Indennizzo per danno da emotrasfusione: la decadenza

La domanda di indennizzo per danni da complicanze irreversibili, causate da vaccinazioni obbligatorie e/o trasfusioni di sangue o di emoderivati si propone, a pena di decadenza, entro tre anni dalla conoscenza del danno, da intendersi non soltanto quale consapevolezza della menomazione e della sua riferibilità causale all'azione sanitaria vaccinazione o trasfusione ma anche della sua rilevanza giuridica e, quindi, dell'azionabilità del diritto all'indennizzo.

Il danno da emotrasfusione Nel 2005 al ricorrente veniva diagnosticata una cirrosi epatica che lo stesso assumeva essere stata contratta a seguito di una trasfusione di sangue infetto , avvenuta nel 1969. Egli infatti era ben consapevole di non aver mai ecceduto nel consumo di alcol, sicché, già nel maggio 2005, subito dopo la strana diagnosi, chiedeva copia della cartella sanitaria al presidio ospedaliero dove era stata eseguita la trasfusione la otteneva, però, solo nel 2011 a seguito dell'intervento dei propri legali e, solo qui, si manifestava la consapevolezza della riferibilità del danno alla trasfusione e, quindi, della sua indennizzabilità ai sensi della l. n. 210/1992 , che prevede un assegno una tantum per coloro che hanno subito danni irreversibili a seguito di pratiche sanitarie, quali, vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni di sangue o di emoderivati. L'intervenuta decadenza, secondo la Corte d'Appello Secondo la Corte d'Appello, sulla domanda di indennizzo era ormai intervenuta decadenza con conseguente impossibilità di ricevere l'assegno una tantum. L' art. 3, comma 1, l. 210/1992 prevede infatti che la domanda di indennizzo vada proposta entro 3 anni dalla conoscenza del danno , senza tuttavia dare indicazione precisa sul dies a quo . Sempre secondo la Corte territoriale, quindi, il dies a quo della decadenza andrebbe individuato nel momento in cui si forma la conoscenza del nesso causale tra il danno alla salute e la trasfusione infetta, non essendo sufficiente la mera consapevolezza della patologia. Nel caso di specie, la conoscenza del nesso causale tra la cirrosi epatica e la trasfusione infetta si sarebbe realizzata già nell'anno 2005 quando il ricorrente, insospettito della diagnosticata cirrosi, chiedeva all'ospedale la consegna della cartella clinica, per approntare ogni più opportuna verifica. Tale richiesta lasciava intendere come il ricorrente fosse soggettivamente consapevole della dipendenza causale dell'epatite dalle trasfusioni infette, già dal 2005, e non dal momento successivo dell'espletata consulenza tecnica 2010 . Poiché la domanda di indennizzo era stata depositata nel 2012, quindi oltre tre anni dopo la consapevolezza del nesso causale, interveniva decadenza con conseguente rigetto della domanda. La conoscenza del danno Ad avviso della Corte di Cassazione l'interpretazione offerta dalla Corte territoriale non è condivisibile, soprattutto alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 35/2023, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell' art. 3, comma 1, l. 210/1992 , nella parte in cui, dopo le parole conoscenza del danno” non prevede quelle e della sua indennizzabilità”. La conoscenza del danno , che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda di indennizzo, va interpretata come conoscenza dell'indennizabilità del danno e non come conoscenza della patologia. Ciò, a maggior ragione, nell'ipotesi di malattia inizialmente silente, ove non si può trascurare di individuare, con precisione, il momento in cui la malattia sia divenuta a tutti gli effetti passibile di indennizzo ai sensi della l. n. 210/1992 , con la conseguenza che, prima di tale momento, non può iniziare a decorrere alcuna decadenza.

