Da quando decorrono gli interessi moratori sulle restituzioni alle esportazioni di grano?

Il diritto alla restituzione all’esportazione per prodotti soggetti ad un regime di prezzi unici ha valenza eurocomunitaria e, in assenza di specifica regolamentazione sia a carattere interno che esterno, degli effetti del ritardo nei versamenti, si rende necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Così si è espressa la prima sezione civile della Corte di Cassazione, nella ordinanza interlocutoria in commento dopo aver scrupolosamente ripercorso normativa e giurisprudenza stratificatesi in subiecta materia , sia a livello di diritto interno che a carattere comunitario. Nell'anno 2002 la Curatela di una società produttrice di grano , già dichiarata fallita , adiva il MEF e l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli innanzi al Tribunale di Napoli, onde sentirli condannare al pagamento degli interessi moratori e del maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c. , connessi al mancato versamento delle restituzioni alle esportazione alle quali aveva diritto, nella qualità di esportatrice di grano, in riferimento agli anni 1990-1997. Il Tribunale, previa nomina di una Ctu, accoglieva la domanda determinando in 60 giorni il termine di evasione delle istanze di restituzione, secondo la normativa ratione temporis applicabile la pronuncia veniva confermata anche in sede di appello, laddove la Corte stabiliva che in materia non era prevista la necessità di costituzione in mora nei confronti della P.a. rimasta inadempiente che, peraltro, doveva considerarsi implicita nella originaria richiesta di pagamento del contributo. Gli interessi compensativi sul ritardo, dunque, andavano calcolati da quando il debito era divenuto liquido ed esigibile. Per la cassazione della sentenza di appello ha interposto ricorso l'Agenzia delle Dogane , affidato ad un unico motivo di diritto violazione degli artt. 1219,1182,1224 e 1282 c.c. poiché, pur essendo la materia regolata dalla normativa comunitaria, trattavasi comunque di debito pubblico per il quale andavano applicati i principi di contabilità di Stato, secondo cui il ritardo non può concretizzarsi se non a seguito di una specifica intimazione di pagamento che, nel caso di specie, era mancata la prima richiesta era stata contenuta nell'atto di citazione . La resistente si è costituita con controricorso ed il Collegio ha esaminato la vicenda prendendo le mosse dall'analisi del quadro normativo di riferimento il Reg. CE n. 2665/1987 ed il Reg. CE n. 565/1980 , secondo i quali non è prevista la fissazione di un termine per il pagamento delle restituzioni, che è rimesso ai singoli Stati aderenti. Sul punto, i giudici del merito avevano fissato, con statuizione che aveva pacificamente assunto forza di giudicato, il suddetto termine nella misura di giorni 60. Si trattava, quindi, ad avviso della Corte, di stabilire la necessità, o meno, di un atto di costituzione in mora per le obbligazioni per le quali era scaduto il termine in tema, la giurisprudenza della Cassazione è pervenuta, nel tempo, a giudizi non univoci, stabilendo, dapprima, che il credito dell'esportatore diviene liquido ed esigibile e, perciò, produttivo di interessi compensativi, solo quando sia stata ordinata la spesa ed il relativo ordine di pagamento, così come sancito dalla legge di contabilità di stato. Successivamente Cass. 11655/22 si è ritenuto che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili e, perciò produttivi di interessi, quando ne sia determinato l'ammontare e se ne possa ottenere alla scadenza il puntuale pagamento, a prescindere dal procedimento contabile di impegno e ordinazione della spesa. Dovendo, dunque, stabilire con certezza attorno alla natura ed agli effetti della istanza di restituzione e sull'idoneità della stessa a costituire atto ex se idoneo a determinare il sorgere dell'obbligazione della p.a. alla scadenza del termine entro il quale essa deve definire il procedimento, la I sezione ha sollecitato una riflessione sulle conseguenze del vano scorrere del termine, ai fini del riconoscimento del diritto. La stessa Corte di giustizia dell'Unione europea , peraltro, ha stabilito che rispetto al procedimento relativo alle restituzioni, sono i singoli Stati che devono disciplinare le modalità in base alle quali gli interessi devono essere pagati, in caso di rimborso di importi riscossi in violazione del diritto dell'Unione. Muovendo da tali premesse, dunque, la sezione ha rimesso l'esame della questione al Primo Presidente, onde valutare la possibilità di rimessione alle sezioni unite civili .

Presidente Bisogni – Relatore Conti Fatti di causa 1. Il curatore del fallimento della società Omissis s.p.a., con atto di citazione del 20.12.2002, adiva il Tribunale di Napoli chiedendo la condanna del Ministero dell'Economia e delle finanze e dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli al pagamento degli interessi moratori e del maggior danno ex art. 1224 c.c. , comma 2, connessi al mancato versamento delle restituzioni all'esportazione e del prefinanziamento ai quali aveva diritto, in quanto esportatrice di prodotti agricoli, richiesti per gli anni compresi fra il Omissis ed il Omissis . Precisava, peraltro che la società Omissis , quando era in bonis, aveva promosso analoga domanda, con atto di citazione del 15.12.1997, in un giudizio successivamente dichiarato interrotto e non riassunto per effetto del fallimento. 2.Il Tribunale partenopeo, previa nomina di un consulente tecnico d'ufficio, accoglieva la domanda ed acclarato l'inadempimento dell'amministrazione per la ritardata evasione delle istanze di restituzione all'esportazione, presentate negli anni compresi fra il Omissis , determinava in sessanta giorni il termine di evasione delle istanze, sia per quelle presentate a partire dal 19.10.1994 - epoca di entrata in vigore del D.M. n. 678 del 1994 , contenente il regolamento di attuazione della L. n. 241 del 1990 . che per quelle presentate in epoca anteriore, condannando l'amministrazione al pagamento degli interessi moratori e del maggior danno sulla base di quanto determinato dal c.t.u 3. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 971/2019, pubblicata il 21 febbraio 2019, di cui all'epigrafe, rigettava l'impugnazione proposta dall'Agenzia delle dogane. 3.1 Per quel che qui ancora rileva, la Corte di appello riteneva che la questione della mora ex re relativa all'obbligazione di pagamento delle restituzioni e dei prefinanziamenti alla quale era tenuta l'Agenzia delle Dogane non presentava il carattere della novità, essendo stata già considerata dal Tribunale per giustificare l'accoglimento delle domande, sicché la censura sul punto esposta dall'Agenzia appellante era sicuramente ammissibile. E tuttavia la stessa era, a giudizio della Corte, infondata. Una volta ritenuto sussistente il termine ragionevole di giorni sessanta concesso all'Amministrazione per verificare l'esistenza del diritto al pagamento dei contributi, esso aveva fatto sorgere in capo alla P.A. proprio l'obbligo di provvedere al pagamento . Secondo la Corte di appello la peculiarità della fattispecie è tale da rendere inconcepibile la necessità della costituzione in mora ex art. 1219 c.c. , posto che questa deve ritenersi implicita nella originaria richiesta di pagamento del contributo . D'altra parte, proseguiva la Corte di appello, poiché la liquidità ed esigibilità del credito non erano più in discussione non era comprensibile il senso della censura, decorrendo gli interessi compensativi pur sempre da quando il debito è liquido ed esigibile. 4. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, al quale ha resistito la Omissis s.p.a. con controricorso. 5. Si è costituita in giudizio con memoria e nuovo difensore la JLM s.r.l. a socio unico, quale incorporante e successore a titolo universale della incorporata Omissis s.p.a., depositando atto di fusione. 6. La causa è stata posta in decisione all'udienza camerale del 22 maggio 2023 ma il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. 14648/2023, l'ha rimessa all'udienza pubblica. 7. Sulle conclusioni del Procuratore generale, il quale ha chiesto l'accoglimento parziale del ricorso, è stata discussa all'udienza del 5 ottobre 2023 ed in quella sede posta in decisione. 8. Con l'unico motivo proposto la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1219,1182,1224 e 1282 c.c. , in relazione del R.D. n. 827 del 1924, artt. 269 e segg., ed al R.D. n. 2440 del 1923. La Corte di appello avrebbe errato nel considerare che, pur essendo integralmente regolata dal diritto comunitario la materia delle integrazioni di prezzo ai produttori agricoli esportatori verso paesi UE, rimangono applicabili le normative in tema di contabilità dello Stato e di debiti pecuniari della Pubblica Amministrazione, ed essendo l'obbligazione querable, il ritardo non può concretizzarsi se non a seguito di una specifica intimazione di pagamento. Ne' al contempo la domanda di contributo può valere come intimazione ai sensi dell' art. 1219 c.c. , dato che essa è proposta prima del decorso del termine ragionevole previsto per la definizione del procedimento, cosicché per altro verso nessun ritardo può ancora ritenersi verificato prima della scadenza del predetto termine. 8.1 Da qui l'impossibilità, secondo l'assunto della ricorrente, di poter configurare un diritto al pagamento di interessi e rivalutazione in assenza di costituzione in mora diversa da quella costituita dalla notifica dell'atto di citazione effettuata ad istanza della società Omissis quando era in bonis il 15.12.1997. Mentre d'altra parte la natura querable dell'obbligazione e la incidenza della normativa in materia di contabilità dello Stato escluderebbe il decorso degli interessi compensativi dall'intervenuto decorso del termine ragionevole per la definizione del procedimento. 9. Occorre premettere che la dedotta inammissibilità del ricorso sotto il duplice profilo esposto dalla controricorrente non sembra confrontarsi con il contenuto delle censure proposte dall'Agenzia delle dogane, rivolte a mettere in discussione la correttezza in diritto della decisione impugnata quanto alla possibilità che gli interessi reclamati per effetto del ritardato adempimento dell'obbligazione pecuniaria posta a base della domanda siano o meno condizionati da un atto di costituzione in mora successivo all'istanza di restituzione e/o dalla definizione del procedimento di spesa regolato dalle norme di contabilità. 9.1 Ciò posto, occorre premettere anche che la questione all'esame del Collegio è incentrata sulla verifica della correttezza della decisione impugnata nella parte in cui, accertato l'esaurimento della procedura amministrativa di ricognizione del contributo comunitario previsto in tema di restituzione all'importazione e prefinanziamento entro il termine ritenuto ragionevole di sessanta giorni, ha considerato sussistente l'obbligo della P.A. di provvedere al pagamento senza necessità di costituzione in mora ex art. 1219 c.c. , dovendo questa ritenersi implicita nella originaria richiesta di pagamento del contributo. 9.2 Tuttavia non può non rilevarsi, in limine, che la Corte di appello, nel disattendere la censura proposta dall'Agenzia delle dogane, oltre a ritenere irrilevante l'atto di costituzione in mora ai fini dell'obbligo di pagamento a carico dell'Agenzia, ha altresì affermato la sussistenza del diritto agli interessi da parte della società ritenendo dimostrati, nel caso di specie, i presupposti per il riconoscimento degli interessi di cui all' art. 1282 c.c. . Circostanza che, secondo la Corte di appello, giustifica comunque il rigetto dell'appello. 9.3 Peraltro la ricorrente, tanto nella rubrica del motivo di impugnazione che nell'esposizione dello stesso, ha specificamente impugnato la decisione sotto i diversi profili appena evidenziati che, conseguentemente, questa Corte è chiamata ad esaminare congiuntamente. Il quadro normativo di riferimento. 10. Il Reg. CE nn. 2665/1987 ed il Reg. CE n. 565/1980 hanno disciplinato il versamento in favore dei produttori agricoli di somme per il diritto alle restituzioni all'esportazione per i prodotti soggetti a un regime di prezzi unici. Tale disciplina ha regolato analiticamente i presupposti per il sorgere del diritto al pagamento della restituzione - art. 4 Reg. 3665/1987 - subordinandolo a varie condizioni ed in particolare alle verifiche compiute dalle autorità degli Stati membri. Va aggiunto che la disciplina normativa appena ricordata, vigente ratione temporis rispetto alle domande di pagamento formulate dalla società Omissis fra il Omissis , non prevedeva la fissazione di un termine per il pagamento della restituzione, come risulta testualmente dal successivo reg. n. 800/1999 ove si legge, nei considerando nn. 60 e 61 che ai fini di una buona gestione amministrativa, occorre esigere che la domanda e tutti gli altri documenti necessari al pagamento della restituzione vengano presentati entro un ragionevole termine, salvo caso di forza maggiore, in particolare quando non sia stato possibile rispettare il termine a causa di ritardi amministrativi non imputabili all'esportatore e che il termine per l'esecuzione del pagamento delle restituzioni all'esportazione varia da uno Stato membro all'altro che, per evitare distorsioni della concorrenza, è opportuno stabilire un termine finale uniforme per il pagamento delle restituzioni all'esportazione da parte degli organismi pagatori . Termine poi fissato dall'art. 49, par.8 dello stesso regolamento in tre mesi - salvo deroghe - a decorrere dal giorno in cui dispongono di tutti gli elementi idonei all'evasione della pratica. Le plurime questioni controverse in relazione al motivo proposto. 11. Ora, nel caso qui all'esame il Tribunale prima e la Corte poi hanno ritenuto che il termine per il versamento delle restituzioni dovesse desumersi dal sistema e l'hanno determinato in giorni 60, in più ritenendo che tale termine, una volta decorso, non rendesse più ipotizzabile alcuna necessità di una ulteriore intimazione di pagamento e, dunque, che non fosse necessaria un atto specifico di costituzione in mora ai sensi dell' art. 1219 c.c. , già esso risultando implicitamente contenuto nella originaria richiesta di pagamento. 11.1 Inoltre, come si è detto, la Corte di appello ha aggiunto che il motivo di appello proposto dall'Agenzia non aveva alcuna ragion d'essere, essendosi maturato il diritto alla corresponsione al produttore di interessi corrispettivi per effetto della scadenza del termine per la definizione del procedimento relativo alle restituzioni. 