Benefici penitenziari: la Cassazione rigetta il ricorso costituzionale sulla mancata valutazione della situazione soggettiva del condannato

L’art. 58- quater , comma 7, ord. pen., non sancisce un divieto generalizzato di concessione di misure alternative alla pena detentiva, ma ne prevede una loro limitazione nel caso in cui il soggetto, dichiarato recidivo, richieda per una seconda volta la misura alternativa.

La Cassazione nel rigettare la questione di legittimità costituzionale sollevata, prende le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 79 del 2007 sull' art. 58 quater , comma 7 bis l. 354/1975 . In tale sentenza la Consulta ha pronunciato declaratoria di incostituzionalità dei commi 1 e 7 bis dell'art. 58 quater della legge n. 354 del 1975 nella parte in cui non prevedono che i benefici in essi indicati possano essere concessi, sulla base della normativa previgente, nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore della citata legge n. 251 del 2005 , abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti . Sottolinea la Suprema Corte come nella pronuncia di illegittimità la Consulta prenda le mosse dalla finalità rieducativa della pena di cui all' art. 27, comma 3, Cost. e su come la stessa si rifletta su tutta la legislazione penitenziaria. Tale illegittimità costituzionale deve individuarsi nella mancanza di una disciplina transitoria e nei conseguenti effetti negativi dispiegati nei confronti dei singoli condannati che già avevano maturato – nella vigenza della previgente disciplina – le condizioni per godere del beneficio. I percorsi rieducativi dei condannati non possono essere vanificati dalla mera successione di leggi nel tempo , e la restrizione a solo una volta della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato al quale sia sitata applicata la c.d. recidiva reiterata art. 99, comma 4 c.p. non si pone in contrasto con la finalità rieducativa della pena di cui all' art. 27 Cost. . L'art. 58 quater , comma 7, ord. pen., non sancisce un divieto generalizzato di concessione di misure alternative, ma ne prevede una loro limitazione nel caso in cui il soggetto, dichiarato recidivo, richieda per una seconda volta la misura alternativa. Oltretutto il fatto che al soggetto dichiarato recidivo sia stata revocata la misura premiale, evidenzia come il beneficio non abbia avuto l'esito sperato dimostrando la persistente pericolosità sociale del reo. È evidente, quindi, che questa situazione sia incompatibile con i presupposti per l'applicazione della misura alternativa e quindi, la scelta del legislatore di non procedere a un'ulteriore valutazione sulla situazione soggettiva del condannato da parte del tribunale, non risulta irragionevole.

