Opposizione agli atti esecutivi e poteri del giudice: no alla modifica del piano di distribuzione

Non è consentito al giudice dell’opposizione distributiva modificare, in assenza di domanda, il progetto di distribuzione, attribuendo il ricavato della vendita ad un soggetto che non ne abbia fatto richiesta e, al tempo stesso, non è consentito allo stesso sindacare, in assenza di domanda, la legittimità dell’intervento d’un creditore nell’esecuzione.

Con la sentenza n. 32146 del 20 novembre 2023, il S.C. chiarisce i poteri riconosciuti al giudice chiamato a decidere un'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., precisando che in tale giudizio non è possibile modificare il piano di riparto né procedere a valutazioni sull'ammissibilità dell'intervento di un creditore. Il caso La sentenza in commento definisce parzialmente – in quanto dispone un rinvio al Tribunale per un diverso esame della fattispecie – una intricata vicenda in tema di esecuzione nella quale, dopo il deposito del progetto di distribuzione e prima dell'approvazione, il terzo datore di ipoteca e, in seguito, il debitore esecutato fu dichiarato fallito. In particolare, per quanto di rilievo in questa sede ed alla luce dei principi di diritto espressi dalla sentenza, oggetto del contendere erano, da un lato, i poteri del giudice nella fase di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e, dall'altra, sempre con riferimento a tale fase ed in relazione alle statuizioni del giudice dell'esecuzione, la possibilità di ritenere o meno definita una procedura esecutiva in pendenza dell'opposizione alla proposta di distribuzione. Con riferimento al primo profilo, infatti, si discuteva della possibilità , nel procedimento ex art. 617 c.p.c., di modificare il progetto di distribuzione previa valutazione della legittimità degli interventi del creditore e del terzo datore d'ipoteca. In merito al secondo aspetto, invece, veniva contestata la parte della sentenza che dichiarava la spettanza al fallimento del debitore del residuo ricavato della vendita forzata, con ciò intervenendo sulle modalità di distribuzione del ricavato la cui spettanza, in ipotesi, sarebbe stata del giudice dell'esecuzione. Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. la natura del procedimento Secondo la prevalente giurisprudenza, il giudizio di opposizione agli atti esecutivi è il mezzo processuale con il quale, in un termine perentorio, è domandato l'annullamento di un atto del processo esecutivo sulla base della allegazione di un suo vizio , così che l'oggetto del giudizio di opposizione agli atti esecutivi è la legittimità d'un atto del giudice dell'esecuzione . Di conseguenza, la prospettazione di un vizio diverso da quelli indicati nell'atto di opposizione introduce una domanda nuova che è inammissibile se intempestiva e sulla quale il giudice può, quindi, astenersi da pronunciare senza incorrere nel vizio di omessa pronuncia. In altri termini, il giudice chiamato a decidere sull'opposizione ex art. 617 c.p.c. non può sostituirsi” al giudice dell'esecuzione nello stabilire le sorti della procedura esecutiva. Il giudizio in esame, infatti, ha natura meramente rescindente e in esse il giudice adito è privo di qualsivoglia potestà sostitutiva dell'atto pur riconosciuto invalido, per cui gli è preclusa l'adozione di provvedimenti propri del giudice dell'esecuzione, siano o meno oggetto dell'opposizione quand'anche accolta Poteri di controllo ed esclusione dell'impugnazione ordinaria” Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione realizzato attraverso i rimedi alternativi della opposizione agli atti esecutivi, di cui all' art. 617 c.p.c. , e del reclamo, di cui al successivo art. 630 esclude , peraltro, che detti provvedimenti possano ritenersi sottoposti al diverso regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'art. 323 del codice di rito, ed esclude , altresì, che, in relazione agli stessi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell' atto giurisdizionale di assenza, cioè, di ogni rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale , condizione necessaria affinché un provvedimento decisorio possa essere impugnato con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 cost. Opponibilità alla procedura concorsuale di pregresse situazioni e natura del giudizio ex art. 617 c.p.c. Nel contesto sopra sommariamente descritto, il S.C. ritiene errata la pronuncia resa dal Tribunale di Verona nell'ambito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, durante il quale si stabilisce, in particolare, l'improcedibilità degli atti di intervento della Nemo cessionaria del creditore e del fallimento Bonizzato terzo datore di ipoteca in bonis , così sostituendosi al giudice dell'esecuzione, per di più senza accertare l'esistenza d'una rituale istanza del curatore fallimentare in favore della società mutuataria e poi soggetta a fallimento . Da ciò la decisione del giudice, nella fase di opposizione agli atti esecutivi, in termini di vizio di extrapetizione. Giudizio di opposizione e ordinanza di distribuzione del ricavato Il S.C., peraltro, rileva un altro vizio della sentenza resa nel giudizio di opposizione avverso all'ordinanza di distribuzione del ricavato della procedura. Oggetto dell'opposizione distributiva era, in particolare, la legittimità dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva attribuito alla Nemo il residuo ricavato della vendita. Ma come evidenziato dalla Cassazione, il fallimento del debitore non consente al giudice dell'opposizione agli atti esecutivi di statuire sull'attribuzione del ricavato della vendita, tanto meno in favore di un soggetto la curatela che non ne fece richiesta. La suddetta statuizione, infatti, spetta al giudice dell'esecuzione ed in sede esecutiva, solo dopo l'annullamento dell'ordinanza che ha definito la fase distributiva e che è stata oggetto dell'opposizione formale vittoriosamente proposta Ordinanza di distribuzione e chiusura della procedura Logico corollario di quanto testé espresso è che l'esecuzione per espropriazione immobiliare si chiude con il provvedimento di approvazione del progetto di distribuzione la circostanza che il pagamento dei creditori, ordinato con detto provvedimento, avvenga nonostante la pendenza di una opposizione distributiva non impedisce la chiusura dell'esecuzione, la quale ultima si potrà riaprire con effetto ex tunc nel caso di accoglimento dell'opposizione. Al contrario, il Tribunale ha basato tutti i capi della sua decisione in particolare improcedibilità degli interventi e obbligo della Nemo di restituire la somma incassata quale residuo del ricavato della vendita sull'assunto che il fallimento della debitrice GHP fosse stato dichiarato in pendenza dell'esecuzione al contrario, per effetto dell'approvazione del progetto di distribuzione, la procedura esecutiva era da ritenersi chiusa, riguardando il materiale incasso delle somme a disposizione una materiale attività dovuta, ma complementare. Questo effetto non è impedito dalla pendenza d'una opposizione distributiva , che si potrà riaprire con effetto ex tunc nel caso di accoglimento dell'opposizione .

Presidente De Stefano – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. L'antefatto. La società Unicredit s.p.a. nel 2008 concesse un mutuo alla società omissis s.r.l. d'ora innanzi, la […] . Il mutuo fu garantito da due ipoteche - una sui beni della debitrice […] - l'altra sui beni della società omissis s.r.l., terzo datore d'ipoteca d'ora innanzi, la omissis . Il debito non venne restituito e la Unicredit iniziò l'esecuzione forzata pignorando sia i beni della debitrice [ ], sia i beni della terza datrice d'ipoteca omissis . Nelle more dell'esecuzione, la Unicredit cedette pro soluto il credito alla Nemo SPV s.r.l. d'ora innanzi, la Nemo , che in veste di cessionaria intervenne nella procedura esecutiva. 