11.2 Ciò posto, occorre quindi affermare che le questioni poste dal motivo di ricorso non attengono alla verifica dell'esistenza o meno, all'interno dell'ordinamento, del termine entro il quale la domanda originariamente proposta dalla Omissis doveva essere esitata al fine del riconoscimento delle restituzioni all'esportazione. Tale termine, infatti, è stato pacificamente determinato, con forza di giudicato, dal giudice di merito nella misura, ritenuta ragionevole, di sessanta giorni. 11.3 Quel che è in contestazione è se rispetto all'obbligazione di cui si discute debba o meno trovare applicazione la disciplina prevista per le obbligazioni di pagamento di denaro alle quali è tenuta la P.A. - che, in deroga all' art. 1219 c.c. , n. 3 e art. 1182 c.c. , prevede la necessità di un atto di costituzione in mora anche per le obbligazioni per le quali è scaduto il termine, dovendo l'obbligazione dell'amministrazione essere adempiuta ed eseguita presso il domicilio del debitore. Ovvero ancora se sia corretta la statuizione della Corte di appello che ha comunque ritenuto essere insorta l'obbligazione del pagamento di interessi corrispettivi a carico dell'Agenzia delle dogane per effetto della scadenza del termine fissato per definire il procedimento di riconoscimento del diritto alla restituzioni e al prefinanziamento in favore del produttore, anche a non volere considerare prodotta la mora per effetto della scadenza del termine per la definizione del procedimento di verifica dell'esistenza del diritto alle restituzioni all'importazione. Ed in effetti i profili proposti dal motivo di censura attengono entrambe alle rationes decidendi poste a base della decisione. 12. Orbene, giova al riguardo evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite cfr. Cass. S.U. 1561/1977 ha avuto modo di chiarire, con riferimento ad altra tipologia di provvidenze riconosciute a livello comunitario in favore di produttori agricoli, peraltro parzialmente sovrapponibile quanto alle condizioni previste per il riconoscimento delle provvidenze, che le cosiddette restituzioni , ossia le integrazioni sui prezzi mondiali dei prodotti agricoli, che l'Amministrazione finanziaria italiana come le amministrazioni degli altri paesi aderenti alla CEE deve corrispondere agli esportatori, sono disciplinate dai regolamenti comunitari Reg. CEE nn. 120/67, 139/67 e 1041/67 per quanto attiene alle loro condizioni ed al loro ammontare, ma restano disciplinate dal diritto interno italiano quanto alle modalità e ai tempi del loro pagamento. Da ciò consegue che il credito dell'esportatore diviene liquido ed esigibile, e perciò produttivo di interessi compensativi, solo quando sia stata ordinata la spesa ed emesso il relativo ordinativo di pagamento, ai sensi dell'art. 270 della legge sulla contabilità di stato R.D. 23 maggio 1924, n. 827. 12.1 In tale circostanza le Sezioni Unite, pur qualificata la posizione dell'esportatore in termini di diritto soggettivo, escludendo qualunque potere discrezionale da parte della p.a. nella verifica dei presupposti per il riconoscimento della provvidenza - conf. Cass. S.U. n. 9129/1991 , hanno però riformato la decisione impugnata che aveva ritenuto dovuti gli interessi moratori dalla data di proposizione della domanda di restituzione, affermando che secondo un principio giurisprudenziale più volte affermato da questa Corte suprema sent. 7 agosto 1963, n. 2229 26 marzo 1964, n. 686 3 febbraio 1965, n. 172 18 aprile 1966, n. 990, 16 maggio 1973, n. 1389, id. , 1973, I, 3406 e di recente ribadito sent. 10 dicembre 1976, n. 4607 per il complesso delle disposizioni sulla contabilità dello Stato e, in particolare, per l'art. 270 del regolamento di contabilità generale dello Stato 23 maggio 1924 n. 827 i debiti pecuniari dello Stato, in deroga alla norma dell' art. 1282 c.c. , divengono liquidi ed esigibili e come tali generano l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'amministrazione, soltanto dopo che la spesa sia stata ordinata dalla competente amministrazione con l'emissione del relativo titolo di spesa. Invero, anche se, in via generale, è da riconoscere che le regole di diritto comune sull'inadempimento delle obbligazioni tra cui l' art. 1224 c.c. e quelle sulle obbligazioni pecuniarie tra cui l' art. 1282 c.c. si applicano anche ai debiti dello Stato, tali regole possono essere tuttavia derogate dalle disposizioni contenute nella legge e nel regolamento sulla contabilità di Stato. Infatti, tali disposizioni, alle quali è stato da tempo riconosciuto carattere di norme esterne , hanno forza di diritto obiettivo, con efficacia vincolante nei confronti sia dell'amministrazione, sia dei creditori, per quanto attiene all'esecuzione delle obbligazioni pecuniarie della prima. Ora dal complesso delle norme sulla contabilità generale di Stato e, in particolare, da quanto dispone il citato art. 270 del regolamento n. 827 del 1924 si evince che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga a quanto dispone l' art. 1282 c.c. , divengono liquidi ed esigibili e generano, come tali, l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dello Stato soltanto dopo che la spesa sia stata ordinata dalla competente amministrazione mediante l'emissione del relativo titolo di spesa. 12.2 In linea con tale orientamento questa Sezione ha ritenuto che i regolamenti comunitari n. 136/66, 754/67 e successivi che accordano un'integrazione di prezzo ai produttori di olio di oliva, pur delineando un sistema che esclude ogni margine di discrezionalità per i competenti organi degli stati membri, tenuti a porre in essere un'attività di mero accertamento delle condizioni richieste per la delimitazione quantitativa dell'intervento a favore dei produttori, e pur avendo compiutamente disciplinato il corrispondente rapporto obbligatorio che si instaura tra lo Stato debitore ed i produttori creditori, non hanno previsto il termine di adempimento dell'obbligo di corrispondere le somme dovute al predetto titolo. In tale situazione si deve ritenere, per la presunzione di completezza della disciplina comunitaria ed in mancanza di diversi criteri desumibili dallo stesso regolamento, che l'interesse comunitario insito nella corrispondente disciplina si sia esaurito nella predisposizione del meccanismo che ha assicurato la costituzione del rapporto obbligatorio Stato - produttore ed il suo contenuto integrazione del prezzo , mentre per quanto riguarda la sua attuazione, il legislatore comunitario, omettendo la fissazione diretta del termine, abbia considerato idoneo a garantire l'interesse comunitario, il richiamo implicito degli ordinamenti interni, sul presupposto che in quegli ordinamenti il termine dell'adempimento delle obbligazioni trova la sua specifica disciplina e così per l'ordinamento italiano la norma dell' art. 1183 c.c. , che nel caso, con l'immediata esigibilità del credito, realizza il massimo della sua tutela, salva però l'applicabilità di principi che le norme sulla contabilità di stato dettano in materia di debiti pecuniari della Pubblica Amministrazione, per cui la stessa può essere considerata in mora, e tenuta a corrispondere i relativi interessi solo quando, dopo l'espletamento di tutti i controlli e gli accertamenti previsti, ritardi ingiustificatamente di versare al creditore le somme a costui spettanti - cfr. Cass. n. 6738/1983 , Cass. n. 2762/78 , Cass. n. 1561/77 , Cass. n. 1060/77, Cass. n. 1066/77, Cass. n. 2762/78 . 