Locazione: a seguito della risoluzione per inadempimento, il conduttore ha diritto al risarcimento del danno?

La questione sollevata dalla III sez. civile della Cassazione è se, in relazione alla risoluzione per inadempimento della locazione di immobili da parte del conduttore, è configurabile e, in caso positivo, in quali termini un risarcimento del danno successivo al rilascio, commisurato ai canoni che il locatore avrebbe potuto percepire fino alla scadenza del contratto.

La società proprietaria di un immobile concesso in locazione conveniva in giudizio il locatore inadempiente per ottenere la condanna al pagamento della somma di quasi 30mila euro, oltre a 4mila euro per ogni mese di ritardo nella conclusione di una nuova locazione e spese legali. Venivano inoltre richieste le cifre per il mancato pagamento di oneri condominiali, nonché il maggior danno ai sensi dell' art. 1591 c.c. , per 16mila euro, oltre. Il Tribunale accoglieva solo parzialmente la domanda. La decisione veniva confermata anche in sede d'appello. La vicenda è dunque giunta all'attenzione della Cassazione dove è stata sollevata, in particolare, la questione relativa alla violazione degli artt. 1453 e 1223 c.c. , poiché posto che l'immobile era stato rilocato soltanto a distanza di tempo, il conduttore aveva diritto al risarcimento poiché il canone non è il compenso per la privazione del godimento diretto, ma è la rendita che si ricava dalla locazione dell'immobile . Rilevando un contrasto giurisprudenziale sul punto, l'ordinanza in commento rimette il ricorso al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Presidente Frasca Rilevato che con atto di citazione del 26 novembre 2011 Immobiliare Calipigia s.r.l., nella qualità di proprietaria di immobile concesso in locazione al convenuto con termine di scadenza fissato al 31 ottobre 2011, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma B.S. , chiedendo la condanna al pagamento della complessiva somma di Euro 29.948,32, oltre Euro 4.000,00 per ogni mese di ritardo nella conclusione di una nuova locazione, ed oltre le spese legali sopportate per le due procedure di convalida di sfatto e per la procedura esecutiva di rilascio, quantificate in complessivi Euro 8.000,00 oltre accessori. Oltre il mancato pagamento di oneri condominiali, risultava una morosità per canoni non pagati, detratto il deposito cauzionale, per Euro 12.220,00, nonché il maggior danno ai sensi dell' art. 1591 c.c. , quantificabile fino al febbraio in Euro 16.000,00, oltre Euro 4.000,00 mensili fino alla nuova locazione, per le concrete possibilità di locazione perse. Il Tribunale adito accolse la domanda nei limiti della condanna al pagamento della somma di Euro 4.000,00 oltre interessi dalla domanda, rigettandola per il resto. Proposto appello dalla società, con sentenza di data 12 novembre 2018 la Corte d'appello di Roma rigettò l'appello. Premise la corte territoriale che il Tribunale aveva correttamente rilevato che la società non aveva provato che il conduttore avesse impedito di far prendere visione dell'immobile ai potenziali conduttori, facendo perdere alla locatrice possibilità di locazione a causa del ritardo. Osservò quindi che la domanda in primo grado era stata formulata in relazione al danno di cui all' art. 1591 c.c. , mentre nell'atto di appello si era fatto riferimento al danno da inadempimento ai sensi dell' art. 1453 c.c. e che, anche a voler ritenere ammissibile tale nuova prospettazione, ritenendo, comunque, che fosse stato inizialmente dedotto e non modificato il fatto costitutivo della pretesa , la domanda era infondata, sulla base di quanto affermato da Cass. n. 27614 del 2013 In ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da perdita subita , nè un danno da mancato guadagno , non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore - locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l'inadempimento del conduttore, stante il carattere corrispettivo del canone rispetto alla privazione del godimento. Un danno correlato alla mancata percezione del canone dopo il rilascio può, invece, configurarsi se, per le concrete condizioni in cui si trova l'immobile, la restituzione del bene non abbia consentito al locatore di poter esercitare, nè in via diretta nè in via indiretta, il godimento di cui si era privato concedendo il bene in locazione, commisurandosi in tal caso la perdita al tempo occorrente per il relativo ripristino quale conseguenza dell'inesatto adempimento dell'obbligazione di rilascio nei sensi dell' art. 1590 c.c. . Aggiunse che nessun danno risarcibile era configurabile per il periodo successivo a quando la locatrice aveva riottenuto la disponibilità dell'immobile, non risultando provato che la mancata nuova locazione fosse dipesa dal comportamento del conduttore, ovvero dalle condizioni in cui quest'ultimo aveva riconsegnato l'immobile, essendo piuttosto