Creditor creditoris ha diritto al riparto ricavato dall’esecuzione anche in caso di fallimento

L'arresto in rassegna pone al centro dell'attenzione un caso particolare riguardante il fallimento del creditore dell'esecutato. In particolare, si tratta di stabilire se il giudice dell'esecuzione possa, o meno, attribuire al creditor creditoris il riparto della somma ricavata, nel caso in cui il provvedimento del giudice dell'esecuzione non venga opposto.

I Giudici della Terza sezione civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 32143/23, precisano che in tema di espropriazione forzata , la domanda di sostituzione esecutiva, ai sensi dell' art. 511, c.p.c. , realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione, ma non costituisce esercizio di azione esecutiva nei confronti del sostituito non occorrendo il possesso di un titolo esecutivo nei suoi confronti , dovendo il sostituto o subcollocatario solo documentalmente dimostrare la certezza, liquidità ed esigibilità del proprio credito. Ne consegue che, in caso di fallimento del creditore sostituito , intervenuto prima della dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione, con conseguente ordine di pagamento in favore del sostituto, il giudice dell'esecuzione deve dichiarare, anche d'ufficio e sempre che sia stato debitamente informato dell'apertura della procedura concorsuale , l' improcedibilità della domanda di sostituzione , non già ai sensi dell' art. 51, l. fall ., non costituendo la domanda, ex art. 511, c.p.c., esercizio di azione esecutiva , bensì ai sensi dell' art. 52, l. fall ., perché incompatibile con il principio di universalità soggettiva espresso da detta norma, per cui ogni credito verso il fallito deve essere fatto valere, salvo diverse disposizioni di legge, nelle forme dell'accertamento dello stato passivo. Gli Ermellini, inoltre, precisano che l' esecuzione forzata immobiliare si conclude con il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione ai sensi dell' art. 598, c.p.c. , nel testo applicabile ratione temporis , ovvero risolvendo le contestazioni avanzate dai creditori concorrenti e/o dal debitore esecutato a norma dell' art. 512, c.p.c. , dichiara l'esecutività del progetto, ordinando il pagamento delle singole quote in favore degli aventi diritto. Ne consegue che il provvedimento conclusivo del processo, che non sia stato opposto, ex art. 617, c.p.c., dalla parte interessata, è suscettibile di revoca ai sensi dell' art. 487, c.p.c. , ove ne sussistano i presupposti, e sempre che ad esso non sia stata frattanto data esecuzione, con l'emissione e l'incasso dei mandati di pagamento solo se la revoca stessa sia esercitata entro venti giorni dall'adozione del provvedimento, se emesso in udienza, o dalla sua comunicazione se proveniente da riserva, giacché in caso contrario l'esercizio del potere di revoca comporterebbe l'elusione della intervenuta decadenza dal potere di proporre l'opposizione distributiva, ai sensi degli artt. 617 e 512, c.p.c. , in cui la parte interessata è a tal punto già incorsa. Il fatto Nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare pendente dinanzi al Tribunale di Padova in danno di Mevia, Omega s.n.c. effettuò intervento, ex art. 511, c.p.c., in parziale sostituzione del creditore procedente Beta s.p.a. per il soddisfacimento del proprio credito senonché, in seguito, venne dichiarato il fallimento dello stesso creditore procedente ed alla Beta s.p.a. subentrò il curatore fallimentare nella procedura. Esaurita la liquidazione, venne approvato il progetto di distribuzione, con attribuzione del ricavato in favore del Fallimento del creditore procedente, quale ipotecario di primo grado, salva la sostituzione, ex art. 511, c.p.c., come operata da Omega s.n.c. A seguito di richiesta di chiarimenti del professionista delegato e instaurato il contraddittorio tra i creditori concorrenti, il giudice dell'esecuzione revocò in parte qua il progetto di distribuzione già approvato, dichiarando l'improcedibilità dell'intervento di Omega s.n.c., ex art. 51, l. fall., e attribuendo l'intero ricavato alla curatela del Fallimento del creditore procedente . Omega propose dunque opposizione, ex artt. 617/512, c.p.c. , e l'adito Tribunale – negata dal giudice dell'esecuzione la sospensione e introdotto dalla stessa opponente il giudizio di merito – la rigettò con sentenza. In particolare, il giudicante osserva che l'attribuzione delle somme in favore del creditore subcollocatario si poneva in diretto contrasto con la previsione degli artt. 51 e 52, l. fall ., che impongono che ogni pretesa vantata dai creditori nei confronti di soggetto fallito debba trovare idoneo riconoscimento nell'ambito della procedura concorsuale, neppure potendo proseguire le già avviate azioni esecutive. Avverso tale sentenza, Omega ricorre per cassazione facendo valere due gravami cui resiste con controricorso il Fallimento Beta s.p.a. Con il primo motivo la ricorrente rileva che, con l'opposizione, si era contestato che il giudice dell'esecuzione potesse revocare in tutto o in parte, per di più d'ufficio e dopo circa cinque mesi dalla sua adozione, l'ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione, essendosi già verificato il momento conclusivo del processo esecutivo , con l'emissione dell'ordine, al professionista delegato, di eseguire i pagamenti e conseguente consumazione del potere giurisdizionale dello stesso giudice dell'esecuzione. Con il secondo motivo si contesta che a processo concluso non avrebbe potuto emettersi alcuna declaratoria di improcedibilità , peraltro neppure configurandosi, al riguardo, alcun potere del giudice dell'esecuzione, posto che l'intervento in subcollocazione non ha natura esecutiva, in quanto non diretto verso il debitore esecutato, potendo addirittura prescindere dal possesso di un titolo esecutivo da parte del creditore surrogante. Si lamenta, pertanto, l'erroneità delle statuizioni adottate dal Tribunale, che ha invece ritenuto legittimo l'operato del giudice dell'esecuzione, benché del tutto privo di poteri ed in assenza di tempestiva opposizione agli atti esecutivi. Gli Ermellini accolgono il ricorso osservando come, il richiamo al divieto di azioni esecutive e cautelari individuali di cui all' art. 51, l. fall ., pure operato dal giudice del merito a sostegno della ritenuta non eseguibilità” dell'ordine di pagamento in favore di Omega, non è infatti pertinente, ove si consideri che l'intervento sostitutivo, ex art. 511 c.p.c., non costituisce esercizio di azione esecutiva da parte del creditore subcollocatario prescindendo, anzi, dal possesso di un titolo esecutivo , ma ha solo valenza satisfattiva. Tuttavia, la circostanza che, come più volte sottolineato, nessuna delle parti legittimate, e specialmente il Fallimento Beta, abbia opposto, ex artt. 617/512, c.p.c. , non può risultare esente da conseguenze. Ciò perché, pur vero essendo che le norme di cui agli artt. 51 ss., l. fall ., sono norme di ordine pubblico che non possono essere derogate per alcuna ragione , come rilevato dal giudice del merito, la declaratoria di fallimento di una delle parti del processo esecutivo non opera sulle vicende di questo come una sorta di atout , ma va pur sempre coordinata con i principi generali e le disposizioni che regolano il processo e, tra queste, quelle che regolano l'esecuzione singolare pendente. Il che implica che eventuali provvedimenti del giudice dell'esecuzione che, quand'anche in violazione delle disposizioni della legge fallimentare , finiscano con l'alterare la tendenziale e naturale primazia di queste rispetto alle vicende dell'esecuzione singolare che veda coinvolto il fallito, attribuendo ad uno o più creditori somme di spettanza della procedura concorsuale, diventano inoppugnabili ed irretrattabili