La sopravvenuta improcedibilità dell’azione penale non prevale sull’inammissibilità del ricorso per cassazione né sul concordato in appello

L'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che possa essere rilevata la sopravvenuta improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela con riferimento ai reati per i quali, con l’entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, è stato introdotto il regime di procedibilità dell’azione penale su istanza di parte.

Parimenti la sopravvenuta procedibilità dell'azione penale ad istanza di parte anziché di ufficio non può superare il giudicato conseguente al concordato in appello recepito nella sentenza emessa ai sensi dell'art. 599- bis c.p.p. Lo ha stabilito la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47311, depositata in cancelleria il 24 novembre 2023. La vicenda controversa Nel caso di specie, il GUP del Tribunale di Brindisi, procedendo con rito abbreviato , ha condannato cinque imputati per numerosi episodi criminosi riguardanti sostanze stupefacenti , la maggior parte qualificata dal reato di cui all 'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e i restanti sussumibili nel reato di cui all'art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990. La Corte di appello di Lecce, per quanto qui rileva, ha ridotto le pene per tutti gli imputati e ha preso atto dell' accordo processuale intercorso tra le parti con rinuncia degli imputati ai motivi di appello sulla responsabilità. Le doglianze in discussione Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte territoriale, articolando diversi motivi aventi ad oggetto le implicazioni di natura sostanziale e processuale derivanti dall'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 , recante Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 , recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonchè in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, c.d. riforma Cartabia . L'inammissibilità del ricorso per cassazione e la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili tutti i motivi di ricorso. In primis , la Corte ha svolto alcune considerazioni generali e si è concentrata sul rapporto tra in ammissibilità del ricorso in cassazione e deducibilità/rilevabilità della sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela quanto ai reati per i quali, con l'entrata in vigore della citata riforma Cartabia, è stato introdotto il regime di procedibilità dell'azione penale su istanza di parte. In altri termini, ha osservato la Corte, si tratta di stabilire se, in sede di legittimità, sia possibile dedurre o rilevare l'improcedibilità dell'azione penale relativamente a condotte perfezionatesi nel regime normativo precedente alla entrata in vigore della riforma e giudicate con sentenze emesse, in appello, prima del 30 dicembre, ma per le quali, a quella data, fosse pendente il termine per proporre ricorso per cassazione. Il Collegio in via preliminare ha chiarito che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell'autore del fatto, sembra indubbio che la previsione della procedibilità ad istanza di parte impone al giudice, in forza dell' art. 2, comma 4, c.p. , di accertarne l'esistenza anche per i reati commessi anteriormente aII'intervenuta modifica - i.e. la riforma Cartabia. A tal proposito le Sezioni Unite , con la pronuncia Salatino del 21 giugno 2018, n. 40150 , hanno precisato che in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto di discipline normative sopravvenute ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l'inammissibilità del ricorso esclude che possa essere rilevata la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale più precisamente l' inammissibilità del ricorso per ragioni formali o anche sostanziali produce una pronuncia meramente dichiarativa che ha l'effetto di consolidare il giudicato sostanziale già formatosi e, dunque, di rendere giuridicamente indifferenti fatti processuali come l'integrazione di cause di non punibilità precedentemente non rilevate perché non dedotte oppure integrate successivamente al giudicato stesso . Le Sezioni Unite hanno anche spiegato che, rispetto alla generale preclusione ed irrilevanza dei fatti sopravvenuti derivante dal giudicato sostanziale, fanno eccezione alcune cause di non punibilità rigorosamente individuate dalla giurisprudenza quali l'abolito criminis o la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice , che producono effetto ex tunc , travolgendo anche il giudicato formale […] alle quali vanno aggiunte l'ipotesi dell'estinzione del reato per morte dell'imputato , quella delle modifiche normative sopravvenute in termini di attenuazione della pena […] e […] quella ulteriore della estinzione per remissione di querela , perfezionatasi in pendenza del ricorso per cassazione […] la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131- bis cod. pen. […] . In definitiva, il Collegio è giunto a condividere il principio per cui in tema di condizioni di procedibilità , con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenuta procedibilità a querela per talune ipotesi di reato, introdotta dalla novella, possa prevalere sul giudicato sostanziale”, determinatosi a séguito della inidoneità del ricorso inammissibile ad instaurare un valido rapporto processuale . Il ricorso per cassazione in caso di concordato in appello Poiché i ricorsi hanno ad oggetto una sentenza emessa ai sensi del combinato disposto degli artt. 599- bis e 602, comma 1- bis c.p.p. vigente all'atto della decisione , la Suprema Corte ha quindi esaminato gli effetti dell'accordo processuale contemplato dall'art. 599- bis c.p.p che disciplina l'istituto del concordato in appello ”. Come chiarito dalla Corte in più occasioni, la rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, con la conseguenza per cui deve essere reputato inammissibile il ricorso per cassazione con il quale siano proposte censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. Il principio della insuperabilità del giudicato determinatosi a seguito della intervenuta rinuncia ai motivi di gravame sulla responsabilità è legato alla limitazione della portata dell' effetto devolutivo della impugnazione. È proprio per questa ragione, ha osservato la Corte, che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte […] non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione cfr., Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018 , Casero, Rv. 273194 — 01 Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019 , Leone, Rv. 277196 — 01 . La Corte ha richiamato da ultimo alcune pronunce di legittimità con cui si è affermato che il ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ex art. 599- bis c.p.p. è consentito soltanto qualora vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta di concordato in appello, al contenuto difforme d ella pronuncia del giudice e alla illegalità della pena . A nessuna delle predette categorie può ricondursi la sopravvenuta procedibilità dell'azione penale ad istanza di parte anziché di ufficio, quale prevista al momento della commissione del fatto e, soprattutto, al momento del perfezionamento dell'accordo processuale recepito nella sentenza emessa ai sensi dell'art. 599- bis c.p.p. La Suprema Corte ha dunque dichiarato l'inammissibilità dei ricorsi e per l'effetto condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Presidente Rosi – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14.10.2021, il GUP del Tribunale di Brindisi, procedendo con rito abbreviato, e per quel che qui interessa in questa sede, ritenuta la ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per tutti i fatti concernenti sostanze stupefacenti eccezion fatta per i capi O1 e N2 , qualificati ai sensi dello stesso D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, aveva riconosciuto B.M. responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi N , O , P , Q , R , S e Z e, con il vincolo della continuazione e la finale riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 6 di reclusione ed Euro 5.000 di multa C.D. responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi A , B , F , G , I , L N , O, P , Q , R , S , T , V , A1 , B1 , C1 , F1 , H1 , I1 , L1 , M1 , N1 , O1 , Q1 , R1 , S1 , T1 , U1 , V1 , C2 , D2 , E2 , F2 e N2 , e, con il vincolo della continuazione e la finale riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 10 di reclusione ed Euro 10.000 di multa L.L. responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi D1 , E1 , F1 , H1 , I1 , L1 , M1 , N1 , O1 , R1 , Z1 , A2 , B2 , G2 , H2 , I2 , L2 e M2 , e, con il vincolo della continuazione e la finale riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 10 di reclusione ed Euro 10.000 di multa M.D. responsabile del delitti a lui ascritti ai capi A , C , F , G , H , I , L , S , T , S1 , e, con il vincolo della continuazione tra questi oltre che con quelli già giudicati con sentenza della Corte di appello di Lecce del 14.11.2018, irrevocabile il 20.12.2019, e la riduzione finale per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 2.000 di multa, in aumento rispetto a quella di anni 7 di reclusione ed Euro 3.400 di multa inflittagli con la sentenza sopra indicata M.M. responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi F , H , I , L , N , O , P , Q , R , S e T e, con il vincolo della continuazione e la finale riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 7 di reclusione ed Euro 6.000 di multa V.A. responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi F1 , H1 , L1 , M1 , N1 , Z1 , A2 , B2 , C2 , D2 , E2 e F2 e, con il vincolo della continuazione e la finale riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena finale di anni 5 di reclusione ed Euro 1.400 di multa il GIP aveva inoltre condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare ed applicato le pene accessorie conseguenti alla entità delle pene principali e disposto per B.M. , C.D. , L.L. , M.D. , M.M. ed V.A. la misura della libertà vigilata per anni 3 a pena espiata 2. la Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza del GUP di Brindisi, e sempre per quel che qui interessa ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.M. , Ba.Ma. e C.D. in ordine al delitto di cui al capo Q perché estinto per prescrizione preso atto dell'accordo processuale intercorso tra le parti con rinuncia degli imputati ai motivi di appello sulla responsabilità, ritenendo comunque equo il trattamento sanzionatorio concordato, ha ridotto la pena per M.D. ad anni 2 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.200 di multa, in aumento, ex art. 81 c.p. , comma 2, sulla pena inflitta per i reati giudicati con la sentenza della Corte di appello di Lecce del 14.11.2018, irrevocabile il 20.12.2019, complessivamente rideterminata in anni 9 e mesi 4 di reclusione ed Euro 5.600 di multa ha ridotto la pena per C.D. ad anni 7 e mesi 4 di reclusione ed Euro 8.400 di multa eliminando la pena accessoria della interdizione legale per la durata della pena e sostituendo la interdizione temporanea per cinque anni a quella perpetua ha ridotto la pena per B.M. ad anni 4 e mesi 2 di reclusione ed Euro 3.200 di multa sostituendo la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea ed eliminando la interdizione legale ha ridotto la pena per L.L. ad anni 7 e mesi 2 di reclusione ed Euro 6.000 di multa sostituendo la interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea ed eliminando la interdizione legale ha ridotto la pena per V.A. ad anni 3 e mesi 6 di reclusione ed Euro 1.400 di multa sostituendo la interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea ed eliminando la interdizione legale ha ridotto la pena per M.M. ad anni 4 e mesi 8 di reclusione ed Euro 6.000 di multa eliminando la pena accessoria della interdizione legale e sostituendo la interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata condannando C.D. alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile 3. propongono ricorso per cassazione 3.1 M.D. , con ricorso a firma dell'Avv. D.L. che lamenta 3.1.1 violazione di legge con riferimento agli artt. 336, 337 e 529 c.p.p. per difetto della condizione di procedibilità rilevabile in ogni stato e grado del processo osserva che, con la entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia , il reato per cui si procede è divenuto procedibile su querela della persona offesa che, tuttavia, nel caso di specie, manca 3.1.2 violazione e vizio di motivazione in relazione agli artt. 129, 125 e 546 c.p.p. rileva che la Corte di appello ha omesso di motivare in merito alla sua estraneità dagli addebiti che, in quanto risultante ictu oculi, avrebbe dovuto portare al suo proscioglimento ai sensi dell' art. 129 c.p.p. 3.2 C.D. , con ricorso a firma dell'Avv. S.R., che lamenta inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale con riguardo agli artt. 624 e 625 c.p.p. rileva che il ricorrente è stato condannato per vari episodi di furto aggravato ovvero per reati che, nelle more, con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 , sono divenuti procedibili a querela di parte tanto che la Corte territoriale, con provvedimento del 5.1.2023, aveva informato le persone offese della possibilità di sporgere querela prendendo atto che ciò non era avvenuto nel termine stabilito e disponendo la cessazione della misura cautelare sottolinea che l'entrata in vigore della novella avrebbe dovuto rilevare in punto di dosimetria della pena imponendo la declaratoria di