Illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi: la banca risarcisce anche il danno all’immagine

Il Tribunale di Matera, con sentenza dell’11 settembre 2023, ci ricorda che anche nei confronti di una società è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una sua situazione giuridica equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, tra cui rientra il diritto all'immagine.

Nello specifico, il Tribunale di Matera ha ritenuto che, a seguito dell'indebita segnalazione bancaria alla Centrale dei Rischi di una società a sofferenza , debba riconoscersi la risarcibilità del danno non patrimoniale per lesione del diritto all'immagine, da liquidarsi in via equitativa. La questione in lite Una banca notifica ad Alfa, società a responsabilità limitata operativa nel settore edilizio, un decreto ingiuntivo segnalando poi la relativa posizione a sofferenza in Centrale dei rischi. Il Tribunale di Matera, accogliendo l'opposizione di Alfa, revoca con sentenza parziale il decreto ingiuntivo accertando l'erroneità della segnalazione della banca. Il giudizio di opposizione prosegue ai fini dell'accertamento dell'eventuale danno subito da Alfa, che nelle more viene dichiarata fallita. Il nesso causale tra la segnalazione a sofferenza e il fallimento della società segnalata Il Tribunale di Matera, al fine di determinare se l'erronea segnalazione della banca abbia o meno arrecato un pregiudizio ad Alfa, affida al Consulente tecnico d'Ufficio tre quesiti a accertare se all'epoca della segnalazione a sofferenza, Alfa risultasse già segnalata e con quali modalità b verificare se la segnalazione della banca ha comportato la revoca dei finanziamenti/affidamenti a favore di Alfa o la mancata concessione di nuovi. Il CTU accerta in primo luogo che all'epoca dei fatti Alfa risultava già iscritta in Centrale rischi per una serie di segnalazioni, nessuna delle quali però a sofferenza. All'esito della segnalazione della banca, invece, anche gli altri creditori chiesero il rientro dalle proprie esposizioni, portandole poi a sofferenza, e un altro negò ad Alfa un finanziamento. Il Tribunale di Matera accerta quindi che – con elevato grado di certezza – sia stata proprio la segnalazione a sofferenza effettuata dalla banca a pregiudicare, in modo irreversibile e fino all'esaurimento, il considerevole merito creditizio di cui godeva Alfa, impedendole di accedere al credito necessario per svolgere la propria attività edilizia. La quantificazione dei danni patrimoniali Appurato quanto sopra, il Tribunale di Matera ritiene di poter determinare il danno patrimoniale subito da Alfa utilizzando i seguenti parametri 1 i dati OMI pubblicati semestralmente dall'Agenzia delle Entrate 2 i ricavi, stimati nella percentuale di redditività media del settore immobiliare i.e. 6,8% per le imprese di medie dimensioni cioè, con fatturato da 2 a 10 milioni di euro , come calcolata nel documento di ricerca ODEC, Osservatorio sui bilanci delle S.r.l. 2018 – Focus settore costruzioni. Quanto al parametro dei ricavi, il Tribunale, aderendo all'impostazione del CTU, specifica di non aver applicato il criterio della percentuale dei costi di realizzazione degli immobili, perché ciò avrebbe comportato il calcolo di un danno maggiore di quello stimato, considerata la rilevante variabilità del prezzo di vendita degli immobili medesimi. In questa direzione il Tribunale, esaminati tutti i progetti immobiliari di Alfa pendenti alla data del fallimento, quantifica il danno subito dalla stessa in oltre € 4.000.000 Il danno di immagine Sul punto, il Tribunale di Matera richiama il noto insegnamento della Suprema Corte di Cassazione cfr. Cass. 4 giugno 2007, numero 12929 secondo cui anche nei confronti della persona giuridica ed in genere dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una loro situazione giuridica che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione fra tali diritti rientra l'immagine della persona giuridica o dell'ente, la cui lesione comporta il diritto al risarcimento non solo del danno patrimoniale ma anche di quello non patrimoniale quest'ultimo è costituito dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca il suddetto danno non patrimoniale deve essere liquidato alla persona giuridica o all'ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto  in riferimento ad indebita segnalazione da parte di istituto bancario di una società alla Centrale Rischi della Banca d'Italia quale soggetto in posizione di sofferenza, deve riconoscersi, pertanto, la risarcibilità a tale società di un danno non patrimoniale per lesione del diritto all'immagine sotto i due profili indicati, da liquidarsi in via equitativa secondo le circostanze concrete del caso.   