2. Pendente l'esecuzione, la Nemo intervenne tardivamente vantando due ulteriori crediti - con un primo intervento del 18.11.2016 tale è la data che si legge nel piano di riparto nella sentenza impugnata si legge invece 17.11.2016 la differenza è tuttavia irrilevante per i fini che qui rilevano azionò un credito di 7 milioni di Euro fondato su un decreto ingiuntivo - con successivo intervento del 18.7.2017 azionò un credito di Euro 26.886,80, scaturente da titolo giudiziale condanna alle spese non meglio precisata nel ricorso . 3. Dalla vendita dei beni pignorati, e dal ricavato dell'affitto di essi durante la custodia giudiziale vennero ricavati complessivamente 36.844.892,99 Euro. 4. Di tale somma, 31 milioni vennero accollati dall'aggiudicatario, ex art. 585 c.p.c. . La parte restante, dedotti i crediti in prededuzione circa 5 milioni di Euro , vennero dal progetto di distribuzione assegnati alla Nemo. 5. La controversia distributiva. Tra il deposito del progetto di distribuzione 24.10.2017 e l'udienza ex 596 c.p.c. per l'approvazione di esso 31.1.2018 la società omissis fu dichiarata fallita. La curatela intervenne nell'esecuzione 20.2.2018 formulando osservazioni sul progetto di distribuzione e chiedendo di partecipare al riparto per circa 4 milioni di Euro complessivi. In particolare, con l'atto di intervento in sede distributiva la curatela del fallimento omissis articolò tre domande. 5.1. La prima domanda può così riassumersi a i beni venduti coattivamente erano per l'89% di proprietà della [ ] debitrice , e per l'11% di proprietà della omissis terza datrice d'ipoteca b di conseguenza, l'11% della somma ricavata era frutto della vendita forzata dei beni della omissis , e parimenti l'11% del credito ipotecario della banca doveva ritenersi pagato col ricavato dei beni della omissis c l'11% del credito ipotecario vantato dalla banca verso [ ] era pari a 3,46 milioni di Euro, mentre l'11% del ricavato della vendita di tutti i beni era pari ad Euro 4,05 milioni d dalla vendita dei beni della omissis , era stato ricavato un importo eccedente la quota ideale di debito garantita da quei beni, con un surplus di 593.082,28 Euro. 5.2. Con una seconda domanda la curatela del fallimento omissis dichiarò di volersi surrogare alla Nemo nel credito da questa vantato verso la [ ], ai sensi dell'art. 1203 c.p.c., n. 3, e che pertanto per questo credito aveva diritto di concorrere con la Nemo, in via proporzionale, sul ricavato della vendita. 5.3. Infine, con una terza domanda il fallimento della omissis contestò l'inserimento nel piano di riparto del credito vantato dalla Nemo con l'intervento del 18.7.2017 Euro 26.000 circa per spese legali, portato da titolo giudiziale , deducendo che per tale importo la Nemo si era già insinuata al passivo del fallimento omissis . 6. Anche la debitrice esecutata, [ ], formulò osservazioni al progetto di distribuzione. Contestò la qualità di cessionaria del credito in capo alla Nemo, e dedusse l'esistenza di parallele controversie oppositive, che consigliavano la sospensione della distribuzione del ricavato. 7. Il Giudice dell'esecuzione con ordinanza ex art. 512 c.p.c. del 21.3.2018 rigettò sia i rilievi formulati dalla [ ], sia le istanze del fallimento omissis . Col medesimo provvedimento dichiarò esecutivo il progetto di distribuzione ed ordinò al professionista delegato di eseguire i pagamenti in esso previsti. 8. I fatti di causa. Avverso il provvedimento del 21.3.2018, col quale il giudice dell'esecuzione provvide sulle contestazioni al progetto di distribuzione, vennero proposte due distinte opposizioni agli atti esecutivi l'una dalla [ ] debitrice esecutata , l'altra dal fallimento della omissis che, come s'è visto, era il terzo datore d'ipoteca . All'esito della fase sommaria della procedura oppositiva, il Giudice dell'esecuzione negò la sospensione delle operazioni di distribuzione del ricavato, condannando le due opponenti alle spese. I pagamenti alla Nemo furono eseguiti il 3.9.2018. 9. Il giudizio di merito dell'opposizione fu introdotto dalla sola curatela del fallimento, ed in esso si costituì la sola Nemo. Pendente tale giudizio, la debitrice esecutata [ ] fu dichiarata fallita il 17.12.2018. Il giudizio di opposizione fu dichiarato interrotto 31.1.2019 e poi riassunto dalla curatela del fallimento omissis . La curatela della [ ] dopo la riassunzione non si costituì. 