Impugnazioni: con pluralità di parti il termine breve scatta per ognuna con la ricezione dell’atto

In tema di impugnazioni il principio secondo cui nel processo con pluralità di parti vige la regola dell'unitarietà del termine dell'impugnazione sicché la notifica della sentenza eseguita ad istanza di una sola delle parti segna l'inizio della decorrenza del termine breve per la proposizione dell'impugnazione contro tutte le altre parti va interpretato nel senso che detto momento rileva per la decorrenza […]

[…] del termine breve per impugnare nei confronti del notificante e delle altre parti del giudizio, solo per il notificante stesso e per la parte destinataria della notificazione, atteso che anche ciascuna delle parti ha diritto di ricevere la notifica della sentenza, che è condizione per far scattare il termine breve per l'impugnazione. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 32232 depositata il 21 novembre 2023. Due coniugi convenivano in giudizio dinnanzi al Tribunale territorialmente competente il venditore e la società mediatrice per far sentire dichiarare la nullità dell'atto di compravendita stipulato con rogito notarile avente ad oggetto un immobile non commerciabile perché abusivo ed oggetto di sequestro, nonché di successiva confisca. Gli attori, pertanto, chiedevano disporsi restituzione del prezzo sborsato, oltre interessi unitamente al risarcimento del danno quantificato in via equitativa. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda attorea. Il Tribunale adito accoglieva le domande dichiarando la nullità della compravendita e condannando la parte venditrice alla restituzione del prezzo di acquisto dell'immobile oggetto della compravendita oltre interessi, nonché quest'ultima in solido con la società mediatrice al risarcimento del danno quantificato in misura equitativa. A fondamento della decisione il Tribunale poneva in primo luogo la circostanza che l' immobile non fosse commerciabile , condizione che risultava dalla natura abusiva emergente dall'avviso di sequestro disposto dalla procura e successivamente confluito in confisca a causa della difformità dello stesso dalla concessione edilizia. Tale circostanza era conosciuta e in ogni caso doveva essere conosciuta secondo l'ordinaria diligenza in capo sia al venditore sia all'agenzia immobiliare. I convenuti proponevano appello con distinti atti avverso la predetta sentenza. I rispettivi giudizi non venivano riuniti ed in entrambi si costituivano gli attori mentre nel primo avente ad oggetto l'appello della società mediatrice, la parte venditrice era dichiarata contumace. La Corte di Appello adita rigettava il gravame proposto dalla società mediatrice mentre dichiarava inammissibile per tardività l'appello proposto dalla parte venditrice, rigettandolo anche nel merito. In particolare, la Corte distrettuale evidenziava che l'impugnazione proposta per prima dalla società di mediazione determinava la costituzione del rapporto processuale nel quale dovevano confluire le eventuali impugnazioni delle altre parti soccombenti. Nella specie, l'appello contro la sentenza di primo grado era stata proposta dalla società di mediazione e l'appello era stato ritualmente notificato alla parte venditrice che non si era costituita ed era stata dichiarata contumace . Di conseguenza, l' appello proposto autonomamente dalla medesima parte venditrice doveva ritenersi inammissibile perché tardivo sia con riferimento al termine di cui all' art. 325 cod. proc. civ. sia con riferimento al termine dell' art. 343 c.p.c. In ogni caso, la Corte d'Appello ad abundantiam riteneva infondati tutti i motivi di appello proposti dalla parte venditrice. Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto dalla parte venditrice e con il quale, quest'ultima, denunciava violazione e/o falsa applicazione degli artt. 330, primo comma e 170 c.p.c. per nullità e inesistenza della notifica dell'atto di appello al ricorrente per non essere stato mai, a dire dello stesso ricorrente, notificato né presso di lui né presso nessuno dei due avvocati costituiti, motivo per il quale quest'ultimo non si era mai costituito nel relativo giudizio risultando come contumace. La notifica dell'appello al ricorrente , infatti, sarebbe stata inviata ad un avvocato che il ricorrente non conosceva e al quale non aveva mai conferito procura alle liti. Nella specie, invece gli Ermellini, hanno ritenuto di poter condividere la decisione della Corte distrettuale che si poneva come conforme all' orientamento di legittimità secondo cui ai sensi dell' art. 330, primo comma, cod. proc. civ. , l'impugnazione, quando non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata o dall'elezione di domicilio o dalla dichiarazione di residenza al momento di tale notificazione, può essere notificata alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati nella citata disposizione, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante dovendosi escludere che la norma prescriva un tassativo ordine di successione dei luoghi suddetti, anziché un concorso alternativo degli stessi. I Giudici, quindi, concludono affermando che nel caso di specie, è circostanza non controversa in quanto ammessa dallo stesso ricorrente che il difensore della parte venditrice nel giudizio di primo grado aveva eletto domicilio presso lo studio di un tale avvocato, luogo dove era stata effettuata nei suoi confronti la notifica dell'atto di appello da parte della società di mediazione. Pertanto, sulla base dei principi appena richiamati, la notifica dell'atto di appello da parte della società di mediazione , ai sensi dell' art. 330, c.p.c. , deve ritenersi valida ed idonea a determinare il decorrere del termine per impugnare in capo alla parte venditrice con la conseguenza che, salvo il fatto che i due giudizi andassero riuniti già in appello, non merita censura la statuizione di contumacia di cui al giudizio di appello promosso dalla società mediatrice così come quella di inammissibilità per tardività di cui al giudizio avente ad oggetto il gravame proposto dalla parte venditrice.