dipesa la mancata nuova locazione verosimilmente dalle mutate condizioni del mercato immobiliare. Osservò ancora che non spettavano le spese relative alle procedure di sfratto e di rilascio perché il deposito della relativa documentazione non esonerava la parte dall'onere di specificazione della domanda in ordine alle spese e competenze professionali, essendo stato invece genericamente richiesto il rimborso della complessiva somma di Euro 8.000,00, senza l'esposizione delle attività svolte e senza la produzione di una qualche notula che consentisse di verificare l'esattezza della pretesa, nè risultava prodotta alcuna fattura o ricevuta di pagamento in favore del difensore per l'attività svolta. Precisò che non si trattava di effettuare la liquidazione delle spese in favore del difensore per l'attività svolta, ma di riconoscere il rimborso di spese sostenute per la procedura di convalida e di quella esecutiva. Aggiunse, infine, che correttamente il Tribunale che per il resto aveva posto a carico del conduttore soccombente le spese del giudizio aveva ritenuto di compensare le sole spese di mediazione ai sensi dell' art. 92 c.p.c. , atteso che legittimamente il B. aveva rifiutato la proposta conciliativa, per lui più gravosa di quanto riconosciuto dalla sentenza. Ha proposto ricorso per cassazione Immobiliare Calipigia s.r.l. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. È stata depositata memoria da entrambe le parti. Con ordinanza interlocutoria n. 5051 del 17 febbraio 2023 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza in relazione alla questione posta con il primo motivo di ricorso. È stata nuovamente depositata memoria da entrambe le parti. Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte. Considerato che con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1223 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, premesso che l'immobile era stato rilocato soltanto in data 3 ottobre 2012, che spetta il risarcimento perché, alla luce del principio di diritto enunciato da Cass. n. 2865 del 2015 , il canone non è il compenso per la privazione del godimento diretto, ma è la rendita che si ricava dalla locazione dell'immobile. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 664 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che, una volta depositata la documentazione processuale, il giudice deve liquidare le spese dei procedimenti di intimazione di sfratto, le quali, oltre ad essere liquidate con il decreto ingiuntivo di cui all'art. 664, possono chieste con un giudizio ordinario Cass. n. 9987 del 1994 . Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che illegittimamente è stata disposta la compensazione delle spese relative al procedimento di mediazione perché, trattandosi di esborsi e non di onorari, esse non erano suscettibili di compensazione, ma solo di essere escluse in quanto eccessive o inutili art. 92, comma 1 , per cui dovevano essere poste a carico della parte soccombente. In relazione alla questione posta dal primo motivo, va disposta la rimessione del ricorso alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. Convivono nella giurisprudenza di questa Corte, e segnatamente di questa sezione, due orientamenti. Secondo un primo orientamento, più risalente e tendenzialmente prevalente, il locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, ed il cui ammontare è riservato alla valutazione del giudice di merito sulla base di tutte le circostanze del caso concreto Cass. n. 194 del 2023 n. 8482 del 2020 n. 2865 del 2015 n. 10677 del 2008 n. 18510 del 2007 n. 676 del 1980 n. 1880 del 1970 . Secondo altro orientamento, recepito dalla sentenza di merito, in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da perdita subita , nè un danno da mancato guadagno , non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore - locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l'inadempimento del conduttore, stante il carattere corrispettivo del canone rispetto alla privazione del godimento, mentre un danno correlato alla mancata percezione del canone dopo il rilascio può, invece, configurarsi se, per le concrete condizioni in cui si trova l'immobile, la restituzione del bene non abbia consentito al locatore di poter esercitare, nè in via diretta nè in via indiretta, il godimento di cui si era privato concedendo il bene in locazione, commisurandosi in tal caso la perdita al tempo occorrente per il relativo ripristino quale conseguenza dell'inesatto adempimento dell'obbligazione di rilascio nei sensi dell' art. 1590 c.c. Cass. n. 1426 del 2017 n. 27614 del 2013 . Il punto di divergenza fra i due orientamenti risiede nelle conseguenze che vengono ricollegate alla valutazione in termini di godimento indiretto della locazione. Per l'indirizzo recepito dalla corte territoriale non c'è pregiudizio, con riferimento ai canoni che, dopo il rilascio, sarebbero