L’incandidabilità degli amministratori dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose

Con ordinanza n. 31550/23, la Cassazione si è occupata della questione inerente i presupposti per la declaratoria di incandidabilità, prevista dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali TUEL .

La natura personale della misura della declaratoria di incandidabilità degli amministratori locali richiede una particolare personalizzazione degli addebiti da muovere a ciascuno di essi. Si rende, pertanto, necessario verificare la sussistenza sia dell' elemento soggettivo , costituito dall'incapacità di contrastare efficacemente le ingerenze le pressioni delle organizzazioni criminali, che dell'elemento oggettivo, ovvero la sussistenza di una condotta inefficiente, disattenta ed opaca, che si sia tradotta in una cattiva gestione della cosa pubblica, che ha reso possibile l'asservimento dell'amministrazione alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali. Il fatto La Suprema Corte ha fatto luce su alcuni aspetti della vicenda giudiziaria iniziata con la pronuncia del giudice di primo grado, che aveva rilevato l'insussistenza dei presupposti per la declaratoria di incandidabilità del sindaco, del suo vice e di un consigliere di un comune siciliano, il cui Consiglio Comunale era stato sciolto per infiltrazioni mafiose, con decreto del Presidente della Repubblica. La pronuncia era oggetto di reclamo, da parte del Ministero dell'Interno, che insisteva per ottenere la declaratoria di incandidabilità, ma i giudici di secondo grado respingevano il reclamo, poiché rilevavano anch'essi l' insussistenza dei necessari presupposti . In entrambi i casi, i giudici di merito avevano sostenuto che, ai fini della richiamata declaratoria non era sufficiente che gli amministratori di cui si chiedeva l'incandidabilità non avessero svolto un adeguato controllo, nei confronti dei funzionari coinvolti nelle indagini, che avevano poi portato allo scioglimento del Consiglio Comunale. Tale responsabilità veniva definita dai giudici di merito come responsabilità da posizione ”, di per sé insufficiente a determinare all'incandidabilità, che, invece, richiedeva la prova, anche in via presuntiva, che gli amministratori fossero a conoscenza del fatto che i detti soggetti fossero elementi di raccordo con la criminalità organizzata. Avverso questa decisione, il Ministero proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. I presupposti della declaratoria di incandidabilità La Prima Sezione della Suprema Corte ha chiarito innanzitutto che l'accertamento dei presupposti dell'incandidabilità degli amministratori di un ente locale, riguarda le condotte che hanno causato lo scioglimento del Consiglio Comunale e non quest'ultimo provvedimento, che pure da queste è stato generato sentenza n. 3024/2019 . Allo stesso modo, il fatto che la misura interdittiva elettorale non richiede una condotta penalmente rilevante, da parte degli amministratori, ma piuttosto una colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica fa sì che il procedimento giurisdizionale, che conduce all'incandidabilità sia autonomo, anche rispetto all'eventuale procedimento penale. Tale rilievo si fonda sul principio enunciato dalle Sezioni Unite, secondo le quali la misura interdittiva che colpisce l'amministratore locale, privandolo temporaneamente della possibilità di candidarsi, rappresenta un rimedio estremo , volto ad evitare il ricrearsi di quelle stesse situazioni che hanno portato alla dissoluzione del Consiglio Comunale, al fine di salvaguardare il regolare funzionamento del servizio pubblico sentenza S.U. n. 1747/2015 . La valutazione personale della condotta I Giudici della Suprema Corte aggiungono che, attesa la sua natura strettamente personale , la declaratoria di incandidabilità richiede una maggiore personalizzazione degli addebiti da muovere a ciascun amministratore. Diventa, quindi, necessario verificare la sussistenza sia dell' elemento soggettivo , costituito dall'incapacità di contrastare efficacemente le ingerenze le pressioni delle organizzazioni criminali, che dell' elemento oggettivo , ovvero la sussistenza di una condotta inefficiente, disattenta ed opaca, che si sia tradotta in una cattiva gestione della cosa pubblica, tale da rendere possibile l'asservimento dell'amministrazione alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali. La trasgressione dei propri doveri di vigilanza , da parte degli organi apicali dell'amministrazione locale, in sostanza, non solo deve aver determinato una situazione di cattiva gestione, ma deve anche aver agevolato le ingerenze della criminalità. Tale mancanza, pertanto, è sufficiente a integrare i presupposti per la misura interdittiva, proprio perché la funzione di quest'ultima è quella di evitar il rischio che i responsabili del dissesto dell'amministrazione comunale possano nuovamente rivestire le medesime cariche e potenzialmente portare al verificarsi di situazioni analoghe sentenza n. 2749/2021 .

