Bomboletta spray urticante: il labile confine tra legittima (auto)difesa e l’utilizzo di un’arma impropria

Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 585, comma 2, c.p. in relazione al delitto di lesioni, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla ritenuta natura di arma dello spray urticante al peperoncino e sulle condizioni che ne legittimano l’utilizzo alla luce del decreto ministeriale 103/2011.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte La Corte territoriale ha condannato l'imputata per il delitto di lesioni aggravate dall'utilizzo di un'arma ex art. 582, comma 2, c.p. , nella specie uno spray urticante al peperoncino . Il difensore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l' insussistenza dell'aggravante contestata, stante l'errata equiparazione tra la bomboletta spray ed una delle armi indicate nel catalogo di cui alla l. 18 aprile 1975, n. 110 . In considerazione dell'entrata in vigore del d. lgs. 150/2022 – che ha esteso l'area della procedibilità a querela della persona offesa anche al delitto previsto dall' art. 582 c.p. – il difensore dell'imputata ha proposto ricorso per cassazione per richiedere, altresì, il proscioglimento meramente processuale per la mancanza dell'atto di querela. Nel decisum in commento, la Corte si è pronunciata, in primis , sulle connotazioni ontologiche di offensività dello spray urticante, nonché sulle condizioni che legittimano la detenzione dello strumento per autodifesa. Le condizioni di impiego dello spray alla luce del decreto ministeriale 103/2011 Prima di addivenire ad un giudizio di infondatezza delle doglianze espresse dalla difesa sulla ritenuta insussistenza dell'aggravante contestata, la Suprema Corte si è soffermata sulla natura di arma della bomboletta al peperoncino . Quest'ultima presenta un elevato tasso di offensività , per avere al suo interno una sostanza naturale – l'oleoresin – capace di provocare l'irritazione delle mucose e degli occhi. Occorre evidenziare che lo spray viene comunemente impiegato come strumento di autodifesa e quindi legittimamente detenuto quando presenti le caratteristiche analiticamente indicate dall' art. 1 d.m. 103/2011 , ed in particolare quando contiene una miscela non superiore a 20 ml quando contiene una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10%, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinodi totali pari a 2,5% quando la miscela erogata dal prodotto non contiene sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici quando è sigillato all'atto della vendita e munito di un sistema di sicurezza contro l'attivazione accidentale quando lo spray ha una gittata utile non superiore a 3 metri. In altre parole, per regolamentare l'utilizzo dello spray, il Ministro dell'Interno ha introdotto una presunzione relativa di inoffensività” – attraverso l'individuazione di una pluralità di criteri di riferimento – superabile attraverso la verifica, in concreto, delle potenzialità lesive dell'oggetto. In altre parole, pur nel rispetto degli indicatori imposti dal decreto ministeriale, l'utilizzo dello spray diventa illegittimo quando viene meno la sua utilità difensiva Cass., Sez. II, 14.03.2023, n. 14608 , Simeone, in CED Cass., n. 284404 . Nel caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte, la detenzione della bomboletta al peperoncino – astrattamente legittima perché ossequiosa dei parametri di cui all' art. 1 del decreto ministeriale 103/2011 – ha perso la sua destinazione finalistica deputata all'autodifesa del soggetto che la possiede , trasformandosi in uno strumento idoneo a commettere un reato c.d. arma impropria . L'accertamento giurisdizionale delle caratteristiche di offensività rivestite dallo strumento utilizzato dall'agente Ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui all' art. 585, comma 2, c.p. , la sentenza in commento ha evidenziato come il porto di un oggetto – seppur aprioristicamente legittimo – finisce per assumere la connotazione di arma impropria , quando lo stesso venga utilizzato per una condotta offensiva ex plurimis , Cass., Sez. V, 2.05 , 2019, n. 26059, in CED Cass., n. 276132 . Si tratta, pertanto, di una concezione funzionale dell'oggetto che non è necessariamente ancorata alla classificazione utilizzata dalla legislazione speciale in materia di armi ex art. 4, l. 110/1975 . Da ciò ne consegue la valorizzazione massima dell'organo giurisdizionale di merito, chiamato a valutare l'effettiva idoneità offensiva dello spray utilizzato al fine di dare […] motivatamente conto dell'esistenza di circostanze di fatto che rivelino in modo unico una destinazione del porto differente da quello, di tipo esclusivo, consistente nella difesa della persona da un'aggressione, consentita dalla legge cfr. Cass., Sez. II, 14.03.2023, n. 14608 , cit. . La presunzione di inoffensività” introdotta con il decreto ministeriale 103/2011 è superabile soltanto attraverso un'interpretazione del giudice orientata a valutare, in concreto, l'attitudine funzionale dello strumento all'offesa, valorizzando le modalità e le circostanze di tempo e di luogo in cui lo stesso è detenuto.