improcedibilità dell'azione penale per i reati per i quali non risulta proposta rituale querela e per i quali, di conseguenza, occorreva elidere la pena 3.3 B.M. , con ricorso a firma dell'Avv. M.L., lamentando vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento agli artt. 125, 192 c.p.p. , art. 546 c.p.p. , lett. e , art. 62-bis c.p. e art. 63 c.p. , comma 4, artt. 99, 132 e 133 c.p. richiamati i principi in materia di concordato in appello, reintrodotto dal legislatore nel 2017 sia quanto alla cognizione del giudice di appello che ai motivi di ricorso suscettibili di essere devoluti in questa sede, osserva che, nel caso di specie, la Corte di appello non ha in alcun modo motivato sul diniego delle circostanze attenuanti generiche quale strumento finalizzato a personalizzare il trattamento sanzionatorio 3.4 L.L. , con ricorso a firma dell'Avv. F.F., lamentando violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 2 richiama il disposto di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 85 con riguardo al termine entro il quale le persone offese dai delitti divenuti perseguibili ad istanza di parte erano legittimate a proporre querela nonché il provvedimento con il quale la Corte di appello di Lecce aveva rimesso in libertà il ricorrente con riguardo alla imputazione di furto aggravato avendo preso atto della mancanza della condizione di procedibilità rileva che la Corte ha omesso di motivare in merito alla estraneità dell'imputato dagli addebiti che, risultando octu oculi, avrebbe dovuto portare al suo proscioglimento ai sensi dell' art. 129 c.p.p. sottolinea che, perciò, la pena dovrà essere rideterminata preso atto della improcedibilità dell'azione penale per i reati di furto aggravato 3.5 V.A. , con ricorso a firma dell'Avv. A.L., lamentando 3.5.1 inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale e difetto di motivazione in relazione all'applicazione di una pena non concordata rileva che la Corte territoriale, oltre alla pena detentiva ed a quella pecuniaria nella misura concordata, ha applicato al ricorrente anche la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque su cui, tuttavia, non era stato raggiunto nessun accordo e che, per altro verso, non è sorretta da alcuna motivazione quanto alla durata 3.5.2 inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale in relazione all' art. 129 c.p.p. segnala che la sentenza impugnata è stata resa all'esito della Camera di consiglio del 26.10.2022 con motivazione depositata il successivo 5.1.2023 quando era ormai entrata in vigore la riforma Cartabia che ha reso ora procedibile a querela di parte anche i delitti di furto aggravato salvo alcune ipotesi residuali che rappresentano la gran parte delle imputazioni a suo carico e per le quali, tuttavia, difettava la necessaria condizione di procedibilità segnala, perciò, che avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina sopravvenuta con la immediata declaratoria di improcedibilità dell'azione penale ai sensi dell' art. 129 c.p.p. 3.6 M.M. , con ricorso a firma dell'Avv. D.L. lamentando 3.6.1 violazione di legge con riferimento agli artt. 336, 337 e 529 c.p.p. per difetto della condizione di procedibilità rilevabile in ogni stato e grado del processo osserva, infatti, che, a seguito della entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia , il reato per cui si procede è divenuto procedibile su querela della persona offesa che, tuttavia, manca 3.6.2 violazione e vizio di motivazione in relazione agli artt. 129, 125 e 546 c.p.p. rileva che la Corte ha omesso di motivare in merito alla estraneità dell'imputato agli addebiti che, in quanto risultante octu oculi, avrebbe dovuto portare al suo proscioglimento ai sensi dell' art. 129 c.p.p. . Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. Rileva il collegio che il motivo di ricorso articolato nell'interesse degli odierni ricorrenti con l'eccezione di B.M. con riguardo alle implicazioni di natura sostanziale e processuale derivanti dalla entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 renda opportuno svolgere alcune considerazioni di carattere generale prima di passare all'esame delle singole posizioni. La prima questione da affrontare, infatti, è quella del rapporto tra in ammissibilità del ricorso in cassazione e deducibilità/rilevabilità della sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela quanto ai reati per i quali, con l'entrata in vigore della novella, è stato introdotto il regime di procedibilità dell'azione penale su istanza di parte tra questi, come è noto, e per quel che interessa nel caso di specie, v'è il furto aggravato ai sensi dell' art. 625 c.p. , con la esplicita eccezione della incapacità della vittima per età o per infermità ovvero per il caso in cui ricorra taluna delle aggravanti di cui all' art. 625 c.p. , n. 7 salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede o 7-bis. Si tratta, cioè, di stabilire se, in sede di legittimità, sia possibile dedurre o rilevare la improcedibilità dell'azione penale relativamente a condotte perfezionatesi nel regime normativo precedente alla entrata in vigore della riforma e giudicate con sentenze emesse, in appello, prima del 30 dicembre ma per le quali, a quella data, non fosse decorso e fosse pendente il termine per proporre ricorso per cassazione. Ebbene, tanto premesso, il collegio ritiene in primo luogo necessario chiarire che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell'autore del fatto, non par dubbio che la previsione della procedibilità ad istanza di parte impone al giudice, in forza dell' art. 2 c.p. , comma 4, di accertarne l'esistenza anche per i reati commessi anteriormente all'intervenuta modifica cfr., così. Ad esempio, Sez. 5 -, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 - 01 . D'altro canto, ed anticipando le conclusioni che il collegio condivide, va detto che nel giudizio di legittimità, l'inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali, nelle more, e pendente il termine per la impugnazione, sia stata prevista la procedibilità dell'azione penale ad istanza di parte con la ulteriore conseguenza per cui non è necessario, in tal caso, attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del citato D.Lgs. per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva cfr., oltre a quella sopra richiamata, anche, e tra le altre, Sez. 4 -, n. 2658 del 11/01/2023, Saitta, Rv. 284155 - 01 . Come si è avuto modo di chiarire, infatti, il fenomeno della introduzione del regime di procedibilità a querela per reati già procedibili di ufficio non è certamente ignoto e, anzi, il legislatore vi ha fatto negli ultimi anni ripetutamente ricorso a fini chiaramente deflattivi del contenzioso penale. Ed è stato proprio in relazione ad uno