Presidente Acierno – Relatore Tricomi Rilevato che 1.- La Corte d'appello di Catania, con decreto n. 2722/2020, depositato in data 9/7/2020, ha respinto il reclamo proposto dal Ministero dell'Interno e ha confermato la decisione del Tribunale di Catania che aveva dichiarato l'insussistenza dei presupposti per la declaratoria di incandidabilità di cui all' art. 143, comma 11, TUEL nei confronti, tra gli altri, di B.G. , già sindaco del Comune di Trecastagni, di T.S. , già vicesindaco del suddetto Comune, e di F.A.A. , già consigliere comunale, a seguito della richiesta del Ministero dell'Interno, trasmessa con nota del 26.5.2018, all'esito della procedura con cui era stato adottato il provvedimento di scioglimento, per infiltrazioni mafiose, del Comune di Trecastagni, con D.P.R. 11 maggio 2018. Segnatamente, la Corte di merito ha affermato che non basta ai fini dell'incandidabilità del sindaco B. e del vice sindaco T.S. il non avere svolto un adeguato indirizzo e controllo verso i due funzionari apparentemente infedeli che sono stati tratti in arresto a seguito dell'operazione investigativa sopra citata per gravi condotte di reato poste in essere nell'esercizio delle loro funzioni ha, quindi, esposto che l'incandidabilità implicava l'accertamento necessario dell'elemento soggettivo della colpa e non già una responsabilità da posizione ha osservato che, nel caso specifico, sarebbe stato necessario che dal compendio delle risultanze acquisite fosse emerso che il sindaco ed il vice sindaco erano a conoscenza del fatto che G.G. , amministratore di Gero Ambiente SRL - società cui era stato affidato il servizio di nettezza urbana nel 2015, prorogato sino al 2017, ed il figlio G.V. , amministratore della E.F. Servizi Ecologici SRL, cui il suddetto servizio era stato affidato dal funzionario comunale poi tratto in arresto - erano elementi di raccordo con la criminalità organizzata operante nel territorio, mentre dagli atti - come ritenuto dal Tribunale - non emergevano elementi che anche presuntivamente dimostrassero la conoscenza da parte dei suddetti amministratori della caratura criminale dei G. . Quanto ai profili di incandidabilità dell'ex sindaco B. collegati alla persona dell'imprenditore M.A. - indicato come socio occulto della Logistic Group affidataria di lavori comunali riguardanti la viabilità e la manutenzione straordinaria dell'impianto di illuminazione, tratto in arresto a seguito dell'operazione XXXXXXX e notoriamente braccio destro dell'ex primo cittadino - la Corte di merito ha escluso che fosse stata fornita la prova del condizionamento o collegamento di B. con la criminalità organizzata, tenuto conto che a M. non era stato contestato il reato associativo e che non emergeva dagli atti che lo stesso facesse parte di associazione mafiosa. In relazione alla posizione del consigliere comunale F.A.A. , la Corte catanese ha rimarcato la genericità del reclamo, non essendo stati indicati gli episodi rilevanti per la declaratoria di incandidabilità che il Tribunale avrebbe omesso di valutare nella loro interconnessione ed ha confermato la prima decisione, secondo la quale il solo fatto della frequentazione del locale di famiglia del F. da parte di non meglio precisati malavitosi non era adeguatamente sintomatico del collegamento del consigliere comunale con l'inquinamento mafioso del Comune di Trecastagni. Avverso il detto decreto, Il Ministero dell'Interno ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un mezzo con atto notificato il 18/2/2021. B.G. , T.S. e F.A.A. hanno replicato con separati controricorsi. S.A. e T.S. sono rimasti intimati. Non risultano depositate memorie. Considerato che 2.- Con un unico motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. In particolare, deduce che la disciplina richiamata integra una misura autonoma rispetto ad eventuali sanzioni penali, posto che la misura interdittiva dell'incandidabilità non richiede che la condotta dell'amministratore integri gli estremi di un reato o per l'applicazione di una misura di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata, per colpa dello stesso amministratore. Il ricorrente si duole che il giudice del reclamo, pur avendo riscontrato un grave quadro di ingerenza della criminalità organizzata nella gestione dell'ente disciolto, abbia tuttavia ritenuto che non assumesse caratteri di concretezza, univocità e rilevanza necessari a far discendere una sintomaticità delle condotte degli ex amministratori connotata dall'elemento soggettivo della colpa o quantomeno dell'inerzia consapevole. La censura attinge l'affermazione della Corte catanese riferita al sindaco B. ed al vice sindaco T.S. , secondo la quale il non avere svolto un adeguato indirizzo e controllo verso i due funzionari apparentemente infedeli che sono stati tratti in arresto a seguito delle operazioni