Le nuove pene sostitutive previste dalla riforma Cartabia sono soggette al principio devolutivo, per cui potranno trovare applicazione nel giudizio di secondo grado solo se il relativo tema sia stato specificamente devoluto nei motivi di appello. Inoltre, le novelle non hanno previsto un obbligo ma solo la facoltà per il giudice di rinviare l’udienza e sospendere il processo, mentre l’elaborazione del programma di trattamento non è prevista quale condizione di ammissibilità della richiesta di sostituzione della pena.
Questi i principi di diritto tracciati dalla Suprema Corte che ha minuziosamente perimetrato i contorni dei nuovi istituti, di natura sostanziale e processuale, che ruotano attorno alle nuove pene sostitutive semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità, pena pecuniaria , uno dei pilastri sui quali si erge il d.lgs. n. 150/2022 c.d. riforma Cartabia . Nuove norme applicabili nel caso di specie Un uomo viene condannato in primo grado per delitti in materia di stupefacenti per l'ipotesi di fatto di lieve entità art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/1990 . Con la sentenza di prime cure il giudice disponeva la sostituzione della pena detentiva irrogata di un anno di reclusione con quella della libertà controllata per la medesima durata, ai sensi dell' art. 53 l. n. 689/1981 . Interposto l'appello dall'imputato, nelle more irrompe nel sistema penale la riforma Cartabia d.lgs. n. 150/2022 , entrato in vigore il 30 dicembre 2022 , con l'ampliamento del ventaglio sanzionatorio, non più incentrato sulla pena detentiva ma su altre sanzioni penali autonome . Così, all'udienza del 17 febbraio 2023 , nel corso del giudizio di appello, la difesa dell'accusato avanzava richiesta della più favorevole disciplina delle pene sostitutive più precisamente, chiedeva di valutare i presupposti per accedere al lavoro di pubblica utilità sostitutivo applicabile , ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all' art. 95 d.lgs. n. 150/2022 , anche ai procedimenti pendenti in primo o secondo grado alla data di entrata in vigore della riforma Cartabia. Il rigetto della richiesta di applicare lo ius novum e il ricorso in Cassazione La Corte di appello rigettava la richiesta di accedere alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità perché il programma allegato alla domanda prevedeva lo svolgimento di quattro ore settimanali, laddove l'art. 56- bis l. n. 689/1981, aggiunto dall'art. 71 d. lgs. n. 150, richiede un impegno lavorativo di non meno di sei ore a settimana. Non condividendo tale prospettiva, l'imputato, per il tramite del suo legale, propone ricorso per cassazione rappresentando che 1 il programma allegato dal difensore si riferiva ad altro procedimento per il quale l'imputato aveva già ottenuto la sospensione del processo per messa alla prova e che si era prodotto nel processo de quo al fine di saggiare l'adeguatezza dell''invocata pena sostitutiva 2 era obbligo della Corte territoriale, ai sensi del nuovo art. 545- bis c.p.p. che regola il subprocedimento con cui il giudice della cognizione provvede alla sostituzione delle pene detentive brevi , sospendere il processo per acquisire il programma specifico ritagliato per il presente procedimento. Il necessario rispetto del principio devolutivo Il ricorso viene accolto sul punto ritenendo errata la decisione adottata sia pure con le dovute precisazioni interpretative. In primis , viene formulato il seguente principio di diritto l'applicazione dell'art. 545- bis al giudizio di appello resta soggetta al rispetto del principio devolutivo, nel senso che le sanzioni sostitutive possono trovare applicazione nel giudizio di appello solo se il relativo tema sia stato specificamente devoluto nei motivi di appello . Ciò in ragione dell'autonomia della questione relativa alla sostituzione della pena detentiva, tale da non poter essere ritenuta nelle doglianze inerenti più in generale al trattamento sanzionatorio e del carattere eccezionale del comma 5 dell' art. 597 c.p.p. che consente l'applicazione ex officio della sospensione condizionale della pena, della non menzione, delle attenuanti e del bilanciamento tra circostanze , come rimarcato dalle Sezioni Unite Punzo n. 12872/2017, proprio sulle vecchie sanzioni sostitutive. Facoltà e non obbligo di rinviare udienza e sospendere il processo Il Collegio