che ha riconosciuto le gravi violazioni avvenute la sera tra il Omissis . A seguire la parte ricorda l'oggetto della richiesta ex art. 628-bis c.p.p. e la durata della vicenda processuale principale protrattasi dal Omissis e di quella per la calunnia protrattasi dal Omissis e rammenta altresì che è stata assolta dagli altri capi di accusa. Durante il processo si legge altresì nella memoria la K. ha subito un periodo in custodia cautelare di circa quattro anni. Sottolinea, poi, la richiedente che aveva 20 anni all'epoca del fatto ed era straniera e ricorda l'esito del giudizio presso la Corte Europea dei diritti dell'Uomo. Quanto alle richieste del Procuratore Generale, la richiedente precisa che le violazioni convenzionali accertate dalla Corte EDU avrebbero comportato la non corretta valutazione delle dichiarazioni rese nelle notte del 6 novembre 2023. Ricorda, quindi, la parte l'accertamento della violazione dell'art. 3 CEDU sotto il profilo processuale e la violazione dell'art. 6 pp. 1 e 3, quanto alla mancata informazione circa il diritto all'assistenza difensiva e sostiene che la Corte edu abbia correttamente richiamato l'art. 41, ed applicato l'opzione residuale del risarcimento economico poiché alla data in cui fu pronunciata la sentenza 2019 , in Italia, non era possibile eseguire sentenze CEDU rimuovendo perfettamente le conseguenze pregiudizievoli della violazione convenzionale. Indugia, quindi, la parte sul concreto vulnus legato alla negazione delle garanzie difensive sostenendo che, se fosse stata assistita da un difensore, questi avrebbe potuto consigliarla di tacere a causa del proprio stato psicofisico inidoneo a determinarsi liberamente nel miglior interesse difensivo pressione psicologica, stress, stanchezza dovuta a deprivazione del sonno, difficoltà linguistica . Prosegue la memoria sostenendo che le violazioni rilevate, secondo la Corte edu, avrebbero pregiudicato in modo irreparabile l'equità del processo. Riguardo alla mancata assistenza linguistica, la Corte di Strasburgo avrebbe rilevato che l'Italia aveva omesso sia di valutare se la condotta del funzionario di polizia che si è prestato impropriamente all'esercizio di funzioni di interprete fosse conforme alle garanzie previste dall'art. 6, pp. 1 e 3 e sia di considerare se tale condotta potesse aver avuto un impatto sull'esito del procedimento penale avviato nei confronti della ricorrente. Anche questa violazione secondo la Corte sovranazionale avrebbe compromesso l'equità del procedimento nel suo complesso. Sempre secondo la Corte edu, il memoriale redatto alle 13.00 del Omissis in Questura e consegnato alla polizia prima della traduzione in carcere costituisce una ritrattazione delle accuse a L Venendo alla memoria della parte civile, la richiedente ne sottolinea, in primo luogo, l'inammissibilità per poi osservare come anche L. sia vittima del grave errore investigativo commesso dagli inquirenti. Prima di insistere per l'accoglimento della richiesta, la parte ricorda la dichiarazione di inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni spontanee rese alle ore 5.45 del Omissis e l'inutilizzabilità contra se di quelle delle ore 1.45 sancita da questa Corte in sede cautelare. Considerato in diritto La richiesta formulata ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p. da K.A.M. deve essere accolta. 1. Prima di illustrare il percorso che ha condotto alla conclusione appena anticipata, occorre affrontare in via preliminare un altro tema, siccome imposto dall'iniziativa della difesa di K.A., che ha chiesto e con la memoria depositata il 26 settembre 2023 insistito nella richiesta di trattazione orale del procedimento, pur dopo il rigetto della prima istanza da parte del Presidente titolare di questa sezione del 6 settembre 2023. La parte, in primo luogo, propugna un'interpretazione delle norme che regolano la nuova procedura che vada nella direzione dell'ammissibilità, su richiesta di parte, della trattazione in presenza in secondo luogo ed in via subordinata sollecita questa Corte, nel caso in cui il Collegio non ritenga di seguire il percorso interpretativo proposto, a sollevare questione di legittimità costituzionale della norma dell'art. 628-bis c.p.p., comma 4, per contrasto con gli artt. 3,111 e 117 Cost., nella parte in cui, appunto, non prevede che le parti possano discutere oralmente dinanzi alla Corte di cassazione. 1.1. Ebbene, il Collegio reputa che la richiesta di trattazione orale sia stata correttamente rigettata dal Presidente titolare di questa sezione con provvedimento del 6 settembre 2023, provvedimento che fonda sulle seguenti considerazioni l'art. 628-bis c.p.p., comma 4, richiama il procedimento di cui all'art. 611 c.p.p., ma il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, prevede la possibilità di richiedere la trattazione orale solo per i procedimenti di cui agli artt. 614 e 127 c.p.p. il testo dell'art. 611 c.p.p., richiamato dalla difesa nella richiesta di trattazione orale, non era e non è ancora vigente, poiché l'entrata in vigore è slittata al 15 gennaio 2024 ai sensi del D.L. n. 75 del 2023, art. 17, convertito dalla L. 10 agosto 2023, n. 112. La memoria difensiva pare non confrontarsi con l'anzidetta risposta e, in particolare, con il dato testuale della previsione che attualmente ancora regola il passaggio da contraddittorio cartolare a contraddittorio orale, vale a dire, appunto, il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, conv. con mod dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, che lo circoscrive ai casi di Udienza pubblica art. 614 c.p.p. o di udienza camerale partecipata art. 127 c.p.p. resta questa, infatti, la norma di riferimento giacché il D.L. 23 giugno 2023, n. 75 ha previsto lo slittamento dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 anche nella parte in cui, appunto, la cd. riforma Cartabia ha ridefinito le modalità di celebrazione dell'udienza in cassazione, inserendo, nell'art. 611 c.p.p., i commi 1-bis e 1-quater di cui la difesa della richiedente invoca l'applicazione. In particolare, il D.L. n. 75 cit., poi convertito dalla L. 10 agosto 2023, n. 112 ha sostituito il D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 94, comma 2 nei seguenti termini Per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023, di cui all'art. 87, commi 1 e 3 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e comma 9, e art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 . Ne consegue che il riferimento all'art. 611 c.p.p., commi 1-bis e 1-quater che si legge nella memoria non coglie nel segno laddove fa riferimento a disposizioni di cui la disciplina transitoria del D.Lgs. n. 150 del 2022, così come novellata da D.L. n. 75, ha differito l'operatività al nuovo anno. 1.2. Resta da valutare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 628-bis c.p.p., comma 4, che la difesa K. ha proposto in via subordinata, questione che, a giudizio del Collegio, è manifestamente infondata. Prima di analizzare la consistenza della mozione difensiva in relazione a ciascuna delle norme costituzionali evocate, occorre precisare un dato di fondo, che ha ispirato la decisione del Collegio sull'eccezione formulata. Ci si riferisce alla costante giurisprudenza della Consulta secondo cui la discrezionalità del legislatore nella disciplina degli istituti processuali è ampia e insindacabile, con il solo limite della non manifesta irragionevolezza ex multis, sentenze nn. 250 del 2018, 65 del 2014, 10 del 2013, 216 del 2013, 304 del 2012 ordinanze n. 48 del 2014 e n. 190 del 2013 ebbene, basti anticipare che tale difetto non emerge dall'esame delle norme censurate laddove il limite che viene imputato loro è solo quello di prescrivere una certa modalità di attuazione del contraddittorio, senza minimamente mortificarlo o comprimerlo. 1.2.1. Venendo all'analisi del rapporto della disposizione censurata con le singole norme costituzionali indicate dalla difesa della richiedente, quest'ultima deduce, in primo luogo, la violazione dell'art. 3 Cost., quindi una disparità di trattamento, sotto il profilo dell'accesso all'oralità, evidenziando la differenza con a la revisione Europea come pensata dalla Consulta con la sentenza n. 113 del 7 aprile 2011 per ovviare all'assenza di una norma ad hoc che consentisse l'esecuzione del giudicato sovranazionale, b la procedura di cui all'art. 625-bis c.p.p. laddove destinata a porre rimedio alle violazioni convenzionali perpetrate in cassazione, e c la procedura riservata ai cd. fratelli minori, cioè alla sorte di coloro che, pur non vittoriosi a Strasburgo, vantino una condizione analoga a quella di chi abbia, invece, ottenuto un giudicato sovranazionale favorevole. Ebbene, la questione è manifestamente infondata in quanto la pretesa disparità di trattamento è agitata rispetto a rimedi ancorché autorevolmente pretori e non a strumenti pensati dal legislatore per consentire l'esecuzione nel nostro Paese del giudicato Europeo favorevole. Peraltro la fragilità dell'argomento si coglie particolarmente nel fatto che i primi due sono meccanismi che erano stati individuati dalla giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimità per ovviare all'assenza di uno strumento processuale interno per dare esecuzione alle sentenze della Corte edu, donde essi non sono destinati a coesistere con la nuova revisione Europea di matrice legislativa, che interviene proprio a ripianare la lacuna normativa cui aveva posto rimedio la giurisprudenza. In ordine ai cosiddetti fratelli minori del ricorrente vittorioso a Strasburgo ed al possibile ricorso all'incidente di esecuzione per ovviare all'illegalità convenzionale della pena, il Collegio ritiene che l'argomentazione difensiva non abbia pregio per varie ragioni, oltre che per la già richiamata asimmetria legata alla diversa matrice, giurisprudenziale e legislativa, degli istituti messi a confronto. In primo luogo, essa è generica nella misura in cui non delinea compiutamente il presupposto del suo ragionamento, omettendo di ricostruire, nella sua progressione, la giurisprudenza interna in materia, appunto, di fratelli minori . In secondo luogo, l'eccezione trascura che la materia dell'esecuzione, in generale, prevede la partecipazione fisica delle parti processuali all'udienza solo nella fase di merito, mentre in cassazione anch'essa viene trattata con il procedimento di cui all'attuale art. 611 c.p.p. ed è destinata ad essere oggetto di udienza camerale non convertibile anche nel vigore della novella. 1.2.2. Circa la pretesa violazione dell'art. 111 Cost., l'eccezione di incostituzionalità è generica, in quanto non chiarisce dove si anniderebbe il contrasto con la norma costituzionale, né tale contrasto emerge aliunde, considerato che non è in gioco il diritto al contraddittorio né quello alla parità delle armi tra le parti e men che meno viene in rilievo il tema dell'imparzialità del Giudice. Quanto al primo oltre che ricordare ulteriormente la giurisprudenza costituzionale circa i limiti dello scrutinio di costituzionalità in materia di scelte processuali deve rimarcarsi come il contraddittorio sia stato adeguatamente assicurato dalla facoltà, di cui le parti si sono avvalse, di presentare conclusioni scritte e memorie di replica, difese scritte che il Collegio ha doverosamente valutato, così come sarebbe accaduto se tali difese fossero state sviluppate in sede di discussione orale su analoga eccezione, cfr. Sez. 1, n. 42160 del 10/10/2012, De Stefano, Rv. 253812 . 1.2.3. Quanto, infine, alla violazione dell'art. 117 Cost., anche in questo caso l'eccezione di incostituzionalità è generica, perché non indica a quale norma della Convenzione si riferisca la violazione, il che inibisce qualsiasi sindacato da parte di questa Corte. 2. Un'ulteriore premessa appare opportuna, data l'assoluta novità dell'istituto e la conseguente mancanza di un panorama giurisprudenziale strutturato l'unico precedente noto, pubblicato prima della decisione odierna, è Sez. 5, n. 39801 del 13/7/2023, dep. 3/10/2023 che, tuttavia, concerne la praticabilità della revisione Europea rispetto alle decisioni in materia di sorveglianza occorre dare conto delle ragioni che hanno condotto all'introduzione, nel nostro sistema processuale, della richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei Protocolli addizionali , di cui all'art. 628-bis c.p.p. e, soprattutto, è necessario tracciare natura e fisionomia del meccanismo come pensato dall'intervento riformatore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che l'ha inserito in apposito, nuovo titolo il 3-bis nel libro 9 sulle impugnazioni. 