Presidente Esposito – Relatore Calafiore Rilevato che La Corte d'appello di Genova, con sentenza n. 287/2016, ha rigettato l'impugnazione proposta dall'odierno ricorrente nei confronti del Ministero della Salute avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato, per decadenza, la domanda, avanzata dallo stesso in sede amministrativa nell'anno 2011, tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto dell'indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 quale vittima di emotrasfusione infetta la Corte territoriale, pur ribadendo il principio che la consapevolezza richiesta dalla L. n. 210 del 1992, art. 3 non coincide con quella della patologia contratta, ma richiede la conoscenza del nesso causale tra tale danno e la trasfusione infetta richiama Cass. N. 25265 del 2015 e Cass. N. 7240 del 2014 ha ritenuto che gli elementi disponibili consentissero di concludere sostanzialmente nel senso che la consapevolezza richiesta fosse stata raggiunta nel 2005, sin dal momento in cui fu eseguita una biopsia epatica e fu diagnosticata la cirrosi ciò in quanto, dal punto di vista della comprensione soggettiva, il ricorrente era ben consapevole del fatto che la cirrosi non poteva avere origine nell'eccesso di consumo di alcool e che la successiva richiesta di acquisizione della cartella clinica relativa alla trasfusione, avvenuta sempre nel 2005, fosse sufficiente a radicare nel tempo tale consapevolezza di contro, la successiva attività posta in essere anche mediante l'intervento dei legali e finalizzata ad acquisire la certezza di aver subito trasfusioni presso omissis , era solo confermativa della detta consapevolezza avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione l'odierno ricorrente sulla base di un motivo, illustrato da successiva memoria resiste il Ministero con controricorso il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di giorni sessanta. Considerato che con l'unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 210 del 1990 , art. 3, comma 1, per avere la Corte d'appello di Genova violato la normativa generale vigente in materia di decadenza, con particolare riferimento all'individuazione del termine iniziale della decadenza il motivo è fondato e va accolto la Corte territoriale ha affermato che non è sufficiente la consapevolezza della patologia contratta al fine di individuare il momento iniziale del decorso della decadenza, essendo necessaria la conoscenza del nesso causale tra il danno alla salute e la trasfusione infetta tale conoscenza, ad avviso della Corte d'appello, si realizzò nell'anno 2005, successivamente al ricovero nel cui ambito fu svolta una biopsia epatica e fu diagnosticata la cirrosi in particolare, poiché nelle notizie cliniche l'epatite cronica veniva definita alcool correlata e lo stesso ricorrente aveva sempre negato di aver fatto uso massiccio di alcoolici, ad avviso della Corte di merito, il ricorrente avrebbe dovuto rendersi conto della diversa origine della malattia inoltre, la lettera datata 19.12.2011, inviata dai legali dell'odierno ricorrente ai medici dell'ospedale di OMISSIS , al fine di sollecitare la trasmissione delle cartelle cliniche inerenti al ricovero del 1969 cui risalgono le trasfusioni da cui si afferma essere derivato il danno, affermava che successivamente al ricovero il ricorrente aveva appreso di essere affetto da epatopatia verosimilmente ricollegabile al suddetto intervento ed aveva chiesto copia della cartella in data 31 maggio 2005 a fronte di tali elementi che lasciavano intendere come il ricorrente fosse soggettivamente consapevole della dipendenza causale della epatite dalle trasfusioni infette già dal 2005, nessun valore poteva attribuirsi alle risultanze della consulenza medico legale del 2010 che non aveva valutato elementi nuovi o diversi inoltre, il Collegio di merito ha ribadito che il decorso del termine di decadenza non può essere condizionato dalla iniziativa della parte interessata che, ad un certo punto decida di munirsi i specifica c.t.u. il modello interpretativo in concreto utilizzato dalla sentenza impugnata non è conforme ai principi espressi da questa Corte di legittimità si richiede, in particolare, non solo la conoscenza della patologia ma anche del nesso causale tra la stessa e l'emotrasfusione vd. da ultimo Cass. Cassazione civile sez. lav., 23/12/2020, n. 29453 27565 del 2019 , nel senso che la decorrenza del termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda, previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, come modificato dalla L. n. 238 del 1997 , va stabilita ricostruendo il momento in cui deve ritenersi maturata in capo all'interessato la conoscibilità del nesso causale tra la trasfusione e la patologia, sulla base di indici oggettivi e con alto grado di probabilità, alla luce delle nozioni comuni dell'uomo medio, eventualmente integrate da valutazioni mediche e secondo il parametro dell'ordinaria diligenza si è infatti affermato che ai fini della decorrenza del termine decadenziale di cui si discute, non è sufficiente la conoscenza o la ragionevole conoscibilità della malattia in sé o della sua