Presidente Manna – Relatore Varrone Fatti di causa 1. A.S. e L.A. convenivano in giudizio, dinanzi il Tribunale di Tivoli, C.C. e la società Studio Mentana, nella rispettiva qualità di parte venditrice e di mediatrice, per sentir dichiarare la nullità dell'atto di compravendita stipulato con rogito notarile in data omissis avente ad oggetto un immobile non commerciabile perché abusivo ed oggetto di sequestro, nonché di successiva confisca. Gli attori, pertanto, chiedevano disporsi la restituzione del prezzo sborsato, oltre interessi, unitamente al risarcimento del danno quantificato in via equitativa in Euro 140.000. 2. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda attorea. 3. Il Tribunale di Tivoli accoglieva le domande dichiarava la nullità della compravendita condannando la parte venditrice alla restituzione di Euro 140.000 in favore degli attori oltre interessi nonché quest'ultima in solido con la società mediatrice al risarcimento dei danni nella misura equitativa di Euro 40.000. A fondamento della decisione il primo giudice poneva in primo luogo la circostanza che l'immobile non era commerciabile e tale condizione risultava dalla natura abusiva emergente dall'avviso di sequestro disposto dalla procura e successivamente confluito in confisca a causa della difformità dello stesso dalla concessione edilizia. Tale circostanza era conosciuta e in ogni caso doveva essere conosciuta secondo l'ordinaria diligenza in capo sia al venditore sia all'agenzia immobiliare. Quanto al danno, il Tribunale riteneva che la somma di Euro 40.000 potesse determinarsi in via equitativa in ragione del tempo trascorso senza poter abitare in una casa di proprietà nonostante la stipula di un mutuo per l'acquisto dell'immobile e nel momento in cui stava nascendo un figlio all'acquirente. 4. La società studio Mentana di Ce.Vi. già studio Mentana snc e C.C. con distinti atti proponevano appello avverso la suddetta sentenza. 5. I rispettivi giudizi non venivano riuniti ed in entrambi si costituivano A.S. e L.A. originari attori mentre nel primo, avente ad oggetto l'appello della società mediatrice, il C. era dichiarato contumace. 6. La Corte d'Appello di Roma rigettava il gravame proposto dalla Società Studio Mentana di Ce.Vi. mentre dichiarava inammissibile per tardività quello proposto da C.C., rigettandolo anche nel merito. In particolare, la Corte d'Appello evidenziava che l'impugnazione proposta per prima dalla società studio Mentana determinava la costituzione del rapporto processuale nel quale dovevano confluire le eventuali impugnazioni delle altre parti soccombenti. Nella specie, l'appello contro la sentenza n. 2223 del 2015 del Tribunale di Tivoli era stato proposto dallo studio Mentana il 24 novembre 2015 e l'appello era stato ritualmente notificato al C. che non si era costituito ed era stato dichiarato contumace. Di conseguenza l'appello proposto autonomamente dal medesimo C. il 5 maggio 2016 doveva ritenersi inammissibile perché tardivo sia con riferimento al termine di cui all' art. 325 c.p.c. , sia con riferimento al termine dell' art. 343 c.p.c. In ogni caso la Corte ad abundantiam riteneva infondati tutti i motivi di appello proposto dal C. In particolare, La Corte d'appello riteneva non sussistere litisconsorzio necessario con la banca che aveva concesso il mutuo mancando la prova del collegamento negoziale e la domanda di nullità del contratto di mutuo. Inoltre, risultava accertata l'abusività dell'immobile, circostanza conosciuta dalla parte venditrice e sostanzialmente conforme anche alle dichiarazioni rilasciate in sede di interrogatorio formale dall'appellante. Anche la quantificazione del danno in via equitativa non meritava censure, spettando all'appellante dimostrare che la somma liquidata in via equitativa non corrispondeva al danno patrimoniale effettivamente sopportato mentre anche la condanna alle spese doveva essere confermata in quanto il relativo motivo era inammissibile. 7. La Corte d'appello rigettava anche il gravame proposto dalla società mediatrice studio Mentana di Vi.Ce. 8. C.C., con due distinti ricorsi per cassazione di analogo tenore, ha impugnato entrambe le sentenze chiedendo la riunione dei giudizi. 9. A.S. e L.A. hanno resistito con controricorso in entrambi i giudizi. 10. Il Presidente della seconda sezione in data 3 maggio 2005 ha disposto la riunione dei giudizi. 