chiarisce a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente che l'art. 545- bis c.p.p. non prevede affatto un obbligo per il giudice di rinviare l'udienza e sospendere il processo dopo la lettura del dispositivo per acquisire informazioni dall'ufficio esecuzioni penali e dalla polizia giudiziaria, ma attribuisce al riguardo solo una mera facoltà il cui esercizio è rimesso al prudente apprezzamento del giudice onde evitare inutili prolungamenti della durata del processo nel caso che gli elementi acquisiti consentano immediatamente di ritenere in concreto non adeguata la sostituzione della pena detentiva, pur se irrogata entro i limiti di durata che ne consentono ammissibile in astratto la sostituzione . Diverso è il caso in cui sia lo stesso giudice a reputare necessario il rinvio al fine di acquisire informazioni utili a valutare l'adeguatezza della pena sostitutiva oppure quando, avendo già valutato come adeguata la pena sostitutiva , debba provvedere all'elaborazione del programma di trattamento. In tale ipotesi, la facoltà per il giudice della cognizione diventa in questo caso scelta obbligata quella di sospendere il processo per un tempo massimo di sessanta giorni al fine di rinviare l'udienza per predisporre il programma. Non necessaria la previa predisposizione del programma Altro passaggio chiave nell'accoglimento del proposto ricorso è quello per cui la mancata elaborazione del programma di trattamento non è prevista dalla legge quale condizione di ammissibilità della richiesta di sostituzione della pena e non può giustificarne il rigetto , Pertanto, la richiesta della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non è più soggetta alla condizione della preventiva elaborazione del programma di trattamento d'intesa con l'UEPE. Onere eccessivo e prematuro Per i giudici di legittimità sarebbe incoerente sul piano sistematico una interpretazione della previsione che correla la decisione della sostituzione della pena alla fase successiva alla lettura del dispositivo, con l'imposizione a carico dell'imputato dell'onere di predisporre per l'udienza fissare per la decisione l'elaborazione di un programma di trattamento, in una fase processuale in cui l'epilogo del giudizio è per definizione ancora incerto , potendo evidentemente essere anche assolutorio, così da rendere del tutto prematuro il coinvolgimento dell'UEPE. La diversa prospettiva per la richiesta di sostituzione in sede di appello Tale ultima considerazione va rapportata al grado del giudizio di merito in cui deve essere operata la sostituzione della pena detentiva, essendo evidente che nel giudizio di appello dove è già intervenuta la condanna a pena detentiva non sostituita e, quindi, si è già avuto un verdetto di condanna invece, l'elaborazione del programma di lavoro potrebbe certamente essere apprezzata dal giudice come elemento ulteriore di valutazione della fondatezza del motivo di appello che dovesse investire nello specifico il punto della mancata sostituzione della pena detentiva breve da parte del giudice di primo grado. Linee guida per il giudice e il difensore La pronuncia in commento ha il merito di disegnare le linee interpretative che devono guidare i giudici nell'applicazione la più ampia possibile, come si evince dalla relazione al d.lgs. n. 150/2022 delle nuove pene sostitutive. Ma anche di fornire dei suggerimenti ai difensori come quelli appena tracciati in sede di appello che assumono un ruolo fondamentale nell'indirizzare le scelte difensive, laddove gli esiti assolutori appaiono impervi o si è avuta una sentenza di condanna in primo grado difficilmente scalfibile e la strada delle sanzioni penali sostitutive consenta, già in sede di cognizione, di cucire sull'imputato la sanzione maggiormente tendente alla sua rieducazione.