2.1. La revisione Europea di nuova introduzione come ampiamente ricordato dalla dottrina formatasi sull'istituto e dalle parti che si sono fronteggiate in questo giudizio risponde alle sollecitazioni sovranazionali che esigevano l'introduzione, nel nostro ordinamento processuale, di un meccanismo che desse esecuzione alle decisioni definitive della Corte edu, in ossequio al disposto di cui all'art. 46, p. 1 CEDU, secondo cui Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti . Tra le altre, va ricordata la Raccomandazione Rec 2000 2 del 19 gennaio 2000 del Comitato dei Ministri, che aveva affermato la necessità che gli Stati soccombenti dinanzi alla Corte di Strasburgo non provvedessero solo a versare somme a titolo di equa soddisfazione ai ricorrenti vittoriosi, ma anche ad adottare ogni misura che, adattandosi alle peculiarità del caso concreto, fosse idonea a porre fine alla violazione constatata. Nell'attesa dell'intervento del legislatore, la Corte di cassazione e la Corte Costituzionale avevano adattato alcuni istituti processuali, votati ad altri scopi, facendone altrettanti rimedi tesi a dare seguito alle decisioni della Corte edu, che avevano tuttavia, più di tutti, il limite di non costituire dei meccanismi integralmente restitutori proprio perché frutto di manipolazioni di strumenti delineati per altri fini e, comunque, di tradire il principio di tassatività delle impugnazioni. Non è questa la sede per soffermarsi su tali strumenti pretori. Basti, tuttavia, ricordare che erano stati rimodellati , per assolvere a finalità esecutive delle sentenze della Corte di Strasburgo ed ovviare alla mancanza di un intervento legislativo ad hoc la restituzione nel termine per proporre impugnazione per l'imputato contumace ex art. 175 c.p.p., il ricorso straordinario per errore di fatto e l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 c.p.p A questi va aggiunta la cosiddetta revisione Europea, frutto dell'intervento della Consulta che, con la sentenza n. 113 del 7 aprile 2011, aveva adattato la revisione interna disciplinata dall'art. 630 c.p.p. alla riapertura del processo per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte di Strasburgo. 2.2. L'introduzione del rimedio di cui all'art. 628-bis c.p.p. ha dato attuazione ai criteri e principi stabiliti nella Legge Delega 4 ottobre 2021, n. 134, art. 1, comma 13, lett. o , secondo cui il Governo era delegato a o introdurre un mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Corte di cassazione al fine di dare esecuzione alla sentenza definitiva della Corte Europea dei diritti dell'uomo, proponibile dal soggetto che abbia presentato il ricorso, entro un termine perentorio attribuire alla Corte di cassazione il potere di adottare i provvedimenti necessari e disciplinare l'eventuale procedimento successivo coordinare il rimedio di cui alla presente lettera con quello della rescissione del giudicato, individuando per quest'ultimo una coerente collocazione sistematica, e con l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 c.p.p. . Di seguito se ne tratteranno sinteticamente alcuni aspetti che assumono rilievo nel vaglio della richiesta di K.A., salvo ritornarvi e ragionarvi nel prosieguo, quando si esaminerà dettagliatamente l'istanza sub iudice. Occorre ricordare, in primis, che, nel dare attuazione alle indicazioni della L. n. 134 del 2021, il legislatore delegato ha individuato, quali soggetti legittimati a presentare la richiesta di nuovo conio, il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza che abbiano ottenuto un giudicato dalla Corte edu che abbia accertato violazioni della Convenzione o dei suoi Protocolli addizionali oppure che abbiano visto la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell'art. 37 della Convenzione a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato comma 1 . La richiesta del soggetto vittorioso a Strasburgo può tendere comma 1 alla revoca di una sentenza o del decreto penale di condanna pronunziati nei suoi confronti alla riapertura del procedimento o, comunque, all'eliminazione degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione accertata. L'istanza a lume dell'art. 628-bis c.p.p., comma 2 deve essere presentata, a pena di inammissibilità comma 3 , nella Cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento cui si riferisce la richiesta personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale . Il termine è di novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la sentenza della Corte edu ma, per i richiedenti che abbiano ottenuto la decisione favorevole prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022, il termine, a norma dell'art. 91, comma 1, D.Lgs. cit., decorre dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma Cartabia. La Corte di cassazione decide sulla richiesta in Camera di consiglio ai sensi dell'art. 611 c.p.p. comma 4 e, fuori dai casi di inammissibilità, accoglie la richiesta quando la violazione accertata dalla Corte edu per natura e gravità , abbia avuto un'incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale di condanna. Quanto agli epiloghi decisori, l'art. 628-bis c.p.p., comma 5 prevede che la Corte di cassazione assuma i provvedimenti necessari a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione disponendo, ove occorra, la revoca della decisione se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o comunque risulta superfluo il rinvio. Altrimenti trasmette gli atti al Giudice dell'esecuzione o dispone la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva quando si è verificata la violazione , indicando in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel procedimento. 3. Fatte queste premesse, venendo al concreto della decisione, occorre, in primo luogo, interrogarsi sull'ammissibilità dell'istanza formulata nell'interesse della K. sotto il profilo formale. 3.1. La richiesta è stata presentata tempestivamente il 28 marzo 2023, entro il termine di novanta giorni dal 30 dicembre 2022, termine operante, come sopra precisato, per le richieste ex art. 628-bis c.p.p. fondate su sentenze della Corte edu passate in giudicato in data anteriore a quella di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022. 3.2. La presentazione è avvenuta nella Cancelleria di questa Corte, ossia del Giudice che aveva emesso la decisione di cui si chiedeva la rimozione, decisione individuata dalla richiedente nella sentenza della prima sezione penale del 25 marzo 2013 quella che aveva determinato il passaggio in giudicato del verdetto di condanna sulla calunnia. L'esito del giudizio odierno ha poi rivelato anche ex post la correttezza di questa scelta, giacché non solo è stata revocata la sentenza di questa Corte del 25 marzo 2013, ma anche, con limitato riferimento al trattamento circostanziale della calunnia, quella del 27 marzo 2015 n. 36080. 3.3. La presentazione è avvenuta a mezzo dei difensori e procuratori speciali di K.A., Avvocati Dalla Vedova Carlo e Luparia Donati Luca, cui l'istante aveva rilasciato procura speciale con sottoscrizione autenticata da addetto del Consolato generale d'Italia a San Francisco. Non può negarsi che, sul tema della legittimazione alla presentazione della richiesta, la norma non è particolarmente chiara, disponendo come già accennato che la richiesta vada presentata personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore munito di procura speciale . La collocazione dell'espressione in caso di morte, da un suo congiunto , dopo la congiunzione o sembrerebbe far ritenere che il sintagma a mezzo di difensore munito di procura speciale non possa ricollegarsi direttamente all'interessato, ma solo ai congiunti del condannato deceduto. Altra opzione ermeneutica potrebbe essere quella di collegare la prima parte della frase, personalmente dall'interessato , a quella finale a mezzo di difensore munito di procura speciale ipotizzando che o, in caso di morte, da un suo congiunto , sia solo un inciso , così avallando l'ipotesi che, data la necessità di avvalersi di un difensore vieppiù iscritto all'Albo dei cassazionisti per ogni richiesta rivolta a questa Corte necessità prevista dall'intervento riformatore della L. n. 103 del 2017 e progressivamente delineata dalla successiva giurisprudenza delle Sezioni Unite Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010 il legislatore abbia voluto specificare che l'interessato debba formulare l'istanza necessariamente a mezzo di un professionista, il quale debba essere anche suo procuratore speciale. Ad ogni buon conto, se l'interpretazione letterale lascia inevitabilmente delle incertezze, giova tuttavia alla soluzione della quaestio iuris una lettura sistematica e comparata della disposizione oltre che un'interpretazione ragionevole della stessa. Come segnalato da attenta dottrina, il sistema generale delle impugnazioni -nel cui ambito si colloca anche la revisione Europea di nuovo conio prevede che Salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall'art. 613 c.p.p., comma 1, l'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di procuratore speciale art. 571 c.p.p., comma 1 . Quest'ultima possibilità e', poi, prevista, anche per gli altri rimedi straordinari, quali la rescissione del giudicato cfr. art. 629-bis c.p.p., comma 2 , la revisione cfr. art. 633 c.p.p., comma 1 e, come sancito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte Sez. U, n. 32744 del 27/11/2014, dep. 2015, Zangari, Rv. 264048 in termini, più di recente, Sez. 5, n. 18315 del 25/03/2019, Manfreda, Rv. 276039 , anche per il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p Il ragionamento non è smentito ma e', anzi, avvalorato da uno sguardo più ampio nel codice di rito laddove, per citare alcuni casi più emblematici, l'imputato può definire la propria posizione ex art. 444 c.p. di fatto rinunziando a contestare l'accusa mossa nei suoi confronti e concordando la pena da applicare anche a mezzo di procuratore speciale, figura che può altresì validamente sempre per citare un esempio particolarmente eloquente rinunziare alla prescrizione Sez. 1, n. 21666 del 14/12/2012, dep. 2013, Gattuso, Rv. 256076, evocata da Sez. U, n. 18953 del 25/02/2016, Piergotti, Rv. 266333 . Si tratta, in entrambi i casi, di scelte che condizionano pesantemente la sorte processuale dell'imputato e che, ciò nonostante, possono essere affidate ad un procuratore speciale, il che priverebbe di ragionevolezza un'esegesi che escluda, invece, dal novero dei soggetti legittimati a presentare richiesta di revisione Europea, il procuratore speciale dell'interessato. Ne', d'altronde, la presentazione dell'istanza può rientrare tra gli atti personalissimi non delegabili, trattandosi, in definitiva, di una mozione di ordine processuale tesa ad attivare un nuovo giudizio o quantomeno una nuova fase di esso, così come accade per ogni rimedio impugnatorio. In conclusione, il Collegio ritiene che non osti all'ammissibilità dell'istanza che la medesima sia stata presentata dai difensori e procuratori speciali di K.A. piuttosto che da quest'ultima personalmente. 