di questi interventi quello operato con il D.Lgs. n. 36 del 2018 che le SS.UU. di questa Corte hanno avuto modo di chiarire che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto di discipline normative sopravvenute ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l'inammissibilità del ricorso esclude che possa essere rilevata la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale e, nel caso specifico, che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto per l'eventuale esercizio del diritto di querela cfr., in tal senso, per l'appunto, Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551 . A questa soluzione le SS.UU. sono, come è noto, pervenute all'esito di una elaborazione ormai pluridecennale del rapporto tra inammissibilità del ricorso e giudicato sostanziale , conseguente alla inidoneità della impugnazione, in quanto inammissibile per ragioni formali tardività o difetto di legittimazione o anche sostanziali genericità o manifesta infondatezza delle censure , a consentire la instaurazione del rapporto processuale cfr., da ultimo, Sez. U, n. 38809 del 31/3/2022, Miraglia, Rv. 283689 . Come efficacemente e plasticamente evidenziato in motivazione della sentenza Salatino , , la proposizione di un atto di impugnazione non consentito dà luogo alla formazione di un giudicato che attende di essere formalizzato con le modalità previste dall' art. 648 c.p.p. e, per distinguersi da questo, viene definito sostanziale ma che, ciò nondimeno, produce l'effetto di rendere giuridicamente indifferenti fatti processuali come l'integrazione di cause di non punibilità precedentemente non rilevate perché non dedotte oppure integrate successivamente al giudicato stesso . È opportuno, peraltro, chiarire che, rispetto alla generale preclusione ed irrilevanza dei fatti sopravvenuti derivante dal giudicato sostanziale , le SS.UU. hanno spiegato che . è fatta eccezione per cause di non punibilità rigorosamente individuate quali l'abolito criminis o la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, che producono effetto ex tunc, travolgendo anche il giudicato formale . alle quali vanno aggiunte l'ipotesi dell'estinzione del reato per morte dell'imputato, quella delle modifiche normative sopravvenute in termini di attenuazione della pena . e . quella ulteriore della estinzione per remissione di querela, perfezionatasi in pendenza del ricorso per cassazione nonché, da ultimo, anche . la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. , che le Sezioni Unite . hanno ritenuto rilevabile anche in presenza di ricorso inammissibile rimarcandone la capacità di operare come una depenalizzazione in concreto . pure dovendosi sottolineare la dissimetria, rispetto alle decisioni precedenti, della interpretazione che ha disancorato tale eccezionale attitudine, dalla capacità di determinare la revoca del giudicato . Con specifico riferimento alla ipotesi della estinzione del reato per remissione della querela, a sgombrare il campo da ogni possibile contaminazione con la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale, va rilevato che le stesse SS.UU. Salatino hanno puntualmente richiamato la sentenza Chiasserini cfr., Sez. U, n. 24246 del 25/02/2004, Rv. 227681 - 01 spiegando che la decisione ivi adottata . prende le mosse da un inquadramento della remissione della querela non tanto come istituto sostanziale e per questo assimilabile alle altre cause di estinzione del reato, quanto piuttosto in ragione della sua capacità di differenziarsi dalle dette altre cause di estinzione per la caratteristica che essa presenta non solo di estinguere il diritto punitivo dello Stato, ma di paralizzare la perseguibilità stessa del reato con la conseguenza della massima estensione da attribuire al termine ultimo per la sua rilevazione, secondo il disposto dell' art. 152 c.p. , comma 3, e cioè fino alla condanna irrevocabile in senso formale, che è evenienza processuale sicuramente posteriore e indipendente dal fatto in sé della presentazione di un ricorso inammissibile e utile ai fini in esame, salvo il caso della inammissibilità per tardività . Sempre in motivazione, le SS.UU. Salatino hanno inoltre ribadito, con le SS.UU. Ricci , che . l' art. 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che presuppone il pieno esercizio della giurisdizione. Non riveste, cioè, per quanto qui interessa, una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione dovendo . escludersi che, in presenza di ricorso inammissibile e senza che si apprezzi alcuna novità normativa o sistematica atta a riaprire il dibattito sulla eventuale distinguibilità fra cause di ontologica invalidità del ricorso come nel caso di atto non sottoscritto o presentato da soggetto non legittimato e cause che richiedano un meno evidente apprezzamento da parte del giudice come nel caso di manifesta infondatezza dei motivi - possa affermarsi, nell'ottica dell'attivazione della disciplina transitoria posta dal citato art. 12, che, alle condizioni suddette, il procedimento sia pendente”. In alcun modo, perciò, si è detto, la sopravvenienza della procedibilità a querela e, nel regime intertemporale disciplinato dal D.Lgs. n. 36 del 2018 , la procedura finalizzata all'eventuale accertamento dell'improcedibilità per mancanza di querela a seguito dell'esito negativo della informativa data alla persona offesa , può ritenersi in grado di operare come una ipotesi di abolitio crimins prevalendo, perciò, sulla inammissibilità del ricorso e, dunque, sul giudicato sostanziale conseguentemente formatosi cfr., d'altra parte, e tra le tante, Sez. 1, n. 1628 del 03/12/2019, Cela, Rv. 277925 - 01, in cui si è ribadito che non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell' art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d'ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis . In definitiva, va ribadito che la inammissibilità del ricorso non consente di prendere atto della improcedibilità dell'azione penale in quanto, pur nella consapevolezza del fatto che si tratta di elemento rilevante ai fini della complessiva valutazione di gravità del trattamento sanzionatorio e, pertanto, della applicazione della regola di giudizio dettata dall' art. 2 c.p. , comma 4 cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, R., Rv. 265999 e Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, Frualdo, Rv. 209188 Sez. 2, n. 40399 del 24/09/2008, Calabrò, Rv. 241862 , è certo che la applicazione retroattiva del trattamento più favorevole non può comunque prevalere sul giudicato sostanziale . In conclusione, il collegio non può che condividere il principio per cui, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenuta procedibilità a querela per talune ipotesi di reato, introdotta dalla novella, possa