Presidente De Amicis Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di condanna emessa in data 10 novembre 2020 dal Tribunale di Monza, per il reato di cui agli art. 81 c.p. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5. Con la sentenza di primo grado il Giudice aveva disposto la sostituzione della pena detentiva irrogata di un anno di reclusione con quella della libertà controllata per la medesima durata, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 ferma restando la pena pecuniaria di Euro 1.600 di multa. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, F.R. ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. d ed e , per la mancata assunzione di una prova documentale decisiva in violazione dell' art. 237 c.p.p. . In particolare, espone il ricorrente che la richiesta avanzata dal difensore di acquisizione di una informativa di polizia giudiziaria relativa ad altro procedimento a firma dell'unico teste di accusa, l'ispettore P. , era stata respinta in mancanza del consenso del pubblico ministero, non trattandosi di un documento proveniente dall'imputato. La decisione è stata confermata dalla Corte di appello sul rilievo che l'informativa che avrebbe attestato lo stato di consumatore di sostanze stupefacenti non poteva essere considerata documento proveniente dall'imputato. Il ricorrente, al contrario, adduce che la decisione è errata perché l' art. 237 c.p.p. legittimerebbe la produzione e l'acquisizione di qualsivoglia documento proveniente da parte dell'imputato. 2.2. Nel secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all' art. 545-bis c.p.p. ed alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58 per l'omessa valutazione dei presupposti richiesti per l'applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità in base al nuovo art. 20-bis c.p. , considerato che la pena sostitutiva richiesta dal difensore munito di procura speciale è stata negata dalla Corte di Appello solo perché il programma allegato alla domanda prevedeva lo svolgimento di quattro ore settimanali, laddove l'art. 56-bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 150 del 2022 , art. 71 richiede un impegno lavorativo di non meno di sei ore a settimana. Si rappresenta al riguardo che il programma allegato dal difensore si riferiva ad altro procedimento per il quale l'imputato aveva già ottenuto la sospensione del processo per messa alla prova, e che era obbligo della Corte ai sensi dell' art. 545-bis c.p.p. sospendere il processo per acquisire un programma specifico relativo al presente procedimento. 3. Il ricorso è stato trattato senza l'intervento delle parti, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, commi 8 e 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 , come prorogato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 94 modificato dal D.L. 22 giugno 2023, n. 75, art. 17 . Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. L'informativa di polizia giudiziaria non è certamente un documento proveniente dall'imputato, anche se afferente ad indagini o ad accertamenti svolti sulla sua persona. Per documento proveniente dall'imputato si intende, ai sensi dell' art. 237 c.p.p. , il documento del quale è autore l'imputato ovvero quello che riguarda specificamente la sua persona, ancorché da lui non sottoscritto, e non anche qualsiasi documento dal medesimo prodotto. L'interpretazione seguita dal ricorrente tendente ad equiparare il documento proveniente dall'imputato al documento prodotto dall'imputato qualunque sia la natura di esso, non può essere condivisa perché eluderebbe, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, i limiti imposti dall' art. 493 c.p.p. , comma 3, e dall'art. 431 c.p.p., comma 2 Sez. 6, n. 36874 del 13/06/2017, Rv. 270813 Sez. 5, n. 33243 del 09/02/2015, Bosco, Rv. 264953 . Trattandosi nella specie di un atto di indagine, seppure riferito alla personalità dell'imputato, ma non originato da una condotta dell'imputato, era necessario l'accordo delle parti per la sua acquisizione, e, dunque, non solo l'imputato o il difensore potevano opporsi alla sua acquisizione senza l'esame dell'operante, ma anche lo stesso pubblico ministero, come correttamente ritenuto dal giudice. Infatti, le citate disposizioni di cui agli art. 431 c.p.p. , comma 2, e art. 493 c.p.p. , comma 3, prevedono espressamente che l'acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero debba essere concordata dalle parti, e, quindi, che anche il pubblico ministero possa legittimamente opporsi all'acquisizione di un atto d'indagine contenuto nel proprio fascicolo senza l'esame del teste, in ossequio al principio del contraddittorio e nell'esercizio del diritto di ciascuna parte a rinunciarvi. 