Presidente Sabeone – Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. La pronunzia impugnata è stata deliberata il 27 ottobre 2022 dalla Corte di appello di Trieste, che ha confermato la decisione del Tribunale di Pordenone nei confronti di G.E. , condannata in primo grado con rito abbreviato per il reato di lesioni personali aggravate dall'uso dell'arma uno spray al peperoncino nei confronti di B.I. . 2. Il ricorso proposto nell'interesse dell'imputata dal suo difensore di fiducia si compone di tre motivi. 2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge in riferimento all' art. 582 c.p. perché - si sostiene - lo spray al peperoncino non sarebbe un'arma, sicché la fattispecie dovrebbe rientrare in quelle procedibili, a seguito della riforma Cartabia, a querela di parte. 2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge circa la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell'uso dell'arma, in quanto la percentuale di oleoresin capsicum contenuta nella bomboletta spray usata per commettere il reato è inferiore al 2,5%, il formato è inferiore a 20 ml e mancano del tutto sostanze tossiche, corrosive, cancerogene o agenti chimici aggressivi. 2.3. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza della lesione, ad onta della mancanza di un certificato medico che ne attestasse la natura, nonché delle dichiarazioni della persona offesa alla Polizia di non aver riportato alcuna lesione, se non un prurito al collo, dichiarazione reiterata con atto scritto depositato dinanzi a Tribunale e del tutto pretermesso dalla Corte di appello. A seguire la ricorrente invoca l'assoluzione perché il fatto non sussiste o il proscioglimento per mancanza di querela. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. 1. Il primo motivo di ricorso - che invoca il proscioglimento per mancanza di querela, agitando l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 - è manifestamente infondato perché il reato è procedibile di ufficio, trattandosi di lesione aggravata ai sensi dell' art. 585 c.p. , dall'uso di un'arma, per le ragioni che si esporranno in relazione al motivo sub 2 . L'attuale disposto dell' art. 582 c.p. , comma 2, recita, infatti, Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste nell' art. 61 c.p. , n. 11-octies , artt. 583 e 585 c.p. , ad eccezione di quelle indicate nell' art. 577 c.p. , comma 1, n. 1 , e nel comma 2 . 2 Il secondo motivo di ricorso - che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta natura di arma dello spray al peperoncino utilizzato dall'imputata - è infondato dal momento che appaiono condivisibili le argomenti della Corte di appello, con le precisazioni che seguono. La sostanza contenuta nella bomboletta adoperata dall'imputata è l'oleoresin capsicum, che è una sostanza naturale le cui proprietà vasodilatatorie, proprie della capsaicina, provocando l'irritazione delle mucose e degli occhi degli esseri umani, vengono utilizzate per finalità di autodifesa della persona. Il D.M. n. 103 del 2011 , recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica , ha prescritto le condizioni in presenza delle quali uno strumento di autodifesa fondato sull'impiego di capsaicina può essere legittimamente detenuto Sez. 2, n. 14608 del 14/03/2023, Simeone, Rv. 284404 . La bomboletta in uso all'imputata - si legge nel ricorso - rientrava nei limiti stabiliti per consentirne il porto. Ciò posto, il Collegio osserva, quanto alla sussistenza della circostanza aggravante in discorso, che la norma di riferimento è quella di cui all' art. 585 c.p. , comma 2, secondo cui, agli effetti della legge penale, per armi si intendono, tra l'altro, oltre che le armi in senso proprio e gli altri oggetti la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona, anche tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo il richiamo è evidentemente agli oggetti di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 2. Ebbene, a proposito della natura delle bombolette spray a base di oleoresin capsicum, questa Corte Sez. 2, Simeone, cit. ha attuato una distinzione tra le bombolette le cui caratteristiche esorbitino da quelle stabilite dal D.M. sopra menzionato e quelle che tali caratteristiche rispettino, ma che siano portate per finalità non difensive ma aggressive. In dettaglio, il