Va riconosciuta l’agevolazione prima casa in relazione ad un immobile acquistato in regime di comunione legale anche se uno dei due coniugi acquirenti non cambia la propria residenza personale nel Comune dell’immobile. Specialmente se si tratta di un acquisto fatto a titolo personale.
Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza 30594 del 3 novembre 2023, con cui ha accolto il ricorso della contribuente. Acquisto da parte di coniugi ed agevolazione prima casa In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso cfr. Cass. 22557/2022, 11225/2020 . Confermato, dunque, il più recente orientamento di legittimità Cassazione nnumero 25889 e 16355 del 2015 e 13334 del 2016 secondo cui, ai fini dell'agevolazione prima casa, nell'ipotesi di acquisto compiuto da due coniugi in regime di comunione legale, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi. Trattasi invero di un'interpretazione estensiva del dato letterale, che trova la sua ratio nella tutela costituzionale della famiglia di cui all'articolo 29 della Costituzione, in base al quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». In detta prospettiva costituzionalmente orientata, pertanto, assume rilievo il requisito della residenza della famiglia rispetto a quella dei singoli coniugi cui ancorare la fruibilità del beneficio prima casa. Considerato che l'articolo 144 c.c. consente ai coniugi di concordare tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un'altra entità, quale la famiglia. Per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a soddisfare le esigenze della famiglia, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non a una comune sede anagrafica ma alla coabitazione. Con la pronuncia 3123/2023, inoltre la Cassazione ha specificato che il riferimento alla residenza di famiglia, che consente di ottenere l'agevolazione ove uno solo dei coniugi abbia posto la residenza nell'immobile agevolato opera solo per i coniugi in comunione legale, mentre non può trovare applicazione all'acquisto del diritto di abitazione operato, in comproprietà, dai coniugi in separazione dei beni. In questo caso, infatti, l'acquisto del diritto assume una connotazione «egoistica» o «individualistica» in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il «protagonista» della fattispecie. Sarebbe dunque errato estendere il principio prima richiamato in tema di acquisto in comunione al caso di specie ove è stato acquistato, in regime di separazione dei beni, un diritto di abitazione, seppur da parte di entrambi i coniugi, con destinazione univoca e complessiva dell'abitazione a residenza familiare. Caso concreto L'Agenzia delle Entrate aveva erroneamente emesso l'avviso di liquidazione conseguente alla revoca delle agevolazioni prima casa a seguito del mancato trasferimento della residenza del marito della contribuente nel Comune dove si trova l'unità immobiliare oggetto dell'acquisto agevolato. L'immobile, infatti, era da considerarsi un bene personale della contribuente e non uno acquistato in regime di comunione legale con il coniuge il quale non aveva i requisiti per poter fruire dell'agevolazione. In tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione delle agevolazioni, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia. Di conseguenza nel caso di acquisto in comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare. Invece a nulla rileva la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c. cfr. Cass. 3123/2023 e 22557/2022 . Dunque, il requisito della residenza non deve essere realizzato dal coniuge del contribuente che abbia operato un acquisto a titolo personale. Peraltro, se diversamente si trattava di acquisto in comunione, il trasferimento di residenza di uno dei coniugi che compone il nucleo familiare era sufficiente per escludere la decadenza in quanto il requisito della residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia. La Suprema Corte ha così cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito con l'accoglimento del ricorso ordinario della contribuente.
Presidente Paolitto – Relatore Di Pisa Rilevato che 1. la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza numero 4738/14/2019 depositata in data 7 novembre 2019 e non notificata, pronunziando in sede di rinvio - a seguito di annullamento della Corte di Cassazione che con ordinanza numero 9493/2017 aveva accolto il ricorso dell'ufficio ritenendo priva di fondamento l'eccezione di decadenza dal potere impositivo - rigettava l'appello proposto dalla contribuente, B.I.I., ritenendo legittimo l'avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni conseguente alla revoca delle agevolazioni prima casa relativamente all'acquisto di un appartamento sito in Omissis 1.1. l'avviso in questione era stato emanato dall'ufficio il quale aveva ritenuto che, contrariamente a quanto affermato dalla contribuente, non trattavasi di bene personale ma di un bene acquistato in regime di comunione legale con il coniuge il quale non aveva i requisiti per poter fruire dell'agevolazione della prima casa, non avendo trasferito la propria residenza a Omissis 1.2. i giudici del rinvio, nel rilevare l'inammissibilità dei motivi nuovi introdotti con il ricorso in riassunzione, ritenevano che il bene acquistato era personale e non rientrava nella comunione dei beni e che le ulteriori contestazioni di parte contribuente erano infondate in quanto le agevolazioni fiscali erano regolate dalla legge italiana e non dalla invocata legge tedesca 2. contro tale sentenza propone ricorso per cassazione B.I.I. affidandolo a quattro motivi 3. l'ufficio resiste con controricorso. 