11. Il ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell'udienza, ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso. 12. Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi. Ragioni della decisione 1. In entrambi i ricorsi il primo motivo è così rubricato violazione e falsa applicazione dell' art. 330 c.p.c. , comma 1, e art. 170 c.p.c. , per nullità e inesistenza della notifica dell'atto di appello al ricorrente. L'atto d'appello proposto dallo studio Mentana, infatti, non sarebbe mai stato notificato al C., nè presso di lui, nè presso nessuno dei due avvocati costituiti Tomeo e de Filippis . Per tale motivo il ricorrente non si è mai costituito nel suddetto giudizio e la Corte d'Appello all'udienza del 25 marzo 2016 ha dichiarato erroneamente la sua contumacia alla luce di una relata di notifica prodotta nella medesima udienza e non acquisita al telematico e quindi non visionabile. La notifica dell'appello al ricorrente sarebbe stata inviata all'indirizzo di tale avvocato Irene Natellis, avvocato che il C. non conosce e al quale non ha mai conferito mandato o procura ad agire. Il ricorrente, infatti, aveva eletto domicilio presso lo studio dell'avvocato Ferdinando Tomeo, omissis , e, successivamente, il 7 ottobre 2015, si era costituito telematicamente con comparsa adesiva con l'avv. Rita De Filippis presso il cui studio aveva eletto nuovo domicilio in omissis . Questi erano gli unici due luoghi dove poteva e doveva essere notificato l'atto di appello. La notifica pertanto sarebbe nulla o inesistente. Secondo il ricorrente l'errore sarebbe dovuto anche alla frettolosa sentenza di primo grado che indicava come parte convenuta tale C.C. rappresentato e difeso dall'avvocato Irene Natellis. In ogni caso, ai sensi dell' art. 330 c.p.c. , la notificazione sarebbe nulla e tale nullità non sarebbe sanabile neanche con il raggiungimento dello scopo, circostanza non verificatasi nel caso di specie. Il C., ignaro dell'appello della parte mediatrice, ha proposto autonomo appello avverso la medesima sentenza del Tribunale e il suo appello è stato dichiarato inammissibile in virtù di tale notifica. Il ricorrente precisa che la notifica all'avvocato Natellis non si può considerare valida in quanto solo l'Avvocato Tomeo aveva dichiarato di eleggere domicilio presso l'Avvocato Natellis ma non il ricorrente medesimo, il cui domicilio era sempre quello presso lo studio dell'Avvocato Tomeo e poi, successivamente, modificato nel 2015. 1.2 Il primo motivo comune ad entrambi i ricorsi è infondato e il suo rigetto determina l'assorbimento dei restanti aventi ad oggetto o la medesima questione o il merito dell'appello che con motivazione ad abundantiam la Corte d'Appello ha comunque rigettato. La censura proposta con il primo motivo lamenta che, nel giudizio avente ad oggetto l'appello proposto dalla società Studio Mentana, sia stata erroneamente dichiarata la contumacia del ricorrente e che, nel giudizio avente ad oggetto l'appello proposto dal ricorrente, il suo atto sia stato dichiarato inammissibile perché tardivo. Entrambe le statuizioni sono fondate sulla validità della notifica dell'appello proposto dalla Studio Mentana, idonea a far decorrere il termine per impugnare anche per il C. 1.3 Il collegio ritiene di condividere le conclusioni del P.G. che richiama l'orientamento ribadito anche di recente da questa Corte secondo il quale Ai sensi dell' art. 330 c.p.c. , comma 1, l'impugnazione, quando non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata o dall'elezione di domicilio o dalla dichiarazione di residenza al momento di tale notificazione, può essere notificata alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati nella citata disposizione, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante, dovendosi escludere che la norma prescriva un tassativo ordine di successione dei luoghi suddetti, anziché un concorso alternativo degli stessi In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto valida la notificazione del ricorso per cassazione eseguita presso la residenza dichiarata della parte intimata e non nel domicilio processuale eletto . Sez. 5, Ord. n. 34252 del 2019 , cass. Sez. U., Sent. n. 3702 del 2017 , Sez. 5, Sent. n. 16925 del 2007 . Nel caso di specie è circostanza non controversa, in quanto ammessa dallo stesso