qualora non opposti, ex art. 617, c.p.c., neppure prestandosi ad un indiscriminato ed indefettibile esercizio del potere di revoca, ex art. 487, c.p.c. L'istituto della domanda di sostituzione esecutiva, ex art. 511 c.p.c. Consente al creditore del creditore avente diritto alla distribuzione, in ambito esecutivo, di sostituirsi nella posizione di quest'ultimo, e così soddisfare il proprio credito. A tal fine, il cosiddetto subcollocatario deve proporre una domanda nelle forme dell'intervento, ex art. 499, c.p.c., benché non si tratti di intervento in senso tecnico, non vantando egli alcun diritto nei confronti dell'esecutato in tal guisa, per effetto del descritto fenomeno sostitutivo, egli realizza un interesse proprio, di natura satisfattiva, per la realizzazione del proprio credito, neppure occorrendo il possesso di titolo esecutivo, nel silenzio della legge l' art. 511, comma 2, c.p.c. , prevede solo che il giudice dell'esecuzione provvede alla distribuzione anche nei confronti del sostituto, a condizione che non sorgano contestazioni tali da ritardare la distribuzione tra i creditori concorrenti, sicché è sufficiente che il sostituto, mediante opportuna produzione documentale, dia adeguata prova del proprio credito, anche in termini di certezza, liquidità ed esigibilità. La verifica della procedibilità della domanda di collocazione sostitutiva, ex art. 511 c.p.c. È soggetta al controllo officioso del giudice dell'esecuzione, a prescindere dalla stessa iniziativa del fallimento eventualmente intervenuto ciò perché il giudice deve verificare che il credito del sostituto sia anche esigibile, il che – in caso di fallimento del sostituito – è per definizione da escludere, proprio in forza del disposto dell' art. 52, l. fall . Non vi è una regola assoluta Tuttavia, pur vero essendo che l'improcedibilità delle domande volte all'accertamento di un credito nei confronti di soggetto fallito, al di fuori del procedimento di formazione dello stato passivo, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, è anche vero che detta regola soggiace pur sempre al limite del giudicato interno o del giudicato implicito e, comunque, a quello, intrinseco, della stessa persistente pendenza del processo in cui si dovrebbe applicare ciò in quanto il principio di universalità soggettiva, ex art. 52, l. fall., va pur sempre coordinato con il sistema delle impugnazioni e dunque – mutatis mutandis , con riguardo allo specifico ambito dell'esecuzione forzata, che è caratterizzato da un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni”– con la necessità che il provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne implichi la violazione venga tempestivamente opposto , ex art. 617 c.p.c., pena la sua definitiva inoppugnabilità . In definitiva Qualora gli organi della procedura concorsuale – a fronte di provvedimenti lesivi della propria sfera di attribuzioni – omettano di proporre tempestivamente l'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617, c.p.c., concorrendo a determinare una definitiva incongruenza nei rapporti tra l'esecuzione individuale e quella collettiva, non può per ciò solo ed in vista di una malintesa esigenza di carattere indefettibile o superiore giustificarsi lo stravolgimento dei principi che sovrintendono al sistema dell'espropriazione forzata regolata dal codice di rito, come di fatto verificatosi nella vicenda de qua .

Presidente De Stefano – Relatore Saija Fatti di causa Nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare pendente dinanzi al Tribunale di Padova in danno di B.U. ed iscritta al N. 329/2012 R.G.E., Verona Ambiente s.n.c. effettuò intervento ex art. 511 c.p.c. in parziale sostituzione del creditore procedente omissis s.p.a. di seguito, omissis con atto del 27.3.2013, per il soddisfacimento del proprio credito, successivamente precisato in Euro 144.956,83 senonché, in data 13.12.2013, venne dichiarato il fallimento del creditore procedente Omissis s.p.a. e ad essa società subentrò nella procedura il curatore fallimentare. Esaurita la liquidazione, all'udienza dell'8.5.2019 venne approvato il progetto di distribuzione, con attribuzione del ricavato in favore del Fallimento del creditore procedente, quale ipotecario di primo grado, salva la sostituzione ex art. 511 c.p.c. come operata da Verona Ambiente, per l'importo di Euro 144.956,83, oggetto di distinto ordine di pagamento impartito, alla stessa udienza, al custode giudiziario, all'uopo incaricato. A seguito di richiesta di chiarimenti del professionista delegato in data 9.8.2019 e instaurato il contraddittorio tra i creditori concorrenti, con ordinanza del 24.10.2019 il giudice dell'esecuzione revocò in parte qua il progetto di distribuzione già approvato, dichiarando l'improcedibilità dell'intervento di Verona Ambiente ex art. 51 l.fall. e attribuendo l'intero ricavato alla curatela del Fallimento del creditore procedente. Verona Ambiente propose dunque opposizione ex artt. 617/512 c.p.c. con ricorso del 12.11.2019 e l'adito Tribunale - negata dal giudice dell'esecuzione la sospensione e introdotto dalla stessa opponente il giudizio di merito - la rigettò con sentenza del 14.4.2021. Osservò in particolare il Tribunale che all'udienza ex art. 596 c.p.c. , il giudice dell'esecuzione aveva così disposto Dichiara approvato il piano di riparto e manda al custode per i pagamenti in favore di Verona Ambiente. Estinto all'esito che dunque il progetto di distribuzione era stato approvato così come predisposto dal professionista delegato e pertanto, senza alcun ordine di pagamento in favore di Verona Ambiente e - come anche ritenuto dallo stesso giudice dell'esecuzione in seno all'ordinanza opposta - senza alcuna modifica che l'attribuzione delle somme in favore del creditore subcollocatario avrebbe richiesto la predisposizione di nuovo progetto di distribuzione che, infine, la stessa attribuzione si poneva in diretto contrasto con la previsione degli artt. 51 e 52 l.fall. , che impongono che ogni pretesa vantata dai creditori nei confronti di soggetto fallito debba trovare idoneo riconoscimento nell'ambito della procedura concorsuale, neppure potendo proseguire le già avviate azioni esecutive. Avverso tale sentenza ricorre ora per cassazione Verona Ambiente s.n.c., affidandosi a formali due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Fallimento omissis s.p.a. Gli altri intimati non hanno resistito. Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, rassegnando conclusioni scritte. A seguito dell'udienza pubblica cameralizzata del 18.4.2023, con ordinanza interlocutoria n. 19182 del 6.7.2023, questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo, al fine di consentire la trattazione delle rilevanti questioni nomofilattiche, poste dal ricorso, in unico contesto con altri ricorsi che ponevano questioni connesse. Fissata l'odierna udienza pubblica, la controricorrente ha depositato memoria, mentre il Procuratore Generale ha nuovamente depositato le proprie conclusioni scritte, ribadendo la richiesta di rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1.1 - Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell' art. 112 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Rileva la ricorrente che, con l'opposizione, si era contestato che il giudice dell'esecuzione potesse revocare in tutto o in parte, per di più d'ufficio e dopo circa cinque mesi dalla sua adozione, l'ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione, essendosi già verificato il momento conclusivo del processo esecutivo, con l'emissione dell'ordine, al professionista delegato, di eseguire i pagamenti e conseguente consumazione del potere giurisdizionale dello stesso giudice dell'esecuzione. Il Tribunale, nella prospettiva della ricorrente, non avrebbe affatto esaminato tale domanda. 