1. con il primo motivo si deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c. risultando la motivazione totalmente carente e/o del tutto illogica e irrazionale 1.1. la ricorrente evidenzia che sebbene l'avviso impugnato fosse fondato sul presupposto che il bene in questione era stato acquistato dalla contribuente in regime di comunione legale con il coniuge, la Commissione Tributaria Regionale con motivazione meramente apodittica e totalmente illogica e contraddittoria, nel rigettare le eccezioni della contribuente, aveva affermato quanto al merito resta da confermare che i beni acquistati sono beni personali, che non rientrano nella comunione dei beni 2. con il secondo motivo si deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, violazione e falsa applicazione della L. numero 218 del 1995, articolo 29 e 30 2.1. viene rilevato che i giudici di appello nell'evidenziare che le agevolazioni fiscali erano regolate dalla legge italiana e non dalla legge tedesca non avevano considerato che la specifica eccezione formulata atteneva al fatto che la ricorrente aveva invocato l'applicazione dell'articolo 1362 c.c. tedesco il quale prevede fra i coniugi una comunione differita delle acquisizioni patrimoniali con la conseguenza che, dovendo trovare applicazione con riferimento ai rapporti personali fra coniugi la legge nazionale comune, correttamente il bene acquistato era stato trascritto esclusivamente in favore della ricorrente che doveva essere considerata l'unica proprietaria 3. con il terzo motivo si lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti costituito dalla circostanza che la ricorrente avrebbe potuto fruire dell'agevolazione anche nella denegata ipotesi in cui il regime patrimoniale dei coniugi fosse stato quello della comunione dei beni così come stabilito dall'ordinamento italiano 3.1. si seduce che sia nel ricorso di primo grado che nell'originario atto di appello era stato dedotto che la ricorrente aveva diritto al beneficio essendo sufficiente il trasferimento di residenza in loco di un solo coniuge, profilo questo ribadito con il ricorso in riassunzione ed erroneamente ritenuto nuovo dai giudici di merito 4. con il quarto si lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, violazione e falsa applicazione degli articolo 143 e 144 c.c., della L. numero 118 del 1985, articolo 2, del D.P.R. numero 131 del 1986, articolo 1 e articolo 29 Cost. in relazione alla nozione di residenza familiare 5. il ricorso può trovare accoglimento per le ragioni appresso specificate 6. occorre rilevare che appare incontroverso fra le parti che l'avviso di liquidazione abbia, quale fatto costitutivo della decadenza, il mancato trasferimento della residenza del marito della contribuente Dott. S. nel comune sede della unità immobiliare oggetto dell'acquisto agevolato questo sostiene la stessa Agenzia delle Entrate, v. f. 1 del ricorso 7. orbene in ordine al primo motivo del ricorso va osservato che riformulazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Sez. U, Sentenza numero 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 - 01 . 7.1. il primo motivo appare fondato atteso che la motivazione della sentenza è meramente apparente e nella sostanza incomprensibile in quanto si assume che pur trattandosi di bene personale sussisteva la causa di decadenza correlata ad un adempimento trasferimento di residenza realizzato dalla contribuente ma non realizzato da un terzo estraneo all'acquisto 7.2. in presenza di motivazione meramente apparente si può, comunque, decidere nel merito se, come nel caso in esame, non sussiste la necessità di accertare dati di fatto che devono risultare già acquisiti al giudizio. Invero alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'articolo 111 Cost., comma 2, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale articolo 384 c.p.c. ispirata a tali principi, deve ritenersi che alla Corte sia consentito di decidere nel merito dell'eccezione di inammissibilità della quale si assume l'omesso esame, alla stessa stregua dei fatti introdotti in giudizio dalle parti e non risultando, per l'appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto Cass., 1 marzo 2019, numero 6145 Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, numero 2731 Cass., 3 marzo 2011, numero 5139 Cass., 1 febbraio 2010, numero 2313 Cass., 28 luglio 2005, numero 15810 Cass., 23 aprile 2001, numero 5962 8. ritiene questa Corte che è possibile decidere la causa nel merito in accoglimento del quarto motivo, assorbiti i residui motivi 8.1. posto che nella specie si verte in ipotesi di residenza familiare va, invero, rilevato che il principio di diritto enunciato da Corte, e più volte ribadito, è nel senso che, in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, così che, nel caso di acquisto in comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c. a maggior ragione il requisito in discorso non deve essere realizzato dal coniuge del contribuente che abbia operato un acquisto a titolo personale v., ex plurimis, e da ultimo, Cass., 2 febbraio 2023, numero 3123 Cass., 19 luglio 2022, numero 22557 8.2. ne discende che se, come sostiene la Commissione Tributaria Regionale, si trattava di acquisto a titolo personale, l'adempimento del terzo il coniuge non era affatto necessario mentre se, diversamente, si trattava di acquisto in comunione, il trasferimento di residenza di uno dei coniugi componente il nucleo familiare era sufficiente per escludere la decadenza in quanto il requisito della residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia 8.3. le residue questioni, ivi compresa quella di diritto internazionale privato relativo all'applicabilità dell'articolo 1362 c.c. tedesco, rimangono assorbite 9. in accogliento del primo e del quarto motivo, assorbiti i residui, la sentenza va cassata e decidendosi nel merito va accolto l'originario ricorso della contribuente 9.1. le spese dei giudizi di merito possono essere compensate in ragione dell'andamento processuale mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura fissata in dispositivo. P.Q.M. la Corte accoglie il primo ed il quarto motivo, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente compensa le spese dei giudizi di merito condanna l'ufficio alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della ricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi ed altri accessori di legge.