Equa riparazione: la rilevanza causale del comportamento tenuto dall’imputato

L'ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave dell'interessato ai sensi dell'art. 314, comma 1, c.p.p. considerando rilevante a tale riguardo il suo comportamento consistito nel rovistare tra i cespugli in cui fu rinvenuta la sostanza stupefacente.

Nel decidere il caso in commento, con il rigetto del ricorso, la Corte di Cassazione sottolinea come il provvedimento impugnato che ha giustappunto stabilito la colpa grave dell'interessato non sia censurabile quando afferma che se l' imputato non avesse mentito, avrebbe potuto, con le proprie dichiarazioni , elidere il valore indiziante degli elementi posti a fondamento dell' ordinanza cautelare e invece li rafforzò dichiarando che si era avvicinato al cespuglio nel quale fu visto frugare, per espletare un'esigenza fisiologica. In sostanza, l'affermazione deliberatamente menzognera nel caso de quo rileva avendone il Gip dato atto nel provvedimento cautelare il comportamento gravemente colposo ha dunque portato alla privazione della libertà personale dell'imputato. Ripercorrendo brevemente i fatti, la Corte d'appello respingeva la domanda dell'odierno ricorrente per la liquidazione dell'equa riparazione dovuta a ingiusta privazione della libertà personale. L'arresto, per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, fu convalidato dal Gip che applicò agli indagati la misura degli arresti domiciliari. L'ordinanza cautelare fu confermata dal Tribunale del riesame poi, all'esito del giudizio abbreviato, l' imputato fu assolto per non aver commesso il fatto . Secondo la difesa poiché la sentenza di assoluzione è stata pronunciata sulla base dei medesimi elementi sulla base dei quali era stata applicata la misura, non si può sostenere che l'odierno ricorrente abbia dato causa col proprio comportamento alla privazione della libertà personale . La Cassazione richiama sul tema la giurisprudenza consolidata per cui il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione è autonomo rispetto al giudizio penale, perché ha lo scopo di valutare se l'imputato […] abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l'adozione di una misura cautelare. Ai fini della sussistenza del diritto all'indennizzo, può anche prescindersi dalla sussistenza di un errore giudiziario , venendo in considerazione soltanto l'antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, o quella funzionale tra durata della custodia ed eventuale misura della pena con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi ingiusta ”, in quanto l'incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa , giacché, altrimenti, l'indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base dell'istituto Sez. U., n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606 . Nel caso in esame l'assoluzione non è stata pronunciata perché la tesi difensiva è stata ritenuta credibile, ma perché si è ritenuto che gli elementi raccolti non fossero sufficienti ad affermare la responsabilità penale . La Corte territoriale ha ravvisato nel comportamento dell' imputato una condotta negligente e per la Cassazione tale valutazione non appare incongrua atteso che, in evidente contrasto con quanto osservato dagli operanti, egli negò di aver rovistato nel cespuglio sostenendo di essersi avvicinato ad esso per un bisogno fisiologico, e tale comportamento era idoneo a rafforzare il convincimento del Gip in ordine al suo coinvolgimento nella detenzione e nell'occultamento della sostanza .