4. Valutata positivamente l'ammissibilità dell'istanza, occorre, ora, vagliarne i contenuti, svolgendo lo scrutinio che il legislatore rimette alla Corte di cassazione, fondato sui parametri cui sopra si è accennato, verificando cioè se, per natura e gravità , le violazioni accertate dalla Corte edu abbiano avuto un' incidenza effettiva sulla sentenza di condanna di K.A. per il delitto di calunnia ai danni dell'innocente L 4.1. Prima di sviluppare oltre il ragionamento, si impone una precisazione questa Corte ha doverosamente esaminato tutte le sentenze, di merito e di legittimità, pronunziate nel presente processo, oltre che quella del Giudice monocratico del Tribunale di Firenze, che ha assolto la K. dal delitto di calunnia ai danni dei poliziotti, degli interpreti e del pubblico ministero che ne raccolsero le dichiarazioni la notte del Omissis si tratta non solo di documenti acclusi alla richiesta ex art. 628-bis c.p.p. ma anche di atti giudiziari acquisiti da questa Corte nelle more della celebrazione dell'udienza per completare la documentazione utile a ricostruire gli snodi processuali e le loro ragioni. Il Collegio non ha, invece, esaminato il memoriale redatto dalla K. pure allegato alla richiesta ex art. 628-bis c.p.p. e alla memoria di parte civile , in quanto come meglio si dirà nel prosieguo la sua valutazione avrebbe determinato un accesso al merito della regiudicanda che non può trovare sede nel giudizio di legittimità, anche in quello che segue all'istanza ex art. 628-bis c.p.p. le uniche informazioni del memoriale che sono state in qualche modo tenute in considerazione per l'odierna decisione sono quelle riportate nelle varie sentenze. Lo stesso dicasi per l'ampia produzione della difesa di parte civile, nella parte in cui quest'ultima non ha avuto ad oggetto provvedimenti giudiziari, perché ogni valutazione sul contenuto dell'istruttoria avrebbe significato una forzatura dei limiti del giudizio di legittimità. 4.2. Ritornando allo scrutinio imposto dall'art. 628-bis c.p.p., comma 5, esso deve passare necessariamente attraverso la puntualizzazione di quali siano stati gli accadimenti processualmente accertati relativi alla nottata e alle prime ore della giornata del Omissis , enucleando i tre momenti cruciali, sui quali si gioca il vaglio circa l'impatto che la decisione Europea ha avuto sulle sentenze che hanno affermato e poi consolidato la condanna della K. per il delitto ex art. 368 c.p In particolare, le accuse ai danni di L. erano state formulate dalla K. con denuncia sporta nel corso delle dichiarazioni rese alla Squadra Mobile ed alla Questura di Perugia in data Omissis così il capo di imputazione . Ovvero quando nell'ambito delle serrate audizioni che erano seguite all'omicidio di K.M. K.A. era stata escussa all'interno dei locali della Questura di Perugia per diverse ore prima la ragazza, alle ore 1.45, aveva reso sommarie informazioni testimoniali dinanzi ai poliziotti e poi, alle ore 5.45, aveva reso spontanee dichiarazioni al pubblico ministero poco dopo era stata sottoposta a fermo per l'omicidio della coinquilina. Qualche ora più tardi, la K. aveva chiesto e ottenuto carta e penna ed aveva redatto un manoscritto in lingua inglese, che pure era stato consegnato agli inquirenti, in cui rievocava sia i suoi ricordi dei fatti, sia le condizioni in cui aveva reso le dichiarazioni della notte precedente. Sono quindi questi le dichiarazioni della K. delle 1.45, quelle delle 5.45 e il memoriale i tre apporti dichiarativi su cui concentrare l'attenzione e su cui, pur secondo letture non sempre univoche, si sono espressi i Giudici del merito, quelli di legittimità e la Corte edu. Tale esame non può che avvenire passando analiticamente in rassegna, da una parte, il capo di imputazione e i tratti di interesse delle sentenze di merito e di quelle di legittimità e, dall'altra, la sentenza della Corte di Strasburgo, al fine di comprendere, nel primo caso, quale sia stata la ratio decidendi della condanna per calunnia e, nel secondo, su quali dati valutati per tale verdetto e in quale misura incida la decisione definitiva della Corte sovranazionale che costituisce titolo per la richiesta ex art. 628-bis c.p.p 4.3. Si anticipa fin d'ora un punto assolutamente cruciale per la decisione odierna, vale a dire che l'anzidetta equivocità o meglio la non univocità che caratterizza la lettura congiunta di tutte le sentenze che hanno riguardato la calunnia ai danni del L. è legata, in particolar modo, al valore e al peso del memoriale vergato dalla K. nell'imputazione ex art. 368 c.p. ciò che non è sufficientemente chiaro, infatti, e' se esso sia stato vagliato dai Giudici della cognizione come ulteriore momento consumativo della calunnia ovvero se sia stato reputato un post fatto a valenza al più probatoria rispetto alle vere e proprie dichiarazioni corpo di reato nel primo caso, se esso contenga una conferma o una smentita alle accuse nei confronti di L. ovvero, ancora, la spiegazione del contesto in cui le dichiarazioni verbalizzate la notte prima erano state rese e l'illustrazione delle perduranti perplessità che la K. manifestava per la prima volta con lo scritto oppure che ribadiva. 5. La complessa e doverosa opera ricostruttiva deve prendere necessariamente le mosse dal capo di imputazione e dalla prima sentenza che ha valutato la prospettazione accusatoria. 5.1. K.A. è stata chiamata a rispondere del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 368 c.p., comma 2 e art. 61 c.p., n. 2, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, sapendolo innocente, con denuncia sporta nel corso delle dichiarazioni rese alla Squadra Mobile ed alla Questura di Perugia in data Omissis , incolpava falsamente L.D. detto P. del delitto di omicidio in danno della giovane K.M., il tutto al fine di ottenere l'impunità per tutti e in particolare per G.R.H., anch'egli di colore come il L In Omissis . La Corte di assise di Perugia, nella sentenza di prime cure che ritenne responsabile la K. anche dell'omicidio e dei reati connessi, oltre che della calunnia, così scrisse a quest'ultimo riguardo L'accusa rivolta a L.P. di aver commesso l'omicidio e la violenza in danno di M. è pacificamente emersa come effettuata da K.A. tra il Omissis . A tale accusa A. è tornata nei primi colloqui con la madre e, il rammarico al riguardo manifestato cfr. intercettazione ambientale del 10 novembre costituisce conferma dell'accusa e della consapevolezza della sua ingiustizia. Consapevolezza che, peraltro, deriva da quanto si è esposto circa la responsabilità di A. nel delitto di omicidio e di violenza in danno di M Ne' per escludere la configurabilità del delitto di calunnia può sostenersi che K.A. sia stata indotta dagli inquirenti ad accusare L.D. detto P. attraverso sollecitazioni varie alle quali non pote' resistere. Una tale tesi, ventilata anche nelle dichiarazioni rese da A. nel corso del presente dibattimento e che sopra sono state ricordate, non appare condivisibile. Da un lato va rilevato come non ci sia stata alcuna conferma ed alcun riscontro delle sollecitazioni che K.A. avrebbe subito per accusare L.D. del delitto commesso in danno di M Va altresì evidenziato che L.D. non risulta che fosse in qualche modo conosciuto e nessun elemento, né di frequentazione della casa di Via Omissis , né di conoscenza di M., era emerso nei suoi confronti che, in qualche modo, avesse potuto attirare l'attenzione degli inquirenti su tale persona così da indurre gli stessi a forzare le dichiarazioni di A La stessa, peraltro, nel memoriale del Omissis acquisito ex artt. 234 e 237 c.p.p. e del quale si è detto scriveva, tra l'altro, quanto segue confermo le dichiarazioni accusatorie fatte la scorsa notte riguardo gli avvenimenti che possono essere successi a casa mia con P nei flashback che sto avendo vedo P. come l'assassino . . Memoriale che, come specificato nella annotazione del Omissis ore 20,00 dell'ispettore capo della Polizia di Stato F.R., veniva redatto da K.A. successivamente alla notifica del provvedimento di fermo, la quale chiedeva dei fogli in bianco al fine di produrre uno scritto da consegnare alla stessa F Deve quindi affermarsi che K.A. accusò liberamente L.D. di aver ucciso M. e l'accusò nella consapevolezza dell'innocenza dello stesso L Gli elementi di responsabilità emersi a carico di K.A. e del suo fidanzato S.R. e dei quali si è data esposizione, evidenziano altresì la finalità in tal modo perseguita indirizzare gl'inquirenti per una pista sbagliata, lontana da quella che avrebbe potuto portare all'accertamento della responsabilità propria e del suo fidanzato . Nella decisione della Corte di assise a proposito del memoriale si legge altresì All'udienza del 6.2.09 la Corte respingeva la richiesta della Difesa K. di espungere dalle produzioni documentali della Parte civile L. il memoriale manoscritto in lingua inglese, vergato da K.A. in data Omissis presso gli Uffici della Squadra Mobile della Questura di Perugia, consegnato ad un ufficiale di p.g. prima che la indagata fosse tradotta in carcere in esecuzione del decreto di fermo, ed inoltre l'altro memoriale vergato in carcere in data 7.11.07. Per il memoriale Omissis , che la Corte indicava acquisibile quale corpo del reato di calunnia ed in base al disposto dell'art. 237 c.p.p. si svolgevano le considerazioni evidenziate nell'apposita ordinanza . La Corte di prime cure, dunque, oltre ad individuare come calunniatorie le dichiarazioni rese dalla K. a proposito di L. durante la notte del 6 novembre, esplicitamente considerò corpo di reato di calunnia anche il memoriale, riportandone alcuni passaggi concernenti il ricordo della notte dell'omicidio che la K. aveva rievocato nello scritto e traendone conferma del giudizio di penale responsabilità della giovane. 5.2. La Corte di assise di appello di Perugia nella sentenza che, come si ricorderà, sancì l'assoluzione della K. dagli altri reati, ma confermò la condanna per il delitto di calunnia quanto alle fasi in cui la richiedente aveva reso le dichiarazioni accusatorie nei confronti di L., così scrisse, sia pure al fine di escluderne la spontaneità e, quindi, l'utilizzabilità contra se per l'omicidio e gli altri reati Per valutare la reale portata delle dichiarazioni spontanee e del memoriale, scritto praticamente subito dopo, occorre tenere conto del contesto nel quale sono state rese le prime e redatto il secondo. La durata ossessiva degli interrogatori, portati avanti di giorno e di notte, condotti da più persone nei confronti di una ragazza giovane e straniera, che all'epoca non comprendeva né parlava affatto bene la lingua italiana, ignara dei propri diritti, privata della assistenza di un difensore, al quale avrebbe avuto diritto essendo ormai di fatto indagata per delitti tanto gravi ed assistita, per di più, da una interprete che come evidenziato dall'avv. Bongiorno anziché limitarsi a tradurre la induceva a sforzarsi di ricordare, spiegandole che, forse a causa del trauma subito, era confusa nei ricordi, rende del tutto comprensibile che ella si trovasse in una situazione di notevole pressione psicologica che definire di stress appare riduttivo tale da far dubitare della effettiva spontaneità delle dichiarazioni. Spontaneità singolarmente insorta in piena notte, dopo ore ed ore di interrogatorio le cosiddette spontanee dichiarazioni sono state rese alle ore 1.45 piena notte del Omissis giorno successivo a quello in cui era iniziato l'interrogatorio ed ancora alle 5.45 successive ed il memoriale è stato redatto poche ore dopo . il contesto nel quale sono state rese quelle dichiarazioni era chiaramente caratterizzato da una condizione psicologica divenuta per K.A. davvero un peso insopportabile . in quel contesto è comprensibile che K.A., cedendo alla pressione ed alla stanchezza, abbia sperato di mettere fine a quella situazione, dando a coloro che la stavano interrogando quello che, in fondo, essi si volevano sentire dire un nome, un assassino . Dando quel nome in pasto a coloro che la stavano interrogando così duramente K.A. sperava, verosimilmente, di porre un fine a quella pressione, ormai dopo lunghe ore un vero tormento D'altra parte, la stessa articolazione del racconto, contenuta non solo nel verbale di spontanee dichiarazioni ma anche nel memoriale redatto subito dopo appare piuttosto la narrazione confusa di un sogno, sia pure macabro, che non la descrizione di una vicenda davvero accaduta il che conferma lo stato in cui si trovava K.A. nel momento in cui rese le spontanee dichiarazioni e scrisse il memoriale ed esclude che finalità delle une e dell'altro potesse essere quello di tacere il nome dell'effettivo autore del delitto, in ipotesi a lei noto in quanto concorrente, quello di G.R. Ritiene, dunque, questa Corte che K.A. abbia indicato in L. l'autore del delitto soltanto perché in quel momento, avendo coloro che la stavano interrogando insistito sulla spiegazione del messaggio a lui inviato, le apparve come la via più breve ed agevole