investigativa sopra citata per gravi condotte di reato poste in essere nell'esercizio delle loro funzioni Rende l'amministratore inadeguato ma non incandidabile ai sensi dell' art. 143 TUEL . ., in relazione alla quale osserva criticamente che per la declaratoria di incandidabilità non sono necessarie circostanze che denotino il volontario concorso degli amministratori nei fatti in cui si concreta l'infiltrazione e il condizionamento mafioso, risultando sufficiente che a tale fenomeno i titolari degli organi dell'ente non siano stati in grado di opporsi efficacemente in presenza di sintomatiche disfunzioni dell'agire e del Comune delle quali siano giovati gli interessi della consorteria criminale organizzata. Critica quindi la statuizione impugnata, lamentando che la Corte territoriale ha affermato che l'amministratore non può essere dichiarato incandidabile se non previo accertamento di una sua colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica escludendo che possa darsi rilievo ad una responsabilità da posizione , mentre, come affermato dalla Corte di legittimità Cass. n. 2749/2021 occorreva accertare l'esistenza di un'oggettiva situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, tale da rendere possibili ingerenze esterne e un concreto asservimento dell'amministrazione alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio. Si duole inoltre che gli elementi sulla base dei quali era stata richiesta la pronuncia di incandidabilità siano stati considerati atomisticamente e non nel loro insieme, in modo da evidenziare correlazioni capaci di attestare la permeabilità dell'amministrazione ai fenomeni di infiltrazione o condizionamento mafioso e richiama Cass. n. 10780/2019 . In proposito, con riferimento alle posizioni di B. e T.S. , evidenzia molteplici elementi relativi alla vicenda del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, inizialmente affidato alla ditta Geo Ambiente SRL riconducibile a G.G. che, a parere del ricorrente, non era stati apprezzati globalmente. Con riferimento alla posizione del solo B. , sostiene che anche in relazione alla vicenda M. l'ex sindaco sarebbe responsabile per il mancato esercizio del potere-dovere di indirizzo e controllo sull'operato dei soggetti ai quali è affidato il compito di attuare le scelte deliberate dall'amministrazione. Con riferimento alla posizione di F. , rimarca che la declaratoria di incandidabilità non ha natura sanzionatoria, ma preventiva e provvisoria e richiede solo la presenza di forme di condizionamento che non devono concretarsi nell'accertata volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata. 3.- Il motivo è fondato e va accolto, per quanto di ragione, in relazione alle posizioni di B. e T.S. va invece dichiarato inammissibile quanto alla posizione di F. . 4.1.- La censura è fondata, quanto al vizio di violazione di legge, in relazione alle posizioni di B. e T.S. . 4.2.- L'accertamento della incandidabilità degli amministratori, ai sensi dell' art. 143, comma 11, del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000 , attiene alle condotte che hanno dato causa allo scioglimento dell'organo consiliare, non alla valutazione del provvedimento amministrativo di scioglimento dell'organo, che quelle hanno pure generato, ed è disposto, ai sensi del precedente comma 3, del menzionato art. 143 TUEL , con D.P.R. su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere . In sostanza, la valutazione della legittimità del provvedimento Presidenziale fuoriesce dal thema decidendum, costituendo l'atto un mero presupposto dell'indagine, svolta in sede amministrativa, che ha ad oggetto, invero, la responsabilità degli amministratori dell'ente locale con riferimento alle loro condotte omissive o commissive che hanno dato causa allo scioglimento dell'organo consiliare o ne siano state una concausa Cass. n. 3024/2019 . Del resto, il procedimento giurisdizionale per la dichiarazione di incandidabilità ex art. 143, comma 11, TUEL è autonomo anche rispetto a quello penale, in quanto la misura interdittiva elettorale non richiede che la condotta dell'amministratore dell'ente locale integri gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa, essendo sufficiente che egli sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze e alle pressioni delle associazioni criminali operanti sul territorio Cass. S.U. n. 1747/2015 Cass. 19407/2017 . Come hanno osservato le Sezioni Unite di questa Corte la misura interdittiva della incandidabilità dell'amministratore responsabile delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale conseguente a fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso o similare nel tessuto istituzionale locale, privando temporaneamente il predetto soggetto della possibilità di candidarsi nell'ambito di competizioni elettorali destinate a svolgersi