prevalere sul giudicato sostanziale , determinatosi a seguito della inidoneità del ricorso inammissibile ad instaurare un valido rapporto processuale. In tal senso, d'altra parte, si è già espressa la giurisprudenza di questa Corte in numerose decisioni che hanno ripercorso il medesimo iter argomentativo cfr., in tal senso, Sez. 5 -, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176 - 01, in cui, giudicando su una ipotesi di furto aggravato, la Corte ha ribadito che nei giudizi pendenti in sede di legittimità, l'improcedibilità per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 , non prevale sull'inammissibilità del ricorso, poiché, diversamente dall'ipotesi di aboliti criminis, non è idonea a incidere sul cd. giudicato sostanziale Sez. 5 -, n. 11229 del 10/01/2023, Popa, Rv. 284542 - 01, secondo cui, nei giudizi pendenti in sede di legittimità, la sopravvenienza della procedibilità a querela per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 , non opera quale ipotesi di aboliti criminis capace di prevalere sull'inammissibilità del ricorso e di incidere sul cd. giudicato sostanziale. Fattispecie relativa a furto aggravato ai sensi dell' art. 625 c.p. , comma 1, n. 5 conf., anche, tra le non massimate, Sez. 4, n. 18508 del 20.4.2023, Della Schiava, in cui la Corte ha ribadito che . la disciplina codicistica dei mutamenti normativi favorevoli diversi dalla aboliti criminis non consente di sostenere che, nel rapporto tra ricorso inammissibile e innovazioni normative che introducono la procedibilità a querela, debbano applicarsi regole diverse da quelle che, in base alla giurisprudenza assolutamente prevalente, si applicano nei rapporti tra ricorso inammissibile e mutamenti normativi favorevoli in materia di cause di non punibilità e, in particolare, di cause estintive del reato, aventi natura più marcatamente sostanziale sicché . le innovazioni in materia di procedibilità a querela possono operare retroattivamente, ma tale retroattività incontra un limite nella presentazione di un ricorso inammissibile conf., ancora, Sez. 1, n. 10692 del 3.2.2023, Caccetta . Così come non è dunque consentito alla Corte rilevare il difetto di procedibilità dell'azione penale in presenza di un ricorso inammissibile, allo stesso tempo deve ritenersi inammissibile il ricorso che, senza muovere alcun altro rilievo o articolare alcuna altra censura nei confronti della sentenza impugnata, si limiti - come in taluno dei ricorsi che ci occupano - ad invocare la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale. Con specifico riguardo ad altra ipotesi di evenienza sopravvenuta alla stessa sentenza in verifica, infatti, si è precisato ed è ormai principio di diritto vivente quello per cui deve ritenersi certamente inammissibile il ricorso per cassazione che sia stato proposto unicamente per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e prima della sua presentazione, privo di qualsiasi doglianza relativa alla medesima, in quanto, in tal caso, l'impugnazione viola il criterio della specificità dei motivi enunciato nell' art. 581 c.p.p. , lett. c ed esula dai casi in relazione ai quali può essere proposto a norma dell' art. 606 c.p.p. cfr., Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531 - 01 . 2. Tanto premesso in via generale, va rilevato che, nel caso in esame, i ricorsi hanno ad oggetto una sentenza emessa ai sensi del combinato disposto dell' art. 599-bis c.p.p. e art. 602 c.p.p. , comma 1-bis vigente all'atto della decisione . La Corte, dopo aver dato conto della decisione impugnata e dei motivi di impugnazione dedotti per ciascuno degli imputati, ha fatto presente che . i difensori . provvisti di procura speciale, hanno avanzato istanza di concordato nei termini che seguono M.D. , ha chiesto applicarsi la pena di due anni e quattro mesi di reclusione ed Euro 2.200 di multa, in aumento - ex art. 81 cpv c.p. - sulla pena di anni sette di reclusione ed Euro 3.400 di multa inflitta con la sentenza della Corte di appello di Lecce il 14.11.2018 . C.D. - con la precisazione di cui al verbale di udienza - ha chiesto applicarsi la pena di sette anni e quattro mesi di reclusione ed Euro 8.400 di multa . B.M. , ha chiesto applicarsi la pena di anni 4 e mesi 2 di reclusione ed Euro 3.200 di multa . L.L. , ha chiesto applicarsi la pena di anni 7 e mesi 2 di reclusione ed Euro 6.000 di multa . V.A. , ha chiesto applicarsi la pena di tre anni 3 mesi sei di reclusione ed Euro 1.400 di multa . M.M. - con la rettifica di cui al verbale di udienza - ha chiesto applicarsi la pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 6.000 di multa Ritenendo, perciò, la tempestività delle richieste e l'esistenza dei presupposti formali e sostanziali per la formulazione delle richieste di concordato ai sensi dell' art. 599-bis c.p.p. , la Corte ha infine stimato eque le pene, come concordate in relazione ai fatti come correttamente qualificati dal giudice di prime cure e, in conclusione, ritenuto che . il perimetro del giudizio è così ristretto alla sola dosimetria della pena , ha validato gli accordi processuali riformando la sentenza impugnata nei termini sopra indicati, ovvero rideterminando le pene in conformità a quanto convenuto dalle parti. È allora opportuno soffermarsi, pur brevemente, sugli effetti dell'accordo processuale contemplato dall' art. 599-bis c.p.p. che, come è noto, ha disciplina l'istituto del concordato in appello che, già oggetto dell'intervento della Corte costituzionale che, con sentenza n. 435 del 1990, aveva dichiarato illegittimi, per eccesso di delega, art. 599 c.p.p. , commi 4 e 5 nella parte in cui veniva consentita la definizione del procedimento in camera di consiglio anche al di fuori dei casi elencati nello stesso art. 599 c.p.p. , comma 1 era stato introdotto nel codice di rito dalla L. 19 gennaio 1999, n. 14, art. 1 e successivamente eliminato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 82, art. 2, comma 1, lett. i , convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125. Questa Corte, infatti, ha chiarito, in più occasioni, che la rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, con la conseguenza per cui deve essere reputato inammissibile il ricorso per cassazione con il quale siano proposte censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi cfr., in tal senso, per tutte, Sez. 2 -, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01, resa in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilità di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimità, questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilità penale, osservando che . la rinuncia è un negozio unilaterale abdicativo che determina l'immediato passaggio in giudicato della pronuncia in ordine all'affermazione