Movendo da tali principi, il Tribunale di Matera osserva quindi come, nella fattispecie, sia provato il nesso causale tra, da un lato, l'illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi e il conseguente fallimento di Alfa, e dall'altro, il danno all'immagine societaria della stessa. Ai fini della quantificazione di detto danno, il Giudice calcola una percentuale del 5% degli “utili” medi che Alfa avrebbe potuto ricavare dalle operazioni immobiliari in corso prima del fallimento percentuale ritenuta “congrua” anche alla luce delle altre voci di danno patrimoniale già quantificate. Il Tribunale di Matera condanna quindi la banca al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito da Alfa in conseguenza dell'illegittima segnalazione della stessa in Centrale dei Rischi. Il danno all'immagine delle persone giuridiche La sentenza qui in commento offre l'occasione per ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza di legittimità in punto di danno non patrimoniale degli enti. Come ricordato anche dal Tribunale di Matera, la suprema Corte di Cassazione con sentenza numero 12929/2007, aveva sancito l'ammissibilità del risarcimento del danno all'immagine della persona giuridica, in quanto anche gli enti collettivi, come le persone fisiche, godono di un'immagine, la quale è suscettibile di subire, per effetto del comportamento illecito altrui, una lesione, consistente nella diminuzione della considerazione che essi ricevono dalla platea di consociati con cui interagiscono ciò a prescindere da eventuali ricadute di carattere patrimoniale. Si tratta di un danno di natura non patrimoniale, riconducibile alla previsione di cui all'articolo 2059 c.c. Con quella nota pronuncia la Corte di Cassazione sviluppava un percorso motivazionale già avviato in due precedenti sentenze, le nnumero 8827 e 8828 del 31 maggio 2003, nelle quali aveva riconosciuto il sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica , del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto. In relazione a quest'ultima tipologia di danno, i Giudici di legittimità ne sancivano l'estensione anche alle persone giuridiche ed in genere agli enti collettivi dotati di soggettività giuridica, ritenendo, appunto, la risarcibilità del danno derivante dalla lesione dell'immagine degli stessi. Si trattava, ad avviso della Corte di legittimità, di una conclusione derivata dal tenore dell'articolo 2 della Costituzione il quale riconosce i diritti inviolabili dell'uomo, cioè della persona fisica, anche nelle formazioni sociali sicché sarebbe stato contraddittorio ammettere la risarcibilità del danno non patrimoniale per lesione di un diritto fondamentale al soggetto persona fisica quando agisce direttamente come tale e non riconoscerla alla formazione sociale , ove si svolge la sua personalità. In buona sostanza, le persone giuridiche, composte da più individui che interagiscono in vista della realizzazione di un comune interesse, hanno non solo una propria identità e un nome, ma anche un'immagine, degna di essere tutelata giuridicamente contro qualsivoglia evento dannoso. A mente dell'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, il danno all'immagine della persona giuridica si configura pertanto non come danno-evento, rappresentato cioè dal fatto in sé della lesione, risarcibile ex articolo 2043 c.c., ma come danno-conseguenza, in quanto si ricollega alla lesione della situazione protetta sulla base di un nesso di causalità, la cui sussistenza deve essere provata dal danneggiato, anche mediante presunzioni, mentre la sua quantificazione è demandata alla valutazione equitativa del giudice. Fermi questi principi, e tornando alla fattispecie esaminata dal Tribunale di Matera, il