per porre fine alla situazione in cui si trovava. Da qui deriva che, per quanto concerne l'omicidio, non solo non possono essere utilizzate le dichiarazioni spontanee , ma in realtà neanche il memoriale scritto successivamente dal momento che, benché utilizzabile sotto il profilo processuale, non merita attendibilità sotto quello sostanziale, non rappresentando il reale accadimento della vicenda . Quando, però, la Corte venne al giudizio di penale responsabilità della K. per la calunnia, ritenne che le anomalie pur reputate sussistenti nel comportamento degli investigatori non avessero comunque inciso sull'addebitabilità del fatto illecito Ritiene questa Corte, però, che non vi siano elementi obiettivamente rilevanti per ritenere che K.A., allorché rilasciò le dichiarazioni spontanee e scritto il memoriale, si sia trovata non solo in una situazione di notevole pressione psicologica e stress ma addirittura in condizione di non intendere o volere, cosicché, avendo accusato di un delitto tanto grave una persona che ella sapeva innocente, deve comunque rispondere del delitto di calunnia, ad integrare il quale, sotto il profilo psicologico, non è necessaria una finalità specifica ed in particolare, quella di conseguire la propria impunità circostanza aggravante contestata , essendo, invece, sufficiente il dolo generico e, dunque, anche la mera finalità di uscire da una situazione personale particolarmente opprimente . La Corte di assise di appello di Perugia, dunque, nella sentenza che pronunziò l'assoluzione di K.A. dai delitti di omicidio e da quelli strettamente ad esso collegati per non aver commesso il fatto, confermò la condanna per la calunnia, pur censurando fortemente il contesto nel quale le dichiarazioni erano state raccolte ritenne, tuttavia, che l'atteggiamento degli inquirenti non avesse raggiunto un tale livello di gravità da avere determinato l'incapacità di intendere e di volere dell'imputata e reputò irrilevante che la scelta dichiarativa della K. avesse potuto trovare la propria genesi nella necessità di sottrarsi al contesto oppressivo nel quale la Corte stessa stimò che la ragazza si trovasse. Sembrerebbe, inoltre, che anche il Giudice di secondo grado fosse dell'opinione che il memoriale si ponesse in continuità con le altre dichiarazioni calunniatore rese dalla K 5.3. La prima sezione penale di questa Corte, nella sentenza che determinò il passaggio in cosa giudicata della condanna per calunnia, scrisse che Gli estremi del reato di calunnia sono stati ritenuti ricorrere da tutte e due le corti di merito, poiché il reato è configurabile ogni qualvolta l'indagato per difendersi, non si limiti a sostenere l'infondatezza dell'ipotesi di accusa formulata a suo carico, ma fornisca precise indicazioni dirette a coinvolgere la responsabilità di altri soggetti, di cui conosca l'innocenza, atteso che il diritto ad allontanare da sé ogni accusa trova il suo limite nel divieto di accusare terzi che si sappiano innocenti. Il dato oggettivo è quindi assolutamente inconfutabile, come è stato opinato in entrambi i gradi di giudizio, laddove dal punto di vista soggettivo l'argomentazione assunta, secondo cui la giovane con un comportamento estremo fece il nome del L. solo per uscire da una situazione di disagio intellettuale dove era stata condotta dall'eccesso di zelo e dall'ingiustificabile intemperanza degli operanti, non poteva avere fondamento, atteso che come è stato rilevato, l'indicazione del L. fu tenuta ferma dopo le prime dichiarazioni e venne ribadita nel memoriale, scritto in piena solitudine e a distanza temporale rispetto ad una prima reazione non controllata, sull'onda di una pressante richiesta di un nome da parte delle forze dell'ordine. La K. seppure molto giovane era ragazza matura, con un livello culturale adeguato, nata e vissuta in uno Stato la cui legislazione non consente di accusare gratuitamente una persona, pur di liberare se stesso da una situazione imbarazzante. Dunque la stessa era in condizione, seppure dopo un primo, ancorché lungo momento di smarrimento, amnesia, confusione, di riprendere il controllo di se stessa e comprendere la gravità della condotta che stava ponendo in essere quanto meno nei giorni immediatamente successivi all'improvvida iniziativa, avrebbe potuto segnalare agli investigatori di averli portati su una falsa pista, avvalendosi del supporto del difensore, visto che medio tempore, aveva assunto la qualità di indagata. La perduranza in tale atteggiamento delittuoso scoperto solo a seguito della registrazione del colloquio con la madre segna la netta divaricazione da un comportamento da interpretare in chiave di collaborazione, come vorrebbe la difesa e non presta il fianco per essere valorizzato come risposta ad uno stato di necessità, la cui sussistenza è legata ad una condizione di inevitabilità e quindi di inesistenza di strade alternative, di talché non può essere riconosciuto neppure come erroneamente supposto. Ne' può essere invocato fondatamente l'esercizio di alcun diritto, atteso che il diritto di difesa non si estende, in nessun ordinamento degli stati di diritto, fino al punto da consentire di coinvolgere così pesantemente un innocente, che giova ricordare, subì un periodo di carcerazione solo ed esclusivamente sulla base delle false indicazioni della prevenuta . Anche la prima sezione penale di questa Corte, dunque, quando annullò l'assoluzione per il delitto di omicidio e per quelli collegati, ma determinò l'irrevocabilità del giudizio di penale responsabilità sulla calunnia, rigettando il ricorso proposto dall'imputata, evidenziò l'inescusabilità del comportamento della K. allorché, quantunque per difendersi, aveva accusato falsamente L. ed evocò, a riprova, il memoriale, evidenziando come in esso, nonostante fosse stato redatto alcune ore dopo la verbalizzazione delle prime accuse, queste ultime fossero state tenute ferme. 5.4. La Corte di assise di appello di Firenze, quale Giudice del rinvio per i delitti di omicidio, la contravvenzione, il furto e la simulazione di reato, a proposito della calunnia che, salvo che per l'aggravante, non era più sub iudice, ma che la Corte territoriale affrontò comunque nella prospettiva dello scrutinio sulla responsabilità per gli altri reati così scrisse K.A.M. incolpò dell'omicidio L.P. alle ore 1.45 del Omissis , e successivamente trascorsero quattro ore in cui la ragazza non ebbe colloqui con persone esterne, né risulta che abbia subito particolari maltrattamenti. Anche ammettendo per un momento che gli ufficiali di polizia giudiziaria della Questura di Perugia alle ore 01.45 del Omissis , nella frenesia della ricerca di un colpevole all'omicidio della povera M., forse anche perché oggettivamente pressati dall'opinione pubblica cittadina e dalla rilevanza mediatica che fino da subito la vicenda aveva assunto, avessero avuto un preciso interesse ad incolpare per il tramite della ragazza L.P., peraltro a loro perfettamente sconosciuto, dell'omicidio avvenuto, non si vede la ragione per la quale la ragazza dovesse mantenere la propria versione mendace, anzi arricchendola con particolari, alle 05.45 del Omissis , allorquando si trovò di fronte non i perfidi ufficiali di polizia giudiziaria, che a suo dire l'avevano costretta a rendere tali dichiarazioni, ad un Magistrato a cui la ragazza avrebbe potuto rivolgersi con maggiore fiducia, denunciando fin da subito le prevaricazioni subite, senza neppure il rischio di essere esposta a ritorsioni da parte della polizia, poiché alle 5.45 del Omissis K.A.M. non era ancora in vinculis. Ma ciò non accadde. K.A.M. reiterò le accuse avanti al Magistrato, accuse che non furono mai ritrattate dalla ragazza per tutti i giorni successivi, neppure allorquando, finalmente sottratta alle grinfie della polizia e del Pubblico Ministero, ebbe la possibilità di colloquiare con i propri difensori e con i propri familiari fino a portare tale incolpazione alle estreme conseguenze, consistite nel fare trattenere in carcere una persona che lei sapeva innocente per molti giorni, perfettamente indifferente alla sofferenza umana che a lui cagionava . Se effettivamente la ragione delle accuse fosse stata la pressione subita dagli investigatori osservò altresì la Corte nei giorni successivi vi sarebbe stata una resipiscenza, che avrebbe inevitabilmente condotto la ragazza a dire la verità ovverosia che L.P. era completamente estraneo all'omicidio. Ma ciò non avvenne. Ed allora la Corte di merito ritenne ragionevole che, una volta assunta la decisione di sviare l'attenzione degli inquirenti da sé e da S.R., la K. non volesse tornare indietro per non determinare una rinnovata attenzione degli investigatori nei suoi confronti e per non esporsi alle ritorsioni dichiarative di G.R., che avrebbe potuto accusarla dell'omicidio che, secondo la Corte di assise di appello di Firenze, la richiedente aveva commesso. Tuttavia, la Corte fiorentina non mancò di osservare che La circostanza poi che nella stessa fase pre-processuale investigativa, in concomitanza con la carcerazione del L., abbiano potuto convivere due versioni degli accadimenti relativamente alla notte dell'omicidio una riferibile alle dichiarazioni cui si è fatto cenno, l'altra oggetto di un memoriale in cui la figura del L. non compariva entrambe fornite dalla studentessa americana, senza che sia conseguito lo sviluppo di una fase di valutazione approfondita tesa a chiarire le ragioni di tale obiettiva discrasia, rappresenta un inspiegabile sviluppo investigativo di questa vicenda processuale . La Corte territoriale fiorentina, dunque, benché il thema decidendum non fosse più l'imputazione ex art. 368 c.p., rimarcò come le dichiarazioni calunniatorie fossero quelle della notte del 6 novembre, escludendo, di contro, che il memoriale le ribadisse. Ora, se è vero, quanto a quest'ultimo aspetto, che la Corte di assise di appello di Firenze non aveva più, nel proprio orizzonte delibativo, la condanna per la calunnia ma solo il riconoscimento del nesso teleologico rispetto all'omicidio , non può neanche negarsi che la presa di posizione circa i contenuti del memoriale finisce per incidere sulla formulazione del giudizio che questo Collegio come si vedrà dovrà esprimere ai fini della decisione sulla direzione da imprimere agli esiti del presente giudizio. 5.5. Venendo all'ultimo capitolo dell'annosa vicenda processuale relativa all'omicidio e agli altri reati superstiti , la quinta sezione penale di questa Corte, nella già analizzata sentenza di annullamento senza rinvio per l'omicidio ed i reati minori, quanto alla calunnia, su cui si era già formato il giudicato, ebbe incidentalmente ad osservare quanto segue 2.2. Non ha pregio, poi, la richiesta della difesa di K.A. volta al rinvio del presente giudizio in attesa della decisione dell'adita Corte di giustizia Europea, investita in esito alla conseguita definitività della statuizione di condanna per il reato di calunnia, oramai coperta da giudicato parziale della denuncia di trattamenti arbitrari e coercitivi che gli inquirenti avrebbero posto in essere in danno dell'indagata odierna ricorrente, al punto da coartarne la volontà e da lederne la libertà morale, in violazione dell'art. 188 c.p.p Ed invero, un'eventuale pronuncia della Corte Europea favorevole alla stessa K., nel senso auspicato del riconoscimento di un poco ortodosso trattamento degli investigatori nei suoi confronti, non potrebbe in alcun modo scalfire il giudicato interno, neppure in vista di possibile revisione della sentenza, considerato che le calunniose accuse che la stessa imputata rivolse al L., per effetto delle asserite coercizioni, sono state da lei confermate anche innanzi al Pm, in sede di interrogatorio, dunque in un contesto, istituzionalmente, immune da anomale pressioni psicologiche e sono state confermate anche nel memoriale a sua firma, in un momento in cui la stessa accusatrice era sola con sé stessa e la sua coscienza, in condizioni di oggettiva tranquillità, al riparo da condizionamenti ambientali e furono persino ribadite, dopo qualche tempo, in sede di convalida dell'arresto del L., innanzi al Gip procedente . Successivamente Ulteriore elemento a suo carico e', di certo, rappresentato dalle stesse calunnie nei confronti del L., di cui si è detto. Non è dato comprendere, infatti, quale ragione abbia potuto spingere la giovane statunitense a quelle gravi accuse. L'ipotesi che l'abbia fatto per sottrarsi alla pressione psicologica degli inquirenti appare assai fragile, tenuto conto che la donna non poteva non rendersi conto che, quanto prima, quelle accuse, rivolte al suo datore di lavoro, sarebbero state smentite, considerato che, come ben sapeva, nessun rapporto il L. aveva con la K. né con la casa di via Omissis . Peraltro, la possibilità di esibire un alibi di ferro avrebbe, poi, consentito al L. la scarcerazione ed il successivo proscioglimento dalla grave accusa . La quinta sezione, dunque, oltre a ribadire incidentalmente che le dichiarazioni rese nei confronti di L. fossero calunniatorie, reputò che il memoriale costituisse una conferma e non una smentita delle accuse. 