di responsabilità del reato sul quale interviene e determina, pertanto, l'effetto di precludere qualsiasi successiva questione sul punto . e che . a seguito della rinuncia sulle doglianze in punto affermazione di responsabilità, si determina l'immediato passaggio in giudicato del punto sul quale la stessa cade senza possibilità per il giudice di pronunciare sentenza di modifica della qualificazione dei fatti nè, tanto meno, diritto della parte rinunciante a proporre impugnazione di legittimità sul punto cfr., sulla idoneità della rinuncia parziale ai motivi d'appello a determinare il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia e la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati oltre che alla non rilevabilità d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi, Sez. 4, n. 9857 del 12/02/2015, Barra, Rv. 262448 - 01 Sez. 2, n. 46053 del 21/11/2012, Lombardi, Rv. 255069 - 01 cfr., anche, Sez. 5, n. 40278 del 06/04/2016, Camerlingo, Rv. 268198 - 01, secondo cui, nel caso di rinuncia parziale ai motivi d'appello, il giudice, in riferimento ai capi della sentenza oggetto dei motivi rinunciati, non è tenuto a motivare eventuali cause di improcedibilità o nullità anche assolute, eccepite con l'impugnazione, nè può rilevarle d'ufficio . Il principio è stato ribadito anche nelle decisioni che hanno ritenuto di poter superare il giudicato in presenza, tuttavia, di modifiche normative conseguenti, in tal caso, a declaratoria di illegittimità costituzione tali da incidere sulla legalità della pena su cui si era formato l'accordo delle parti si è infatti affermato che la sopravvenuta illegalità della pena sulla base di limiti edittali divenuti illegali a seguito di declaratoria di incostituzionalità inficia il solo accordo sulla pena, che rimane per il resto ovvero per quanto concerne la responsabilità intangibile proprio per effetto della rinuncia ai motivi di appello, sui quali deve ritenersi formato il giudicato cfr., in tal senso, Sez. 6 -, n. 44625 del 03/10/2019, Kadha, Rv. 277381 - 01, in cui la Corte, in applicazione di tale principio, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 , ha annullato con rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza emessa ai sensi dell' art. 599-bis c.p.p. conf., Sez. 7 -, n. 22976 del 24/04/2019, Perdomo, Rv. 276295 - 01 . Nè, rileva il collegio, il principio della insuperabilità del giudicato determinatosi a seguito della intervenuta rinuncia ai motivi di gravame sulla responsabilità, può ritenersi esser stato contraddetto dal recente arresto delle SS.UU. Fazio , che, componendo un contrasto insorto nella giurisprudenza della Corte, ha affermato che nei confronti della sentenza resa all'esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l'omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza cfr., Sez. U -, n. 19415 del 27/10/2022, Rv. 284481 - 01 . Nell'occasione, peraltro, le SS.UU. hanno anche chiarito che alla re introduzione del concordato in appello non ha fatto seguito una modifica del regime di ricorribilità in cassazione della sentenza resa all'esito dell'accordo tra le parti ivi formalizzato nè, per altro verso, è praticabile . l'operazione ermeneutica volta a superare il regime generale di ricorribilità, estendendo i principi dall'uno all'altro istituto non è consentita per il principio di tassatività che governa i mezzi di impugnazione ed in relazione alla specialità del regime previsto dall' art. 448 c.p.p. , comma 2-bis, che è di stretta interpretazione . A tal fine è stata considerata la valenza della disposizione introdotta con l' art. 610 c.p.p. , comma 5-bis che, lungi dal fondare un generale regime di inammissibilità dei ricorsi contro le sentenze emesse all'esito di un concordato in appello, si limita invece ad individuare . i presupposti in presenza dei quali è prevista la procedura de plano per la trattazione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e quella pronunciata a norma dell' art. 599-bis c.p.p. per cui . essa non riguarda i presupposti di ammissibilità dei rispettivi ricorsi quelli relativi al cd. patteggiamento sono previsti nell'art. 448-bis c.p.p. nell'ambito della disciplina del rito speciale, mentre nessuna novità - come si è detto - è stata introdotta per il concordato in appello . Le stesse SS.UU. hanno nel contempo fatto presente che . l' art. 610 c.p.p. , comma 5-bis, accomuna, in rapporto all'individuato contesto e finalità semplificativa, le due tipologie di sentenza in ragione della agevole rilevazione dei più ristretti casi di inammissibilità dei ricorsi conseguenti ai limiti di ricorribilità stabiliti per la sentenza di cd. patteggiamento dall' art. 448 c.p.p. , comma 2-bis, e della novazione riduttiva del devoluto per quella di concordato in appello . In definitiva, si deve concludere nel senso che la introduzione di un rito semplificato per la definizione dei ricorsi contro le sentenze emesse all'esito di concordato in appello, è conseguenza non già di specifici limiti ai motivi di ricorso stabiliti per via normativa ma, invero, di una limitazione insita e connaturale agli effetti della rinuncia parziale ai motivi di gravame che, per l'appunto, comporta la intangibilità della sentenza impugnata con riguardo alle questioni che erano state sollevate con i motivi rinunciati. In altri termini, pur in assenza di una norma che, come per con l' art. 448 c.p.p. , comma 2-bis, prevede una limitazione ai motivi di ricorso, che restano perciò quelli previsti in tutti i casi contemplati dall' art. 606 c.p.p. , la riduzione, in concreto, degli spazi di ricorribilità in cassazione per le sentenze emesse ai sensi dell' art. 599-bis c.p.p. è legata alla limitazione della portata dell'effetto devolutivo della impugnazione cui si collega la rinuncia parziale ai motivi che determina, perciò, la intangibilità della sentenza quanto agli aspetti su cui essa ricade. È per questa ragione, dunque, che è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis c.p.p. , introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 , non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione cfr., Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194-01 Sez. 6 -, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196 - 01 . Questa Corte, infatti, ha costantemente affermato che il ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito soltanto qualora vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice non è invece consentito proporre doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. e, infine, a vizi attinenti alla determinazione della pena oggetto dell'accodo processuale intercorso tra le parti purché esso non abbia dato luogo ad un vizio di illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge cfr., Sez. 