ricorrente, che l'avv. Tomeo difensore del C. nel giudizio di primo grado aveva eletto domicilio presso lo studio dell'avv. Irene Natellis, luogo ove è stata effettuata nei suoi confronti la notifica dell'appello. Pertanto, sulla base dei principi sopra richiamati, la notifica dell'appello da parte della società Studio Mentana, ai sensi dell' art. 330 c.p.c. , deve ritenersi valida e idonea a determinare il decorrere del termine per impugnare in capo al C., odierno ricorrente. Infatti, questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di impugnazioni il principio secondo il quale, nel processo con pluralità di parti, vige la regola dell'unitarietà del termine dell'impugnazione sicché la notifica della sentenza eseguita a istanza di una sola delle parti segna l'inizio della decorrenza del termine breve per la proposizione dell'impugnazione contro tutte le altre parti va interpretato nel senso che detto momento rileva per la decorrenza del termine breve per impugnare, nei confronti del notificante e delle altre parti del giudizio, solo per il notificante stesso e per la parte destinataria della notificazione, atteso che anche ciascuna delle altre parti ha diritto di ricevere la notifica della sentenza, che è condizione per far scattare il termine breve per l'impugnazione Sez. 2, Sent. n. 19274 del 2022 , Rv. 664997 - 01 . In conclusione, salvo il fatto che i due giudizi andavano riuniti già in appello, non merita censura la statuizione di contumacia di cui al giudizio relativo all'appello della società Studio Mentana così come quella di inammissibilità per tardività di cui al giudizio avente ad oggetto l'appello proposto dal C. Infatti, è incontestato che al momento della notifica dell'appello del C. erano decorsi i termini di cui all' art. 325 c.p.c. , così come quelli di cui all' art. 343 c.p.c. 2. Il rigetto del primo motivo di entrambi i ricorsi determina l'assorbimento dei restanti, relativi al merito della causa o alla invalidità della notifica già esclusa per le ragioni sopra indicate. In particolare, con la sentenza che ha dichiarato inammissibile l'appello del C., la Corte ad abundantiam ha anche rigettato nel merito i suoi motivi di appello. In tal caso, deve darsi continuità al principio secondo cui In tema di impugnazione, allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l'inammissibilità del gravame, così privandosi della potestas iudicandi , abbia comunque esaminato il merito dell'impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta ad abundantiam , senza censurare la statuizione di inammissibilità, atteso che su questa unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato Sez. L., Ord. n. 29529 del 11/10/2022 . Allo stesso modo diventa inammissibile la censura diretta a contestare le affermazioni sul merito della controversia svolte ad abundantiam, quando, come nel caso in esame, la censura svolta con il ricorso per cassazione sulla statuizione di inammissibilità della Corte d'Appello nella specie per tardività sia dichiarata infondata. Infatti, anche volendo attribuire un'autonoma valenza alle affermazioni svolte ad abundantiam dalla Corte d'Appello queste potrebbero essere esaminate solo in seguito all'accoglimento del motivo di ricorso avente ad oggetto l'invalidità della notifica della sentenza di primo grado che ha determinato l'inammissibilità per tardività del mezzo di gravame proposto dal ricorrente. A tutto voler concedere, infatti, troverebbe applicazione il seguente principio Il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima ratio decidendi, esamini ed accolga anche una seconda ratio , al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della potestas iudicandi, atteso che l' art. 276 c.p.c. , distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all'interno di quest'ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni in tale ipotesi, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, sicché l'inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l'esame dei motivi riferiti all'altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l'annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l'autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile. 3. Il ricorso è rigettato. 4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in Euro 4500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.