10. Con sentenza 7.5.2021 n. 991 il Tribunale di Verona adottò un articolato provvedimento, col quale statuì quanto segue. 10.1. Quanto alla richiesta del fallimento omissis di attribuzione della somma di Euro 593.082,28 quale eccedenza del ricavato della vendita dei beni di proprietà omissis , il Tribunale l'ha ritenuta infondata, statuendo che il creditore ipotecario è libero di soddisfarsi su tutti i beni gravati da ipoteca in suo favore, che siano essi del debitore o di terzi, senza preferenze e senza beneficio di escussione, se non espressamente concordato. Di conseguenza, la Nemo aveva legittimamente scelto di destinare l'intero ricavato della vendita dei beni del terzo datore omissis a soddisfazione del credito vantato nei confronti della [ ], e dunque dalla vendita di quei beni non poteva ritenersi residuato nessun surplus da restituire al terzo datore d'ipoteca. 10.2. Quanto alla richiesta del fallimento omissis di attribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni della [ ] ed eccedente il credito ipotecario della Nemo, il Tribunale ha così ragionato - la debitrice [ ] è stata dichiarata fallita il 17.12.2018 quindi dopo l'approvazione del progetto esecutivo e dopo l'introduzione del giudizio di opposizione - dopo il fallimento del debitore, nessuna azione esecutiva può essere proseguita nei suoi confronti, e se i suoi beni fossero già stati venduti, il ricavato va attribuito al fallimento - tale conclusione non è impedita dall'avvenuta distribuzione del ricavato della vendita, perché la procedura esecutiva non può ritenersi conclusa sinché pende il giudizio distributivo e fino alla conclusione di esso i provvedimenti del giudice dell'esecuzione di autorizzazione alla distribuzione del ricavato hanno efficacia solo provvisoria ed interinale - alla luce di questi principi doveva concludersi che il fallimento della debitrice [ ] aveva reso improcedibili gli interventi nella procedura esecutiva basati su crediti chirografari sia quelli dalla Nemo interventi del 18.11.2016 decreto ingiuntivo e del 18.7.2017 spese di lite , sia quello del fallimento omissis intervento del 16.2.2018 . 10.3. Sulla base dei rilievi sopra riassunti il Tribunale ha di conseguenza a revocato l'ordinanza del giudice dell'esecuzione reiettiva dell'opposizione al piano di riparto proposta dal fallimento omissis b dichiarato improcedibili in questa sede sic le domande di intervento nella procedura esecutiva della Nemo e del fallimento omissis c dichiarato che la somma di Euro 5.048.801,95, indicata come ancora da ripartire nel progetto di distribuzione, va corrisposta per intero al fallimento del omissis . 11. La suddetta sentenza è stata impugnata per Cassazione dalla Nemo con ricorso fondato su quattro motivi. Hanno resistito con controricorso il fallimento della [ ] e la Unicredit. Il ricorso fu originariamente fissato per la decisione nella camera di consiglio del 5.4.2023, ex art. 380 bis.1 c.p.c. . Tuttavia il Collegio giudicante, con ordinanza interlocutoria 6.7.2023 n. 19180, ha ritenuto di rilievo nomofilattico le questioni procedurali poste dalle parti, e rinviato la causa a nuovo ruolo perché fosse discussa in pubblica udienza. La Nemo e la Unicredit hanno depositato memoria prima dell'adunanza camerale del 5 aprile La Nemo e il fallimento della [ ] hanno depositato memoria prima dell'odierna udienza. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ed altresì chiesto nella pubblica udienza che il ricorso sia rigettato. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo. Col primo motivo la Nemo lamenta la violazione degli artt. 102, 331 e 485 c.p.c. . Secondo la ricorrente il Tribunale di Verona avrebbe violato le suddette norme perché - nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex artt. 512-617 c.p.c. era stata convenuta la Unicredit, originaria creditrice fondiaria della [ ] - quando il giudizio di opposizione agli atti esecutivi fu interrotto a causa del fallimento della [ ], la parte attrice fallimento omissis non notificò l'atto di riassunzione del giudizio alla Unicredit - il Tribunale, di conseguenza, dichiarò l'estinzione del giudizio limitatamente al rapporto processuale tra il fallimento omissis e la Unicredit - in questo modo, tuttavia, il Tribunale aveva estromesso in modo del tutto irrituale un litisconsorte necessario dal giudizio . 