2. Il secondo motivo è, invece, fondato. Si deve rilevare innanzitutto che la Corte di appello ha respinto la richiesta di sostituzione della pena irrogata dal primo giudice con quella dei lavori di pubblica utilità per ragioni correlate non alla valutazione di inidoneità della sanzione sostitutiva in base ai criteri fissati dal novellato L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 59 come sostituito dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 71 ma per avere ritenuto il programma prodotto dal difensore non conforme alla legge sotto il profilo della durata minima settimanale della prestazione di lavoro. Tale decisione è errata, innanzitutto, perché adottata senza considerare che si trattava di un programma elaborato sotto la vigenza della previgente normativa per un diverso procedimento penale e nel contesto del differente istituto processuale della sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis c.p.p. , e che la difesa aveva prodotto soltanto ai fini della prova dell'adeguatezza dell'invocata applicazione della pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità. In punto di diritto va, poi, osservato che il D.Lgs. n. 150, art. 95 recante la disciplina transitoria in materia di pene sostitutive, prevede espressamente che le norme previste dal Capo III della L. n. 689 del 1981 come modificate dal D.Lgs. n. 150, art. 71 , se più favorevoli all'agente, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello alla data di entrata in vigore del decreto 30 dicembre 2022 , e quindi anche al procedimento de quo, atteso che la richiesta è stata formulata dalla difesa per l'udienza del 17 febbraio 2023 nel corso del giudizio di appello. Pertanto, in forza della anzidetta norma transitoria, essendo mutato il regime di sostituzione delle pene detentive rispetto a quello vigente al momento dello svolgimento del giudizio di primo grado, andava necessariamente applicata anche la nuova disciplina introdotta dall' art. 545-bis c.p.p. , che regola il subprocedimento con cui il giudice della cognizione provvede alla sostituzione delle pene detentive brevi, sebbene si tratti di una norma processuale dettata specificamente per il giudizio di primo grado. Sotto tale profilo, è bene precisare che l'applicazione dell' art. 545-bis c.p.p. al giudizio di appello resta pur sempre condizionata dal rispetto del principio devolutivo. Non essendo intervenuta alcuna modifica dell' art. 597 c.p.p. , comma 5, rimane valido l'orientamento contrario all'applicabilità delle sanzioni sostitutive se il relativo tema non sia stato specificamente devoluto, in ragione proprio dell'autonomia della questione relativa alla sostituzione della pena detentiva, tale da non poter essere ritenuta neppure compresa nelle doglianze inerenti più in generale al trattamento sanzionatorio, e del carattere di norma eccezionale e quindi di stretta interpretazione della disposizione di cui all'art. 597 cod., comma 5 rispetto alla regola generale dell'effetto devolutivo fissata dal comma 1 secondo il quale l'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti . cfr. Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125, secondo cui, verbatim, Il giudice di appello non ha il potere di applicare d'ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell'atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l'ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall' art. 597 c.p.p. , comma 5, che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell'appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 58 . Nel caso di specie, in forza della norma transitoria che applica anche ai fatti pregressi la nuova disciplina della sostituzione delle pene detentive brevi, con il solo limite che si tratti di procedimento ancora pendente in appello alla data di entrata in vigore della riforma, la specifica richiesta avanzata nel motivo di appello dal ricorrente rende ragione della doverosa applicazione dell' art. 545-bis c.p.p. anche da parte del giudice di appello ai fini dell'applicazione della pena sostitutiva, nei limiti della sua compatibilità con le caratteristiche del giudizio di appello quale giudizio limitato all'esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, in ossequio al principio devolutivo. 