precedente in parola, dopo aver individuato come armi vere e proprie le bombolette non rispettose delle specifiche tecniche di cui al D.M. in parola, si è soffermato su quelle rientranti nei limiti suddetti, esaltandone le potenzialità comunque eterolesive e adottando una prospettiva funzionale , legata alla torsione della finalità per cui l'oggetto viene portato, che, nei casi di porto non per scopi autodifensivi ma offensivi, le riconduce comunque agli oggetti utilizzabili per l'offesa alla persona e di cui la L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, vieta il porto senza giustificato motivo, motivo che la stessa proiezione eteroaggressiva esclude. D'altra parte, per reputare sussistente l'aggravante di cui all' art. 585 c.p. , comma 2, che la ricorrente contesta non è neanche necessario che la bomboletta utilizzata possa essere classificata ai sensi della L. n. 110, art. 4 cit Il Collegio osserva, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte ha riempito di contenuti la nozione di cui all' art. 585 c.p. , comma 2, sostenendo che il porto di un oggetto non destinato all'offesa cessa di essere giustificato nel momento in cui, per le circostanze di tempo di luogo o per il concreto uso che dello strumento viene fatto, esso perde la propria connotazione di oggetto di uso comune e diventa invece un'arma impropria. Ne consegue che qualsiasi oggetto comune, che in un contesto aggressivo possa essere utilizzato per l'offesa alla persona, è qualificabile come arma ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all' art. 585 c.p. , comma 2, come testimoniato dall'ampia casistica rinvenibile nelle sentenze di questa Corte che hanno affermato e ribadito il principio Sez. 5, n. 26059 del 02/05/2019, G., Rv. 276132, concernente il caso di utilizzo di un accendino e di liquido infiammabile, Sez. 5, n. 54148 del 06/06/2016, Vaina, Rv. 268750, con riferimento ad un manico di scopa Sez. 5, n. 8640 del 20/01/2016, R., Rv. 267713, in ordine ad un pezzo di legno Sez. 5, n. 46482 del 20/06/2014, A, Rv. 261017, per un guinzaglio Sez. 5, n. 49517 del 21/11/2013, R, Rv. 257758, per una paletta di plastica Sez. 5, n. 47504 del 24/09/2012, Baciu, Rv. 254082, in relazione ad un bicchiere di vetro . Si tratta, quindi, di una nozione anch'essa funzionale e non legata necessariamente alla definizione dell'oggetto utilizzato come arma dalla legislazione speciale in materia e neanche alla sua classificazione come oggetto vietato L. n. 110 del 1975, ex art. 4 potendo riferirsi ad ogni oggetto di uso comune che sia adoperato, nello specifico contesto, per l'offesa alla persona. Ciò consente, a maggior ragione, l'inclusione nella categoria delineata dall' art. 585 c.p. e precisata dalla giurisprudenza di questa Corte di uno strumento, come la bomboletta contenente spray urticante, che reca in sé la capacità di offendere e il cui utilizzo è circoscritto precisamente dalla legislazione in materia. 3. Il terzo motivo di ricorso - che lamenta vizio di motivazione e violazione di legge quanto alla natura di lesione penalmente rilevante di quella patita dalla persona offesa - è infondato anche se, per taluni aspetti, lambisce l'inammissibilità. Il riferimento è alla diversa interpretazione delle dichiarazioni della persona offesa che viene invocata, a cui questa Corte non può procedere. Ciò che conta è che la Corte di appello abbia parlato di irritazione a viso e collo, che costituisce di per sé una menomazione dell'integrità fisica rilevante ex art. 582 c.p. . In questo senso si richiama il precedente pure evocato dalla Corte territoriale, che, proprio a proposito di uno spray urticante, ha sostenuto che la malattia atta a determinare una alterazione anatomica o funzionale dell'organismo è anche quella, ancorché localizzata, che risulti di lieve entità e non sia influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto processo di alterazione Sez. 5, n. 6371 del 19/01/2010, Zona, Rv. 246158 . Quanto alla pretermissione delle dichiarazioni scritte della persona offesa, la doglianza segue a quella che in appello aveva introdotto il tema, ma che era del tutto generica, in quanto priva di qualsivoglia riferimento al contenuto di dette dichiarazioni, solo genericamente chiamate in causa. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.