1.2 - Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 487-511 c.p.c. e art. 51 l.fall. , con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4 La ricorrente evidenzia, anzitutto, che la correzione al progetto, originariamente apportata dal giudice dell'esecuzione all'udienza dell'8.5.2019 con inserimento dell'ordine di pagamento in proprio favore in sostituzione del procedente, dapprima omesso , non venne opposta dal Fallimento omissis , né il proprio intervento ex art. 511 c.p.c. venne contestato da alcuno inoltre, aggiunge che, in ogni caso, a processo concluso non avrebbe potuto emettersi alcuna declaratoria di improcedibilità, peraltro neppure configurandosi, al riguardo, alcun potere del giudice dell'esecuzione, posto che l'intervento in subcollocazione non ha natura esecutiva, in quanto non diretto verso il debitore esecutato, potendo addirittura prescindere dal possesso di un titolo esecutivo da parte del creditore surrogante. Si lamenta, pertanto, l'erroneità delle statuizioni adottate dal Tribunale, che ha invece ritenuto legittimo l'operato del giudice dell'esecuzione, benché del tutto privo di poteri ed in assenza di tempestiva opposizione agli atti esecutivi. 2.1 - Preliminarmente, va rilevata l'inammissibilità dell'eccezione sollevata dalla controricorrente, circa il preteso conflitto d'interessi del già procuratore dell'odierna ricorrente, avv. Michele Benetazzo, nell'ambito della spiegata opposizione ex art. 617 c.p.c. , in quanto ad un tempo difensore sia dell'opponente che della stessa debitrice esecutata, B.U., con conseguente nullità della procura ad litem e quindi dell'intera attività processuale da quegli svolta. Ora, questa Corte ha già condivisibilmente affermato che Nel giudizio di cassazione, il controricorso - ai fini del rispetto del requisito di cui all' art. 366 c.p.c. , comma 1, n. 3, richiamato dall' art. 370 c.p.c. , comma 2, in quanto è possibile - assolvendo alla sola funzione di contrastare l'impugnazione altrui, deve contenere l'autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa soltanto nel caso in cui con esso venga proposta impugnazione incidentale, stante l'autonomia di questa rispetto all'impugnazione principale tuttavia, qualora il controricorrente, pur senza proporre impugnazione incidentale, sollevi eccezioni sull'ammissibilità del ricorso che implichino una valutazione del materiale documentale delle fasi di merito, il controricorso deve contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire alla Corte di verificarne la portata, dalla sola lettura dell'atto Cass. n. 1150/2019 , Rv. 652710-01 . 2.2 - Ebbene, il controricorso del Fallimento omissis è irrimediabilmente carente in ordine ai presupposti dell'eccezione, giacché non riporta le concrete ragioni su cui il pur denunciato conflitto d'interessi risulterebbe fondato. Infatti, occorre in proposito aver riguardo alla natura dell'istituto della domanda di sostituzione esecutiva ex art. 511 c.p.c. , che consente al creditore del creditore avente diritto alla distribuzione, in ambito esecutivo, di sostituirsi nella posizione di quest'ultimo, e così soddisfare il proprio credito. A tal fine, il c.d. subcollocatario deve proporre una domanda nelle forme dell'intervento ex art. 499 c.p.c. , benché non si tratti di intervento in senso tecnico, non vantando egli alcun diritto nei confronti dell'esecutato in tal guisa, per effetto del descritto fenomeno sostitutivo, egli realizza un interesse proprio, di natura satisfattiva, per la realizzazione del proprio credito Cass. n. 22409/2006 , neppure occorrendo il possesso di titolo esecutivo, nel silenzio della legge così, Cass. n. 8001/2015 l' art. 511 c.p.c. , comma 2, solo prevede che il giudice dell'esecuzione provvede alla distribuzione anche nei confronti del sostituto, a condizione che non sorgano contestazioni tali da ritardare la distribuzione tra i creditori concorrenti, sicché è sufficiente che il sostituto, mediante opportuna produzione documentale, dia adeguata prova del proprio credito, anche in termini di certezza, liquidità ed esigibilità si vedano, sul tema, anche le recenti Cass. n. 26054/2020 Cass. n. 15981/2023 Cass. n. 23482/2023 . Ciò premesso, risulta dunque evidente che, tendenzialmente, le posizioni del debitore esecutato e del creditore subcollocatario non si pongono in termini di conflittualità, perché l'attività processuale da quest'ultimo realizzata non costituisce esercizio dell'azione esecutiva nei confronti del primo né dello stesso sostituito infatti, una volta giunti alla fase distributiva che costituisce il tipico humus in cui la sostituzione ex art. 511 c.p.c. può operare, non essendovi spazio per l'esercizio di altre facoltà da parte del creditore subcollocatario nel processo esecutivo, quali ad es. il compimento di atti di esecuzione, la proposizione di opposizioni esecutive su questioni avulse dalla sostituzione o ad essa non collegate, ecc. , per il debitore risulta di norma indifferente che le somme vengano in concreto corrisposte all'uno proprio creditore o all'altro creditor creditoris , posto che la propria posizione debitoria nei confronti del primo resterà comunque corrispondentemente estinta. Da tanto discende, dunque, l'inammissibilità dell'eccezione in parola, in quanto questa Corte non è stata messa in grado di verificare, dalla sola lettura del controricorso, la sua decisività, non risultando, con la dovuta chiarezza e specificità, in cosa il denunciato conflitto d'interessi si sia estrinsecato. 3.1 - Ciò posto, i motivi possono esaminarsi congiuntamente, perché connessi essi sono fondati, per quanto di ragione. Invero, nella specie è avvenuto che all'udienza ex art. 596 c.p.c. dell'8.5.2019, fissata per l'approvazione del progetto di distribuzione, la curatela del Fallimento omissis non comparve, ma tanto fece, al contrario, la subcollocataria Verona Ambiente, che instò affinché il giudice dell'esecuzione ordinasse all'ausiliario di effettuare il pagamento delle somme da essa vantate nei confronti della società fallita, creditore procedente, stante il precedente suo intervento ex art. 511 c.p.c. , evidentemente dapprima non preso in considerazione ed il giudice provvide in tal senso. Pertanto, per effetto dell'ordinanza resa in udienza, sia pure escluso che il progetto di distribuzione sia stato approvato integralmente e senza alcuna modifica come invece ritenuto dal medesimo giudice in seno all'ordinanza opposta - v. sentenza, p. 6 , il progetto stesso - che vedeva il Fallimento omissis evidentemente collocato col rango privilegiato ipotecario di primo grado - venne sostanzialmente modificato ed integrato con l'ordine, reso a valle della sua connotazione originaria, che parte delle somme ad esso Fallimento spettanti venissero pagate dal custode a Verona Ambiente, creditrice della stessa società fallita. In altre parole, per effetto dell'ordinanza dell'8.5.2019 vennero acclarati a fini distributivi il diritto del Fallimento omissis di soddisfarsi prioritariamente in danno di B.U. sul ricavato della relativa massa immobiliare, per l'importo di Euro 448.685,37 e ad un tempo - in forza dell'utile collocazione del creditore sostituito, ciò che costituisce il presupposto della sostituzione ex art. 511 c.p.c. , come s'e' visto - il diritto di Verona Ambiente di sostituirsi nella posizione del Fallimento, ai fini della distribuzione, nei limiti di Euro 144.956,83. Nessuno tra gli aventi diritto - né il Fallimento, né tampoco alcun altro soggetto legittimato - propose tempestiva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso tale ordinanza come previsto dall' art. 512 c.p.c. , né sollecitò in alcun modo una pronta revoca della stessa ex art. 487 c.p.c. L'ordinanza, invece, venne in seguito sostanzialmente reinterpretata dal giudice dell'esecuzione con il provvedimento del 24.10.2019 con cui, tra l'altro, si ritenne detto ordine non eseguibile , perché in contrasto con le disposizioni della legge fallimentare , poi opposto dalla subcollocataria Verona Ambiente, ex art. 617 c.p.c. . In ogni caso, al di là delle forme utilizzate, può dirsi che in tal guisa l'ordinanza dell'8.5.2019 venne così revocata in parte qua, in esito all'iniziativa del professionista delegato del 9.8.2019 ed alla successiva istanza di modifica finalmente avanzata dal Fallimento omissis solo in data 2.9.2019. 