Niente differimento della pena per il mafioso che soffre di depressione e ha avuto in passato istinti suicidi

A fronte delle obiezioni difensive, i giudici precisano che la decisione di trasmettere gli atti al ‘Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria’ al fine di valutare l'opportunità di trasferire il detenuto presso un diverso istituto dotato di assistenza psichiatrica continua e più vicino ai luoghi di residenza del suo nucleo familiare non si pone in contraddizione con la ritenuta compatibilità delle condizioni di salute dell'imputato con il regime carcerario bensì dà conto dell’attenzione prestata alla migliore gestione, in concreto, del trattamento penitenziario.

Carcere confermato per l'esponente di spicco della ‘ndrangheta, nonostante egli sia preda di una sindrome depressiva e abbia, in passato, manifestato anche istinti suicidi. Cass. pen., sez. I, 29 settembre 2023 17 novembre 2023 n. numero 46469 CARCERE Presa di posizione netta da parte del Tribunale di Sorveglianza, che rigetta l'istanza avanzata dallo ‘ndranghetista ristretto in carcere e mirata alla concessione del differimento della pena , anche nelle forme della detenzione domiciliare . Allo stesso tempo, però, il Tribunale di sorveglianza dispone la trasmissione del provvedimento al ‘Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria' per la possibile assegnazione del condannato presso un altro istituto penitenziario , dotato di assistenza psichiatrica ventiquattr'ore al giorno e più vicino ai luoghi di appartenenza del nucleo familiare . Per maggiore chiarezza, comunque, il giudice precisa che la patologia da cui è affetto il detenuto non risulta di gravità tale da integrare una situazione di effettiva incompatibilità con il regime carcerario, essendo le condizioni di salute del soggetto stabili e non necessitanti di contatti costanti con i presidi sanitari esterni, potendo essere idoneamente seguite e curate in regime detentivo, in condizioni compatibili con le finalità rieducative della pena, auspicabilmente in un istituto dotato di assistenza psichiatrica continua e vicino al nucleo familiare . Il giudice aggiunge poi che nell'istanza presentata dal detenuto non sono indicati quali specifici trattamenti terapeutici, più efficaci di quelli praticati in regime di detenzione, egli dovrebbe ricevere in regime di libertà, considerato pure che non risulta essersi mai affidato alle cure mediche di uno specialista o di strutture psichiatriche e che, di recente, ha volontariamente concordato con gli operatori dell'istituto carcerario la revoca delle misure previste dal protocollo anti-suicidiario . Per chiudere il cerchio, infine, il giudice precisa che vi è, nonostante la regolarità della condotta serbata dal detenuto nella fase cautelare, un concreto pericolo della commissione di ulteriori delitti , avuto riguardo sia al suo profilo criminale come elemento di spicco dell'associazione di stampo mafioso, sia al lungo arco temporale in cui è stato accertato il reato associativo oggetto di condanna, sia, infine, all'attuale operatività della cosca di appartenenza . DEPRESSIONE Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta il detenuto sostiene che la stessa natura della patologia da cui è affetto il suo cliente è incompatibile con il carcere e la risposta del Tribunale del riesame, che demanda al ‘Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria' l'individuazione di altra struttura adeguata, non è confacente alla normativa e al caso specifico, ciò anche considerato che i giudici ordinari hanno, per cinque anni, provveduto in modo diverso, destinando il detenuto presso delle case di accoglienza su indicazione di diversi consulenti . E a questo proposito il legale sottolinea anche il buon comportamento tenuto dal suo cliente nei cinque anni trascorsi presso le case di accoglienza, ove ha beneficiato , non a caso, secondo il legale, di numerose autorizzazioni agli spostamenti . Prima di replicare alle obiezioni difensive, i magistrati ricordano che, Codice Penale alla mano, il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena può essere concesso al condannato che risulti affetto da una grave infermità fisica che ne renda le condizioni di salute incompatibili con il carcere , e, quindi, ove ricorra tale presupposto, può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell'esecuzione della pena, chiesto in via principale, ove il giudice ritenga che l'esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute . Tirando le somme, assume dirimente rilievo la valutazione in ordine alla possibilità di bilanciare le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le sue condizioni complessive di salute , ciò in quanto l'accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena e all'applicazione della detenzione domiciliare . Tornando all'istanza presentata dall'esponente di spicco della ‘ndrangheta, i giudici di Cassazione considerano corretta la decisione del Tribunale del riesame, sia quanto alla ritenuta compatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario e quanto alla pericolosità sociale, di per sé ostativa all'accoglimento anche della detenzione domiciliare . In particolare, la sindrome depressiva del detenuto è compatibile con il carcere, vista la possibilità di cura in concreto presso le strutture detentive. In chiusura, poi, i magistrati di Cassazione precisano, replicando alle difesa, che la decisione di trasmettere gli atti al ‘Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria' al fine di valutare l'opportunità di trasferire il detenuto presso un diverso istituto dotato di assistenza psichiatrica continua e più vicino ai luoghi di residenza del suo nucleo familiare non si pone in contraddizione con la ritenuta compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario bensì dà conto dell'attenzione prestata alla migliore gestione, in concreto, del trattamento penitenziario .