Presidente Rocchi – Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, con ordinanza in data 28/2/2023, depositata il 2/3/2023, ha dichiarato inammissibile l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale, di detenzione domiciliare e di semilibertà presentata da D.A. in ordine alla pena in esecuzione fino al 13 agosto 2024. 2. Il Tribunale di Sorveglianza nel provvedimento impugnato, dato atto che il condannato ha chiesto che gli venisse applicata la misura alternativa e che questa fosse eseguita in Germania, ha ritenuto che la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale fosse inammissibile ai sensi dell' art. 58 quater Ord. Pen. , comma 7 bis in quanto sia in una precedente condanna, per la quale ha già usufruito della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, poi revocato, così come per quella ora in esecuzione è stata riconosciuta e applicata la recidiva qualificata. 3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso il condannato che, a mezzo del difensore ha dedotto i seguenti motivi. 3.1. Preliminarmente il ricorrente chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 58 quater , comma 7 bis in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. . 3.2. Violazione di legge in relazione alla mancata valutazione dei requisiti per l'accesso ai benefici penitenziari in quanto, pure a fronte della sussistenza dei presupposti previsti dall' art. 47 Ord. Pen. , la mancata applicazione della misura alternativa si fonda esclusivamente sull'esistenza di un precetto normativo ostativo senza compiere alcuna valutazione soggettiva del condannato. 3. In data 1 agosto 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. Dott. Serrao D'Aquino Pasquale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. La difesa, chiesto preliminarmente a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 58 quater , comma 7 bis in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. , deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto alla carenza di valutazione della situazione soggettiva del condannato. La questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata e le doglianze esposte sono pertanto infondate. 1.1. La legittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 58 quater , comma 7 bis, come anche indicato nell'atto di ricorso, è stata oggetto di valutazione nella sentenza n. 79 dell'anno 2007 della Corte costituzionale . In tale pronuncia il giudice delle leggi - chiamato a esprimersi in ordine alla legittimità della L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 7, commi 6 e 7, e art. 10 Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354 , in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione , nella parte in cui, modificando la L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 58 quater , commi 1 e 7 bis, prevedono che le nuove preclusioni stabilite per l'accesso alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale si applichino anche ai condannati per condotte punibili ai sensi dell' art. 385 c.p. , o recidivi reiterati, per delitti commessi prima dell'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 , indipendentemente dal comportamento tenuto successivamente alla condanna e alla casuale data di irrevocabilità delle sentenze da eseguire - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 58 quater , commi 1 e 7 bis nella sola parte in cui non prevedono che i benefici in essi indicati possano essere concessi, sulla base della normativa previgente, nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore della citata L. n. 251 del 2005 , abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti . Nella sentenza la Corte, che pure ha fondato la decisione sulla finalità rieducativa della pena, stabilita dall' art. 27 Cost. , comma 3, e su come questa debba riflettersi in modo adeguato su tutta la legislazione penitenziaria, quindi, ha ritenuto che l'illegittimità della norma dovesse essere individuata nella mancata previsione di una disciplina transitoria e negli effetti negativi che le diverse scelte del legislatore dispiegavano nei confronti dei singoli condannati che avevano già maturato, secondo la previgente disciplina, le condizioni per godere del beneficio stesso, ciò in quanto questo rappresenta, rispetto all'iter rieducativo, una brusca interruzione, senza che ad essa abbia in alcun modo corrisposto un comportamento colpevole del condannato sentenza n. 445 del 1997 . Tale interruzione pone nel nulla le positive esperienze già registrate ed ostacola il raggiungimento della finalità rieducativa della pena prescritta dalla Costituzione sentenza n. 137 del 1999 così testualmente nella sentenza . Sotto tale profilo, pertanto, in quella sede, evidenziato che i percorsi rieducativi compiuti da chi deve espiare una pena non possono essere vanificati, in tutto o in parte, per effetto di una mera successione delle leggi nel tempo, non si è posta in dubbio la legittimità delle diverse valutazioni di carattere generale e preventivo, operate dal legislatore escludendo per il futuro una data categoria di soggetti in ordine alla previsione di misure alternative alla detenzione o di benefici penitenziari. A ben vedere, infatti, la restrizione a non più di una volta della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato al quale sia stata applicata la recidiva di cui all' art. 99 c.p. , comma 4 non si pone in contrasto con la finalità rieducativa della pena di cui all' art. 27 Cost. . Ciò in quanto la norma non introduce un diniego generalizzato di concessione delle misure alternative quanto, piuttosto, prevede una limitazione per l'ipotesi in cui il soggetto dichiarato recidivo richieda una seconda volta la misura alternativa. In questo caso, d'altro canto, la circostanza che il medesimo soggetto al quale sia già stata revocata la misura alternativa sia stato anche dichiarato recidivo evidenzia che il precedente beneficio non ha avuto l'esito sperato e dimostra la persistente pericolosità sociale del condannato. Situazione questa che si pone in termini di incompatibilità con i presupposti di applicazione della misura alternativa per cui la scelta del legislatore, che ha ritenuto inutile che il tribunale proceda a una ulteriore valutazione sul punto, non risulta irragionevole. Per le ragioni esposte la prospettata questione di illegittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 58 quater , comma 7 bis, è manifestamente infondata. 1.2. Sotto altro e dirimente profilo si deve comunque evidenziare che il giudice della sorveglianza ha fornito una motivazione anche nel merito evidenziando la carenza dei presupposti di applicazione della misura. Con il riferimento all'ammonimento ricevuto dal condannato per un litigio con un compagno di detenzione, infatti, il Tribunale ha evidenziato che il comportamento dal ricorrente non era corretto e che, pertanto, non era possibile formulare un giudizio favorevole in ordine all'applicazione delle misure alternative richiesta. Tale motivazione, benché succinta, in assenza di palesi vizi logici, non è sindacabile in questa sede e rende anche irrilevante la prospettata questione di legittimità costituzionale. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.