2, n. 22022 del 10.4.2019, Mariniello Sez. 2, n. 30990 dell'1.6.2018, Gueli . D'altra parte, già nella previgente disciplina del concordato in appello, il ricorso per cassazione era stato ritenuto inammissibile anche quando relativo a questioni, pur rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall' art. 599 c.p.p. , comma 4 non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione cfr., Sez. 4, n. 53565 del 27.9.2017, Ferro ed inoltre, che il giudice di appello che accolga la richiesta formulata a norma dell' art. 599 c.p.p. , comma 4, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste nell' art. 129 c.p.p. , nè sull'insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice deve essere necessariamente limitata ai motivi non oggetto di rinuncia cfr., Sez. n. 3391 del 15.10.2009, Camassa, resa sotto il vigore del previgente patteggiamento in appello . Tali approdi, come accennato, non possono ritenersi contraddetti dalla decisione delle SS.UU. in punto di ricorribilità della sentenza che abbia recepito il concordato in appello che sia intervenuto su un reato già in precedenza prescritto ciò, per l'appunto, proprio in quanto l'accordo processuale, in mancanza di una rinuncia espressa che abbia avuto ad oggetto anche, e puntualmente, la eccepita prescrizione del reato cfr., in tal senso, Sez. 5 -, n. 33266 del 09/05/2023, Pane, Rv. 284990 - 01, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell' art. 599-bis c.p.p. con il quale si deduca la prescrizione, allorché la rinuncia ai motivi di appello, effettuata a mezzo di procuratore speciale, abbia riguardato anche il motivo relativo all'intervenuta estinzione del reato, da intendersi, quindi, come rinuncia espressa alla prescrizione, ai sensi dell' art. 157 c.p. , comma 7 , era caduto su un oggetto caducato per essere il reato prescritto al momento del suo perfezionamento. Ecco, allora, che, per effetto della riduzione del devoluto conseguente alla rinuncia parziale ai motivi, i casi di ricorribilità nei confronti delle sentenze emesse all'esito del concordato in appello rimangono quelli legati alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia del giudice oltre che, su altro versante, alla illegalità della pena. A nessuna di queste categorie, cui, come detto, si perviene sistematicamente in forza della limitazione dell'effetto devolutivo e della conseguente intangibilità della sentenza connesso alla rinuncia parziale ai motivi di appello sulla sussistenza del reato e sulla responsabilità, può ricondursi la sopravvenuta procedibilità dell'azione penale ad istanza di parte anziché di ufficio, quale prevista al momento della commissione del fatto e, soprattutto, al momento del perfezionamento dell'accordo processuale recepito nella sentenza emessa ai sensi dell' art. 599-bis c.p.p. . I singoli ricorsi. 1. M.D. . Il ricorso di M.D. è inammissibile. 1.1 Con il primo motivo, infatti, il ricorrente deduce, per l'appunto, il vizio della sentenza impugnata conseguente alla sopravvenuta procedibilità a querela di taluno dei reati cfr., in particolare, i capi A, C e L della rubrica per i quali era stato condannato in primo grado, su cui aveva proposto appello rinunciando poi ai motivi sulla responsabilità e concordando la pena quantificando l'aumento per la continuazione. 1.2 Con il secondo motivo, poi, il ricorso lamenta l'omessa motivazione sulla sua estraneità ai fatti. Si tratta, per le ragioni ampiamente esposte in precedenza, di censura preclusa proprio dalla rinuncia ai motivi sulla responsabilità. 2. C.D. . Considerazioni analoghe merita il ricorso proposto nell'interesse di C.D. in cui, invero, si sottolinea come la Corte di appello, con provvedimento successivo alla data di adozione della sentenza ed alla entrata in vigore la riforma, avesse disposto perché le persone offese fossero informate della possibilità di sporgere querela prendendo atto che ciò non era avvenuto nel termine stabilito e disponendo perciò la cessazione della misura cautelare adottata nei confronti del ricorrente limitatamente alle fattispecie di furto aggravato cfr., i capi A, B, L, F1, H1, L1, M1, N1, Q1, R1, U1, V1, C2, D2, E2, F2 . Va detto, a tal proposito, che il provvedimento richiamato dalla difesa è stato adottato in forza della precisa indicazione contenuta nel D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 85, comma 2, come, peraltro, novellato dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 di conversione del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 e, pertanto, di una disposizione che non contraddice le considerazioni svolte in precedenza trattandosi di una previsione applicabile non solo per i giudizi di appello e che, soprattutto, risponde in un'ottica di maggior prudenza e garanzia per l'imputato avendo cura che la sua libertà personale potesse essere limitata in relazione ad un reato per il quale, nel corso del prosieguo del giudizio di merito o, anche, in sede di legittimità nel caso di ricorso ammissibile , si dovesse pervenire ad un proscioglimento per improcedibilità dell'azione penale. 3. B.M. . B.M. ha proposto un ricorso fondato su censure non consentite lamentando vizio di motivazione e violazione di legge con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche quale strumento finalizzato ad individualizzare il trattamento sanzionatorio. La rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, con esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, deve ritenersi infatti comprensiva anche del motivo attraverso il quale l'appellante abbia richiesto l'esclusione di elementi circostanziali che condizionano il trattamento sanzionatorio ovvero, per contro, il riconoscimento di circostanze attenuanti denegate nel giudizio di primo grado cfr., in tal senso, Sez. 4, n. 827 del 21.11.2017, Scavone, in cui la Corte ha ritenuto estesa la rinuncia al motivo con cui era richiesta l'esclusione dell'aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203 Sez. 4, n. 53340 del 24.11.2016, Castiglione, Rv 268696 Sez. 1, n. 19041 dell'11.4.2012. Sardelli, Rv 252861 Sez. 6, n. 54341 dep. 15.10.2018, La Marca, Rv. 274315, Sez. 2, n. 11761 del 30.1.2014, Khribech, Rv 259825, concernenti la recidiva . 4. L.L. . Il ricorso di L.L. è inammissibile. Il ricorrente, infatti, deduce, quale unico motivo, la sopravvenuta procedibilità a querela di taluno dei reati cfr., i capi F1, H1, L1, M1, N1, Z1 per i quali era stato condannato in primo grado e su cui, per contro, aveva concordato la pena in appello previa rinuncia ai motivi articolati in punto di responsabilità in tal modo, per le ragioni esposte in precedenza, si era formato il giudicato sostanziale insuscettibile di essere intaccato dalla introduzione di una disciplina più favorevole. 