3. Ciò premesso, va osservato che l' art. 545-bis c.p.p. , introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 31 non prevede affatto un obbligo per il giudice di rinviare l'udienza e sospendere il processo dopo la lettura del dispositivo per acquisire informazioni dall'ufficio esecuzione penale o dalla polizia giudiziaria, ma attribuisce al riguardo solo una facoltà il cui esercizio è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, onde evitare inutili prolungamenti della durata del processo nel caso che gli elementi acquisiti consentano immediatamente di ritenere in concreto non adeguata la sostituzione della pena detentiva, pur se irrogata entro i limiti di durata che ne rendono ammissibile in astratto la sostituzione. Nel caso opposto, in cui il giudice della cognizione valuti, invece, adeguata la pena sostitutiva richiesta dall'imputato, la mancata elaborazione del programma di trattamento non può giustificarne il rigetto, essendo espressamente prevista la facoltà per il giudice della cognizione - che diventa in questo caso una scelta obbligata - di sospendere il processo per un tempo massimo di sessanta giorni al fine di rinviare l'udienza per predisporre, in collaborazione con l'ufficio di esecuzione penale esterna, l'elaborazione di uno specifico programma di trattamento. 4. Nel caso di specie, pertanto, è mancata in primo luogo la valutazione dell'adeguatezza della pena sostitutiva richiesta, poiché la Corte territoriale, senza neppure formulare alcun giudizio motivato su tale profilo, ha respinto la richiesta ravvisando una irregolarità del programma allegato alla richiesta per inosservanza del numero minimo di ore di lavoro settimanali, che si riferiva ad un diverso procedimento penale e ad un diverso istituto processuale c.d. messa alla prova , senza considerare che a norma del disposto di cui al citato art. 545-bis c.p.p. rientra nel potere-dovere del giudice provvedere all'integrazione o modifica del programma stesso, ove ritenuto non corrispondente alle prescrizioni di legge circa il numero minimo di ore dell'impegno lavorativo richiesto. Ma, più in generale, deve essere chiarito che la richiesta della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non è soggetta alla condizione della preventiva elaborazione del programma di trattamento d'intesa con l'ufficio esecuzione penale esterna. La riforma del sistema sanzionatorio operata dal D.Lgs. n. 150 del 2022 ha attribuito al giudice della cognizione, sin dal momento in cui infligge la pena, il compito di specificare il contenuto della pena sostitutiva e del relativo progetto attuativo, anticipando la determinazione delle modalità di esecuzione delle pene che nel previgente sistema era invece rimessa ai compiti del magistrato di sorveglianza vedi la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 62 . Il legislatore della riforma è intervenuto nella materia attraverso una modifica sia della L. 24 novembre 1981, n. 689 , in tema di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi e sia dell'impianto codicistico, introducendo l' art. 20-bis c.p. , dedicato alle pene sostitutive delle pene detentive brevi, collocato nel Titolo H Delle pene , al Capo I Delle specie di pene in generale , dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie. Con specifico riferimento alla sanzione del lavoro di pubblica utilità, prevista dall' art. 20-bis c.p. introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 1 quale pena sostitutiva della pena detentiva irrogata in misura non superiore a tre anni per qualsiasi reato, la L. n. 689 del 1981, art. 56 bis aggiunto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 71 ne fissa le regole sulla falsariga di quelle previste per i reati di competenza del giudice di pace dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54 con differente modulazione dei termini di durata settimanale della prestazione lavorativa, essendo previsto che non sia inferiore a sei ore e non superiore alle quindici ore alla settimana laddove l'art. 54 D.Lgs. cit. prevede che la prestazione di lavoro non superi le sei ore di lavoro settimanale, salva diversa autorizzazione da parte del giudice . È bene anche precisare che, sebbene manchi nella L. n. 689 del 1981, art. 56-bis una espressa disposizione che richieda l'assenso dell'imputato, come quella del D.Lgs. n. 274 del 2000 cit., art. 54, comma 1 secondo cui il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità solo su richiesta dell'imputato , discende dalla natura stessa della pena sostitutiva in oggetto che essa non possa ovviamente prescindere dall'assenso dell'imputato, considerato da un lato il rilievo che nell' art. 