1.1. Il motivo è infondato, per due ragioni. In primo luogo, è infondato poiché è stata la stessa Nemo, nell'atto di intervento depositato dinanzi al giudice dell'esecuzione, a dichiarare che tutti i crediti vantati dalla Unicredit le erano stati ceduti pro soluto. Di conseguenza la Unicredit non era affatto litisconsorte necessario anzi la domanda contro di essa proposta in sede di opposizione agli atti esecutivi si sarebbe dovuta dichiarare inammissibile per difetto di legittimazione passiva per effetto della cessazione irreversibile della sua qualità di creditore, che costituiva il presupposto della sua necessaria partecipazione ai giudizi incidentali della procedura esecutiva. 1.2. In secondo luogo, è infondato poiché la domanda proposta dal fallimento omissis nei confronti della Unicredit era ormai, a seguito della ricordata cessione, scindibile rispetto alle altre, strettamente correlate allo sviluppo della procedura esecutiva. La Unicredit non era dunque un litisconsorte necessario, e correttamente il Tribunale, rilevato che il giudizio non era stato riassunto nei confronti della suddetta Unicredit, l'ha dichiarato estinto limitatamente ad essa. 2. Il secondo motivo. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41 . Il motivo investe la statuizione con cui il Tribunale ha affermato che il fallimento del debitore rende improcedibile l'azione esecutiva nei suoi confronti. Nella illustrazione del motivo è esposta una tesi così riassumibile - il credito azionato da Nemo scaturiva da un mutuo fondiario - l'azione esecutiva basata su un credito fondiario - giusta la previsione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 41, comma 2, - può essere iniziata o proseguita anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore - pertanto il Tribunale, dichiarando che la somma di Euro 5.048.801,95 andava attribuita al fallimento della [ ], avrebbe violato la suddetta norma. 2.1. Nei termini in cui è formulato il motivo è infondato, salvo quanto si dirà più oltre, circa i limiti della cognizione del giudice dell'opposizione agli atti esecutivi. Il credito fondiario vantato dalla Nemo, infatti, venne interamente soddisfatto col ricavato della vendita dei beni della debitrice e del terzo datore d'ipoteca. I crediti residui da essa vantati sono solo crediti chirografari in quanto scaturenti l'uno da un decreto ingiuntivo, l'altro da una condanna alle spese non meglio precisata , come tali sottratti alla disciplina del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 41 come esattamente rilevato anche dal Procuratore Generale. 3. Il quarto motivo. Il quarto motivo di ricorso va esaminato prima del terzo, ai sensi dell' art. 276 c.p.c. , comma 2. Esso, infatti, pone una questione logicamente pregiudiziale rispetto all'altro. Con il quarto motivo di ricorso, infatti, la società ricorrente sostiene che il Tribunale di Verona avrebbe pronunciato ultra petita nello statuire che il residuo del ricavato della vendita forzata dovesse essere attribuito al fallimento della [ ]. Con il terzo motivo, invece, la società ricorrente sostiene che la suddetta decisione sarebbe erronea per difetto d'un presupposto di fatto e cioè l'avere erroneamente ritenuto che la procedura esecutiva fosse ancora pendente al momento del fallimento del debitore esecutato . È dunque evidente che deve essere per prima cosa stabilito se il giudice dell'opposizione avesse la potestas iudicandi, e soltanto dopo si potrà stabilire se la sua decisione sia stata corretta in iure. 3.1. Col quarto motivo la ricorrente lamenta, come anticipato al § precedente, la violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c. . Sostiene che il Tribunale di Verona avrebbe pronunciato ultra petita, perché il fallimento della debitrice [ ], contumace nel giudizio di opposizione, non aveva formulato alcuna domanda di attribuzione del surplus di quanto ricavato della vendita. 