5.6. Un ulteriore tassello che compone il mosaico da valutare è dato dalla sentenza del Tribunale di Firenze, che pronunziò l'assoluzione della K. dal reato di calunnia ai danni degli interpreti che l'avevano assistita nel corso delle due dichiarazioni della notte tra il 5 e il 6 novembre, dei poliziotti che la escussero in quelle ore e del pubblico ministero che presenziò alle dichiarazioni delle ore 5.45, calunnia consistita nell'averli accusati di vari reati dalla calunnia al falso, dalla falsa testimonianza al favoreggiamento , commessi tacendo alcune circostanze in sede dibattimentale e inducendola, all'epoca delle escussioni notturne più volte richiamate, a fare alcune dichiarazioni quanto all'omicidio che non corrispondevano alla realtà, tra cui quelle concernenti il coinvolgimento di L. nel misfatto. Il procedimento era sorto all'esito della trasmissione degli atti al pubblico ministero, disposta dalla Corte di assise di Perugia a seguito delle dichiarazioni rese dalla K. nel corso del processo a suo carico. Il Giudice monocratico di Firenze pronunziò l'assoluzione dell'imputata con la formula perché il fatto non sussiste quanto alle accuse ai danni dei poliziotti e dell'interprete e perché il fatto non costituisce reato in ordine alle accuse mosse al pubblico ministero che si occupava delle indagini. L'assoluzione si legge nella sentenza del Tribunale di Firenze era legata alla circostanza che Il contesto investigativo, come ricostruito dai verbali delle attività di indagini, dalle testimonianze assunte e dai documenti acquisiti, in ispecie le sentenze, si segnala come non incompatibile con quanto affermato dalla ragazza . Oltre alla mancata prestazione delle garanzie difensive che aveva condotto alla declaratoria di inutilizzabilità delle sue dichiarazioni da parte di questa Corte in sede cautelare-il Tribunale rimarcò l'infedeltà dei verbali quanto ad alcune circostanze, valorizzò in bonam partem la partecipazione agli atti investigativi, come interprete, di personale della stessa Questura di Perugia, personale che aveva peraltro assunto un atteggiamento materno nei confronti della giovane, stimato del tutto ambiguo ed inopportuno date le circostanze del caso e la necessità di assicurare il più possibile la genuinità del narrato. Si legge nella sentenza in oggetto Di seguito, tale rilievo impone di evidenziare come le attività di indagine, per quanto emerge dalla relativa documentazione e per come descritte dai numerosi testi esaminati, compresa la F., si fossero caratterizzate da molteplici condotte operative, ma anche da singolari omissioni, del tutto irrituali, in fase di documentazione di quelle oltre al mancato rispetto della procedura relativa all'assunzione di informazioni da soggetto già indiziato, per come constatato dalla Corte di Cassazione, tutti i verbali erano mancanti dell'orario di chiusura dell'attività due degli interpreti, D. e C., erano impiegati civili della Questura, colà in servizio come interpreti, e D. utilizzato pur esso come interprete, per la sua personale conoscenza della lingua inglese era, di più, un assistente capo della Questura, direttamente appartenente, cioè, al personale preposto alle indagini alcune affermazioni della teste F. non sono rappresentate a verbale del Omissis ore 1.45, come ad esempio, la circostanza di aver ricevuto da una collega la notizia che S.R., fidanzato della ragazza e separatamente sentito in contemporanea, non aveva più sostenuto l'alibi della ragazza, riferendo che questa intorno alle ore 20.30 dell' Omissis aveva lasciato casa sua, fatto, invece, contestato alla K. durante l'assunzione dell'atto medesimo così come altrettanto omessa e', nello stesso verbale, la circostanza relativa al telefono di K., che è stato preso da un collega della F., esaminato e rammostrato alla stessa, in relazione ad un messaggio ricevuto e scambiato con L.P., senza un formale provvedimento di sequestro da adottare nei confronti di una persona nei cui confronti evidentemente si nutrivano già gravi ragioni indiziarie tutti i pv di sit e le dichiarazioni spontanee rese al PM sono molto brevi a fronte di attività indicate come durate, in alcuni casi, anche alcune ore, dai testi medesimi e dalla F. in particolare . Ancora, il Giudice monocratico ribadì le numerose irritualità procedurali specifiche e la condizione di comprensibile consonanza professionale nei confronti dei colleghi che stavano procedendo alle immediate indagini per il delitto di omicidio degli interpreti, che avevano tenuto un contegno emotivamente tendente all'empatia, almeno apparente e tale da farlo a lei così percepire, nei confronti della K Ciò capitava in un contesto delicatissimo, oltre che per le indagini rispetto alle quali le dichiarazioni salienti dell'indagata sono risultate giustappunto non utilizzabili -, anche per la sua stessa posizione di sostanziale ed effettiva indagata. Tale ambiguo stato di soggetto ausiliario di PG ed. al contempo, di appartenente al corpo investigativo è poi tralignato anche in atteggiamenti di materno ed affettuoso trasporto . Il sentimento di spontanea solidarietà espresso dalla interprete D., era affatto richiesto dall'unico protocollo di riferimento utile e ammissibile nella circostanza, cioè il codice di procedura penale ed il suo apparato di attuazione e regolamentare e fa il paio con l'altra anomalia della stessa indole, relativa alla tenuta della mano della ragazza da parte del teste R. . Circostanze tutte, queste rammentate, che, del tutto comprensibilmente evidentemente, anche quale segno della consapevolezza della loro irritualità non risultano in alcun verbale. . Ma non ci si è resi, probabilmente, conto circostanza anche questa altrettanto singolare che, in un contesto professionale del genere l'unico attento approccio richiesto verso la K., anzi, imposto, era proprio quello di rendere edotta l'indagata dei suoi diritti di difesa, dichiarati inviolabili, non a caso, dalla nostra Carta Costituzionale art. 24 . 6. Se, fino a questo momento, sono stati ricostruiti gli avvenimenti nei termini in cui i Giudici di merito e la Corte di cassazione li hanno reputati accertati, l'attenzione deve essere ora rivolta alla sentenza della Corte di Strasburgo che costituisce il presupposto della richiesta di revisione della K La Corte edu ha ritenuto accertate le seguenti violazioni della Convenzione. 6.1 Violazione dell'art. 3 CEDU Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti sotto il profilo procedurale, quanto al trattamento che era stato riservato alla K. durante le sue audizioni della notte del Omissis . La violazione, più precisamente, è stata ravvisata nel fatto che era mancata una indagine ufficiale effettiva per identificare e punire i possibili responsabili. A tale riguardo, la Corte può solo rilevare che, nonostante le ripetute denunce della ricorrente, i trattamenti da lei segnalati non sono stati oggetto di alcuna indagine .l In particolare, rileva che non è stato dato seguito alla richiesta di trasmissione degli atti alla procura, formulata dalla difesa dell'interessata il 13 marzo 2009 anzi osserva la Corte a seguito di tale udienza, gli atti erano stati trasmessi al pubblico ministero per procedere contro la K. per calunnia. La Corte di Strasburgo ha, invece, negato che potesse ravvisarsi violazione materiale dell'art. 3 della Convenzione osservando che non vi siano elementi per poter concludere che la ricorrente sia stata oggetto dei trattamenti inumani e degradanti lamentati . In altri termini, la Corte di Strasburgo ha reputato che gli elementi raccolti non fossero idonei a ritenere provata l'accusa della K. di avere subito trattamenti inumani e degradanti, ma ha, altresì, ritenuto che tale deficit dimostrativo fosse dovuto al fatto che l'autorità giudiziaria non aveva dato seguito alle sue rivelazioni circa le modalità con le quali era stata escussa. Proprio a proposito del vaglio sulla consistenza della doglianza circa la violazione dell'art. 3 CEDU, la Corte ha svolto considerazioni circa la sequenza delle dichiarazioni e del manoscritto che appare utile riportare ai fini di una compiuta ricostruzione del thema decidendum e di quale fosse la percezione della Corte sovranazionale circa il contesto in cui le dichiarazioni calunniatorie erano state rese 124. Esaminando il profilo procedurale della doglianza sollevata dalla ricorrente, la Corte osserva che, nel testo redatto all'attenzione della polizia verso le ore 13.00 del Omissis , ossia solo poche ore dopo le dichiarazioni incriminanti dell'interessata formulate nei confronti di L.D., quest'ultima ha chiaramente spiegato di trovarsi in uno stato di choc e di confusione estrema paragrafo 20 supra . 125. La ricorrente ha indicato di non essere in grado di distinguere tra ciò che le sembrava essere la realtà dei fatti, ossia che la notte dell'omicidio era rimasta a casa di S.R., e un'altra rappresentazione dei fatti, nella quale vedeva L.D. come il responsabile del delitto, e alla quale sarebbe giunta a causa di pressioni, minacce di incarcerazione, scappellotti sulla testa e di urla nei suoi confronti da parte della polizia, in un clima generale di paura e di angoscia. . 127. La Corte osserva che tale stato di confusione emerge, peraltro, dai due verbali relativi alle deposizioni in contestazione. La ricorrente sostiene in effetti che ha difficoltà a rammentare i fatti, e che ricorda soltanto in maniera confusa che L.D. avrebbe ucciso K.M. paragrafo 15 punto 3 supra . L'interessata afferma inoltre che i suoi pensieri erano molto confusi, e che perciò non era in grado di ricordare lo svolgimento dei fatti in quanto sarebbe stata sotto choc. La Corte osserva che la ricorrente si era dunque limitata a sostenere che, all'epoca dei fatti, immaginava, cosa potesse essere accaduto e di aver incontrato L.D. paragrafo 16, punti 2 e 3 supra . 128. All'udienza del 17 dicembre 2007 gli elementi riguardanti le lamentate modalità dell'interrogatorio dell'interessata emergono in maniera precisa e coerente rispetto al memoriale redatto da quest'ultima il Omissis , compresi gli scappellotti che avrebbe ricevuto due volte sulla testa. La Corte osserva che, in questa occasione, la ricorrente ha anche dichiarato di essere stata privata del sonno fino a quando non ha accusato L.D. e si è lamentata della scelta limitata di alimenti che le era stata proposta nell'arco di tempo in questione. 129. Inoltre, lo choc emotivo estremo subito dalla ricorrente durante le audizioni è menzionato nella testimonianza di quest'ultima e in quella di D.A. del 13 marzo 2009. In particolare, la ricorrente ha affermato di essere stata trattata in maniera aggressiva e offensiva e di avere ricevuto degli scappellotti, circostanze da lei descritte negli stessi termini durante le udienze del 12 e 13 giugno 2009, e costantemente denunciate in seguito nel suo appello e nei suoi ricorsi per cassazione paragrafi 82-83, 86 e 95 supra . 130. La Corte osserva che, nella sentenza del 3 ottobre 2011, la corte d'assise d'appello ha altresì evidenziato l'ossessiva durata degli interrogatori, la vulnerabilità della ricorrente e la pressione psicologica da lei subita, pressione tale da compromettere la spontaneità delle sue dichiarazioni, nonché il suo stato di oppressione e di stress. Essa ha ritenuto che la ricorrente avesse effettivamente subito un vero e proprio supplizio che aveva generato una situazione psicologica insopportabile, per sfuggire alla quale la ricorrente aveva rilasciato dichiarazioni incriminanti nei confronti di L.D. paragrafo 85 punti 8 e 10 supra . 