545-bis c.p.p. è dato al consenso alla sostituzione da parte dell'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale Se l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può avere luogo la sostituzione con detta pena , e tenuto conto, dall'altro lato, del divieto di lavori forzati od obbligatori sancito dall' art. 4, comma 2, Convenzione EDU . La recente riforma del sistema delle sanzioni penali comporta come suo principale effetto una maggiore ponderazione della scelta della pena da irrogare da parte del giudice della cognizione rispetto alla disciplina previgente, essendo state da un lato ridotte e contenute le preclusioni previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 59 nel suo testo originario, attraverso una estensione dell'ambito soggettivo e oggettivo della sostituibilità delle pene detentive e pecuniarie, ed essendo stato previsto, sotto il profilo procedurale, che sia lo stesso giudice della cognizione a valutare ex officio se ricorrano le condizioni per sostituire la pena detentiva dopo la lettura del dispositivo. L' art. 545-bis c.p.p. , comma 1, prevede, infatti, che, quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale della pena, se ricorrono le condizioni per la sostituibilità della pena detentiva, il giudice, dopo la lettura del dispositivo, ne dà avviso alle parti, quindi senza alcun riferimento ad una previa istanza o sollecitazione provenienti dall'imputato o dal pubblico ministero. La verifica della sussistenza di dette condizioni per la sostituibilità della pena detentiva deve evidentemente essere coordinata con quanto previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 58 che disciplina il potere discrezionale del giudice nell'applicazione delle pene sostitutive e che richiama i criteri indicati nell' art. 133 c.p. , configurando la decisione in ordine all'applicazione della pena sostitutiva quale esercizio di un potere certamente discrezionale ma che impone tuttavia al giudice di soppesare adeguatamente quale possa essere la pena in grado di soddisfare meglio le finalità che la pena persegue sotto il profilo rieducativo e repressivo e di darne riscontro, evidentemente, anche nella motivazione della sentenza. La valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall' art. 133 c.p. , con la conseguenza che il giudice può negare la sostituzione della pena anche soltanto perché i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, purché ne spieghi le ragioni sotto il profilo dell'adeguatezza della pena alle finalità di rieducazione sociale del condannato, in relazione alle peculiarità del caso concreto. Nel caso di specie è, invece, mancata del tutto da parte del giudice la valutazione dell'adeguatezza o inadeguatezza della pena sostitutiva richiesta in relazione alla personalità dell'imputato, essendo stata rigettata la richiesta di sostituzione solo per una ravvisata irregolarità del programma di trattamento per l'esecuzione della pena sostitutiva, senza disporre come dovuto il rinvio ad altra udienza, necessario per l'integrazione o per l'elaborazione di detto programma in collaborazione con l'UEPE. È opportuno chiarire al riguardo che il rinvio dell'udienza e la correlata sospensione del procedimento, previsti come esercizio di una facoltà da parte del giudice della cognizione dall' art. 545-bis c.p.p. , comma 1, possono assumere carattere vincolato ove il giudice reputi necessario acquisire informazioni utili a valutare l'adeguatezza della pena sostitutiva oppure quando avendo già valutato come adeguata la pena sostitutiva, debba provvedere all'elaborazione o all'integrazione del programma di trattamento, la cui predisposizione da parte dell'imputato non è prevista dalla legge come condizione di ammissibilità della richiesta di sostituzione della pena, diversamente da quanto disposto dall' art. 464-bis c.p.p. , comma 4, in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova che prevede, per l'appunto, che all'istanza sia allegato il programma di trattamento elaborato d'intesa con l'ufficio di esecuzione penale esterna o, quanto meno, la richiesta della sua elaborazione all'ufficio di esecuzione penale esterna, quali requisiti di ammissibilità dell'istanza di sospensione Sez. 6, n. 9197 del 26/09/2019, dep. 2020, Milahi Farid, Rv. 278619 Sez. 3, n. 23426 del 29/04/2022, B., Rv. 283640 . La differente disciplina