3.1. Il motivo è fondato. Il Tribunale di Verona, nella veste di giudice dell'opposizione agli atti esecutivi ex artt. 512-617 c.p.c. , era chiamato a stabilire se fosse o meno corretta l'ordinanza distributiva del giudice dell'esecuzione. Pertanto solo a questo fine era tenuto a valutare se quanto residuava dal ricavato della vendita forzata, una volta soddisfatto il credito ipotecario, andasse attribuito al terzo datore d'ipoteca o alla Nemo, in pagamento del credito chirografario. Il Tribunale tuttavia, accertato il fallimento del debitore, ha pronunciato una sentenza il cui dispositivo contiene, tra le altre, queste due statuizioni a ha dichiarato improcedibili gli interventi proposti in sede esecutiva dal creditore e dal terzo datore d'ipoteca con tali interventi, come s'è visto, l'uno e l'altro avevano domandato di partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita, nella parte eccedente il credito ipotecario b ha accertato e dichiarato che il ricavato della vendita forzata, eccedente il credito ipotecario, va corrisposto al fallimento della [ ]. Ambedue queste statuizioni sono viziate da ultrapetizione. 2. L'oggetto del giudizio di opposizione agli atti esecutivi è la legittimità d'un atto del giudice dell'esecuzione. Eventuali circostanze sopravvenute che tronchino il corso del processo di esecuzione possono ovviamente riverberare effetti sul giudizio di opposizione, come ad es. nel caso in cui venga meno il titolo esecutivo. In questi casi, tuttavia, il giudizio di opposizione potrà essere dichiarato - a seconda delle ipotesi - inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. , oppure per sopravvenuta cessazione della materia del contendere Sez. U -, Sentenza n. 25478 del 21/09/2021, in motivazione . Non potrebbe, invece, il giudice dell'opposizione agli atti esecutivi sostituirsi al giudice dell'esecuzione nello stabilire le sorti della procedura esecutiva. Infatti sul punto è dirimente il rilievo della natura meramente rescindente controversie di cui all' art. 617 c.p.c. in esse il giudice adito è privo di qualsivoglia potestà sostitutiva dell'atto pur riconosciuto invalido, per cui gli è preclusa l'adozione di provvedimenti propri del giudice dell'esecuzione, siano o meno oggetto dell'opposizione quand'anche accolta cfr., tra le tante Cass., ord. 18/10/2023, n. 28926 Cass., ord. 21/08/2023, n. 24885 Cass. 30/09/2019, n. 24225 Cass. 28/09/2018, n. 23482 Cass. 15/04/2015, n. 7657 Cass. 27/08/2014, n. 18336 Cass. 30/10/2012, n. 18692 Cass. 24/03/2011, n. 6733 Cass. 05/03/2002, n. 3176 . 3.3. Ciò posto in linea generale, rileva la Corte che, nel caso di specie, il credito vantato dalla Nemo ed oggetto della controversia distributiva era un credito chirografario. Come noto, l' art. 51 l. fall . R.D. n. 267 del 1942 impedisce l'inizio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento. Tuttavia, l'improseguibilità delle azioni esecutive già pendenti non è un effetto automatico del fallimento. Stabilisce infatti l' art. 107, comma 6, l. fall ., che di tali procedure il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità su istanza del curatore, salvi i casi di deroga di cui all'art. 51 . 3.4. Da ciò consegue, in primo luogo, che la decisione impugnata è effettivamente affetta dal vizio di extrapetizione, là dove ha dichiarato improcedibili gli interventi della Nemo e del fallimento omissis , sostituendosi in tal guisa al giudice dell'esecuzione, per di più senza accertare l'esistenza d'una rituale istanza del curatore fallimentare della [ ] in tal senso. Infatti, la statuizione di improcedibilità dell'esecuzione potrebbe essere adottata all'esito di un giudizio di opposizione all'esecuzione Sez. 1, Sentenza n. 11036 del 11/12/1996, Rv. 501230 - 01 , ma non di un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, dal cui oggetto come già detto esula la valutazione dell'opponibilità al fallimento del debitore dei pagamenti eventualmente già effettuati così, sia pure nella diversa ipotesi del pignoramento presso terzi, Sez. 3 -, Sentenza n. 10820 del 05/06/2020, Rv. 657965 - 01 . 