6.2. La seconda violazione rilevata dalla Corte edu è quella dell'art. 6, p.p. 1 e 3 lett. c Cedu, secondo cui ogni accusato ha diritto soprattutto a c difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di propria scelta . Il diritto all'assistenza difensiva ha sostenuto la Corte di Strasburgo era stato negato alla K. raccogliendo le sue dichiarazioni senza la presenza del difensore, in ordine quantomeno a quelle rese alle ore 5.45 del Omissis 152. Ora, secondo la Corte, anche a voler supporre che questi elementi non bastino per concludere che, alle ore 1.45 del Omissis , la ricorrente potesse essere considerata sospettata ai sensi della sua giurisprudenza, si deve osservare che, come ha ammesso il Governo, quando ha reso le sue dichiarazioni delle ore 5.45 dinanzi al procuratore della Repubblica, la ricorrente aveva formalmente acquisito la qualità di persona indagata. La Corte considera che, pertanto, non vi sono dubbi sul fatto che, al più tardi alle ore 5.45, la ricorrente fosse oggetto di un'accusa in materia penale ai sensi della Convenzione Ibrahim e altri, sopra citata, p. 296 . La Corte edu ha, altresì, escluso che fosse emerso un motivo imperioso che giustificasse il sacrificio dell'assistenza difensiva a questa conclusione la Corte sovranazionale è giunta pur dopo aver esaminato la prospettazione del Governo italiano fondata sulla giurisprudenza di legittimità che sancisce l'utilizzabilità come corpo di reato di calunnia delle dichiarazioni rese senza la necessaria assistenza difensiva La Corte osserva che, se le giurisdizioni interne hanno concluso che le disposizioni controverse non erano utilizzabili contro la ricorrente per i reati di omicidio e di violenza sessuale, come ha indicato il Governo, in applicazione della giurisprudenza interna paragrafo 142 supra , queste stesse disposizioni hanno potuto essere utilizzate, in assenza di un avvocato, in quanto erano esse stesse costitutive di un reato. 154. Essa rammenta inoltre che le limitazioni all'accesso a un avvocato per motivi imperiosi sono permesse durante la fase preliminare al processo soltanto in casi eccezionali, e devono essere di natura temporanea e fondate su una valutazione individuale delle circostanze particolari del caso di specie Beuze, sopra citata, p. 142 . 155. Ora, nella presente causa, il Governo fa riferimento a una interpretazione giurisprudenziale che permette di utilizzare le dichiarazioni spontanee fatte da una persona sottoposta a indagini in assenza di un difensore quando tali dichiarazioni sono esse stesse costitutive di un reato. 156. Anche a voler vedere in tale argomento un motivo imperioso nel senso della propria giurisprudenza, la Corte osserva tuttavia che l'interpretazione giurisprudenziale invocata è di portata generale. Il Governo non ha peraltro accertato se esistessero circostanze eccezionali tali da giustificare le limitazioni apportate al diritto della ricorrente. Non spetta alla Corte cercarle di propria iniziativa Simeonovi, sopra citata, p. 130 . 157. La Corte non vede alcun motivo imperioso che possa giustificare le limitazioni sopra menzionate nel caso di specie. . Ciò posto, la Corte sovranazionale ha osservato che la K. era vulnerabile giacché aveva venti anni, una scarsa conoscenza della lingua italiana e si trovava da poco in Italia le deposizioni della richiedente del Omissis erano state raccolte in un contesto di forte pressione psicologica le dichiarazioni in questione hanno costituito esse stesse il reato ascritto alla ricorrente e, dunque, la prova materiale per il suo verdetto di colpevolezza per il reato di calunnia le circostanze nelle quali sono state ottenute le dichiarazioni incriminate non hanno potuto essere chiarite nell'ambito di un'inchiesta nell'interrogatorio delle ore 5.45 non le erano stati comunicati i suoi diritti procedurali a distanza di poche ore dalle audizioni incriminate, la K. aveva prontamente ritrattato le sue dichiarazioni, in particolare con un memoriale redatto di propria iniziativa il Omissis verso le ore 13 e consegnato alla polizia paragrafo 20 punto 3 in fine e punto 4 lettera e supra , con un altro memoriale redatto il 9 novembre 2007 all'attenzione dei suoi avvocati paragrafo 24 punto 14 supra e con la telefonata fatta alla madre il 10 novembre 2007, mentre la linea era sottoposta a intercettazione . Svolte queste considerazioni, i Giudici di Strasburgo hanno concluso che vi era stata violazione dell'art. 6 pp. 1 e 3 lett. c della Convenzione, sostenendo che il Governo non sia riuscito a dimostrare che la limitazione dell'accesso della ricorrente all'assistenza legale durante l'audizione del Omissis alle 5.45 non ha pregiudicato in modo irreparabile l'equità del processo nel suo complesso . 6.3. La terza violazione rilevata è quella dell'art. 6, pp. 1 e 3 lett. e CEDU quanto all'assistenza di un interprete Ogni accusato ha diritto soprattutto a . e farsi assistere da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell'udienza . A questo proposito, i Giudici di Strasburgo hanno osservato che i servizi dell'interprete pur non essendo richiesto il requisito dell'indipendenza o dell'imparzialità in quanto tali devono apportare all'imputato un aiuto effettivo nel condurre la sua difesa e il suo comportamento non deve poter pregiudicare l'equità del processo Ucak c. Regno Unito dee. , n. 44234/98, 24 gennaio 2002 . Nella sentenza si legge altresì che Pertanto, le autorità competenti non hanno solo il dovere di nominare un interprete, ma anche, una volta allertate in un determinato caso, quello di esercitare un certo controllo a posteriori per quanto riguarda il valore dell'interpretariato fornito Hermi c. Italia GC , n. 18114/02, p. 80, CEDU 2006 12, Kamasinskl c. Austria, 19 dicembre 1989, p. 74, serie An. 168, Giingor c. Germania dec. , n. 31540/96, 17 maggio 2001, Cuscani c. Regno Unito, n. 32n1/96, p. 39, 24 settembre 2002, Protopapa c. Turchia, n. 16084/90, p. 80, 24 febbraio 2009 e Vizgirda c. Slovenia, n. 59868/08, p.p. 75.79, 28 agosto 2018 . 183. Inoltre, come l'assistenza di un avvocato, quella di un interprete deve essere garantita fin dalla fase delle indagini, a meno che non sia dimostrato che esistono ragioni imperiose per limitare tale diritto si veda, In tal senso, Diallo c. Svezia dee. , n. 13205/07, p. 25, 5 gennaio 2010, Baytar c. Turchia, n. 45440/04, p.p. 50 e seguenti, 14 ottobre 2014, e Saman c. Turchia, n. 35292/05, p. 30, 5 aprile 2011 . Nella specie la Corte edu ha rilevato che il comportamento tenuto da D.A. D.A., n. d.e. mentre la K. esponeva la propria versione dei fatti, e' andato oltre le funzioni di interprete che essa doveva assicurare perché la donna ha voluto stabilire una relazione umana ed emotiva con la ricorrente, attribuendosi un ruolo di mediatrice e assumendo un atteggiamento materno che non erano assolutamente richiesti nel caso di specie . Su questo aspetto prosegue la Corte edu alla K. non fu assicurata tutela attraverso un'adeguata verifica delle possibili ripercussioni di questo comportamento e ciò aveva compromesso la generale equità del procedimento. 6.4. In conclusione, riconosciute le anzidette violazioni ed in forza dell'art. 41 CEDU Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto Interno dell'Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa , la Corte edu ha riconosciuto alla K. la somma di 10.400 Euro, oltre le spese e gli interessi fino al saldo. 7. Tirando le fila del discorso e cercando di schematizzare può, dunque, concludersi che la Corte edu ha reputato integrate, oltre che la violazione dell'art. 3 CEDU solo sotto il profilo procedurale la violazione di cui all'art. 6, p. 3, lett. c CEDU concernente il diritto di difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di propria scelta . quanto alle dichiarazioni rese da K.A. alle ore 5.45. la violazione dell'art. 6, p. 3, lett. e CEDU quanto al diritto a farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell'udienza tale violazione deve ritenersi riferita ad entrambe le audizioni notturne, dal momento che, pur in assenza di una specifica puntualizzazione da parte della Corte edu, si osserva che il dictum sovranazionale ha riguardato le anomalie rilevate nell'assistenza linguistica assicurata per tutta la notte del 6 novembre, assistenza linguistica attuata sia nel corso dell'escussione delle ore 1.45 che durante quella delle ore 5.45, come è dato evincere dalla ricostruzione in fatto possibile alla luce dei plurimi provvedimenti esaminati. D'altra parte non è senza significato che, per la violazione del diritto all'assistenza difensiva, i Giudici di Strasburgo abbiano circoscritto l'accertamento alle sole dichiarazioni delle ore 5 45 mentre, in relazione al diritto all'assistenza linguistica, non abbiano fatto analoga puntualizzazione. Tali violazioni ha sostenuto la Corte sovranazionale anche contestualizzando le anomalie riscontrate nell'ambito delle doglianze della richiedente circa il contegno tenuto dagli inquirenti con lei quella notte e le sue condizioni soggettive hanno compromesso la generale equità del procedimento. 8. Venendo al giudizio che spetta a questa Corte ex art. 628-bis c.p.p., il Collegio ritiene che non possa che prendersi atto della portata tranchant delle affermazioni della Corte edu. Non si ritiene, infatti, che vi siano ambiguità o difficoltà interpretative del dictum Europeo che possano generare incertezze nel dare corso alla decisione come chiaramente spiegato dalla Corte di Strasburgo, le violazioni accertate del diritto all'assistenza difensiva e linguistica hanno compromesso irrimediabilmente le dichiarazioni rese nella notte del 6 novembre, sia quelle delle ore 1 45 che quelle delle ore 5.45 di contro, poiché la violazione dell'art. 3 CEDU non è stata accertata sotto il profilo sostanziale, la Corte edu non ha fatto conseguire alla sola violazione procedurale un'immediata ripercussione su questo o quel dato probatorio o momento processuale. Resta da comprendere se e come il giudicato Europeo possa ripercuotersi su quello interno. L'ambito valutativo in cui questa Corte può muoversi è esclusivamente quello già ricordato quando si è tracciata la cornice teorica dell'istituto la Corte di cassazione può e deve valutare se le violazioni riscontrate abbiano avuto, per natura e gravità , un' incidenza effettiva sull'esito del procedimento. Si tratta, come si ricorderà, dell'unico vaglio che è consentito al Giudice interno chiamato ad attuare la ricognizione della sentenza sovranazionale, attività che non prevede margini di apprezzamento sulla sussistenza della violazione, dovendo attenersi a quanto sancito dalla Corte Europea, con la sola possibilità, per la Corte di cassazione, di esprimersi sul peso della violazione in rapporto alla sua incidenza sull'esito del processo. Incidenza che chiama in causa il criterio della effettività , sul cui significato il Collegio si è interrogato, trattandosi di nozione che è lessicalmente diversa dalla più volte definita dalla nostra giurisprudenza decisività , quale idoneità disarticolante del vizio rilevato rispetto al verdetto cui il Giudice di merito sia giunto Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, Di Meglio, Rv. 259323 Sez. 6, n. 14916 del 25/03/2010, Brustenghi e altro, Rv. 246667 Sez. 2, n. 16354 del 28/04/2006, Maio, Rv. 234752 Sez. 1, n. 13543 del 18/11/1998, Caruso, Rv. 212057 . La conclusione è che i due concetti, pur non coincidendo, non si discostino in maniera particolarmente significativa, nel senso che di incidenza effettiva può parlarsi solo relativamente a violazioni della CEDU che abbiano avuto un peso concreto nella decisione interna perché, qualora non avessero contrassegnato il processo, l'esito sarebbe stato -ragionevolmente diverso. In questo senso può essere indicativo un passaggio della Raccomandazione Rec 2000 2 del 19 gennaio 2000 del Comitato dei Ministri già sopra evocata quale risalente sollecitazione all'attuazione di iniziative interne per dare esecuzione ai dicta della Corte edu in cui si legge che il