nello stesso territorio regionale, rappresenta un rimedio di extrema ratio volto ad evitare il ricrearsi delle situazioni che la misura dissolutoria ha inteso ovviare, e a salvaguardare così beni primari dell'intera collettività nazionale - accanto alla sicurezza pubblica, la trasparenza e il buon andamento delle amministrazioni comunali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affidati, capaci di alimentare la credibilità delle amministrazioni locali presso il pubblico e il rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni -, beni compromessi o messi in pericolo, non solo dalla collusione tra amministratori locali e criminalità organizzata, ma anche dal condizionamento comunque subito dai primi, non fronteggiabile, secondo la scelta non irragionevolmente compiuta dal legislatore, con altri apparati preventivi o sanzionatori dell'ordinamento Cass. Sez. U. n. 1747/2015 nel medesimo senso Cass. n. 1333/2017 e tale misura non è in contrasto con la Costituzione, attesa la sua temporaneità. Vanno quindi evidenziate collusioni con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare o condizionamenti degli amministratori, che abbiano determinato una situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze esterne e asservita alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio Cass. Sez. U. n. 1747/2015 Cass. n. 19407/2017 Cass. n. 15038/2018 . È stata ritenuta, invece, insufficiente, ai fini della dichiarazione d'incandidabilità, una valutazione globale delle vicende dell'amministrazione, richiesta invece per il provvedimento di scioglimento, attesa la natura personale della misura prevista a carico degli amministratori, volta a colpire esclusivamente coloro che sono responsabili del degrado dell'ente , con necessità quindi di una maggiore individualizzazione degli elementi di addebito, attraverso un esame specifico della condotta tenuta da ciascun amministratore Cass. 8030/2020 . In proposito, va rimarcato che l'elemento soggettivo dell'amministratore consiste anche solo nel non essere riuscito a contrastare efficacemente le ingerenze e pressioni delle organizzazioni criminali operanti nel territorio, mentre l'elemento oggettivo richiede la verifica di una condotta inefficiente, disattenta ed opaca che si sia riflessa sulla cattiva gestione della cosa pubblica. 4.3.- Nel caso di specie, la Corte d'appello non ha recepito le valutazioni effettuate dall'autorità amministrativa, ma ha proceduto ad un'autonoma disamina delle singole circostanze fattuali, premettendo, in linea con i principi ricordati, proprio l'assenza di ogni automatismo tra scioglimento del singolo consiglio comunale e declaratoria di incandidabilità degli amministratori. La decisione, tuttavia, non risulta immune da vizi. La Corte ha focalizzato l'accertamento sull'atteggiamento della volontà nella forma della colpa, secondo un modello valutativo proprio della responsabilità penale, mentre avrebbe dovuto accertare l'esistenza di un'oggettiva situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, tale da rendere possibili ingerenze esterne nel suo ambito e un concreto asservimento dell'amministrazione alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio. Era necessaria, quindi, una verifica del fatto che una simile situazione era riconducibile - non solo per un intento doloso, ma anche per semplice colpa - all'amministratore di cui è stata proposta l'incandidabilità, essendo sufficiente l'accertamento di tale profilo nella gestione della cosa pubblica per applicare la misura interdittiva in discorso. La Corte distrettuale ha assunto a metodo per il proprio giudizio la necessità di procedere a una valutazione individuale della condotta degli amministratori al fine di verificare i presupposti della declaratoria di incandidabilità. La prospettiva individuale dell'indagine, tuttavia, non doveva far dimenticare l'esigenza di una valutazione complessiva del materiale probatorio acquisito, al fine di raggiungere una visione d'insieme che desse modo di cogliere correlazioni diversamente non evidenziabili ed elementi capaci di attestare la permeabilità dell'amministrazione scrutinata ai fenomeni di infiltrazione o condizionamento mafioso Cass. 10780/2019 . 4.4.