3.5. Parimenti viziata da extrapetizione è la sentenza impugnata, nella parte in cui ha dichiarato la spettanza al fallimento [ ] del residuo ricavato della vendita forzata. Oggetto dell'opposizione distributiva, come detto, era la legittimità dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva attribuito alla Nemo il residuo ricavato della vendita. Una controversia di questo tipo può effettivamente divenire una lite sine materia in caso di fallimento del debitore. In tal caso, infatti, qualsiasi pretesa già azionata nei confronti del debitore in bonis andrà accertata concorsualmente e pagata in moneta fallimentare. Tuttavia, il fallimento del debitore non consente al giudice dell'opposizione agli atti esecutivi di statuire sull'attribuzione del ricavato della vendita, tanto meno in favore di un soggetto la curatela che non ne fece richiesta. La suddetta statuizione infatti spetta al giudice dell'esecuzione ed in sede esecutiva, dopo l'annullamento dell'ordinanza che ha definito la fase distributiva e che è stata oggetto dell'opposizione formale vittoriosamente proposta come detto, senza pregiudizio dell'ulteriore questione della necessità di un previo accertamento di quali scelte abbia compiuto il curatore rispetto alla procedura esecutiva pendente, ai sensi dell' art. 107, comma 6, l. fall . . 4. Il terzo motivo di ricorso. Col terzo motivo la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente assegnato le somme a [ ] sull'altrettanto errato presupposto che il fallimento di quest'ultima sia intervenuto nelle more della procedura esecutiva, che al contrario si è estinta ex art. 632 c.p.c. in forza dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione, nonché dell'emissione del successivo mandato di pagamento e la sua materiale percezione da parte dell'odierna ricorrente, eventi tutti intervenuti prima della dichiarazione di fallimento della [ ] . Nell'illustrazione del motivo è sostenuta una tesi così riassumibile - il Tribunale ha basato tutti i capi della sua decisione improcedibilità degli interventi, obbligo della Nemo di restituire la somma incassata quale residuo del ricavato della vendita, attribuzione della medesima somma al fallimento della [ ] sull'assunto che il fallimento della debitrice [ ] fosse stato dichiarato in pendenza dell'esecuzione - tuttavia, il processo di esecuzione immobiliare termina con la distribuzione del ricavato ai creditori - nel caso di specie, al momento della dichiarazione di fallimento 17.12.2018 il ricavato della vendita era già stato distribuito e la Nemo era già stata pagata 3.9.2018 - ergo, al momento del fallimento della [ ] non vi era alcuna esecuzione pendente, ed il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare improcedibile l'intervento della Nemo. 4.1. La censura come sopra riassunta non può dirsi sic et simpliciter assorbita dall'accoglimento del quarto motivo di ricorso, poiché involge i presupposti stessi delle domande che il giudice del rinvio dovrà esaminare. Essa è fondata. Questa Corte, pronunciando in materia di espropriazione presso terzi, ha stabilito i principi seguenti a il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposto dal terzo pignorato, non comporta nè la caducazione dell'ordinanza di assegnazione, nè la cessazione ipso iure della materia del contendere nel giudizio di opposizione b esula dall'oggetto del giudizio di opposizione agli atti esecutivi la valutazione dell'efficacia, ai sensi dell' art. 44 l.fall. , in considerazione del momento nel quale vennero posti in essere, degli eventuali pagamenti compiuti dal terzo pignorato in esecuzione dell'ordinanza di assegnazione Sez. 3 -, Sentenza n. 10820 del 05/06/2020, Rv. 657965 - 01 . Principi analoghi debbono valere