si spiega agevolmente se si considera la diversa natura dei due istituti a confronto, atteso che mentre la sospensione del procedimento con messa alla prova prescinde dall'accertamento della responsabilità penale e rappresenta un procedimento alternativo a quello ordinario, la sostituzione della pena assume la forma di un subprocedimento che si inserisce al termine dell'ordinario giudizio di condanna ed è espressione del potere-dovere del giudice di irrogare una pena conforme alle finalità di rieducazione che essa persegue in relazione alla valutazione della personalità dell'imputato ed, in generale, di tutte le circostanze che devono essere prese in considerazione ai fini della determinazione della pena a norma del novellato L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58 . D'altra parte, sarebbe incoerente sul piano sistematico una interpretazione della previsione che correla la decisione della sostituzione della pena alla fase successiva alla lettura del dispositivo subito dopo la lettura del dispositivo , con l'imposizione a carico dell'imputato dell'onere di predisporre per l'udienza fissata per la decisione l'elaborazione di un programma di trattamento, in una fase processuale in cui l'epilogo del giudizio è per definizione ancora incerto, potendo evidentemente essere anche assolutorio, cosi da rendere del tutto prematuro il coinvolgimento dell'ufficio di esecuzione penale esterna. Tale ultima considerazione deve essere evidentemente rapportata al grado del giudizio di merito in cui deve essere operata la sostituzione della pena detentiva, essendo evidente che nel giudizio di appello, invece, l'elaborazione del programma di lavoro potrebbe certamente anche essere apprezzata dal giudice come elemento ulteriore di valutazione della fondatezza del motivo di appello che dovesse investire specificamente il punto della mancata sostituzione della pena detentiva breve da parte del giudice di primo grado, senza che ciò tuttavia costituisca - giova ribadirlo - una condizione di ammissibilità della richiesta di riforma della sentenza sullo specifico punto devoluto. D'altra parte, è evidente che l' art. 545-bis c.p.p. , con riferimento al giudizio di appello, non comporta la necessità di operare una previa lettura del dispositivo con successiva eventuale integrazione o conferma dello stesso, essendo l'oggetto del giudizio di appello costituito proprio dalla conferma o dalla riforma della sentenza di primo grado attraverso il vaglio dei soli punti e capi della decisione devoluti alla sua cognizione. 5. In conclusione, per quanto sopra osservato, va formulato il seguente principio di diritto l'applicazione dell' art. 545-bis c.p.p. al giudizio di appello resta soggetta al rispetto del principio devolutivo, nel senso che le sanzioni sostitutive possono trovare applicazione nel giudizio di appello solo se il relativo tema sia stato specificamente devoluto nei motivi di appello . Inoltre, va altresì affermato il principio, con specifico riguardo al giudizio di primo grado, ma valido anche per il giudizio di appello nei limiti della compatibilità con il principio devolutivo, che la succitata disposizione processuale non prevede un obbligo per il giudice di rinviare l'udienza e sospendere il processo per acquisire informazioni dall'ufficio esecuzione penale o dalla polizia giudiziaria, ma attribuisce al riguardo solo una facoltà il cui esercizio è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, salvo che non sia lo stesso giudice a reputare necessario il rinvio al fine di acquisire informazioni utili a valutare l'adeguatezza della pena sostitutiva oppure quando, avendo già valutato come adeguata la pena sostitutiva, debba provvedere all'elaborazione o all'integrazione del programma di trattamento, la cui predisposizione da parte dell'imputato non è prevista dalla legge come condizione di ammissibilità della richiesta di sostituzione della pena . Di conseguenza, risulta carente la motivazione della sentenza impugnata che deve essere annullata sul punto con rinvio alla Corte di appello di Milano, perché proceda a nuovo esame alla luce dei principi di diritto sopra affermati. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla. la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano limitatamente alla richiesta di applicazione della pena sostitutiva. Rigetta nel resto il ricorso.