3.2.1 - Ebbene, deve in primo luogo evidenziarsi come non colga nel segno il tentativo del Tribunale di sminuire la portata dell'ordinanza dell'8.5.2019, laddove, come s'e' visto, esso ne esclude la natura modificativa, o anche laddove si afferma essere necessaria l'adozione di un nuovo progetto di distribuzione, al fine di poter eventualmente provvedere sulla domanda di sostituzione esecutiva di Verona Ambiente. 3.2.2 - Infatti, è indubbia la natura modificativa/integrativa dell'ordine impartito in favore di Verona Ambiente all'udienza dell'8.5.2019, rispetto al progetto sottoposto all'approvazione delle parti ove nulla era stato disposto, circa la posizione della stessa Verona Ambiente , per l'evidente diversità dei soggetti destinatari dei pagamenti ordinati sicché non può affatto sostenersi, come ha fatto il Tribunale di Padova, la necessità di adottare - al fine di subcollocare la predetta società al creditore sostituito - un nuovo progetto di distribuzione, sostitutivo del primo. Ciò perché prescindendo, ovviamente, dalla questione dell'intervenuto fallimento di omissis s.p.a., malamente non rilevata dal giudice dell'esecuzione all'udienza dell'8.5.2019, come meglio si dirà tra breve , l'ordine di pagamento così adottato s'e' risolto in una emenda circa la subcollocazione di Verona Ambiente, ma sui medesimi ed incontroversi presupposti del progetto di distribuzione, sottoposto all'approvazione delle parti, e dunque a la determinazione della massa attiva b la graduazione dei creditori dell'esecutata B., concorrenti secondo le legittime cause di prelazione c la conseguente attribuzione quantitativa del ricavato della liquidazione a ciascun creditore concorrente ed utilmente collocato. Nessun ostacolo all'emissione di un simile ordine era ravvisabile si ripete, a prescindere dal contrasto del provvedimento con il disposto dell' art. 52 l.fall. , giacché la sua adottabilità, su sollecitazione del subcollocatario, rientrava e rientra, come pure evidenziato dal Procuratore Generale nell'ambito dei poteri attribuiti al giudice dell'esecuzione dal combinato disposto degli artt. 598 e 512 c.p.c. una volta accertato il diritto del creditore sostituito di partecipare alla distribuzione col rango pertinente, il giudice dell'esecuzione deve solo valutare la tempestività dell'intervento del subcollocatario ex art. 511 c.p.c. non oltre l'inizio dell'udienza ex art. 596 c.p.c. - v. Cass. n. 23482/2023 , nonché la certezza, liquidità ed esigibilità del credito da lui vantato nei confronti dello stesso sostituito v., supra, par. 2.2 . Nulla dunque esclude che, all'esito dell'udienza per l'approvazione del progetto, il giudice dell'esecuzione possa se del caso modificare e/o integrare - risolvendo le contestazioni o dando corso alle sollecitazioni avanzate dallo stesso subcollocatario, così come da ogni altro interessato - il progetto medesimo, ovviamente fatta salva ogni possibile iniziativa del sostituito, o degli altri creditori e dello stesso debitore esecutato, secundum eventum litis. 3.2.3 - In altre parole, l'ordinanza dell'8.5.2019 venne adottata ritualmente ciò, lo si ripete ancora per chiarezza, a prescindere dall'evidente violazione dell' art. 52 l.fall. . Pertanto, come ogni provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione, detta ordinanza era dotata di immediata esecutività v. Cass., Sez. Un., n. 20867/2020 , in motivazione, in particolare par. 52 ss. , attitudine che può venir meno o in caso di sua revoca tempestivamente adottata ex art. 487 c.p.c. ossia, prima che al provvedimento sia stata data esecuzione ma sul punto, v. infra, par. 3.11.1 ss. , o in caso di accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. eventualmente proposta dalle parti interessate entro venti giorni dalla conoscenza del provvedimento stesso, se del caso, previa sospensione della sua esecutività, ex art. 618 c.p.c. , da parte del giudice dell'esecuzione sul punto, si veda ancora infra, par. 3.5 ss. . Da tanto consegue che il Tribunale di Padova - nel decidere l'opposizione formale che occupa e prima di affrontare la questione meritale circa l'erroneità del provvedimento modificativo/integrativo dell'8.5.2019, perché reso in violazione delle disposizioni della legge fallimentare - avrebbe dovuto risolvere positivamente quello preliminare circa la sussistenza del potere di revoca ex art. 487 c.p.c. , per come esercitato dal giudice dell'esecuzione con l'ordinanza del 24.10.2019 e ben dopo cinque mesi dall'adozione del provvedimento revocato, pur in assenza di opposizione ex artt. 617/512 c.p.c. da parte di chicchessia. In tale prospettiva, il giudice patavino è dunque senz'altro incorso in minuspetizione ex art. 112 c.p.c. , avendo del tutto omesso l'esame della questione, puntualmente sottopostagli dall'opponente Verona Ambiente. 3.3 - Non può però escludersi che il Tribunale abbia in realtà inteso affrontare e risolvere la superiore questione con l'affermazione per cui le norme di cui agli artt. 51 ss L.F. sono norme di ordine pubblico che non possono essere derogate per alcuna ragione, e la cui violazione determinerebbe la nullità radicale del provvedimento emesso in loro inosservanza così la sentenza impugnata, p. 7 , sul presupposto della indefettibile supremazia della normativa fallimentare, a prescindere da ogni altra considerazione. Il Tribunale, nella sostanza, pare aver considerato l'ordinanza dell'8.5.2019 come affetta da nullità radicale e come tale non eseguibile , come appunto pure affermato dal giudice dell'esecuzione, in seno al provvedimento opposto conseguentemente, in base ad un ragionamento implicito, ma coerente con detta premessa, il Tribunale può aver ritenuto comunque giustificato l'esercizio del potere di revoca ex art. 487 c.p.c. , trattandosi in definitiva di rimediare all'emissione di un'ordinanza evidentemente resa contra legem, ed affetta da nullità radicale . Una simile statuizione, però, si rivela in ogni caso erronea, per almeno due concorrenti ragioni la prima, in quanto l'ordinanza dell'8.5.2019 non venne opposta ex art. 617 c.p.c. da alcuno la seconda, perché la revoca venne disposta allorquando il giudice dell'esecuzione risultava oramai privo di ogni potere al riguardo, in quanto il processo esecutivo s'era chiuso definitivamente. Devono essere quindi affrontati tali postulati, che intersecano questioni assai complesse, concernenti l'impianto generale dell'espropriazione forzata individuale, anche nei rapporti con la procedura concorsuale. 