- Come già affermato da questa Corte, rispetto alla figura apicale dell'amministrazione comunale costituita dal sindaco o alla figura del vice sindaco, al di là della mancanza di frequentazioni e rapporti con esponenti della criminalità organizzata locale o di agevolazioni dirette della stessa, occorre comunque estendere l'indagine alla condotta da questi tenuta nell'ambito amministrazione municipale al fine di acclarare l'apporto eventualmente dato con azioni od omissioni nel provocare la situazione che aveva condotto allo scioglimento dell'organo assembleare Cass.n. 2749/2021 . Nello svolgimento di questa indagine si deve considerare che il sindaco ed il vice sindaco sono chiamati ad esercitare, nelle rispettive specifiche competenze, il potere/dovere di vigilare e sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti, ai sensi dell' art. 50, comma 2, TUEL di indirizzare e controllare l'operato dei soggetti a cui era affidato il compito di dare attuazione alle scelte deliberate dall'amministrazione, ex art. 107, comma 1, TUEL più in generale, di sovrintendere alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, a mente dell'art. 54, comma 1, lett. c , TUEL . La trasgressione di questi doveri di vigilanza, all'evidenza, non solo è capace di determinare una situazione di cattiva gestione dell'amministrazione comunale, ma rende possibili ed agevola ingerenze al suo interno delle associazioni criminali, finendo per creare le condizioni per un asservimento dell'amministrazione municipale agli interessi malavitosi. Ne discende che l'accertamento del venir meno, anche solo colposo, da parte del sindaco agli obblighi di vigilanza riconnessi alla sua carica è di per sé sufficiente a integrare i presupposti per l'applicazione della misura interdittiva prevista dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, così come risultante dalla sostituzione operata dalla L. n. 94 del 2009, art. 2, comma 30, proprio perché la finalità perseguita dalla norma è quella di evitare il rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto dell'amministrazione comunale possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle rivestite e, in tal modo, potenzialmente perpetuare l'ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali Cass. n. 2749/2021 . 4.5.- A questi principi la Corte di appello si dovrà attenere nel riesaminare la posizione di B. e T.S. al fine di accertare, all'esito del giudizio di merito che le compete, se risulti o meno che gli amministratori, anche solo per colpa, siano venuti meno agli obblighi di vigilanza, indirizzo e controllo previsti dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 2, art. 54, comma 1, lett. c , e art. 107, comma 1, perché, in tale caso, la condotta deve considerarsi di per sé sufficiente ad integrare i presupposti per l'applicazione della misura interdittiva prevista dall'art. 143, comma 11, D.Lgs. cit., così come risultante dalla sostituzione operata dalla L. n. 94 del 2009, art. 2, comma 30. 5.1.- La censura risulta, al contrario, inammissibile, con riguardo alla posizione di F. . 5.2.- La doglianza, invero, non intercetta la ratio decidendi focalizzata dalla Corte di merito sulla carenza probatoria in ordine agli episodi - svoltisi presso il ristorante di famiglia del consigliere comunale e alle presenze ivi di non meglio precisati malavitosi - che - a dire del Ministero appellante - non sarebbero stati valutati dal Tribunale al fine di cogliere la loro interconnessione fol.9 del decr. imp. e non svolge in proposito alcuna puntuale censura. Inoltre, non è formulata nemmeno una rituale doglianza di omesso esame di fatto decisivo, a norma dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, in quanto vengono svolte fol.22/23 del ricorso delle mere considerazioni critiche, senza isolare alcun decisivo fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della pronuncia o dagli atti processuali e che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e di cui sarebbe stato omesso l'esame Cass. Sez. U. n. 8053/2014 Cass. Sez. U. n. 8054/2014 . 6.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con riguardo alla posizione di F. va accolto con riguardo alla posizione di B. e di T.S. . La sentenza impugnata va cassata nei limiti dell'accoglimento, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania in diversa composizione, per l'applicazione degli anzidetti principi e per la statuizione sulle spese del presente giudizio nei limiti della pronuncia di cassazione. Le spese seguono la soccombenza in favore di F. , nella misura liquidata in dispositivo. Oscuramento dei dati personali in caso di pubblicazione della presente. Il processo risulta esente dal contributo unificato D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 127 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22, comma 15 , di guisa che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso per quanto riguarda la posizione di F.A.A. - Condanna il Ministero dell'Interno alla rifusione delle spese di giudizio in favore di F. che liquida in Euro 3.200,00=, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge - Accoglie il ricorso del Ministero dell'Interno nei sensi di cui in motivazione in relazione alla posizione di B.G. e T.S. , cassa la decisione impugnata nei limiti dell'accoglimento e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle relative spese del giudizio di legittimità - Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.