stati esigibili fino alla scadenza del contratto, se il godimento torna al proprietario locatore in seguito al rilascio all'esito della risoluzione per inadempimento, posto che il canone è il corrispettivo per la privazione del godimento. Per il primo indirizzo, invece, il rilascio dell'immobile non neutralizza il danno del mancato conseguimento del canone fino alla scadenza del rapporto contrattuale. Afferma in particolare Cass. n. 8482 del 2020 che il danno da risarcire non può non ritenersi rappresentato dall'ammontare dei canoni dovuti per la durata ulteriore della locazione ormai sciolta per inadempimento, senza che si possa prendere in considerazione la ripresa disponibilità della cosa, perché questa, finché non viene locata di nuovo, per il soggetto che aveva scelto di ricavare dal bene un reddito locatizio, non può rappresentare - o quanto meno non può a priori presumersi rappresenti - un effettivo e reale vantaggio a quello paragonabile . Alla luce di tale indirizzo, l'interesse protetto dal contratto di locazione, e che è stato leso dall'inadempimento, è lo specifico interesse al godimento indiretto mediante la percezione di un corrispettivo per l'altrui godimento, che il proprietario, in base all'esercizio di autonomia che gli compete, ha affidato alla tutela contrattuale, per cui l'inadempimento avrebbe violato il programma di godimento del bene prefigurato dal negozio. Quest'ultimo indirizzo si è evoluto, fino alle più recenti manifestazioni, nel senso che il danno risarcibile non corrisponde ut sic alla mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, ma è necessario l'apprezzamento da parte del giudice del merito di tutte le circostanze del caso concreto. Si tratta di precisazione quanto mai opportuna, in primo luogo perché l'azione risarcitoria non può essere confusa con l'azione di adempimento, solo grazie alla quale, per ipotesi, il locatore può esigere il mancato pagamento dei canoni convenuti fino alla scadenza del rapporto. In secondo luogo, tale esito evolutivo è coerente alla distinzione fra il danno evento ed il danno conseguenza. Il danno evento, coincidente con l'inadempimento, si identifica effettivamente con la mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore. Il danno risarcibile è, però, il danno conseguenza, disciplinato dall' art. 1223 c.c. . Emerge, a questo proposito, l'onere probatorio del locatore, che deve provare il nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le conseguenze pregiudizievoli. È parte di tale onere probatorio del locatore l'essersi attivato per rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell'immobile per una nuova locazione. In questo quadro, potrà essere rilevante anche quanto il conduttore possa opporre ai sensi dell' art. 1227, comma 2, c.c. Di contro al primo indirizzo, pur apprezzato in questo esito evolutivo, che distingue fra danno evento e danno conseguenza, deve valutarsi, ai fini della risoluzione del contrasto, la portata dell' art. 1591 c.c. È pur vero che tale norma disciplina la fattispecie dei danni da ritardata restituzione, e dunque gli effetti della mora del conduttore a restituire l'immobile, ma è anche vero che la portata della norma non è riducibile alla fattispecie della restituzione dopo la scadenza del rapporto, potendo essa sul piano pratico trovare applicazione anche al caso della restituzione prima della scadenza, e dunque all'ipotesi della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore e del protrarsi del godimento della cosa da parte di quest'ultimo, nonostante la cessazione per risoluzione. Il conduttore è tenuto in base all'art. 1591 a corrispondere, a titolo risarcitorio, il canone convenuto fino alla restituzione. Resta tuttavia il margine, come è noto salvaguardato dalla norma, del maggior danno . Volendo rileggere la fattispecie sulla base del punto di vista dell'art. 1591, l'interrogativo da porsi è se in tale maggior danno , una volta imposto al conduttore dalla legge l'obbligo di risarcire il locatore mediante la corresponsione del canone fino alla restituzione, trovi ospitalità, ed in quali termini, il danno conseguente, ai sensi dell'art. 1223, all'evento dannoso rappresentato dalla mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, si intende all'interno al termine di scadenza del rapporto. Ritiene il Collegio che lo scioglimento di questi nodi, ai fini della risoluzione del contrasto, spetti alle Sezioni Unite. Tanto anche in considerazione della circostanza che con riferimento alla fattispecie viene in rilievo una nozione generale del diritto dei contratti nei rapporti che si protraggono nel tempo contratti ad esecuzione continuata, contratti di durata , quella che si esprime con il concetto del c.d. interesse positivo al perdurare del regolamento contrattuale fino alla scadenza. P.Q.M. Rimette il ricorso alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.