Presidente Dovere – Relatore Vignale Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con ordinanza del 27 giugno 2023 la Corte di appello di Catania ha respinto la domanda formulata da C.A., per la liquidazione dell'equa riparazione dovuta ad ingiusta privazione della libertà personale dal omissis . Come emerge dall'ordinanza impugnata, C., fu tratto in arresto il omissis , insieme a G.M., per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 110 c.p. e art. 73 . L'arresto fu convalidato il 12 novembre 2021 dal G.i.p. del Tribunale di Catania che applicò ad entrambi gli indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari. L'ordinanza cautelare fu confermata dal Tribunale del riesame. Il omissis , all'esito di giudizio abbreviato, con sentenza divenuta irrevocabile, C., fu assolto dall'imputazione ascrittagli per non aver commesso il fatto. 2. L'ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave dell'interessato ai sensi dell' art. 314 c.p.p. , comma 1, considerando rilevante in tal senso il comportamento consistito nel rovistare tra i cespugli nei quali gli operanti rinvennero sostanza stupefacente 74 grammi di marijuana e 17,50 grammi di cocaina la scelta, adottata nell'udienza di convalida, di non fornire giustificazioni plausibili di tale comportamento sostenendo di essersi avvicinato al cespuglio per espletare un bisogno fisiologico. 3. Contro l'ordinanza è stato proposto tempestivo ricorso da parte del difensore dell'imputato il quale deduce, con unico motivo, violazione dell' art. 314 c.p.p. con riferimento ai presupposti del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione. La difesa osserva che, nel ritenere la condotta dell'imputato idonea a condizionare e mantenere la privazione della libertà personale, la Corte di appello ha attribuito rilevanza causale al comportamento tenuto nel corso dell'udienza di convalida nella quale Cotugno aveva reso dichiarazioni non credibili perché contrastanti con quanto osservato dagli operanti. Sostiene che, nell'applicare la misura, il G.i.p. non ha tenuto conto della divergenza tra le argomentazioni difensive e l'osservazione degli operanti, sicché non può dirsi che l'atteggiamento tenuto in udienza abbia avuto rilevanza sinergica ai fini dell'adozione del provvedimento privativo della libertà personale. Sottolinea che, nella sentenza definitiva di assoluzione, il G.u.p. ha attribuito decisiva rilevanza alla constatazione che i militari operanti non videro i due giovani trasportare o prelevare alcunché dal cespuglio e la perquisizione personale cui furono sottoposti ebbe esito negativo. Ne desume che, nella sostanza, il giudice della cognizione ha dato credito alla versione difensiva. Secondo la difesa, poiché la sentenza di assoluzione è stata pronunciata sulla base dei medesimi elementi sulla base dei quali era stata applicata la misura, non si può sostenere che C. abbia dato causa col proprio comportamento alla privazione della libertà personale, tanto più che la tesi difensiva è stata avallata dalla sentenza di assoluzione. 4. il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso. 5. Il ricorso non è fondato. 6. Si deve premettere che, per giurisprudenza consolidata, il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione è connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perché ha lo scopo di valutare se l'imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l'adozione di una misura cautelare. Ai fini della sussistenza del diritto all'indennizzo, può anche prescindersi dalla sussistenza di un errore giudiziario , venendo in considerazione soltanto l'antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, o quella funzionale tra durata della custodia ed eventuale misura della pena con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi ingiusta , in quanto l'incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l'indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base dell'istituto. così cass. Sez. U., n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606 . Si tratta di una valutazione che va effettuata ex ante, ricalca quella eseguita al momento dell'emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l'apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall'esito del giudizio in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente cfr. cass. Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010 , D'Ambrosio, Rv. 247663 . 7. L'ordinanza impugnata riferisce che C. è stato assolto perché si è ritenuto non esservi prova certa che gli involucri di cocaina e marijuana rivenuti nel cespuglio fossero riferibili a lui. Sottolinea che la sentenza di assoluzione non ha escluso che l'imputato si fosse messo a rovistare in quel cespuglio, ma ha ritenuto tale circostanza insufficiente ai fini dell'affermazione della penale responsabilità, come ha ritenuto insufficiente in tal senso la constatazione che C., sostenne di essersi avvicinato al cespuglio per espletare un bisogno fisiologico e ciò sia stato smentito dall'osservazione degli operanti. In sintesi, secondo la Corte territoriale, non avendo fornito una giustificazione plausibile delle ragioni per le quali si era avvicinato al cespuglio e vi aveva rovistato, C., tenne un comportamento gravemente colposo che determinò l'applicazione della misura cautelare perché confermò la gravità del quadro indiziario. La difesa obietta che, delle dichiarazioni rese, il giudice della cautela non tenne conto e la misura fu applicata sulla base di quanto riferito dagli operanti quindi, sulla base dei medesimi elementi che il giudice di merito ha poi ritenuto insufficienti all'affermazione della penale responsabilità. 