rimedio interno andava apprestato in relazione a situazioni in cui la violazione rilevata fosse causata da errori o carenze procedurali di tale gravità da far sorgere seri dubbi sull'esito del procedimento. Non solo. Milita in questa direzione anche il significato stesso dell'aggettivo effettivo , nel senso di ciò che produce o è atto a produrre un effetto ovvero che serve a produrre o produce un effetto così due dizionari della lingua italiana , effetto che, riguardato nella prospettiva dell'incidenza della violazione convenzionale sulla sentenza interna, non può che riferirsi alla ripercussione dell'anomalia sull'epilogo del procedimento. Non va trascurato, infine, che circoscrivere o depotenziare il concetto di effettività potrebbe condurre ad esiti irragionevoli nell'ottica della doverosa ricerca di un equilibrio tra certezza delle situazioni giuridiche e stabilità delle decisioni giudiziarie, da una parte, e rispetto delle garanzie convenzionali, dall'altra si pensi solo a titolo di esempio, perché la casistica può essere molto ampia e variegata ai casi in cui la violazione accertata riguardi esiti probatori non valutati affatto dal Giudice di merito ai fini della deliberazione o concernenti circostanze marginali della regiudicanda che non abbiano esercitato alcun ruolo nella logica della decisione o attenga a temi estranei alla ratio decidendi della decisione ovvero, ancora, ad argomenti relativi solo ad una delle diverse e concorrenti rationes decidendi della pronunzia del Giudice nazionale. Ebbene, proprio la vicenda processuale al vaglio odierno del Collegio è emblematica di come sia arduo qualsiasi tentativo di previsione e schematizzazione delle situazioni che potrebbero verificarsi con riferimento, in particolare, al rapporto tra tipologie di violazioni e relative conseguenze sui procedimenti definiti. Quelle accertate dalla prima sezione della Corte edu, infatti, sono sì violazioni di carattere processuale il diritto all'assistenza difensiva e a quella linguistica che impattano, tuttavia, non già sul processo che si è svolto a carico della K. per calunnia, ma sull'in sé di quest'ultimo reato le violazioni, infatti, hanno condizionato in modo decisivo il momento stesso della formulazione delle accuse calunniose a carico di L., rese dalla K. senza che le venisse garantita la dovuta assistenza di un difensore e senza che fosse assicurata un'adeguata e corretta assistenza linguistica. Ed è stata la stessa Corte edu che, pur posta a confronto con la giurisprudenza di questa Corte sulla possibilità di considerare comunque quale corpo di reato di calunnia le dichiarazioni rese da soggetto indagabile senza l'assistenza difensiva, ha neutralizzato l'argomentazione del Governo italiano, sottolineando che ciò non costituiva un motivo imperioso che consentisse il sacrificio del diritto all'assistenza difensiva. Ne consegue che la perentoria affermazione dei Giudici di Strasburgo circa la sussistenza delle violazioni in parola caratterizza negativamente e irrimediabilmente gli stessi momenti in cui la K. si è determinata ad accusare falsamente l'innocente L Si ritiene, pertanto, che la violazione al diritto ad un equo processo garantito dall'art. 6 CEDU, nei termini accertati dalla Corte di Strasburgo, mini in radice la possibilità di utilizzare processualmente quale corpo del reato di calunnia le dichiarazioni rilasciate da K.A. alle ore 1.45 e alle ore 5.45 del Omissis che devono essere, quindi, espunte dal materiale a carico. 9. Resta il memoriale. 9.1. Si tratta del documento cui più volte si è accennato e che è stato spontaneamente vergato dalla K. lo stesso Omissis , dopo che era stata dichiarata in stato di fermo e prima che venisse condotta in carcere, documento che la ragazza aveva poi consegnato all'Ispettrice F. della Questura di Perugia. Su tale documento non è scesa la scure della Corte edu, che pure lo ha menzionato. Ne' esso può dirsi compromesso anche solo indirettamente dalla violazione del diritto all'assistenza difensiva e del diritto all'assistenza linguistica. Riguardo al primo versante, non si tratta di una dichiarazione resa oralmente dinanzi agli inquirenti-polizia giudiziaria o pubblico ministero ma di uno scritto che la K. ha voluto, di propria iniziativa, redigere. Da questo punto di vista non pare che vi siano incertezze, considerato che la Corte sovranazionale è stata attenta a circoscrivere il bersaglio delle critiche basate sulla violazione del diritto all'assistenza difensiva al solo verbale delle ore 5.45. Quanto al secondo versante, quello dell'assistenza linguistica, il documento è stato redatto, come più volte sottolineato, in inglese, il che esclude in radice che vi siano implicazioni che lo riguardino legate alle anomalie rilevate dalla Corte edu nell'assistenza linguistica apprestata alla K 9.2. Ebbene, rispetto al memoriale, due sono gli interrogativi che, pur all'esito di un'attenta lettura delle sentenze di merito e di quelle di legittimità, sono rimasti insoluti e che determinano l'esito odierno. Il primo riguarda l'eventuale collocazione delle dichiarazioni del manoscritto nell'ambito di quelle calunniose e, quindi, la loro natura di corpo del reato si è già rimarcato come le sentenze di merito e quelle di legittimità lo abbiano ripetutamente richiamato, ora solo come momento probatoriamente significativo, ora come vero e proprio corpo del reato ex art. 368 c.p. si pensi alla sentenza della Corte di assise di Perugia che, proprio in tale ottica, lo ha acquisito al fascicolo del dibattimento . Il secondo interrogativo riguarda il contenuto ed il senso delle dichiarazioni contenute nel memoriale, su cui si registrano, nelle sentenze interne esaminate e anche nella sentenza della Corte edu, delle informazioni non sempre congruenti tra loro talora è stata prediletta, infatti, la ricostruzione secondo cui il manoscritto contiene una smentita delle accuse che, poco prima, K.A. aveva mosso a L.P. dinanzi agli inquirenti e, talaltra, una lettura degli accadimenti che vede lo scritto quale momento di reiterazione delle accuse calunniose all'innocente persona offesa. I nodi suddetti non possono essere sciolti da questa Corte, che non può essere chiamata a svolgere un vaglio diretto dei contenuti del memoriale pur allegato sia dalla richiedente che dalla parte civile , trattandosi di giudizio di merito che esorbita del tutto dai confini connaturati al vaglio del Giudice di legittimità, confini che non vi è motivo di forzare rispetto all'istituto di nuovo conio, in assenza di indicazioni normative in tal senso, che sarebbero peraltro dirompenti rispetto alla tradizionale funzione di questa Corte. Di fronte a tali interrogativi, il Collegio, se per un verso non può affermare se e quanto il memoriale pesi sull'addebito ex art. 368 c.p. per l'altro non può neanche rispondere all'interrogativo sul se l'accusa di calunnia a carico della K. possa ancora essere sostenuta pur a seguito della ideale eliminazione, dal novero delle dichiarazioni calunniatorie, di quelle rese agli inquirenti nella notte del Omissis . Insomma non è dato svolgere oggi ed in questa sede una verifica di resistenza del giudizio di responsabilità della richiedente fondandolo sul solo memoriale, pur al netto della neutralizzazione delle dichiarazioni verbalizzate, per la semplice ragione che vi è incertezza circa l'incidenza stessa di tale manoscritto sul verdetto di colpevolezza di K.A E' evidente, in conclusione, che l'interrogativo circa il peso del memoriale nella condanna di K.A. per il reato di calunnia implica un giudizio di fatto che esula dai poteri cognitivi della Corte di cassazione, il che come si vedrà più avanti incide sull'individuazione dell'epilogo decisorio odierno. 10. Il successivo snodo decisorio della Corte di cassazione è quello che riguarda la sorte delle sentenze che hanno definito il procedimento viziato dalle violazioni convenzionali e la direzione da imprimere al giudizio di revisione. Il Collegio è giunto alla conclusione che non vi sia alcun vaglio ulteriore rispetto a quelli già illustrati e preliminare rispetto a quello finale di cui si dirà appresso che riguardi l'an degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione indicati dal legislatore come conseguenza dell'illegalità convenzionale da eliminare. Con l'intervento riformatore, infatti, sono state specificamente dettate le condizioni a che la Corte di cassazione accolga la richiesta di revisione Europea le più volte evocate natura e gravità della violazione e l' incidenza effettiva sulla sentenza ma non sono state anche indicate, tra gli aspetti della vicenda che vanno specificamente vagliati ai fini dell'accoglimento dell'istanza, l'esistenza o l'attualità di conseguenze pregiudizievoli per il ricorrente vittorioso a Strasburgo, che il Giudice di legittimità deve considerare solo per stabilire come apprestarvi rimedio. In assenza di un'indicazione espressa del legislatore, dunque, il Collegio non deve soffermarsi sul tema, su cui si sono intrattenuti sia la richiedente, che la parte civile che il Procuratore generale, della persistenza degli effetti negativi della condanna per calunnia in capo alla K. nonostante la pena sia già stata scontata, perché si tratta di uno scrutinio che semplicemente non le è demandato. 11. Se la progressione del procedimento volge verso una nuova valutazione di merito, occorre domandarsi se e come ciò possa avvenire, considerato il dato normativo che si è sopra riportato e l'assenza di precedenti noti di questa Corte che si siano già pronunziati sugli epiloghi decisori dell'istituto. L'art. 628-bis c.p.p., comma 5, secondo e il terzo periodo, infatti, non contengono un'indicazione sufficientemente chiara circa gli sbocchi del procedimento quando non sia possibile come nel caso in esame concludere il giudizio di revisione in cassazione. Cercando di schematizzare, sembrerebbe che la Corte di cassazione abbia le seguenti alternative definitorie laddove non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto o laddove, comunque, risulti superfluo il rinvio, può assumere i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza in alternativa, può ordinare la trasmissione degli atti al Giudice dell'esecuzione oppure la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione, stabilendo se e in quale parte conservino efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi. 11.1. Tanto premesso, si può certamente escludere che, nella specie, un'alternativa decisoria praticabile sia la trasmissione degli atti al Giudice dell'esecuzione, dal momento che occorre, come già precisato, che si svolga un nuovo giudizio di merito circa la rilevanza a carico e la residua consistenza delle accuse che la K. abbia eventualmente mosso a L. anche nel memoriale, giudizio che non può che essere svolto nella fase della cognizione. Neanche pare possa farsi applicazione del terzo snodo terminativo, vale a dire la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione, giacché si tratta di ipotesi che si attaglia ai casi di violazione che abbia inficiato la ritualità del processo all'esito del quale è stata pronunziata la sentenza interna di cui si invoca la rimozione e che ne richieda la riedizione depurata dal compimento dell'atto affetto dalla violazione accertata dalla Corte edu. Ne' è come è ovvio ipotizzabile che il processo a carico della K. regredisca nella fase in cui le violazioni di cui si discute sono state realizzate, giacché ciò equivarrebbe ad immaginare una regressione del processo addirittura al momento stesso della commissione del reato. 