anche per l'esecuzione svolta nelle forme dell'espropriazione immobiliare sia pur tenendo presente che, nella prima, che conclude con la sostituzione ope iudicis del creditore, il concreto soddisfacimento della ragione di credito è necessariamente esterno e successivo al processo esecutivo, siccome rimesso all'adempimento del terzo assegnato mentre, nella seconda, il soddisfacimento consegue al concreto e materiale adempimento dell'ordine, impartito dal giudice, agli organi della procedura di procedere al pagamento disposto con il provvedimento conclusivo della fase distributiva. Per effetto dell'approvazione del progetto di distribuzione, quindi, la procedura esecutiva è chiusa, riguardando il materiale incasso delle somme a disposizione di quella una materiale attività dovuta, ma complementare. Questo effetto non è impedito dalla pendenza d'una opposizione distributiva. Allo stesso modo in cui un giudizio d'appello non può dirsi pendente sol perché avverso la sentenza conclusiva di esso sia stato proposto ricorso per cassazione e dunque esista l'eventualità che il processo debba riaprirsi, nel caso di cassazione con rinvio della sentenza impugnata , per la medesima ragione una procedura esecutiva non può dirsi pendente sol perché la distribuzione del ricavato della vendita forzata sia avvenuto nonostante la pendenza d'un giudizio di opposizione. Non è l'opposizione distributiva ad impedire la chiusura dell'esecuzione, ma è solo l'accoglimento di essa a travolgere con effetto ex tunc il provvedimento giurisdizionale di approvazione del progetto di distribuzione. 4.2. Da quanto esposto consegue che il fallimento del debitore dopo la distribuzione del ricavato ed in pendenza del giudizio di opposizione distributiva è di per sé irrilevante in quest'ultimo giudizio. Se l'opposizione dovesse essere rigettata, ovviamente la suddetta circostanza resterà improduttiva di effetti. Se invece l'opposizione dovesse essere accolta, spetterà al giudice dell'esecuzione, ripristinato il corso del processo esecutivo a seguito della pronuncia di cognizione demolitoria dell'ordinanza che lo aveva concluso, rilevare l'avvenuto fallimento del debitore ed adottare i provvedimenti opportuni, primi fra i quali quelli ai sensi dell' art. 51 l. fall . applicabile ratione temporis . 5. La sentenza impugnata va dunque cassata in parte qua, con rinvio al Tribunale di Verona, il quale tornerà ad esaminare l'opposizione proposta dalla Nemo applicando i seguenti principi di diritto a non è consentito al giudice dell'opposizione distributiva modificare, in assenza di domanda, il progetto di distribuzione, attribuendo il ricavato della vendita a soggetto che non ne abbia fatto richiesta b non è consentito al giudice dell'opposizione distributiva sindacare, in assenza di domanda, la legittimità dell'intervento d'un creditore nell'esecuzione c l'esecuzione per espropriazione immobiliare si chiude con il provvedimento di approvazione del progetto di distribuzione la circostanza che il pagamento dei creditori, ordinato con detto provvedimento, avvenga nonostante la pendenza di una opposizione distributiva non impedisce la chiusura dell'esecuzione, la quale ultima si potrà riaprire con effetto ex tunc nel caso di accoglimento dell'opposizione . 6. Le spese del presente giudizio nei rapporti tra la Nemo, il fallimento della [ ] ed il fallimento della omissis saranno regolate dal giudice di rinvio. Nel rapporto tra la Nemo e la Unicredit - per effetto del rigetto del primo motivo di ricorso, che comporta la definitiva estromissione della Unicredit dal presente giudizio - vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell' art. 385 c.p.c. , comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso - accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Verona, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità - condanna Nemo SPV s.r.l. alla rifusione in favore di Unicredit s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 30.769, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2 , comma 2.