3.4 - Prima di procedere in tal senso, per comodità espositiva, è però opportuno dar conto della questione meritale cui più volte s'e' fatto cenno, ossia quella dell'illegittimità intrinseca dell'ordine integrativo impartito dal giudice dell'esecuzione all'udienza dell'8.5.2019. Ciò benché la questione, come si vedrà, resti sullo sfondo e non incida sull'economia della decisione, che deve necessariamente arrestarsi su aspetti e snodi ad essa preliminari. In proposito, può senz'altro rilevarsi come sia fuori discussione che, per effetto della dichiarazione di fallimento di omissis s.p.a. sopravvenuta in corso di procedura in data 13.12.2013, dunque ben prima dell'inizio della distribuzione , il credito di Verona Ambiente verso quest'ultima potesse trovare soddisfazione solo in ambito concorsuale e non già in quello dell'esecuzione singolare a carico della B., seppur in forza della collocazione sostitutiva ex art. 511 c.p.c. . Ciò per effetto del principio di universalità soggettiva, espresso dagli artt. 51 e 52 l.fall. v. Cass. n. 12114/2003 ed in particolare - per quanto qui specialmente interessa - da tale ultima disposizione, che impone che, dopo la dichiarazione di fallimento, ogni credito verso il fallito deve di regola esser fatto valere in ambito concorsuale, mediante insinuazione al passivo. Il richiamo al divieto di azioni esecutive e cautelari individuali di cui all' art. 51 l.fall. , pure operato dal giudice del merito a sostegno della ritenuta non eseguibilità dell'ordine di pagamento in favore di Verona Ambiente, non è infatti pertinente, ove si consideri che l'intervento sostitutivo ex art. 511 c.p.c. , come già visto, non costituisce esercizio di azione esecutiva da parte del creditore subcollocatario prescindendo, anzi, dal possesso di un titolo esecutivo , ma ha solo valenza satisfattiva v. supra, par. 2.2 . 3.5 - Tuttavia, è ben noto che il processo esecutivo è caratterizzato da un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni così, Cass. n. 7708/2014 , in motivazione nello stesso senso, Cass. n. 23182/2014 inoltre Cass. n. 11172/2015 , Cass. ord. n. 12242/2016 , Cass. n. 5175/2018 , Cass. ord. n. 11191/2019 , Cass. n. 17661/2020 , Cass., Sez. Un., n. 28387/20 , punto 60 delle ragioni della decisione e ancora, da ultimo, Cass. n. 12466/2023 , Cass. n. 13362/2023 e Cass. n. 22715/2023 ne discende che le contestazioni sull'an exequatur in tutto o in parte o sul quomodo dell'azione esecutiva devono necessariamente essere proposte entro il momento finale del procedimento Cass. n. 20994/2018 ovvero, se viene in rilievo proprio il provvedimento che, come meglio si dirà infra, segna tale momento conclusivo beninteso, diverso da un provvedimento di estinzione tipica, a sua volta suscettibile esclusivamente di reclamo ex art. 630 c.p.c. , occorre che le relative contestazioni vengano ritualmente proposte nel termine di legge, ossia entro venti giorni dalla sua adozione se resa in udienza , o dalla sua conoscenza, legale o di fatto. Si tratta infatti di provvedimento che, come affermato da questa Corte, è senz'altro opponibile ex art. 617 c.p.c. , qualora se ne sostenga l'illegittimità, per vizi formali o sostanziali si veda, per tutte, Cass. n. 9175/2018 . 3.6.1 - Ebbene, la circostanza che, come più volte sottolineato, nessuna delle parti legittimate, e specialmente il Fallimento omissis , abbia opposto ex artt. 617/512 c.p.c. l'ordinanza dell'8.5.2019, non può risultare esente da conseguenze. Ciò perché, pur vero essendo che le norme di cui agli artt. 51 ss L.F. sono norme di ordine pubblico che non possono essere derogate per alcuna ragione , come rilevato dal giudice del merito, la declaratoria di fallimento di una delle parti del processo esecutivo non opera sulle vicende di questo come una sorta di atout, ma va pur sempre coordinata con i principi generali e le disposizioni che regolano il processo e, tra queste, quelle che regolano l'esecuzione singolare pendente si vedano, sul tema, Cass. n. 12673/2022 , nonché la già citata Cass. n. 22715/2023 . Il che implica che eventuali provvedimenti del giudice dell'esecuzione che, quand'anche in violazione delle disposizioni della legge fallimentare , finiscano con l'alterare la tendenziale e naturale primazia di queste rispetto alle vicende dell'esecuzione singolare che veda coinvolto il fallito, attribuendo ad uno o più creditori somme di spettanza della procedura concorsuale, diventano inoppugnabili ed irretrattabili qualora non opposti ex art. 617 c.p.c. , neppure prestandosi ad un indiscriminato ed indefettibile esercizio del potere di revoca ex art. 487 c.p.c. sul punto, v. amplius infra, par. 3.11.1 . 3.6.2 - Quanto precede vale, naturalmente, anche in ordine alla verifica della procedibilità della domanda di collocazione sostitutiva ex art. 511 c.p.c. , soggetta - al contrario di quanto opina la stessa ricorrente - al controllo officioso del giudice dell'esecuzione, a prescindere dalla stessa iniziativa del fallimento eventualmente intervenuto ciò perché, come già visto v. par. 2.2 , il giudice deve verificare che il credito del sostituto sia anche esigibile, il che - in caso di fallimento del sostituito - è per definizione da escludere, proprio in forza del disposto dell' art. 52 l.fall. . Tuttavia, pur vero essendo che l'improcedibilità delle domande volte all'accertamento di un credito nei confronti di soggetto fallito, al di fuori del procedimento di formazione dello stato passivo, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento come pure ritenuto dal Tribunale veneto , è anche vero che detta regola non è assoluta, soggiacendo pur sempre al limite del giudicato interno o del giudicato implicito per tutte, Cass. n. 24156/2018 conf. Cass. n. 9461/2020 e, comunque, a quello, intrinseco, della stessa persistente pendenza del processo in cui si dovrebbe applicare ciò in quanto il principio di universalità soggettiva, ex art. 52 l.fall. , va pur sempre coordinato con il sistema delle impugnazioni Cass. n. 1115/2014 , e dunque - mutatis mutandis, con riguardo allo specifico ambito dell'esecuzione forzata, che come già evidenziato è caratterizzato da un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni v. supra, par. 3.5 - con la necessità che il provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne implichi la violazione venga tempestivamente opposto ex art. 617 c.p.c. , pena la sua definitiva inoppugnabilità si veda, per tutte, la già citata Cass. n. 12673/2022 . 3.6.3 - In altre parole, e per concludere sul punto, qualora gli organi della procedura concorsuale - a fronte di provvedimenti lesivi della propria sfera di attribuzioni - omettano di proporre tempestivamente l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. , concorrendo a determinare una definitiva incongruenza nei rapporti tra l'esecuzione individuale e quella collettiva, non può per ciò solo ed in vista di una malintesa esigenza di carattere indefettibile o superiore giustificarsi lo stravolgimento dei principi che sovrintendono al sistema dell'espropriazione forzata regolata dal codice di rito, come di fatto verificatosi nella vicenda che occupa. Ove tanto accada, dunque, la soluzione a tale incongruenza non può che ricercarsi altrove. 3.7 - La questione poc'anzi esaminata risulta strettamente collegata a quella, ulteriore, della individuazione del momento finale dell'espropriazione forzata immobiliare, occorrendo anche verificare se e fino a quando il giudice dell'esecuzione possa revocare ex art. 487 c.p.c. l'ordinanza con cui, preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione ex art. 598 c.p.c. , o risolte le contestazioni sollevate dai creditori concorrenti e/o dal debitore, ex art. 512 c.p.c. , si ordini il pagamento delle singole quote l'analisi che segue fa ovviamente riferimento al testo dell' art. 598 c.p.c. , applicabile ratione temporis . 