12.3 Tuttavia, la valutazione, cui è chiamato questo collegio, sull'applicabilità di tali principi alla vicenda qui in esame, relativa al versamento in ritardo rispetto al termine di 60 giorni delle restituzioni all'esportazioni a prezzo fisso, disciplinate dai Reg. CEE nn. 3665/1987 e 565/80, sembra ineludibile verificare la tenuta degli stessi con la successiva giurisprudenza formatasi presso la Corte in tema di irrilevanza della definizione del procedimento di spesa per i debiti pecuniari da ritardo della p.a 12.4 Ed infatti, la giurisprudenza di questa Corte è sì ferma nel ritenere che sui debiti delle pubbliche amministrazioni, per i quali le norme sulla contabilità pubblica stabiliscono, in deroga al principio di cui all' art. 1182 c.c. , comma 3, che i pagamenti si effettuano presso gli uffici di tesoreria dell'amministrazione debitrice, la natura querable dell'obbligazione comporta che il ritardo nei pagamenti non determina automaticamente gli effetti della costituzione in mora ex re, ai sensi dell'art. 1219, comma 2, n. 3 -cfr., occorrendo invece - affinché sorga la responsabilità da tardivo adempimento con conseguente obbligo di corresponsione degli interessi moratori e di risarcimento dell'eventuale maggior danno - la costituzione in mora mediante intimazione scritta di cui dello stesso art. 1219, comma 1 cfr. Cass. n. 19085 del 2015 , n. 5066 del 2009 , n. 19320 e n. 10691 del 2005 , Cass. n. 23823/2020 , Cass. n. 5066/2009 Cass. n. 19320/2005 Cass. n. 19084/2015 Cass. 29776/2020 . 12.5 Ma si è ulteriormente specificato che ove vi sia un colpevole ritardo nell'espletamento della procedura di liquidazione, l'Amministrazione è tenuta a corrispondere gli interessi moratori, a prescindere dall'emissione o meno del mandato di pagamento così Cass. S.U., n. 2065 del 29/03/1980 , Cass. S.U., sentenza n. 359 del 25/01/1985 , Cass. S.U. n. 4351/1985 , Cass. n. 3632/1980 , Cass. n. 1759/1982 , Cass. n. 1673/1983 , Cass. n. 1674/1983 , Cass. n. 2264/1983 , Cass. n. 6597/1983 , Cass. n. 406/1985 , Cass. n. 3533/1985 , Cass. n. 2675/1986 , Cass. n. 16683/2002 . In tema di mora, in ordine ai contratti stipulati dalla P.A., le regole di diritto privato sull'esatto adempimento delle obbligazioni artt. 1218 e 1224 c.c. si applicano, si è detto, anche ai debiti della Pubblica Amministrazione medesima. Sicché l'eventuale esigenza di adottare le procedure della contabilità pubblica non giustifica, in caso di colpevole ritardo nelle formalità di liquidazione, la deroga al principio desumibile dall' art. 1218 c.c. , della responsabilità del debitore per l'inesatto o tardivo adempimento della prestazione responsabilità che si attua con la corresponsione degli interessi moratori come forma di risarcimento minimo al principio posto dall' art. 1224 c.c. , comma 1, che identifica la decorrenza degli interessi con il giorno della costituzione in mora. 12.6 Sembra al Collegio che i principi da ultimi ricordati siano in parte distonici rispetto a quelli maturati - con l'avallo delle Sezioni Unite già ricordate - a proposito del diritto alle restituzioni all'esportazione quanto alla rilevanza della procedura di contabilità di Stato, sollecitando una riflessione ulteriore rivolta a verificare se la materia di cui si discute, disciplinata dal diritto comunitario possa ammettere una tutela differenziata rispetto alle altre obbligazioni della p.a. per le quali, si è visto, il colpevole ritardo determina l'insorgenza del diritto agli interessi moratori a prescindere dall'emissione del titolo di spesa. 12.7 Ed è evidente che tale questione assume tratti di ulteriore particolare delicatezza, confermati dalla discussione orale, sul punto relativo alla idoneità o meno della richiesta del contributo comunitario che apre il procedimento di verifica dei presupposti e di eventuale erogazione che, nella prospettiva esposta nel ricorso per cassazione non può valere come intimazione ex art. 1219 c.c. , comma 1, della P.A. intervenendo prima del decorso del termine ragionevole e quindi in assenza di un ritardo. Tesi che si oppone a quella invece sostenuta dalla difesa della controricorrente e in parte fatta propria dalla Corte di appello, volta a sostenere che l'istanza di restituzione riguarda un diritto già riconosciuto al produttore che, alla scadenza del termine finalizzato unicamente a mettere in campo le risorse finanziarie necessarie per l'erogazione del sussidio, dà luogo al riconoscimento degli interessi con decorrenza dall'originaria istanza. 12.8 Per altro verso, risulta rilevante nel presente procedimento l'ulteriore concorrente questione della incidenza ai fini del riconoscimento degli interessi - qualificati come corrispettivi per effetto del mancato adempimento di un debito liquido ed esigibile, quale sarebbe quello considerato dalla Corte di appello - a carico del debitore Pubblica amministrazione in assenza di titolo di spesa. Questione di recente affrontata da questa sezione con esiti non omogenei, parimenti agitata in seno al motivo di ricorso. 12.9 Ed invero, giova ricordare che secondo l'orientamento consolidato La liquidità e l'esigibilità del credito, necessari perché questo produca interessi ai sensi dell' art. 1282 c.c. , possono essere escluse anche da circostanze e modalità di accertamento dell'obbligazione in ragione della natura pubblicistica del soggetto debitore, così che, qualora ai fini della decorrenza degli interessi corrispettivi sia necessario stabilire il momento in cui il credito pecuniario verso la P.A. è divenuto liquido ed esigibile, l'accertamento di tale duplice requisito non può prescindere dal presupposto formale dell'emissione del titolo di spesa che, sia pure alla stregua di una regola di condotta interna della P.A. che da una norma di legge ripete la sua efficacia vincolante interna , condiziona e realizza il requisito suddetto la S.C. ha anche precisato che il principio non subisce deroghe quando le operazioni contabili siano particolarmente semplici, come nel caso in cui sia operata la ricognizione della valutazione di una perdita già effettuata, seguita dall'applicazione di un coefficiente di riliquidazione - cfr. Cass. n. 19452 del 09/11/2012 . 12 . 10 Sicché il credito pecuniario vantato nei confronti della P.A. non può ritenersi liquido ed esigibile, e quindi non può produrre interessi corrispettivi, fino a quando la stessa Amministrazione non abbia emesso il titolo di spesa, in conformità a quanto previsto dal R.D. n. 827 del 1924, art. 270 Cass. n. 690/1987 , Cass. n. 2071/2000 , Cass. n. 13859/2002 , Cass. n. 17909/2004 , Cass. n. 13252/2006 , Cass. n. 6203/2009 Cass. n. 18377/2010 , Cass. n. 17909/2004 ove si è ritenuto che La liquidità e l'esigibilità del credito - necessarie perché questo produca interessi ai sensi dell' art. 1282 c.c. - possono essere escluse anche da circostanze e modalità di accertamento dell'obbligazione in ragione della natura pubblicistica del soggetto debitore, cosicché, qualora ai fini della decorrenza degli interessi corrispettivi sia necessario stabilire il momento in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile, l'accertamento di tale duplice requisito non può prescindere dal presupposto formale dell'emissione del titolo di spesa - ai sensi del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 270 - che, sia pure alla stregua di una regola di condotta interna alla pubblica amministrazione che da una norma di legge ripete la sua efficacia vincolante interna , condiziona e realizza il requisito suddetto fattispecie in tema di credito vantato da un farmacista nei confronti di una ASL in relazione alla somministrazione di specialità medicinali - conf. Cass. n. 18377/2010 , Cass. 13252/2006 , Cass. n. 24157/2013 -. In senso contrario, peraltro, si era espressa sempre in materia di rapporti fra Asl e farmacisti, Cass. n. 11871/1999 , ritenendo non rilevante ai fini della decorrenza degli interessi corrispettivi il procedimento contabile, una volta affermata la soggezione della P.A. alla disciplina civilistica, in ciò allineandosi a quanto affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza, sez. III, 17/05/2012, n. 2815. 12.11 Peraltro, dall'indirizzo consolidato in tema di interessi corrispettivi dovuti dal debitore p.a. appena ricordato si è discostata, di recente, l'ordinanza di questa Corte n. 11655 del 16 giugno 2020. 12.12 Per un verso, Cass. n. 11655/2022 , superando il tradizionale orientamento favorevole a condizionare la liquidità ed esigibilità del debito della P.A. alla emissione del titolo di spesa secondo la disciplina del R.D. n. 827 del 1924, artt. 269 e segg., ha ritenuto che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili e perciò produttivi di interessi corrispettivi, ai sensi dell' art. 1282 c.c. , quando ne sia determinato l'ammontare e se ne possa ottenere alla scadenza il puntuale adempimento, a prescindere dal procedimento contabile di impegno e ordinazione della spesa cd. titolo di spesa , che, basandosi su una regola di condotta interna della P.A., costituisce operazione esterna alla fattispecie costitutiva dell'obbligazione logicamente posteriore al suo perfezionamento. 12.13 Tale indirizzo ha preso le mosse da precedenti approdi interpretativi delle Sezioni unite di questa Corte. Queste ultime, occupandosi di obbligazioni pecuniarie assunte con contratto privatistico, avevano avuto modo di affermare che non è esatto che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici divengano liquidi ed esigibili, e perciò produttivi di interessi, solo quando la relativa spesa sia stata ordinata con l'emissione del mandato di pagamento ai sensi dell'art. 270, del regolamento sulla contabilità generale dello Stato e, comunque, dopo gli altri adempimenti imposti dalle norme organizzative interne degli enti stessi. In realtà, il credito pecuniario verso la p.a. diviene liquido ed esigibile, come ogni altro credito verso soggetti privati, in conformità alle norme comuni del codice civile, quando cioè ne sia determinato l'ammontare e se ne possa ottenere, alla scadenza, il puntuale adempimento. Conclusione alla quale si era giunti rilevando che la normativa di diritto comune circa le obbligazioni pecuniarie, il loro adempimento e le relative conseguenze artt. 1224 c.c. e segg., art. 1282 c.c. si estende anche ai debiti contratti con negozi di diritto privato, dallo Stato e dagli altri enti pubblici in assenza di espressa deroga, non potendo il diritto del privato all'esatto e tempestivo adempimento essere sacrificato dall'esigenza, per l'ente pubblico, di rispettare determinate procedure prescritte per l'emissione del titolo di spesa Cass. Sez. U., n. 3451/1985 . Principi pure ribaditi da Cass., S.U. n. 3934/1985 . Cass. 11655/2020 , ha quindi richiamato tale opzione interpretativa, oramai risalente, evidenziando che essa era anche in linea con la giurisprudenza amministrativa, già all'epoca consolidata sul punto, e ha esposto ulteriori ragioni per discostarsi dal diverso orientamento, pur consolidato, al quale si è accennato. 12.14 In particolare, secondo Cass. n. 11655/2020 gli argomenti spesi a sostegno della necessità del titolo di spesa non appaiono persuasivi ed anzi risultano contraddittori, in ragione della natura soltanto regolamentare della disciplina in tema di contabilità pubblica, della particolare collocazione della procedura contabile, a valle dell'obbligazione civilistica soggetta quanto alla sua insorgenza alla disciplina del codice civile e per di più incoerente rispetto alla ritenuta possibilità di riconoscere interessi moratori in assenza di emissione del titolo contabile. 12.15 Del resto, il principio di automatica decorrenza degli interessi corrispettivi non ammette deroghe, se non espresse, posto che l' art. 1282 c.c. , comma 1, prevede che i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producano interessi di pieno diritto salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente . In questa prospettiva, Cass. n. 11655 ha ritenuto che il R.D. n. 827 del 1924, art. 270, non ha forza di legge ma di mero atto regolamentare, inidoneo ad interferire sul diverso piano civilistico. 12.16 Senza poi considerare che la liquidazione della spesa inerisce al procedimento contabile interno all'amministrazione ma esterno alla fattispecie costitutiva dell'obbligazione, presupponendo l'esistenza di un debito già perfezionato, liquido ed esigibile. 12.17 Infine, la soluzione tradizionale finirebbe secondo Cass. n. 11655/2020 con il porsi in contraddizione con il già ricordato orientamento che non impedisce la decorrenza degli interessi moratori in caso di assenza del titolo di spesa, laddove ritiene che l'esigenza di adottare le procedure della contabilità pubblica non giustifichi, in caso di colpevole ritardo nelle formalità di liquidazione del credito, la deroga al principio di cui agli artt. 1218 e 1224 c.c. , tralasciando di specificare per quale ragione l'impossibilità di derogare alla disciplina civilistica dovrebbe valere solo per gli interessi moratori e non per quelli corrispettivi, tenuto conto che la decorrenza degli interessi moratori presuppone anch'essa un credito esigibile. 12.18 Non si tratta, d'altra parte, di affermazione totalmente nuova, se si considera che già molti anni addietro ebbe a ritenersi che il principio secondo cui, per le obbligazioni pecuniarie della P.A. per le quali le norme della contabilità pubblica stabiliscono in deroga al criterio di cui dell' art. 1182 c.c. , comma 3 che i pagamenti si effettuino presso gli uffici di tesoreria dell'amministrazione debitrice, il ritardo nel pagamento non determina automaticamente gli effetti della mora ex re ai sensi dell' art. 1219 c.c. , comma 2, n. 3, non può trovare applicazione con riguardo ad interessi che esigano di essere qualificati come corrispettivi, in quanto destinati a sostituire i frutti civili che sarebbero stati prodotti dalla immediata disponibilità della somma di danaro costituente l'oggetto dell'obbligazione della P.A. nella specie, l'obbligazione aveva ad oggetto la corresponsione di indennità di espropriazione spettante all'affittuario e comportava l'applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 12, u.c., aggiunto con la L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14, cfr. Cass. n. 6627 del 18/07/1997 . Affermazione di recente ribadita da Cass. n. 7687/2021 , nell'ambito della stessa materia espropriativa. Occorre a questo punto sottolineare che l'indirizzo da ultimo ricordato, pur richiamato incidentalmente dalla sentenza della Cass. civ. n. 29776/2020 - che tuttavia non ha affrontato specificamente la questione qui rilevante - è stato apertamente disatteso da altra ordinanza di questa sezione Cass. n. 118/2023 , tornata a posizionarsi sull'orientamento tradizionale. 