8. Così delineati i termini della questione, si deve ricordare che nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione, e non rileva che quest'ultimo si sia definito con l'assoluzione dell'imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare, trattandosi di un'evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest'ultima il criterio dell'aldilà di ogni ragionevole dubbio cass. Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021 , Calzaretta, Rv. 280246 nello stesso senso, cass. Sez. 4, n. 34438 del 02/07/2019, Messina, Rv. 276859 . Si deve ricordare inoltre che, nell'escludere il diritto alla riparazione per la ritenuta sussistenza di un comportamento doloso o gravemente colposo che abbia dato causa o concorso a dar causa alla privazione della libertà personale, il giudice della riparazione deve attenersi a dati di fatto accertati o non negati nel giudizio di merito cass. Sez. U n. 43 del 13/12/1995 - dep 1996, Sarnataro, Rv. 203636 . Ancorché i due giudizi siano autonomi, infatti, è evidente che il dolo o la colpa grave non possono essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate cass. Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018 , Colandrea, Rv. 274350 cass. Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014 , Teschio, non mass. cass. Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993, dep. 1994, Tinacci, Rv. 198491 . 9. Nel caso in esame, la sentenza di assoluzione non ha escluso che C., abbia rovistato nel cespuglio ove, subito dopo, fu rinvenuta la sostanza stupefacente e - a differenza di quanto sostenuto dalla difesa - non ha ritenuto che la versione difensiva fosse credibile. Si è limitata invece a prendere atto che, quando gli operanti intervennero, C., non aveva niente in mano e ciò non consentiva di affermare al di là di ogni ragionevole dubbio che egli detenesse la sostanza rinvenuta nel cespuglio. Il comportamento che la Corte territoriale ha valutato gravemente colposo, dunque, non è stato escluso dal giudice della cognizione. L'assoluzione, inoltre, non è stata pronunciata perché la tesi difensiva è stata ritenuta credibile, ma perché si è ritenuto che gli elementi raccolti fossero insufficienti alla affermazione della penale responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. La Corte territoriale ha ravvisato nel comportamento di C. una condotta negligente o imprudente e tale valutazione non appare incongrua, contraddittoria o manifestamente illogica, atteso che, in evidente contrasto con quanto osservato dagli operanti, egli negò di aver rovistato nel cespuglio sostenendo di essersi avvicinato ad esso per un bisogno fisiologico, e tale comportamento era idoneo a rafforzare il convincimento del G.i.p. in ordine al suo coinvolgimento nella detenzione e nell'occultamento della sostanza. 10. La giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il mendacio dell'indagato, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, possa rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave nel caso in cui chi sceglie di mentire avrebbe potuto indicare specifiche circostanze, ignote all'organo inquirente, idonee ad escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa cass. Sez. 4, n. 40291 del 10/06/2008 , Maggi, Rv. 242755 cass. Sez. 4, n. 7296 del 17/11/2011 , Berdicchia, Rv. 251928 cass. Sez. 3, n. 51084 del 11/07/2017 , Pedetta, Rv. 271419 . Nel caso di specie, il mendacio rileva perché il G.i.p. ne ha dato atto nel provvedimento cautelare, dunque ne ha tenuto conto ai fini dell'applicazione della misura. Si tratta dunque di un comportamento gravemente colposo che ha avuto rilevanza causale nell'adozione del provvedimento privativo della libertà personale sul tema cass. Sez. 4, n. 47047 del 18/11/2008 , Marzola, 242759 cass. Sez. 3, n. 29967 del 02/04/2014 , Bertuccini, Rv. 259941 cass. Sez. 4, n. 46423 del 23/10/2015 , Sperti, Rv. 265287 cass. Sez. 4, Sentenza n. 25252 del 20/05/2016 Rv. 267393 . In conclusione l'ordinanza impugnata non è censurabile quando afferma che, se l'imputato non avesse mentito, avrebbe potuto, con le proprie dichiarazioni, elidere il valore indiziante degli elementi posti a fondamento dell'ordinanza cautelare, ma li rafforzò, invece, con la mendace affermazione secondo cui si era avvicinato al cespuglio nel quale fu visto rovistare solo per una esigenza fisiologica della quale gli operanti non ebbero percezione. 11. Per quanto esposto il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. motivazione semplificata.