cronicizzazione, ma occorre quella dell'evento indennizzato completo del nesso causale e quindi della correlazione tra la patologia e l'intervento terapeutico praticato, della natura irreversibile del danno nonché della sua ascrivibilità, per equivalente e non in via strettamente tabellare, ad una delle infermità classificate nelle categorie previste dalla tabella B, annessa al T.U. approvato con D.P.R. n. 915 del 1978 , come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981 tale disamina, necessaria al fine di garantire la effettiva protezione del danneggiato che è stato leso nel bene primario della salute art. 32 Cost. , non è stata adeguatamente attuata dalla sentenza impugnata che ha utilizzato un parametro di conoscibilità del tutto vago e generico e di stampo soggettivo ed individuale, riferendosi addirittura ad una presunta consapevolezza dell'origine della malattia, derivante dal convincimento interiore di non aver assunto alcool, e, aspetto ancor più rilevante, ha del tutto obliterato il successivo passaggio del riscontro di oggettiva conoscibilità della acquisizione scientifica generale, dotata di alta probabilità, da parte dell'uomo medio, facendo coincidere di fatto, il raggiungimento del necessario stato di conoscenza con quello della consapevolezza della mera positività e della ipotizzata dipendenza da trasfusioni subite del tutto assente è l'indagine sulla evoluzione della malattia, che la parte ricorrente ha descritto unitamente alle concrete difficoltà di reperimento dei dati sulla trasfusione subita a causa della distruzione della cartella clinica durante l'alluvione di Genova l'aggravarsi dello stato patologico è fatto giuridicamente rilevante anche al fine della corretta applicazione della peculiare disciplina decadenziale prevista per l'indennizzo del danno da HCV post-trasfusionale va ricordato, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte ha pure precisato, vedi, per tutte Cass. n. 19829 del 2013 Cass. 24 giugno 2008, n. 16158 Cass. SU 1 aprile 2010, n. 8064 Cass. 8 novembre 2010, n. 22706 Cass. 3 febbraio 2012, n. 1635 , che in tema di indennizzo in favore di soggetti danneggiati da epatite post trasfusionale, la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, sempre che tali danni possano inquadrarsi pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 , come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 , rientrando nella discrezionalità del legislatore, compatibile con il principio di solidarietà art. 2 Cost. e con il diritto a misure di assistenza sociale art. 38 Cost. , la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti dell'autorità sanitaria ne consegue che la circostanza che, secondo l'interpretazione letterale e sistematica della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 4 il danno permanente alla salute, non ascrivibile ad alcun comportamento colpevole e quindi non risarcibile ex art. 2043 c.c. comporti l'indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 , nel caso di epatite post-trasfusionale o da somministrazione di emoderivati dell'art. 1 cit., commi 2 e 3 , sempre che superi una soglia minima, non fa sorgere alcun dubbio, non manifestamente infondato, di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 2 e 38 Cost. , in quanto le fattispecie di danno che si collocano al di sotto della suddetta soglia sono da considerare tendenzialmente residuali ed apprezzabili con valutazione medico-legale dalla Commissione di cui al D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 165, sicché non appare irragionevole che il legislatore, nell'istituire la provvidenza assistenziale dell'indennizzo in oggetto, non ne abbia previsto l'applicabilità per i danni inferiori a tale soglia, salva restando in tali ipotesi la sospensione del termine di decadenza a tali considerazioni va aggiunto che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 35 del 2023 , ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole conoscenza del danno , non prevede e della sua indennizzabilità la pronuncia ha sottolineato le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla L. n. 210 del 1992 , ed ha ritenuto che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell'esteriorizzazione della menomazione permanente dell'integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell'azionabilità del diritto all'indennizzo” pertanto, il giudice del merito chiamato ad interpretare ed applicare la complessiva disciplina decadenziale de qua, soprattutto nell'ipotesi di malattia inizialmente silente, non può trascurare di accertare il momento in cui la malattia sia divenuta in effetti indennizzabile, con l'effetto che prima di tale momento non inizia a decorrere alcuna decadenza in definitiva, va accolto il ricorso la sentenza impugnata va dunque cassata e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità, affinché si proceda ad accertare, alla luce dei principi sopra enunciati, l'effettivo decorso della decadenza prevista dalla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione. Dispone che in caso di diffusione siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2.