11.2. Resta quindi il primo snodo, il cui portato va però decodificato, essendo contrassegnato da una certa densità descrittiva che impone di isolare le singole possibilità che si possono ricavare. La prima, testualmente prevista, è quella per cui è la stessa Corte di cassazione ad assumere i provvedimenti necessari a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione della Convenzione e può essere praticata se non sono necessari accertamenti di fatto o comunque se il rinvio risulta superfluo. La seconda, che si desume a contrario, è quella per cui non è la Corte a poter assumere i provvedimenti necessari a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, perché sono necessari accertamenti di fatto o comunque occorre il rinvio. E' menzionata, poi, l'eventualità che la Corte di cassazione revochi la sentenza o il decreto penale. Da questa analisi si può trarre la conclusione che la norma di nuovo conio preveda la possibilità del rinvio , con ciò utilizzando un termine che il sistema delle impugnazioni conosce perché indica l'epilogo che segue all'annullamento della sentenza impugnata ex art. 623 c.p.p. e che è funzionale al nuovo esame del processo da parte del Giudice di merito. Tale nuovo esame si renderà necessario allorquando, appunto, occorrano accertamenti di merito, fisiologicamente estranei al giudizio di legittimità. Non è chiaro, invece, se la possibilità della revoca riguardi entrambe le ipotesi, vale a dire sia quella in cui siano necessari ulteriori accertamenti di fatto e si imponga il rinvio, sia quella in cui tale necessità non sussista e la violazione convenzionale abbia un effetto immediatamente demolitorio rispetto al verdetto di condanna. Neanche è chiaro se la revoca riguardi la sentenza di merito ovvero quella della Corte di cassazione che abbia definito il giudizio oppure entrambe. Quel che è certo è che il reingresso del procedimento nella fase di merito è stato previsto come una delle opzioni decisorie da parte del legislatore della riforma. Lo conferma la circostanza che, a seconda che il procedimento regredisca alla fase del giudizio di primo grado o a quella di appello, l'art. 628-bis c.p., commi 6 e 7 stabiliscono, rispettivamente, che riprenda la decorrenza del termine di prescrizione o di quello di improcedibilità, nonché la constatazione che l'art. 60 c.p.p., u.c., prevede che la qualità di imputato si riacquisti nel caso di accoglimento della richiesta di revisione Europea. Si tratta di indicatori normativi che confermano la conclusione in precedenza illustrata, peraltro ineludibile considerato il vaglio di fatto che può ulteriormente essere necessario e che è necessario nel caso di specie sulla regiudicanda e che non avrebbe senso né sede processuale se non si ipotizzasse un rientro del processo nella fase di merito. 11.3. Alla luce di queste considerazioni il Collegio ha optato per la revoca delle sentenze di questa Corte nella parte in cui hanno determinato il passaggio in giudicato della condanna per calunnia e della sua previsione circostanziale quella del 26 marzo 2013 n. 26455 e quella del 27 marzo 2015 n. 36080 e per l'annullamento di quella che ha confermato la condanna di primo grado per il delitto di calunnia, ossia la sentenza della Corte di assise di appello di Perugia del 3 ottobre 2011 n. 4. La scelta della revoca, per quanto riguarda le sentenze di questa Corte regolatrice, è derivata, da una parte, dall'ampiezza del riferimento all'oggetto della revoca che si legge nell'art. 628-bis c.p.p., comma 5, ampiezza coessenziale alla non codificabilità a priori delle violazioni accertabili dalla Corte edu e dei conseguenti rimedi dall'altra, dall'assonanza di questo rimedio straordinario con l'altro che pure può determinare una caducazione delle sentenze di questa Corte il ricorso straordinario per errore di fatto di cui all'art. 625-bis c.p.p. che viene concretamente realizzata disponendo, appunto, la revoca della sentenza della Corte di cassazione affetta dal vizio lamentato ne sono esempi, tra le altre, Sez. 1, n. 18363 del 17/11/2022, dep. 2023, Gheri, Rv. 284541 Sez. 6, n. 36192 del 01/07/2014, Mazzarella, Rv. 260028 Sez. 6, n. 9926 del 12/01/2012, Rizzato, Rv. 252257 . Venendo, invece, alle implicazioni dell'odierna decisione sulla sentenza della Corte di assise di appello di Perugia che aveva chiuso la fase di merito circa la responsabilità per la calunnia, il Collegio ha ritenuto che occorra deliberarne l'annullamento parziale. Militano nel senso dell'annullamento la previsione, del legislatore della novella, che il giudizio di revisione possa sfociare in un rinvio quando non sia la Corte di cassazione a poter assumere i provvedimenti necessari ad eliminare gli effetti pregiudizievoli della violazione e la constatazione che, nella specie, occorre consentire una nuova celebrazione del giudizio di merito onde verificare la resistenza della pronunzia di condanna all'azione demolitoria della Corte edu si utilizza, così, lo strumento che, secondo il nostro ordinamento processuale, è l'antecedente logico-giuridico del rientro del processo nella fase di merito-del rinvio , appunto ancorché di annullamento l'art. 628-bis c.p.p. non parli espressamente. 11.4. Se l'annullamento con rinvio è l'epilogo decisorio del procedimento odierno, ci si deve domandare quale sia il rapporto tra la decisione di questa Corte e quella che il Giudice del rinvio dovrà assumere. Tale rapporto ritiene il Collegio può essere ricavato dalla stessa logica e finalità dell'istituto, a prescindere dall'inquadramento della progressione del giudizio nelle maglie del combinato disposto degli artt. 623 e 627 c.p.p Sono, appunto, la logica e la finalità dell'istituto che impongono di prendere atto, in primo luogo, che il Giudice del rinvio non può contestare l'effettiva lesione dei diritti garantiti dalla Convenzione già accertata dalla Corte di Strasburgo, laddove tale prerogativa non è concessa neanche a questa Corte. In secondo luogo, poiché la Corte di cassazione è l'unica interfaccia tra la decisione della Corte edu e il giudicato interno, sarebbe del tutto distonico con il ruolo così delineato dal legislatore della novella ipotizzare che il Giudice del rinvio possa rimettere in discussione la natura e la gravità della violazione e l' incidenza effettiva della medesima sul giudicato, perché tale vaglio è appannaggio esclusivo di questa Corte regolatrice. In altri termini, è nella stessa struttura della revisione Europea come delineata dal legislatore della novella che la Corte di cassazione abbia il compito di indicare al Giudice di merito la portata del dictum Europeo sulla concreta regiudicanda, senza che il Giudice del rinvio possa riesaminare l'an dell'incidenza delle violazioni della Convenzione e che possa formulare un nuovo ed autonomo giudizio che replichi ed eventualmente smentisca quello che questa Corte ha già svolto ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p., comma 5, primo periodo. Ed è poi insito nelle ragioni stesse del rinvio che, al Giudice di merito, venga rimessa la valutazione in fatto che mancava e che la Corte di legittimità non ha potuto svolgere ma che può e deve indicare come necessaria per lo sviluppo successivo del procedimento, una volta depurato dalle violazioni convenzionali accertate. Insomma, uno schema processuale che, se non vede un richiamo espresso agli artt. 623 e 627 c.p.p., ne replica in sostanza la fisionomia. Nello specifico, quindi, la Corte di assise di appello non potrà rimettere in discussione l'utilizzabilità quali corpo di reato dei verbali di dichiarazioni della K. delle ore 1.45 e delle ore 5.45, ma dovrà espungerli dal materiale utilizzabile. La Corte territoriale, poi, dovrà valutare se, tenuto conto dell'intero patrimonio probatorio, il memoriale scritto da K.A. il Omissis contenga, effettivamente, dichiarazioni accusatorie nei confronti di L. formulate nella consapevolezza della sua innocenza che possano sostenere il giudizio di colpevolezza già formulato. 12. Restano da affrontare due questioni poste o, comunque, lambite dalle memorie e conclusioni scritte delle parti, cioè quella dei rapporti tra l'equo indennizzo riconosciuto dalla Corte edu alla K. e la revoca delle sentenze che ella oggi invoca e quella della portata del dispositivo che la Corte edu ha pronunziato. 12.1. Venendo al primo tema, il Collegio ritiene che non sia di ostacolo alla riapertura del processo che consegue alla decisione odierna che la Corte edu abbia riconosciuto alla K. un equo indennizzo. E' un dato acquisito nella giurisprudenza convenzionale tanto da essere considerato ius receptum anche nelle sentenze della Corte costituzionale n. 113 del 2011 e n. 210 del 2013 che, poiché, con l'art. 46 della Convenzione, le Parti contraenti si sono impegnate a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle liti nelle quali esse sono parti, ne deriva che Lo Stato convenuto, riconosciuto responsabile di una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, è chiamato non solo a versare agli interessati le somme assegnate a titolo di equo indennizzo, ma anche a scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o, eventualmente, individuali da adottare nel suo ordinamento giuridico interno al fine di porre fine alla violazione accertata dalla Corte e di cancellarne per quanto possibile le conseguenze . In virtù dell'art. 41 della Convenzione, lo scopo delle somme assegnate a titolo di equo indennizzo è unicamente quello di accordare un risarcimento per i danni subiti dagli interessati nella misura in cui questi costituiscano una conseguenza della violazione che non può in ogni caso essere cancellata Grande Camera, sentenza 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta contro Italia in termini, Grande Camera, sentenza 17 settembre 2009, Scoppola contro Italia Grande Camera, sentenza 1 marzo 2006, Sejdovic contro Italia . 12.2. Non rileva neanche che la Corte di Strasburgo non abbia affermato che le violazioni potevano essere rimediate con la riapertura del processo ovvero che fosse necessaria la revoca delle sentenze. A questo riguardo, si e', infatti, sostenuto Grande Camera, sentenza 1/12/2020, Gudmundur Andri Astrasson contro Islanda che in linea di principio, spetta in primo luogo allo Stato in causa scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, quali mezzi utilizzare nel proprio ordinamento giuridico interno per adempiere al suo obbligo rispetto all'art. 46 della Convenzione , ma che tuttavia, in alcune circostanze particolari, essa ha ritenuto utile indicare allo Stato convenuto quali tipi di misure potessero essere adottate per porre fine al problema spesso di ordine sistemico all'origine della constatazione di violazione si tratta, tuttavia, di ipotesi eccezionali per aiutare lo Stato convenuto ad adempiere ai propri obblighi ai sensi dell'art. 46 della Convenzione Quarta sezione, sentenza del 7/4/2015, Cestaro contro Italia in linea con Grande Camera, sentenza 17 settembre 2009, Scoppola contro Italia, cit. . 12.3. Dai principi sopra richiamati, in primo luogo, consegue che, secondo la giurisprudenza convenzionale, non vi è alcuna alternatività tra risarcimento del danno attuato a mezzo dell'equo indennizzo e la riparazione delle conseguenze pregiudizievoli accordata con la riapertura del processo o con la revoca della sentenza affetta dalle violazioni accertare dalla Corte edu in secondo luogo, che il silenzio della Corte edu circa la necessità del risarcimento in forma specifica costituito dalla rimozione degli effetti pregiudizievoli della violazione accertata non ha alcun significato, dal momento che quella di un'esplicita indicazione degli strumenti per eliminare la violazione è un'evenienza possibile o, addirittura eccezionale , ma non necessaria. 13. In conclusione, questa Corte deve revocare le sentenze della Corte di cassazione del 26 marzo 2013 n. 26455 e del 27 marzo 2015 n. 36080 limitatamente al delitto di cui all'art. 368 c.p. contestato alla K. e, negli stessi limiti, deve annullare la sentenza della Corte di assise di appello di Perugia del 3 ottobre 2011 n. 4, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di assise di appello di Firenze. 14. La sentenza va oscurata, in ragione dei ripetuti riferimenti alla sorte di K.M. e ai reati dalla stessa subiti, anche di carattere sessuale, riferimenti ai quali è stato inevitabile ricorrere onde inquadrare l'odierna regiudicanda nell'ambito della più ampia vicenda processuale. P.Q.M. revoca le sentenze della Corte di cassazione del 26 marzo 2013 n. 26455 e del 27 marzo 2015 n. 36080 limitatamente al delitto di cui all'art. 368 c.p. contestato a K.A.M. e, negli stessi limiti, annulla la sentenza della Corte di assise di appello di Perugia del 3 ottobre 2011 n. 4, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di assise di appello di Firenze. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.