12.19 Ed infatti, Cass . n. 118/2023 ha ritenuto che, in tema di crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici, ai fini della decorrenza, gli interessi corrispettivi presuppongono che il debito sia divenuto liquido all'esito del procedimento amministrativo culminato nel mandato di pagamento, dall'emissione del quale, viceversa, prescindono, ai medesimi fini, gli interessi moratori in ipotesi di colpevole ritardo nell'espletamento della procedura di liquidazione. 12.20 In tale circostanza si è ritenuto che il credito pecuniario vantato nei confronti della P.A. non può ritenersi liquido ed esigibile, e quindi non può produrre interessi corrispettivi, fino a quando la stessa amministrazione non abbia emesso il titolo di spesa, in conformità a quanto previsto dal R.D. n. 827 del 1924, art. 270. E si è pure aggiunto di non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 11655/2020 , rimanendo più convincente e appropriato l'orientamento maggioritario attestato sulla differenza, per gli effetti che ne conseguono a proposito del debito da interessi, dei fini del debitore pubblico rispetto a quello privato differenza alla quale sono funzionali le più complesse procedure di verifica della inerenza e della effettiva corrispondenza della prestazione alle previsioni di spesa alle quali è funzionale il procedimento afferente . 12.21 Sulla base di tali premesse, Cass. n. 118/2023 ha quindi concluso affermando che ove venga in questione il rapporto con la Pubblica Amministrazione, la nozione di liquidità del credito va intesa in un'accezione peculiare, essendo effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione, lontana, dunque, dalla nozione comune desumibile dall' art. 1282 c.c. . Ragioni a sostegno della rimessione delle questioni controverse alle Sezioni Unite. 13. Il procedimento all'esame del Collegio impone anche un'analisi diacronica della giurisprudenza di questa Corte che si è andata stratificando sul tema delle obbligazioni pecuniarie della pubblica amministrazione con specifico riferimento agli effetti del ritardato adempimento della pubblica amministrazione ed alla riconoscibilità degli interessi corrispettivi afferenti ad un debito liquido ed esigibile della p.a. in assenza di titolo di spesa. 13.1 Giova ricordare che la specialità di tale obbligazione pecuniaria rispetto alle obbligazioni pecuniarie di un soggetto privato ha caratterizzato con alterne sorti il diritto vivente di questa Corte sulla specialità delle obbligazioni della p.a., non solo quanto al luogo di adempimento della prestazione e, conseguentemente, alla diversa portata della natura querable dell'obbligazione in punto di interessi, ma, a monte, sulla particolare modalità di formazione dell'obbligo di pagamento in capo alla p.a., specificamente disciplinato dalla disciplina in tema di contabilità di Stato. 13.2 In questa prospettiva ha avuto un notevole peso sulla giurisprudenza la particolare regolamentazione prevista in ordine alle spese dello Stato - indicate dal R.D. n. 827 del 1924, art. 269, come quelle alle quali si deve provvedere a carico dell'erario a norma di leggi, decreti, regolamenti o altri atti, di qualsiasi specie, e quelle, in genere, necessarie per il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono dalle Amministrazioni dello Stato . Un concetto, quest'ultimo, omnicomprensivo, al cui interno sono racchiuse dunque le uscite di pubblico denaro dirette al conseguimento di fini statuali, che sembrerebbe lasciare sullo sfondo il carattere pubblico o privato dell'obbligazione, al cui adempimento la spesa è destinata e del titolo dal quale l'obbligazione prende luogo, ivi comunque rientrandovi le obbligazioni nascenti da un rapporto di pubblico impiego o di un'espropriazione di p.u. quanto quelle derivanti da una compravendita, piuttosto che da un appalto o altro negozio di natura privata. 13.3 Ciò ha indotto a riconoscere un peso rilevante alla disciplina che regola le fasi della spesa a impegno - nascente dall'assunzione dell'obbligo di pagare di natura contrattuale, amministrativa o giudiziale b liquidazione - connessa alla determinazione del preciso ammontare del debito ed alla persona del creditore c ordinazione - realizzata con la solutio del debito mediante l'emissione del titolo di spesa contenente l'ordine di effettuare il pagamento al creditore d pagamento. In una prospettiva che guarda alla fase di adempimento dell'obbligazione della p.a. con un occhio particolarmente attento alla natura soggettiva del soggetto debitore ed alle esigenze, pure di matrice costituzionale, correlate al buon andamento ed all'imparzialità della p.a 13.4 Le questioni sollecitate dai motivi di ricorso proposti dalla ricorrente ruotano, come si è visto, attorno alla natura ed agli effetti della istanza di restituzione ed all'idoneità della stessa a costituire atto idoneo ex se a determinare il sorgere dell'obbligazione della p.a. alla scadenza del termine ragionevole entro il quale l'amministrazione deve definire il procedimento, sollecitando una riflessione sulle conseguenze derivanti dallo scorrere vano del detto termine ai fini del riconoscimento del diritto a seconda delle diverse argomentazioni proposte dalle parti. Questione che già in altre tipologie di contenzioso nelle quali è parte una p.a. ha avuto, come si visto, nella giurisprudenza di questa Corte soluzioni non univoche quanto alla idoneità di una richiesta di adempimento di una prestazione pecuniaria della p.a. a costituire in mora l'amministrazione prima che questa completi l'iter procedimentale volto a verificare l'esistenza dell'obbligazione stessa. 13.5 Sotto diverso profilo il presente ricorso investe la questione, anch'essa di estrema delicatezza, della efficacia delle disposizioni in tema di contabilità di stato riguardo alle obbligazioni di restituzione alle importazioni azionate dalla società nei confronti dell'amministrazione pubblica. 13.6 La ricorrente, infatti, sostiene che tanto per l'ipotesi di inquadramento della richiesta della società nell'ambito di una richiesta di interessi moratori quanto in quella della sussunzione della pretesa nell'ambito del genus degli interessi corrispettivi, la sentenza impugnata avrebbe errato nell'accogliere la domanda proposta, opponendosi alla soluzione espressa dalla Corte di appello la disciplina in tema di obbligazioni pecuniarie della p.a. quanto al tema della mora e della liquidità dell'obbligazione pecuniaria, risultando in entrambi i casi condizionata alla peculiare disciplina prevista dal procedimento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie dello stato regolate dal R.D. n. 2240 del 1923, artt. 49 e segg. - e R.D. n. 827 del 1924, artt. 269 e segg Ne consegue, secondo la ricorrente, che il luogo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie non coincide con il domicilio del creditore art. 1182 c.c. , comma 3 ma con la sede della amministrazione, alla stregua della normativa generale di contabilità di stato, la quale appunto indica come luogo del pagamento quello degli uffici delle tesorerie - artt. 417 e segg. reg. di contabilità generale dello Stato n. 827/1924, cit. E si è visto che la prevalente giurisprudenza in tema di restituzioni alle esportazioni, pur non dubitando dell'insorgenza del diritto per effetto dell'originaria istanza di restituzione, è orientata a condizionare il riconoscimento degli interessi moratori alla emissione del titolo di spesa, pur se l'obbligazione abbia matrice comunitaria. 13.7 Orbene, reputa il Collegio che le questioni in contestazione presentino diversi profili di notevole complessità. 