3.8.1 - In effetti, come correttamente evidenziato dalla ricorrente, nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità si registrano, sul tema, diversi accenti, spesso influenzati dallo specifico angolo prospettico da cui muove l'analisi. Così, da una parte, s'e' più volte affermato il principio per cui l'esecuzione forzata per espropriazione, che ha inizio col pignoramento, ex art. 491 c.p.c. , in caso di concorso di creditori si definisce e conclude col provvedimento con cui - preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita, ovvero risolte le contestazioni sollevate dalle parti, ex art. 512 c.p.c. - il giudice dell'esecuzione dichiara l'esecutività del progetto, ordinando il pagamento delle quote, a norma dell' art. 598 c.p.c. . Tanto è stato ritenuto, specialmente, con riferimento alla valutazione della intempestività dell'intervento di creditori privilegiati, dopo l'approvazione del progetto di distribuzione, benché fossero state acquisite alla procedura ulteriori somme di denaro Cass. n. 9285/2012 . O anche per escludere ogni rilevanza alla declaratoria di estinzione, adottata dal giudice dell'esecuzione dopo la ricognizione dell'approvazione del progetto, e dunque per negare la percorribilità del regime impugnatorio di cui all' art. 630 c.p.c. si tratta, infatti, di statuizioni ampiamente rinvenibili nella prassi, ma caratterizzate da improprietà terminologica, giacché esse consistono in una mera presa d'atto dell'avvenuta definizione della procedura in tal senso Cass. n. 9175/2018 , già citata sostanzialmente conforme, Cass. n. 4263/2019 . O ancora, con riguardo alla necessità che l'azione di ripetizione d'indebito, rispetto a quanto attribuito ai creditori in sede distributiva, sia indefettibilmente preceduta dal vittorioso esperimento dell'opposizione avverso il provvedimento di chiusura del processo esecutivo v. Cass. n. 26927/2018 . 3.8.2 - Senonché, indagando circa il momento in cui può ancora spiegare rilevanza, rispetto agli esiti dell'esecuzione individuale, l'intervenuto fallimento del debitore esecutato, in relazione agli effetti di cui all' art. 51 l.fall. , questa stessa Corte ha più volte affermato che la procedura esecutiva immobiliare deve ritenersi tecnicamente pendente fin tanto che il progetto di distribuzione non abbia avuto definitiva esecuzione, ossia fino al momento in cui non siano stati riscossi i mandati di pagamento emessi in tal caso, qualora il fallimento sia intervenuto prima della riscossione, il giudice dell'esecuzione può dunque revocare l'ordine di pagamento, a norma dell' art. 487 c.p.c. , in quanto il provvedimento non ha avuto ancora esecuzione Cass. n. 23572/2004 Cass. n. 23993/2012 Cass. n. 19176/2018 . E' comunque evidente che il principio, nella sua assertività, è estensibile a qualsiasi ipotesi in cui possa astrattamente prospettarsi l'esigenza di rimeditare la distribuzione, in forza di fatti sopravvenuti, o anche di fatti preesistenti ma non noti o non dedotti dalla parte interessata al tempo della sua originaria connotazione. Occorre in particolare evidenziare che, con il primo degli arresti citati, nell'egida di precedente giurisprudenza Cass. n. 3663/1998 , nonché Cass. n. 4078/1998 , si sottolinea come l'ordinanza di distribuzione definisc a la fase espropriativa vera e propria ma non anche il processo esecutivo, da ritenersi in corso fintanto che non sia eseguito il pagamento, a favore del creditore assegnatario, della somma ricavata dalla vendita . Ciò sul presupposto per cui, pur presenza di un provvedimento del giudice dell'esecuzione con cui venga disposta l'assegnazione di una somma di denaro al creditore procedente, la proprietà di detta somma rimane del debitore fino a quando non avvenga in concreto il passaggio nella sfera patrimoniale del creditore traditio in manum così la citata Cass. n. 3663/1998 . 3.9.1 - Ora, ritiene la Corte che tale ultima impostazione non sia condivisibile, per plurime ragioni. Anzitutto, è da escludere che l'ordinanza resa all'esito dell'approvazione del progetto di distribuzione o comunque risolutiva delle controversie ex art. 512 c.p.c. segni la definizione della fase espropriativa vera e propria e non anche la chiusura tout court dell'esecuzione , giacché - in un procedimento, quello esecutivo, caratterizzato dalla successione di distinti subprocedimenti o fasi si veda la fondamentale Cass., Sez. Un., n. 11178/1995 - essa definisce in realtà l'ultima fase del processo, ossia quella distributiva. Si tratta di una fase che, com'e' evidente, è distinta e diversa da quella più propriamente espropriativa a sua volta scindibile nella fase di impressione del vincolo di indisponibilità, a seguito del pignoramento ex art. 491 c.p.c. , nonché nella fase liquidatoria, che inizia con l'ordinanza di vendita e culmina nell'emissione del decreto di trasferimento, ex art. 586 c.p.c. il che trova correlativo e significativo riscontro nella tradizionale distinzione tra azione espropriativa, riservata ai creditori titolati che infatti possono compiere atti di espropriazione, ex art. 500 c.p.c. , e azione meramente satisfattiva, propria di tutti i creditori ammessi al concorso e alla distribuzione, e dunque anche dei non titolati nei casi in cui ciò è ancora consentito, in base al vigente art. 499 c.p.c. . Dal punto di vista della struttura, dunque, la tesi qui criticata postulerebbe la configurabilità di un processo che, pur culminato nella declaratoria di esecutività del progetto, e dunque giunto alla sua fine naturale, dovrebbe dirsi ancora tecnicamente pendente, in forza del mero dato della mancata esecuzione dell'ordine di pagamento delle singole quote. In tal guisa, peraltro, sovrapponendosi la questione dell'adozione dell'ultimo provvedimento del processo da parte del giudice dell'esecuzione, come compendiato nell' art. 598 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , con quella della sua mera esecuzione, che è evidentemente cosa del tutto diversa mutatis mutandis, la circostanza che la sentenza che definisce il primo grado di giudizio, benché provvisoriamente esecutiva, non sia stata ancora eseguita, non implica certo che quel grado di giudizio possa dirsi ancora pendente . 3.9.2 - A ciò si aggiunga che il presupposto su cui si basa l'orientamento criticato, ossia che le somme non ancora incassate dai creditori, dopo l'approvazione del progetto di distribuzione, siano ancora di proprietà del debitore esecutato, appare con ogni evidenza fallace. Ed infatti, se tanto può dirsi effettivamente una volta che, con l'emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. , il debitore abbia perduto la titolarità del diritto pignorato, sicché pretium succedit in locum rei, è evidente che la successiva approvazione del progetto di distribuzione, con conseguente ordine di pagamento emesso dal giudice dell'esecuzione, comporta la definitiva fuoriuscita del denaro ricavato dal patrimonio dell'esecutato, solo occorrendo dare esecuzione all'ordine stesso, da parte dell'ausiliario incaricato. Di tanto fornisce ampia riprova il disposto dell' art. 632 c.p.c. , comma 2, che prevede come, in caso di estinzione della procedura dopo l'aggiudicazione o l'assegnazione, il ricavato debba essere consegnato al debitore. Si tratta di disposizione che, com'e' evidente, non può trovare alcuno spazio applicativo rispetto al tema che qui occupa, posto che l'estinzione del processo esecutivo, dopo l'approvazione del progetto di distribuzione, non è tecnicamente configurabile si veda l'ampia motivazione della già citata Cass. n. 9175/2018 . E del resto, il ruolo che si vuole attribuire - con l'orientamento qui criticato - all' art. 51 l.fall. , nel senso cioè che le somme non ancora incassate dai creditori debbano essere senz'altro assegnate alla curatela, ha come presupposto non tanto e non solo la proprietà delle somme ricavate dalla vendita forzata, quanto piuttosto il già citato principio di universalità soggettiva, in forza del quale la soddisfazione dei creditori concorrenti, in caso di fallimento dell'esecutato, deve aver luogo in ambito concorsuale. S'e' già visto, però, che detto principio non ha valenza assoluta, giacché esso non va esente dal rispetto delle regole che governano, tra l'altro, l'esecuzione forzata individuale v. supra, par. 3.6.2 . 