5. V.A. . Il ricorso di V.A. è, a sua volta, inammissibile. 5.1 Con il primo motivo, infatti, il ricorrente lamenta inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale in relazione alla applicazione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici, in quanto non oggetto dell'accordo processuale. Il motivo è manifestamente infondato. Va precisato, in punto di fatto, che il V. era stato condannato, in primo grado, alla pena complessiva di anni 5 di reclusione ed Euro 1.400 di multa conseguendo, perciò, la applicazione della pena accessoria della interdizione perpetua come espressamente previsto dall' art. 29 c.p. , comma 1 dai pubblici uffici. Il ricorrente, come detto, ha rinunciato, in appello, ai motivi sulla responsabilità ed ha concordato la pena nella misura di anni 3 e mesi sei di reclusione ed Euro 1.400 di multa. La Corte di appello, perciò, ha sostituito la pena accessoria della interdizione perpetua con quella della interdizione temporanea dai pubblici uffici prevista, dallo stesso art. 29 c.p. , comma 1, con durata prestabilita e non modulabile, per le condanne alla reclusione per un tempo non inferiore ai tre anni. Tanto premesso, è allora appena il caso di ribadire che le pene accessorie, ai sensi dell' art. 20 c.p. , conseguono di diritto alla condanna come effetti penali di essa, sicché al giudice di secondo grado ben può applicarle anche d'ufficio qualora non vi abbia provveduto quello di primo grado, e ciò ancorché la cognizione della specifica questione non gli sia stata devoluta con il gravame del pubblico ministero cfr., Sez. U, Sentenza n. 8411 del 27/05/1998, Ischaka, Rv. 210979 - 01, intervenuta proprio in un caso di interdizione dai pubblici uffici conf., tra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 15806 del 03/03/2017, Rv. 269864 - 01, Santese Sez. 6, Sentenza n. 49759 del 27/11/2012, Rv. 254202 - 01, Zabatta, secondo cui non viola il principio della reformatio in peius la sentenza del giudice di appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato, applichi la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici in luogo di quella temporanea, erroneamente disposta in primo grado Sez. 6, Sentenza n. 31358 del 14/06/2011, Rv. 250553 - 01, Navarria ed altro Sez. 3, Sentenza n. 8381 del 22/01/2008, Rv. 239283 - 01, Valentini Sez. 5, Sentenza n. 8280 del 22/01/2008, Rv. 239474 - 01, Ciocci . Ed è proprio la natura obbligatoria della pena accessoria rispetto a quella principale che ha portato le stesse SS.UU. chiamate a risolvere il quesito se l'erronea o omessa applicazione da parte del giudice di cognizione di una pena accessoria predeterminata per legge nella specie e nella durata o l'applicazione da parte del medesimo giudice, previa delimitazione del principio di legalità della pena in rapporto al giudicato e alla sua applicazione in sede esecutiva, di una pena accessoria extra” o contra legem”, possano essere rilevate, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione a concludere nel senso che l'applicazione extra o contra legem dal parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione purché essa sia determinata per legge ovvero determinabile, senza alcuna discrezionalità, nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione Sez. U, Sentenza n. 6240 del 27/11/2014, B. Rv. 262327 - 01 . Sulla base della medesima premessa, inoltre, si è potuto concludere nel senso che la sentenza di condanna che abbia omesso di applicare una pena accessoria è ricorribile per cassazione per violazione di legge da parte sia del Procuratore della Repubblica che del Procuratore generale a norma dell' art. 608 c.p.p. cfr., Sez. U -, n. 47502 del 29/09/2022, Galdini, Rv. 283754 - 01 . Di qui, pertanto, la affermazione secondo cui la applicazione della pena accessoria, in quanto obbligatoria, è una statuizione sottratta all'accordo tra le parti cfr. in tal senso, ad esempio, Sez. 6, n. 29898 del 10/01/2019, Maesano, Rv. 276228 - 01 che, di conseguenza, ha ritenuto deducibile con il ricorso per cassazione l'applicazione illegale della pena accessoria contenuta nella sentenza di patteggiamento in appello ex art. 599 c.p.p. , trattandosi di statuizione sottratta all'accordo delle parti e perciò esclusa dalla previsione limitativa di cui all' art. 448 c.p.p. , comma 2-bis . Di conseguenza, il giudice di appello, anche in caso di rinuncia ai motivi di merito e di accoglimento dell'accordo delle parti sui motivi con rideterminazione della pena, è tenuto ad applicare la pena accessoria conseguente alla qualità ed entità di quella principale cfr., Sez. 5 -, n. 11940 del 13/02/2020, Guerretta, Rv. 278806 - 01, in cui la Corte, in una situazione analoga a quella che ci occupa, ha spiegato che il giudice di appello, in caso di accoglimento dell'accordo delle parti sui motivi con rideterminazione della pena, è tenuto alla sostituzione che sentenza di condanna a pena detentiva non inferiore a cinque anni, con quella dell'interdizione temporanea, ove la pena irrogata per i reati in continuazione sia complessivamente pari ad anni cinque di reclusione, pur quando la sostituzione non sia stata prevista nell'accordo tra le parti conf., Sez. 2, n. 35445 del 06/07/2007, Calderisi, Rv. 238307 . 5.2 Il secondo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale in relazione all' art. 129 c.p.p. , in relazione alla sopravvenuta procedibilità a querela dei reati di furto aggravato per i quali era intervenuta la condanna cfr., in particolare, i capi F1, H1, L1, M1, N1, Z1, C2, D2, E2, F2 . Il motivo è manifestamente infondato per le ragioni esposte nella parte generale della presente sentenza. 6. M.M. . Il ricorso di M.M. è, da ultimo, ed a sua volta, inammissibile. 6.1 Il primo motivo, infatti, denunzia violazione di legge con riguardo alla sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale, ovvero una questione insuscettibile di superare la preclusione processuale determinatasi con la rinuncia parziale ai motivi. 6.2 Il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla omessa presa d'atto della estraneità dell'imputato rispetto agli addebiti per i quali è intervenuta la condanna. 7. L'inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed inoltre, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , della somma - che si stima equa - di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Dal canto suo C.D. va condannato, anche, alla rifusione delle spese di rappresentanza ed assistenza sostenute dalla parte civile Kuwait Petroleum Italia spa, costituita nei suoi confronti, liquidate, vista la notula ed alla luce delle tabelle vigenti, come in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato C.D. alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro tremilaseicentottantasei, oltre accessori di legge.