13.8 Ciò vale, anzitutto, con riguardo ai principi espressi in tema di debiti della p.a. connessi ad un atto di costituzione in mora. 13.9 Ed infatti anche a volere ritenere applicabile i principi espressi dalle S.U. n. 1561/1977 e dalla giurisprudenza successiva di questa Sezione in materia di restituzione all'esportazione, dovrebbe conseguirne l'assenza del diritto agli interessi in mancanza del titolo di spesa al quale specificamente si subordina il riconoscimento di interessi. Soluzione che si pone tuttavia in distonia con i principi espressi da questa Corte e già richiamati rispetto all'irrilevanza della mancata emissione del titolo di spesa per i debiti pecuniari nascenti da mora della p.a 13.10 Uno dei profili problematici attiene dunque alla coerenza della giurisprudenza che in materia di restituzioni all'esportazioni riconosce il diritto agli interessi moratori solo all'esito della definizione del procedimento di spesa senza richiedere un atto di costituzione in mora con gli altri principi espressi dal diritto vivente in ordine alla disciplina della costituzione in mora nei debiti della p.a. non solo in relazione ai già sopra ricordati principi che richiedono la costituzione in mora successiva al sorgere del diritto, ma anche con riguardo alla irrilevanza dell'emissione del titolo di spesa in caso di acclarato ritardo nell'adempimento della prestazione pecuniaria. 13.11 Si tratta di indirizzi che meriterebbero già di essere riconsiderati e ricondotti ad unità dalle Sezioni Unite per eventualmente chiarirne in via sistematica la portata. 13.12 Per altro verso, la questione relativa agli effetti della mancata emissione del titolo di spesa sugli interessi corrispettivi rispetto alla quale è emerso un manifesto contrasto fra indirizzi giurisprudenziali di questa Sezione, ma anche di altre Sezioni, sembra imporre un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite anche sotto tale profilo, rilevante rispetto al ricorso proposto dall'Agenzia delle Dogane. 13.13 Ed invero, le argomentazioni espresse da Cass. n. 11655/2020 , laddove pongono in discussione la coerenza del quadro giurisprudenziale in tema di obbligazioni pecuniarie della p.a. a seconda che si verta in tema di interessi moratori o corrispettivi, meriterebbero, ad avviso del Collegio, un esame ed un'indagine complessiva da parte delle Sezioni Unite, ove appunto si consideri che tanto le obbligazioni pecuniarie connesse al ritardo nell'adempimento art. 1182 c.c. che quelle connesse al carattere liquido ed esigibile del credito pecuniario produttivo di interessi corrispettivi art. 1282 c.c. sono incise dalla normativa contabile di rango secondario, a volte considerata dalla giurisprudenza derogatoria della normativa civilistica, altra volta ritenuta da una parte della giurisprudenza inidonea a modificare la regolamentazione del codice civile proprio in ragione della sua natura regolamentare. 13.14 Esigenza di analisi complessiva che, d'altra parte, è stata parimenti avvertita dalla dottrina che ha seguito l'andamento della giurisprudenza formatasi in tema di interessi moratori e corrispettivi sulle obbligazioni pecuniarie della p.a., sollecitando una riflessione comune ed unitaria anche al fine di valutare se la diversità di natura fra interessi corrispettivi e moratori sia di tale intensità da giustificarne il diverso trattamento ovvero richieda soluzioni interpretative volte ad omogeneizzare gli effetti del mancato adempimento nei confronti del creditore. Indagine che richiede, a sua volta, di fare chiarezza sulla natura del procedimento contabile rispetto all'obbligazione civilistica e cioè se lo stesso si ponga come interno al rapporto civilistico o rimanga ad esso esterno, in modo tale da non condizionarlo perché presupponente esso stesso un credito già liquido ed esigibile. 13.15 E non pare dubbio che le questioni qui accennate troverebbero ulteriore ragione di comune necessario esame da parte delle Sezioni Unite per il fatto che proprio in tema di restituzione delle somme previste da fonti comunitarie è la stessa giurisprudenza di questa Corte già sopra ricordata ad espressamente richiamare la disciplina contabile delle obbligazioni pecuniarie della p.a. ad esse condizionando il trattamento dell'obbligazione a carico dell'Amministrazione. 13.16 Sotto un ulteriore diverso profilo la presente controversia, avendo l'Agenzia della dogane impugnato anche l'ulteriore ratio decidendi che aveva ritenuto comunque dovuti gli interessi corrispettivi in favore della creditrice in ragione della natura liquida ed esigibile del credito una volta scaduto il termine per la definizione della procedura relativa al riconoscimento delle restituzioni all'importazione, renderebbe necessario comporre il contrasto formatosi in ordine agli effetti sull'obbligazione relativa ad interessi corrispettivi per debiti della p.a. liquidi ed esigibili della mancata emissione del titolo di spesa, orientando la riflessione sul terzo profilo di complessità che pone il presente giudizio, in relazione alla matrice comunitaria del diritto alle restituzioni all'esportazione. 13.17 Occorre infatti garantire che la soluzione da applicare alla vicenda in ordine agli effetti del mancato adempimento delle restituzioni all'esportazione nel ritenuto applicabile non si ponga in contrasto con il diritto comunitario. 13.18 In effetti, la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte già ricordata e quella della Corte di giustizia, pur in altro contesto, ha più volte ritenuto, poiché la disciplina UE non ha regolato la materia del ritardo, l'operatività del sistema normativo interno relativamente al tasso ed alla decorrenza degli interessi, non residuando alcun potere interpretativo della stessa. In particolare Corte Giust., 15 settembre 1998, Ansaldo Energia, da C-279/96 a C-281/96, punto 28, ha dichiarato che, in mancanza di disposizioni comunitarie in materia di restituzione di canoni indebitamente riscossi in base a regolamenti comunitari dichiarati illegittimi, spetta alle autorità nazionali risolvere tutte le questioni accessorie a detta restituzione, come il pagamento degli interessi, applicando le norme interne relative al tasso e alla decorrenza sentenza 12 giugno 1980, causa 130/79, Express Dairy Foods, Race. pag. 1887, punti 16 e 17 v. anche sentenza 21 maggio 1976, causa 26/74, Roquette/Commissione, punti 11 e 12 Corte giust., 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98 Metallgesellschaft e a. punto 86 Corte giust., 7 settembre 2006, causa C-470/04 , punto 60 . 