3.9.3 - Sotto diverso ma concorrente profilo, questa Corte, pronunciando in materia di espropriazione presso terzi, ha stabilito che il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposto dal terzo pignorato, non comporta né la caducazione dell'ordinanza di assegnazione, né la cessazione ipso iure della materia del contendere nel detto giudizio di opposizione, dal cui oggetto, peraltro, esula la valutazione dell'efficacia, ai sensi dell' art. 44 l.fall. , in considerazione del momento nel quale vennero posti in essere, degli eventuali pagamenti compiuti dal terzo pignorato in esecuzione dell'ordinanza di assegnazione Cass. n. 10820/2020 sostanzialmente conforme, Cass. n. 12690/2022 . 3.10 - Orbene, anche in forza dei rilievi critici già mossi all'orientamento espresso, tra l'altro, dalla citata Cass. n. 23572/2004 , ritiene la Corte che principi analoghi a quello da ultimo segnalato debbano valere anche per l'esecuzione immobiliare sia pur tenendo presente che, in quella presso terzi, che si conclude con la sostituzione ope iudicis del creditore ex art. 553 c.p.c. , il concreto soddisfacimento della ragione di credito è necessariamente esterno e successivo al processo esecutivo, giacché rimesso all'adempimento del terzo assegnato mentre, nell'esecuzione immobiliare, il soddisfacimento consegue al concreto e materiale adempimento dell'ordine, impartito dal giudice, agli organi della procedura di procedere al pagamento disposto con il provvedimento conclusivo della fase distributiva. Per effetto dell'approvazione del progetto di distribuzione, quindi, e dell'emissione dell'ordine di pagamento da parte del giudice, la procedura esecutiva è chiusa, giacché l'incasso delle somme a disposizione di quella costituisce una materiale attività dovuta, ma complementare. Ne' un tale effetto può ritenersi impedito dalla pendenza d'una opposizione distributiva, ex art. 512 c.p.c. . Allo stesso modo in cui un giudizio d'appello non può dirsi pendente sol perché avverso la sentenza conclusiva di esso sia stato proposto ricorso per cassazione e dunque esista l'eventualità che il processo debba riaprirsi, nel caso di cassazione con rinvio della sentenza impugnata , per la medesima ragione una procedura esecutiva non può dirsi pendente sol perché la distribuzione del ricavato della vendita forzata sia avvenuto nonostante la pendenza d'un giudizio di opposizione. Non è l'opposizione distributiva ad impedire la chiusura dell'esecuzione, ma è solo l'eventuale successivo accoglimento di essa a travolgere, sia pure con effetto ex tunc, il provvedimento giurisdizionale con cui il progetto di distribuzione viene dichiarato esecutivo. Pertanto, il fallimento del debitore dopo la distribuzione del ricavato ed in pendenza del giudizio di opposizione distributiva è di per sé irrilevante in quest'ultimo giudizio. Se l'opposizione dovesse essere rigettata, ovviamente la suddetta circostanza resterà improduttiva di effetti. Se invece l'opposizione dovesse essere accolta, spetterà al giudice dell'esecuzione, ripristinato il corso del processo esecutivo a seguito della pronuncia di cognizione demolitoria dell'ordinanza che lo aveva concluso, rilevare l'intervenuto fallimento del debitore ed adottare i provvedimenti opportuni, primi fra i quali quelli ai sensi dell' art. 51 l.fall. e oggi, per la liquidazione giudiziale, dall' art. 150 CCII . 3.11.1 - Resta da esaminare, a tal punto, il tema della revocabilità del provvedimento di chiusura dell'esecuzione immobiliare. Invero, la definizione di un procedimento giudiziario, compreso quello per esecuzione forzata, segna di regola la consumazione del potere di provvedere da parte del giudice che vi sovrintende, che non può evidentemente continuare a disporre delle sorti del procedimento, pur dopo che di esso si sia spogliato, con l'adozione dell'atto che appunto lo definisce id est, avuto riguardo all'esecuzione forzata per espropriazione, con l'adozione del provvedimento che, preso atto dell'approvazione del progetto da parte dei creditori o risolvendo le contestazioni, ex art. 512 c.p.c. , ne dichiari l'esecutività, ordinando il pagamento delle quote in loro favore e fatta salva soltanto una sorta di ultrattività di quelle potestà non esercitate prima della chiusura, come si dirà tra breve, quali quelle in tema di liquidazione degli ausiliari. Orbene, ritiene la Corte come detto principio non sia affatto incompatibile col disposto dell' art. 487 c.p.c. , che com'e' noto consente al giudice dell'esecuzione di revocare il provvedimento, fino a che esso non abbia avuto esecuzione. Il punto è che - rispetto alla questione che occupa - individuare il momento finale, ai fini della revoca, in quello in cui le somme siano state effettivamente riscosse dai creditori come, appunto, propugnato dalla citata Cass. n. 23572/2004 , e successiva giurisprudenza richiamata, e anche al di là delle criticità prima evidenziate finisce oltretutto con l'estendere il potere giurisdizionale del giudice dell'esecuzione a tempo potenzialmente indefinito e per nulla controllabile dall'ufficio giudiziario né dalle stesse parti , nella sostanza ricollegando la permanenza del potere in parola ad elementi esterni quali, tra l'altro, la diligenza del creditore nell'attività di esazione od altri estrinseci fattori di organizzazione dell'ufficio , sottratti ad ogni valutazione da parte dello stesso giudice. 3.11.2 - Come in parte anticipato, è ben vero che, in ambiti correlati, questa Corte ha più volte affermato che, pur dopo l'approvazione del progetto di distribuzione, il giudice dell'esecuzione può ritenersi abilitato ad adottare provvedimenti ancora lato sensu incidenti sulla procedura esecutiva, come ad es. per la liquidazione dei propri ausiliari ove non vi abbia già provveduto - v. Cass. n. 12977/2022 , in motivazione, par. 3.4 . D'altra parte, di ciò costituisce plastica esemplificazione anche il disposto del vigente art. 591-bis c.p.c. , u.c., come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022 , laddove è previsto che il professionista delegato, entro dieci giorni dalla comunicazione dell'approvazione del progetto di distribuzione, deve depositare il rapporto riepilogativo finale, attività evidentemente funzionale ad un ultimo controllo delle operazioni delegate da parte del giudice dell'esecuzione. Del resto, proprio perché il provvedimento che determina la chiusura dell'espropriazione è soggetto ad opposizione agli atti esecutivi, da proporsi entro venti giorni dalla sua conoscenza, legale o di fatto dies a quo che, per i provvedimenti resi in udienza, non può che individuarsi nella data della stessa udienza, cui le parti avevano l'onere di partecipare , da ciò discende che la mancata proposizione dell'opposizione finisce con l'attribuire indubbia stabilità alla distribuzione, per come concretata nel provvedimento stesso, sicché procedere ad una sua revoca o modifica, pur possibile fino a che l'atto non abbia avuto esecuzione, ex art. 487 c.p.c. , finirebbe col sollevare la parte interessata dalla decadenza in cui essa è già incorsa, per effetto della propria inerzia nel proporre l'opposizione formale di cui all' art. 617 c.p.c. 3.11.3 - Sul punto, per quanto sia innegabile - come pure osserva il Procuratore Generale - che il potere di revoca ex art. 487 c.p.c. è di regola scollegato rispetto al termine per la proposizione dell'opposizione di cui all' art. 617 c.p.c. e con questa concorre, giacché il suo presupposto e', appunto, che il provvedimento revocando non sia stato ancora eseguito v. Cass. n. 11316/2009 , una simile conclusione non appare però predicabile rispetto al provvedimento di chiusura del procedimento esecutivo, proprio perché esso, a differenza di ogni altro che sia reso in costante pendenza di quest'ultimo, non può non ricondursi ad una conseguente consumazione dello stesso potere giurisdizionale. Occorre, dunque, verificare se e come un simile potere possa dirsi ancora sussistente, nonostante l'intervenuta chiusura della procedura. 