Presidente Rocchi – Relatore Monaco Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria, con ordinanza del 21/2/2023, ha rigettato l'istanza proposta da S.A. volta alla concessione del differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare. Contestualmente, il Tribunale ha disposto la trasmissione dell'ordinanza al DAP per i provvedimenti di competenza in ordine all'assegnazione del condannato presso altro Istituto penitenziario, dotato di assistenza psichiatrica h24 e più vicino ai luoghi di appartenenza del nucleo familiare. 2. A fondamento della decisione, il Tribunale ha osservato che la patologia da cui è affetto S. non risulta di gravità tale da integrare una situazione di effettiva incompatibilità con il regime carcerario, essendo le condizioni di salute del soggetto stabili e non necessitanti di contatti costanti con i presidi sanitari esterni, potendo essere idoneamente seguite e curate in regime detentivo, in condizioni compatibili con le finalità rieducative della pena, auspicabilmente in un Istituto dotato di assistenza psichiatrica continua e vicino al nucleo familiare. Il giudice a quo ha anche evidenziato che nell'istanza non erano indicati quali specifici trattamenti terapeutici, più efficaci di quelli praticati in regime di detenzione, il detenuto dovrebbe ricevere in regime di libertà, considerato pure che egli non risulta essersi mai affidato alle cure mediche di uno specialista o di strutture psichiatriche e che, di recente, ha volontariamente concordato con gli operatori dell'Istituto di omissis la revoca delle misure previste dal protocollo anti-suicidiario, con mantenimento dell'attenzionamento. Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto che, nonostante la regolarità della condotta serbata nella fase cautelare, vi sia un concreto pericolo della commissione di ulteriori delitti, avuto riguardo sia al profilo criminale del detenuto, elemento di spicco dell'associazione di stampo mafioso, sia al lungo arco temporale in cui è stato accertato il reato associativo oggetto di condanna, che all'attuale operatività della cosca di appartenenza. In ragione dell'insussistenza di presupposti di cui all' art. 147 c.p. , il Tribunale ha disatteso anche l'istanza volta alla concessione della detenzione domiciliare in via surrogatoria. 3. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l'interessato che, a mezzo del difensore dell'interessato, in un unico articolato motivo deduce la violazione dell' art. 147 c.p. , comma 2, n. 2, e art. 47-ter Ord. Pen. , comma 1-ter, nonché la mancanza o l'apparenza della motivazione. La difesa nello specifico evidenzia che la stessa natura della patologia dalla quale è affetto il detenuto è incompatibile con il carcere e la risposta del Tribunale, che demanda al DAP l'individuazione di altra struttura adeguata, non è confacente alla norma e al caso di specie, ciò anche considerato che i giudici ordinari, per cinque anni e non già tre, come riportato in ordinanza , hanno provveduto in modo diverso, destinando il detenuto presso delle case di accoglienza su indicazione dei diversi consulenti. Il giudice a quo ha invece ritenuto di poter rovesciare le consulenze di ufficio che hanno dichiarato S. incompatibile con il carcere e, mentre ha valorizzato eccessivamente la vigenza dell'originario gruppo associativo, non ha considerato il comportamento tenuto dal ristretto nei cinque anni trascorsi presso le case di accoglienza, ove ha beneficiato di numerose autorizzazioni agli spostamenti. 4. In data 14 agosto è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta nella quale il Sost. Proc. Gen. Dott.ssa Giorgio Lidia chiede il rigetto del ricorso osservando che la decisione impugnata risulta sorretta da motivazione compiuta, non manifestamente illogica e congrua alle peculiarità del caso, oltre che conforme alle puntualizzazioni giurisprudenziali in argomento e che i rilievi difensivi non sono dirimenti e supportati da idonea documentazione allegata all'atto di impugnazione. 5. Il 4 settembre 2023 è pervenuta in cancelleria una memoria con motivi nuovi nei quali l'avv. Gerace Armando ribadisce le deduzioni già affidate all'atto di impugnazione e insiste per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Nell'unico motivo di impugnazione la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto alla ritenuta insussistenza di applicazione del differimento della pena anche nelle forme della detenzione domiciliare. La doglianza è infondata. 