13.19 Tuttavia, come ha ricordato la difesa della società J.L.M. - incorporante il produttore che aveva richiesto le restituzioni all'esportazione ottenendole in ritardo rispetto al termine giudizialmente fissato in giorni 60, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia UE, .si deve riconoscere . che nel caso in cui siano state pagate in ritardo le restituzioni all'esportazione ad un interessato, in violazione del diritto dell'Unione, quest'ultimo ha il diritto di ottenere il pagamento di interessi volti a compensare l'indisponibilità dell'importo di denaro corrispondente aggiunge la C.G.U.E. che i principi del diritto dell'Unione relativi ai diritti degli interessati di ottenere la restituzione di importi di denaro il cui pagamento è stato loro imposto da uno Stato membro in violazione del diritto dell'Unione e il pagamento di interessi su tali importi di denaro devono essere interpretati nel senso che essi sono applicabili nell'ipotesi in cui gli importi di denaro di cui trattasi corrispondono a restituzioni all'esportazione che sono state concesse in ritardo ad un interessato, dopo che gli erano state rifiutate in violazione di detto diritto . Ciò perché sussiste il diritto al pagamento di interessi intesi a compensare l'indisponibilità dell'importo di denaro di cui l'interessato è stato indebitamente privato - Corte giust., 28 aprile 2022, C-415/20 , C-419/20 e C-427/20 , Grafendorfer Geflugel - und Tiefkuhlfeinkost Produktions GmbH e a., p. 58, 70 e 71. La stessa Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha aggiunto che, rispetto al procedimento relativo alle restituzioni alle importazioni, la normativa UE non disciplina espressamente le regole relative al rimborso e che pertanto, per queste occorre fare riferimento alla normativa interna, posto che spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità in base alle quali gli interessi devono essere pagati in caso di rimborso di importi di denaro riscossi in violazione del diritto dell'Unione. Tuttavia, tali modalità devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività, requisito che implica, in particolare, che esse non siano congegnate in modo da rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile l'esercizio del diritto al pagamento degli interessi garantito dal diritto dell'Unione v. sentenze del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a., C-591/10, punti 27 e 28, e del 6 ottobre 2015, Tarsia, C-69/14, punti 26 e 27 . Requisiti analoghi si impongono anche in caso di pagamento tardivo di un importo di denaro dovuto ai sensi del diritto dell'Unione, come quello corrispondente alle restituzioni all'esportazione oggetto della causa C-415/20- p. 72 e 74 sent. cit 13.20 Ne consegue che la sicura rilevanza Eurounitaria del diritto alla restituzione all'esportazione rende necessaria un'ulteriore riflessione di sistema sotto il profilo del rispetto del principio generale di equivalenza e di effettività. Dando infatti per assodato che la disciplina UE non regola gli effetti del ritardo e che occorre dunque applicare la normativa interna concernente il mancato adempimento di un'obbligazione pecuniaria, ciò non fa venir meno la necessità che la soluzione da approntare sia comunque rispettosa dei canoni di equivalenza ed effettività di cui si è detto. 13.21 Quanto al principio di equivalenza, occorre ricordare che da esso discende che gli individui che fanno valere i diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione non devono essere svantaggiati rispetto a quelli che fanno valere diritti di natura meramente interna - cfr. Corte giust., 7 marzo 2018, causa C-494/16 , Santoro, p. 39 Corte giust., 14 febbraio 2019, C-562/17 , Nestrade, p. 37 Cass. S.U. n. 15177/2022, p. 60.1. 13.22 Ciò richiede di interrogarsi sulla compatibilità di un regime che, in tema di restituzioni all'esportazione, ritenuto applicabile il regime degli interessi corrispettivi per effetto del decorso del termine previsto per la definizione del procedimento, sottoponga poi l'insorgenza del diritto all'emissione del titolo di spesa, mentre, per quanto riguarda le obbligazioni pecuniarie della p.a., sorte sulla base di un rapporto privatistico, si esclude, sotto il prisma della esclusiva rilevanza dell'obbligazione iure privatorum, la incidenza del titolo di spesa cfr. Cass. Sez. U., n. 3451/1985 come pure Cass., S.U. n. 3934/1985 . Ovvero se questa incidenza possa giustificarsi in relazione alla diversità oggettiva del rapporto in contestazione, correlato ad obbligazione lato sensu pubblica. 13.23 Ne' può tacersi la circostanza che, tanto per il caso di interessi da ritardo nell'obbligazione nascente dalle restituzioni alle importazioni - stando alla giurisprudenza delle Sezioni Unite - che in quella degli interessi moratori/corrispettivi, la rilevanza delle norme di contabilità - nelle diverse declinazioni sopra ricordate - impedirebbe al creditore di avere un mezzo di tutela acceleratorio rispetto alla mancata emissione del titolo di spesa da parte della p.a 13.24 Parimenti necessaria risulta, dunque, la verifica in ordine al rispetto della soluzione da intraprendere con il canone di effettività appena ricordato. 13.25 Ed infatti, alla stregua della sentenza della Corte di giustizia UE in tema di ritardo nel versamento delle restituzioni all'importazione già ricordata, tali modalità di pagamento degli interessi non devono finire per privare l'interessato di un rimborso adeguato per la perdita causatagli, il che presuppone, in particolare, che gli interessi che gli sono corrisposti coprano l'intero periodo compreso, a seconda dei casi, tra la data in cui ha pagato o avrebbe dovuto essergli corrisposto l'importo di denaro di cui trattasi e la data in cui quest'ultimo gli è stato rimborsato o pagato v., in tal senso, sentenze del 18 aprile 2013, Irimie, C-565/11, EU C 2013 250, punti da 26 a 28, e del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezogazdasagi, C-13/18 e C-126/18, EU C 2020 292, punti 43, 49 e 51 . Ne consegue che il diritto dell'Unione osta a un meccanismo giuridico che non soddisfa tale requisito e che, di conseguenza, non consente l'esercizio effettivo dei diritti al rimborso e al pagamento degli interessi garantiti da tale diritto v., in tal senso, sentenze del 18 aprile 2013, Irimie, C-565/11, EU C 2013 250, punto 29, e del 15 ottobre 2014, Nicula, C-331/13, EU C 2014 2285, punti 38 e 39 - cfr. Corte Giust., 28 aprile 2022, C-415/20, C-419/20 e C-427/20 , cit., p. 75 e 76-. 14. In conclusione, emerge l'esigenza di una riflessione complessiva in funzione nomofilattica al più alto livello della Corte di cassazione sulle questioni qui esposte nasce, ad avviso del Collegio, dall'esistenza di un notevole contenzioso innanzi a questa Corte coinvolgente materie non affini a quella qui esaminata nelle quali, tuttavia, le questioni relative agli effetti della normativa di contabilità sull'obbligazione della p.a. sono state spesso fatte oggetto di orientamenti non uniformi. Orientamenti sicuramente meritevoli, dopo la loro sedimentazione, di una interpretazione finalizzata al perseguimento dei canoni di certezza e prevedibilità ai quali questa Corte deve ispirarsi in una prospettiva di risoluzione dei contrasti interni, vieppiù dovuta nella prospettiva convenzionale ripetutamente indicata dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo - cfr. Corte edu, 20 maggio 2008, Santos Pino c. Portogallo, Corte edu Grande Camera 20 ottobre 2011, Nejdet 5ahin e Perihan 5ahin c. Turchia. 15. Sulla base di tali considerazioni il presente procedimento va rimesso alla Prima Presidente perché valuti di rimetterne l'esame alle Sezioni Unite civili sulla questione di massima di particolare rilevanza in ordine alla idoneità dell'istanza di restituzione all'esportazione a costituire atto di costituzione in mora della p.a. ed agli effetti delle norme in tema di contabilità di Stato ai fini del riconoscimento di interessi, moratori o corrispettivi, nelle obbligazioni a carico della p.a. nascenti dalla domanda di restituzione all'importazione per i prodotti soggetti a un regime di prezzi unici. P.Q.M. Rimette gli atti al Primo Presidente perché valuti di rimetterne l'esame alle Sezioni Unite civili.