3.11.4 - Ebbene, ritiene la Corte che il punto di equilibrio, in relazione a quanto precede, debba rinvenirsi nella possibilità che il giudice dell'esecuzione proceda ad una revoca o modifica del provvedimento di chiusura della distribuzione fino a che non sia spirato il termine di venti giorni per la proposizione della eventuale opposizione distributiva, ex artt. 617 e 512 c.p.c. e dunque, entro venti giorni dall'udienza ex art. 596 c.p.c. , avuto riguardo alle disposizioni applicabili ratione temporis, o dalla comunicazione alle parti dell'ordinanza pronunciata al suo esito mediante riserva al termine di essa , e sempre che a detto provvedimento non sia stata data frattanto esecuzione, con l'emissione e l'incasso dei mandati di pagamento giacché in tal caso non potrebbe comunque esservi spazio per alcuna revoca, stante la preclusione derivante dal disposto dell' art. 487 c.p.c. , comma 1 solo in tal guisa, dunque, può coniugarsi da un lato il principio della stabilità della distribuzione non soggetta ad opposizione, e dall'altro quello della revocabilità dei provvedimenti fino a che essi non abbiano avuto esecuzione. Resta fermo che, qualora il provvedimento finale sia stato ritualmente opposto, il problema risulta in ogni caso superato il giudice dell'esecuzione, in tal caso, ben può incidere sulla sorte della distribuzione, non già perché la procedura sia da ritenersi ancora pendente in forza della mera proposizione dell'opposizione vero essendo, anzi, il contrario - v. supra, par. 3.10 , ma perché egli è dotato dei poteri di cui all' art. 618 c.p.c. , potendo dunque adottare i provvedimenti indilazionabili, ovvero sospendere proprio l'effetto definitorio del provvedimento opposto e, questo provvisoriamente venuto meno, pure la procedura. 3.12 - Facendo governo di tutto quanto precede, può dunque concludersi che ha errato il Tribunale nel non rilevare che il giudice dell'esecuzione patavino non avrebbe oramai potuto revocare, in parte qua, l'ordinanza dell'8.5.2019, benché il mandato di pagamento in favore di Verona Ambiente non fosse stato emesso ed incassato ciò sia perché detta ordinanza non era stata opposta ex art. 617 c.p.c. , ed era dunque divenuta inoppugnabile, sia perché il processo esecutivo era da considerare oramai concluso, con la conseguenza che, essendo comunque trascorsi ben più di venti giorni dall'adozione dell'ordinanza stessa, il giudice dell'esecuzione risultava oramai privo di ogni potere giurisdizionale al riguardo. 4.1 - Possono quindi pronunciarsi i seguenti principi di diritto 1 In tema di espropriazione forzata, la domanda di sostituzione esecutiva, ai sensi dell' art. 511 c.p.c. , realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione, ma non costituisce esercizio di azione esecutiva nei confronti del sostituito non occorrendo il possesso di un titolo esecutivo nei suoi confronti , dovendo il sostituto o subcollocatario solo documentalmente dimostrare la certezza, liquidità ed esigibilità del proprio credito. Ne consegue che, in caso di fallimento del creditore sostituito, intervenuto prima della dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione, con conseguente ordine di pagamento in favore del sostituto, il giudice dell'esecuzione deve dichiarare, anche d'ufficio e sempre che sia stato debitamente informato dell'apertura della procedura concorsuale , l'improcedibilità della domanda di sostituzione, non già ai sensi dell' art. 51 l.fall. non costituendo la domanda ex art. 511 c.p.c. esercizio di azione esecutiva , bensì ai sensi dell' art. 52 l.fall. , perché incompatibile con il principio di universalità soggettiva espresso da detta norma, per cui ogni credito verso il fallito deve essere fatto valere, salvo diverse disposizioni di legge, nelle forme dell'accertamento dello stato passivo. 2 L'esecuzione forzata immobiliare si conclude con il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione ai sensi dell' art. 598 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , ovvero risolvendo le contestazioni avanzate dai creditori concorrenti e/o dal debitore esecutato a norma dell' art. 512 c.p.c. , dichiara l'esecutività del progetto, ordinando il pagamento delle singole quote in favore degli aventi diritto. Ne consegue che il provvedimento conclusivo del processo, che non sia stato opposto ex art. 617 c.p.c. dalla parte interessata, è suscettibile di revoca ai sensi dell' art. 487 c.p.c. ove ne sussistano i presupposti, e sempre che ad esso non sia stata frattanto data esecuzione, con l'emissione e l'incasso dei mandati di pagamento solo se la revoca stessa sia esercitata entro venti giorni dall'adozione del provvedimento, se emesso in udienza, o dalla sua comunicazione se proveniente da riserva, giacché in caso contrario l'esercizio del potere di revoca comporterebbe l'elusione della intervenuta decadenza dal potere di proporre l'opposizione distributiva, ai sensi degli artt. 617 e 512 c.p.c. , in cui la parte interessata è a tal punto già incorsa. 5.1 - In definitiva, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c. , comma 2, con l'accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi spiegata da Verona Ambiente e conseguente annullamento dell'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione in data 24.10.2019. Per la natura meramente rescindente della pronuncia sulle opposizioni formali, su cui è ferma la giurisprudenza di legittimità per tutte Cass. ord. n. 28926/23 , ove altri e compiuti riferimenti , nessun altro provvedimento può qui adottarsi. Infatti, le conseguenze della decisione qui assunta - in considerazione di quanto allegato dalle parti circa l'avvenuta attuazione della distribuzione, per come emendata col ripristino del progetto originario, e dunque con il pagamento dell'intera somma in favore del Fallimento omissis - non potranno che essere vagliate dalla competente A.G., in relazione ad eventuali ulteriori iniziative delle odierne parti. E' appena il caso di precisare come sia comunque da escludersi che il giudice dell'esecuzione patavino possa ordinare allo stesso Fallimento la restituzione delle somme in discorso, onde procedere al pagamento in ambito esecutivo in conformità all'ordinanza dell'8.5.2019 ciò non solo perché privo di un simile potere, ma anche perché, nella specie, la procedura esecutiva è da considerarsi conclusa con l'adozione dell'ordinanza dell'8.5.2019, non opposta da alcuno. Ne' compete a questa Corte nella presente sede valutare da un lato, la configurabilità salva la particolarità della vicenda che occupa, complicata dall'intervenuto fallimento del creditore sostituito dei presupposti per una autonoma azione di ripetizione di indebito v. Cass. n. 26927/2018 , a quella sede peraltro riservata la disamina di ogni questione sull'improponibilità di azioni verso la massa in ambito diverso da quello fallimentare dall'altro, l'assoggettabilità all'azione di inefficacia da parte della curatela, ai sensi dell' art. 44 l.fall. , della percezione delle somme stesse da parte di Verona Ambiente, qualora l'ordinanza dell'8.5.2019 non fosse stata revocata e ad essa fosse stata esecuzione. Ciò fermo restando che non incide sull'inefficacia la circostanza che il pagamento sia avvenuto in forza di provvedimento del giudice dell'esecuzione come già affermato con la richiamata Cass. n. 10820/2020 . Le spese di lite dell'intero giudizio possono integralmente compensarsi, stante l'obiettiva difficoltà e rilevanza delle questioni esaminate, nonché la non univoca giurisprudenza esistente al riguardo. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione agli atti esecutivi proposta da Verona Ambiente s.n.c., annullando l'ordinanza opposta. Compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio.