Rimozione degli effetti discriminatori nell’accesso al lavoro: come deve essere introdotto l’appello?

Nel caso in esame, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha escluso una straniera dalla procedura di selezione per due nominativi da inquadrare nel profilo di operatore doganale per mancanza del requisito della cittadinanza italiana.

La vicenda arriva ovviamente in giudizio, dove la Corte osserva che ai sensi dell' art. 44, comma 1, del d.lgs. numero 286/1998 , quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, è possibile ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione il comma 2 prevede che alle controversie previste dalla medesima disposizione si applica l' art. 28 del d.lgs. 10 settembre 2011, numero 150 , il quale al comma 1 stabilisce che le controversie in materia di discriminazione di cui all' art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286 sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal medesimo articolo . Inoltre, il rito di cui agli artt. 702- bis ss. è un rito a sé, che non tollera riqualificazioni a seconda della materia coinvolta dalla discriminazione, né vi è un rito che ordinariamente” si sarebbe applicato in primo grado, perché in primo grado il rito sommario può esso stesso essere normalmente applicato . Ne consegue che l'appello proposto avverso la decisione del tribunale di accoglimento della domanda , formulata ai sensi dell' art. 28, comma 1, d. lgs. numero 150/2011 e 702- bis c.p.c. , volta alla rimozione di una discriminazione nell'accesso al lavoro, deve essere introdotto con citazione e non con ricorso , sicché la tempestività del gravame va verificata calcolandone il termine di trenta giorni dalla data di notifica dell'atto introduttivo alla parte appellata l'appello proposto avverso la decisione del tribunale di accoglimento della domanda, formulata ai sensi dell' art. 28, comma 1, d. lgs. numero 150/2011 e 702- bis c.p.c. , volta alla rimozione di una discriminazione nell'accesso al lavoro, deve essere introdotto con citazione e non con ricorso, sicché la tempestività del gravame va verificata calcolandone il termine di trenta giorni dalla data di notifica dell'atto introduttivo alla parte appellata .

Presidente Bellè – Relatore Buconi Fatto 1. La Corte d'appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l'appello proposto dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso l'ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. , con cui il Tribunale di Udine aveva accertato il carattere discriminatorio della condotta dell'Agenzia consistita nell'esclusione di D.A. dalla procedura di selezione per due nominativi da inquadrare nel profilo di operatore doganale per mancanza del requisito della cittadinanza italiana , ordinando l'ammissione della medesima alla selezione con le stesse modalità di cui all'originaria convocazione in data 12.1.2016 e respingendo le ulteriori domande. 2. La Corte territoriale evidenziava che la suddetta ordinanza era stata comunicata alle parti in data 30.6.2016, che l'appello era stato proposto con atto di citazione notificato in data 29.7.2016 e depositato in data 4.8.2016 nella cancelleria della Corte di Appello di Trieste precisava che il Collegio civile aveva trasmesso gli atti alla seconda sezione, Collegio Lavoro della Corte di Appello di Trieste. 3. Riteneva che l'azione proposta rientrasse tra quelle contemplate dall' art. 409 c.p.c. e fosse pertanto devoluta alla cognizione del giudice del lavoro aggiungeva che in base al combinato disposto dell' art. 702 quater e dell'art. 434 c.p.c. l'appello avverso la suddetta ordinanza avrebbe dovuto essere proposto con ricorso ai sensi dell' art. 433 c.p.c. , da depositarsi nella cancelleria della Corte di Appello entro 30 giorni dalla sua comunicazione. 4. Rimarcava inoltre che il rito in appello consegue al rito che sarebbe stato ordinariamente applicato nel giudizio di primo grado, e dunque nel caso di specie l'ordinario rito del lavoro ai sensi dell' art. 409 c.p.c. 5. Richiamava il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'appello erroneamente proposto con atto di citazione anziché con ricorso, in tanto è ammissibile, in quanto l'atto di citazione sia stato depositato in cancelleria nei termini in cui avrebbe dovuto essere depositato il ricorso considerato che, a fronte dell'avvenuta comunicazione dell'ordinanza in data 30.6.2016, l'atto di citazione in appello era stato depositato in data 4.8.2016, e dunque oltre il termine di 30 giorni, ha ritenuto la tardività dell'appello. 6. Avverso tale sentenza l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. 7. D.A. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. Diritto 1. Preliminarmente si dà atto che la controricorrente, in memoria, ha evidenziato come, dopo essere stata ammessa alle prove selettive per effetto della sentenza di primo grado e nelle more del giudizio di cassazione, non le ha superate, sicché la vicenda concreta del contenzioso si è esaurita. La A. afferma peraltro di avere interesse ad una pronuncia che confermi nel merito l'originaria fondatezza della sua pretesa e non si può a questo punto neanche escludere un interesse contrario dell'Agenzia a far constare la legittimità del proprio operato, sicché deve comunque procedersi alla disamina dei motivi per come proposti. 2. Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 702 ter , 702 quater , 339 ss. e 434 c.p.c. , nonché del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 44 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28 in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 violazione e/o falsa applicazione degli artt. 51 e 117 Cost. , dell'art. 45 TFUE , nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1 e art. 38, commi 1 e 2, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 Evidenzia che l'art. 702 quater non precisa quale forma debba rivestire l'atto che introduce il giudizio di impugnazione richiama inoltre la giurisprudenza di questa Corte secondo cui nei giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e nel procedimento sommario di cognizione l'appello va proposto con atto di citazione secondo la disciplina del rito ordinario di cui agli artt. 339 c.p.c. ss Deduce l'erroneità della statuizione secondo cui l'azione civile contro la discriminazione ex art. 44 T.U. Immigrazione , in quanto riconducibile ad un rapporto di lavoro potenzialmente instaurabile, debba essere sottoposta al rito del lavoro rimarca che ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28, le controversie in materia di discriminazione di cui all' art. 44 T.U. Immigrazione sono regolate dal rito sommario di cognizione, a prescindere dai possibili legami con altre materie. 3. Il ricorso è fondato. 4. Osserva la Corte che, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 44, comma 1, quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, è possibile ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione il comma 2 prevede che alle controversie previste dalla medesima disposizione si applica il D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, art. 28 il quale al comma 1 stabilisce che le controversie in materia di discriminazione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 44, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal medesimo articolo. Ai sensi del D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, art. 28, comma 5, nel testo applicabile ratione temporis, Con l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice può ordinare di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo, il piano è adottato sentito l'ente collettivo ricorrente la norma è stata modificata dal D.Lgs. n. 149 del 2022, art. 15 il quale ha sostituito la parola ordinanza con sentenza ai sensi del D.Lgs. n. 149 del 2022, art. 35 le disposizioni del medesimo decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, mentre ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti . Dalla sentenza impugnata risulta che la D. ha agito in giudizio per accertare il carattere discriminatorio del comportamento posto in essere dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e consistito nella revoca della sua convocazione per la prova selettiva ai fini della verifica dell'idoneità all'impiego di operatore doganale, nonché ad ottenere la condanna dell'Agenzia alla reiterazione della selezione, al risarcimento del danno, alla pubblicazione dell'emanando provvedimento e all'adozione di un piano di rimozione volto ad evitare il ripetersi della discriminazione deve pertanto ritenersi che la domanda sia stata correttamente introdotta con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. , non risultando peraltro che sia stata messa in discussione la correttezza del rito azionato. 5. Questa Corte ha già chiarito che l'individuazione in concreto del giudice per la trattazione del procedimento di cui all' art. 702 bis c.p.c. ben può dipendere dalla ripartizione interna degli affari in un determinato ufficio, essendo ipotizzabile che le cause D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 28 siano trattate dal giudice del lavoro Cass. n. 3936/2017 . Ma evidentemente il mero riparto di affari interni non può avere incidenza sul rito da osservare. In generale, questa S.C. ha ritenuto che l'impugnazione dell'ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. , conclusiva del giudizio sommario, può essere proposta esclusivamente nella forma ordinaria dell'atto di citazione Cass. n. 6318/2020 Cass. n. 24379/2019 Cass. n. 8757/2018 . Anche rispetto all'appello ex art. 702-quater c.p.c. , proposto contro il provvedimento di rigetto del ricorso avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale e nei confronti degli altri provvedimenti in materia di immigrazione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 19 era costante l'orientamento di questa Corte secondo esso andava introdotto con atto di citazione e non mediante ricorso, sicché la verifica della tempestività dell'impugnazione andava effettuata calcolandone il termine di trenta giorni previsto dall' art. 702 quater c.p.c. , comma 1, dalla data di notifica dell'atto introduttivo alla parte appellata Cass. n. 26326/2014 Cass. n. 14502/2014 Cass. n. 13815/2016 Cass. n. 23108/2017 . L'indirizzo è stato superato solo dalle modifiche apportate al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 dal D.L. n. 142 del 2015, art. 27 in quanto a quel punto