1.1. Ai sensi dell' art. 147 c.p. , comma 1, n. 2, il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena può essere concesso al condannato che risulti affetto da una grave infermità fisica che renda le condizioni di salute del soggetto incompatibili con il carcere. Ai sensi dell' art. 47-ter Ord. Pen. , comma 1-ter, ove ricorra tale presupposto, può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell'esecuzione della pena, chiesto in via principale, ove il giudice ritenga che l'esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021, Cecchi Gori, Rv. 281225 . Il rigetto dell'istanza postula, in entrambi i casi, una valutazione di compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario al quale è sottoposto. Si tratta di un giudizio bifasico, che deve essere effettuato dapprima in astratto, tenendo conto dell'inquadramento nosografico della patologia del detenuto e della astratta possibilità di cura, e quindi, in concreto, tenendo conto delle modalità di somministrazione delle terapie di cui il soggetto necessita, valutate in relazione all'istituto penitenziario in cui è ristretto e alle eventuali ulteriori strutture dove poterlo trasferire, nonché alla concreta incidenza della specifica situazione ambientale con il peculiare quadro clinico del detenuto Sez. 1, n. 36875 del 15/07/2021, non massimata Sez. 1, n. 50998 del 17/10/2018, non mass. . Il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell' art. 11 Ord. Pen. Sez. 1, n. 37216 del 5/03/2014, Carfora, Rv. 260780 Sez. 1, n. 8936 del 22/11/2000, dep. 2001, Piromalli, Rv. 218229 . Peraltro, il giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l'incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, ritenga di non accogliere l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve disporre gli accertamenti medici necessari, nominando un perito Sez. 1, n. 54448 del 29/11/2016, Morelli, Rv. 269200 . Nel complesso giudizio che deve essere effettuato, però, assume dirimente rilievo la valutazione in ordine alla possibilità di bilanciare le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute dello stesso Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699 , ciò in quanto, come anche di recente ribadito, l'accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena, ai sensi dell' art. 147 c.p. , comma 4, e all'applicazione della detenzione domiciliare, ex art. 47-ter Ord. Pen. , comma 1-ter, Sez. 1, n. 21969 del 17/07/2020, Strano, Rv. 279375 - 01 . 1.2. Nel caso di specie il Tribunale si è conformato ai principi espressi e la motivazione resa sia quanto alla ritenuta compatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario e quanto alla pericolosità sociale, di per sé ostativa all'accoglimento anche della detenzione domiciliare, risulta adeguata e coerente. Il giudice della sorveglianza, infatti, ha dato conto di avere effettuato una valutazione in astratto sull'inquadramento nosografico della patologia e sulla sua possibilità di cura in concreto presso le strutture detentive e ha fornito una giustificazione esaustiva, logica e coerente con l'istruttoria. Giustificazione che il ricorso contesta sulla base del mero assunto, disatteso dal Tribunale in termini specifici, che la sindrome depressiva sarebbe di per sé incompatibile con il carcere. Sotto altro e dirimente profilo, poi, il ricorrente non si confronta adeguatamente con il giudizio di elevata pericolosità formulato dal Tribunale, limitandosi a opporre a tale valutazione circostanze di fatto, quali la condotta tenuta nel periodo di custodia cautelare, neppure documentate. 1.3. Non vale a rendere illogica la conclusione, d'altro canto, la considerazione da ultimo espressa dal tribunale, pure inserita nel dispositivo nel provvedimento impugnato, trasmesso al DAP per i provvedimenti di competenza . La decisione di trasmettere gli atti al DAP al fine di valutare l'opportunità di trasferire il ricorrente presso un diverso istituto dotato di assistenza psichiatrica h24 e più vicino ai lughi di residenza del nucleo familiare dello stesso, infatti, non si pone in contraddizione con la ritenuta compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario quanto, piuttosto, dà conto dell'attenzione prestata dal giudice della sorveglianza alla migliore gestione, in concreto, del trattamento penitenziario. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.