era espresso il riferimento al termine ricorso Cass., S.U., n. 4268/2018 . Analoghe modifiche non hanno tuttavia riguardato l'art. 702-quater, nè il D.Lgs. n. 150 del 2011 , art. 28, sicché è tuttora valido il parallelismo argomentativo tra il disposto dell'art. 19 illo tempore vigente e l'art. 28, nel senso che evidentemente, in entrambi i casi, vale l'art. 702-quater e sono da osservare le forme proprio di esso. Soprattutto si è poi evidenziata la specialità della disciplina prevista da tale disposizione contro gli atti e i comportamenti discriminatori, anche in ambito di occupazione e lavoro, con la precisazione che, nel rapporto tra due previsioni speciali , la norma successiva ha una portata limitatrice di quella precedente Cass. n. 3936/2017 cit. ha affermato tale principio ritenendo la prevalenza del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28 sull' art. 413 c.p.c. che fissa la competenza del giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto . La specialità del rito di cui all'art. 28, comma 1, e 702-bis, ss. non ammette dunque deviazioni ed una volta introdotta la causa nelle forme antidiscriminatorie non si possono trasporre regole impugnatorie del processo del lavoro, al fine di calibrare le forme a seconda dell'ambito sostanziale entro cui si manifesta la discriminazione, ciò non essendo previsto dalle norme e potendo comportare gravi ed ingiustificate incertezze applicative. Non può dunque convenirsi con l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui, nel caso di cui all' art. 702-bis c.p.c. e ss., il rito in appello conseguirebbe al rito che si sarebbe ordinariamente applicato in primo grado e dunque, nel caso di specie, l'ordinario rito del lavoro. Il rito di cui agli artt. 702-bis ss. è un rito a sé, che non tollera riqualificazioni a seconda della materia coinvolta dalla discriminazione, nè vi è un rito che ordinariamente si sarebbe applicato in primo grado, perché in primo grado il rito sommario può esso stesso essere normalmente applicato. Si potrebbe anche discutere se, rispetto ad una causa in cui questioni discriminatorie e di lavoro si sovrappongano, si possa ammettere la scelta tra l'uno e l'altro rito, come ora consente l' art. 441-quater c.p.c. in ambito di licenziamenti. Ma di certo, una volta scelto il rito, non vi possono essere estemporanee interpolazioni e vanno osservate le regole proprio del processo in concreto instaurato. Così come non vi è questione di applicazione delle regole di connessione di cui all' art. 40 c.p.c. , comma 3, che imporrebbero di dare prevalenza al rito del lavoro, perché qui il tema non riguarda una pluralità di cause connesse che siano state cumulativamente proposte o successivamente riunite, ma il diverso caso di una domanda unitaria che, contemporaneamente, si basa su tematiche lavoristiche e antidiscriminatorie. 6. Questa Corte ha comunque anche affermato che se una controversia di lavoro non viene trattata con il rito lavoro, il giudizio di appello deve seguire le regole ordinarie, in quanto il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia, indipendentemente dall'esattezza della relativa valutazione, e perciò detto rito costituisce per le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell'impugnazione Cass. n. 22738/2010 Cass. n. 3192/2009 e Cass. n. 24649/2007 ed anche ciò esclude, per altra via, che nel caso di specie l'appello, essendo stato il giudizio di primo grado condotto nelle forme tout court del rito sommario di cognizione, dovesse virare verso forme del rito del lavoro ed essere introdotto con ricorso. 7. Alla luce di tali principi, deve ritenersi che il giudizio di appello sia stato correttamente introdotto con atto di citazione. Nel caso di specie, dall'esame del ricorso e dell'impugnata sentenza si desume che la comunicazione dell'ordinanza di primo grado è stata effettuata alla ricorrente in data 30.6.2016, che l'atto di appello in forma di citazione è stato notificato in data 29.7.2016 dunque entro i trenta giorni successivi e depositato in data 4.8.2016. 8. La statuizione di inammissibilità dell'appello emessa dalla Corte territoriale deve pertanto ritenersi erronea, atteso che ai fini del computo del termine di trenta giorni per il gravame ai sensi dell' art. 702-quater c.p.c. rileva la data della notifica dell'atto di citazione, e non del suo deposito. Ciò è assorbente di ogni altro profilo agitato in sede di legittimità. 9. Va altresì espresso il seguente principio l'appello proposto avverso la decisione del tribunale di accoglimento della domanda, formulata ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28, comma 1, e art. 702-bis c.p.c. , volta alla rimozione di una discriminazione nell'accesso al lavoro, deve essere introdotto con citazione e non con ricorso, sicché la tempestività del gravame va verificata calcolandone il termine di trenta giorni dalla data di notifica dell'atto introduttivo alla parte appellata . 10. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Trieste in diversa composizione, la quale dovrà procedere all'esame della controversia nel merito, attenendosi ai suesposti principi di diritto. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2 in quanto imposto dalla legge.