danno-evento è dunque rappresentato dalla segnalazione alla Centrale dei Rischi e dall'inserimento del relativo dato nell'apposita banca dati da parte di un istituto di credito. Questa situazione integra l'evento lesivo perché ha rilievo ai fini dell'immagine dell'ente presso la platea di soggetti che accede o può accedere a tale istituto di credito, la quale è funzionale a fornire l'immagine nel circuito bancario dei soggetti che ricorrono o vogliono ricorrere al credito in punto di esposizione debitoria e solvibilità. L'immagine dell'ente sotto tale profilo, una volta avvenuta l'indebita segnalazione non è più la stessa, in quanto essa risulta astrattamente percepibile con la nota negativa derivante dalla indicazione di una situazione di c.d. sofferenza. Il danno-conseguenza è rappresentato, invece, dalla effettiva percepibilità che quella platea ha della segnalazione circa la prova del danno-conseguenza, in fattispecie concernenti l'illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi, v. anche Cass. 28 marzo 2018, numero 7594 «in tema di responsabilità civile, il danno all'immagine ed alla reputazione, in quanto costituente danno conseguenza, non può ritenersi sussistente in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento» Cass. 10 febbraio 2020, numero 3133 «il danno patrimoniale derivante da indebita segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d'Italia può essere provato dal danneggiato anche per presunzioni, potendo consistere, se imprenditore, nel peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale pure per l'ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza, e, per qualsiasi altro soggetto, nella maggiore difficoltà nell'accesso al credito» .

MOTIVI DELLA DECISIONE La presente sentenza viene redatta, ai sensi degli articoli 132 numero 4 e 118 disp. att. c.p.comma come modificati con legge numero 69/09 , senza l'esposizione dello svolgimento del processo e con una concisa esposizione dei fatti e delle ragioni giuridiche rilevanti ai fini della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi. V a premesso che con sentenza parziale numero /2021 del - è stata ritenuta illegittima la segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi, effettuata dall'istituto di credito per una posizione debitoria erroneamente attribuita alla omissis s.r.l., poi fallita. La causa, quindi, è stata rimessa sul ruolo per verificare eventuali conseguenze negative di detta segnalazione. La decisione già assunta, che ha comportato la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei confronti della predetta società, preclude a questo Giudice di rivedere e dissertare sulle questioni nuovamente sollevate sul punto nel prosieguo di questo giudizio che, pertanto, in questo grado ed allo stato, verte solo sulle conseguenze di detta decisione parziale, ovvero sull'accertamento della sussistenza dei danni lamentati e sulla loro quantificazione, accertamenti per i quali è stata disposta CTU. In ordine all'operato del consulente d'ufficio e, in particolare, all'autorizzazione concessagli per acquisire documentazione dall'istituto di credito opposto, deve precisarsi che tale acquisizione è stata autorizzata limitatamente alla documentazione per la quale le parti hanno fatto richiesta in una delle memorie ex articolo 183, comma 6, numero 2 c.p.comma e, sul punto, la difesa dell'istituto di credito ha obiettato che controparte non ha mai richiesto di acquisire documentazione dall'istituto di credito, obiezione che deve comunque ritenersi superflua in quanto il CTU, per lo svolgimento del suo incarico, si è avvalso della sola documentazione già depositata agli atti di questo procedimento, senza acquisirne ulteriore. Altra questione sollevata dalla difesa dell'istituto di credito in ordine alla consulenza contabile espletata, è quella attinente al mancato deposito, da parte del CTU, delle osservazioni formulate dal CTP Dott. omissis alla sua relazione e tempestivamente trasmessegli, osservazioni che il CTU ha comunque depositato in cancelleria 1'8.9.2023, per cui questo Giudice ne ha preso visione. Passando al merito delle questioni affrontate dal consulente, con i primi due quesiti è stato chiesto di accertare l'epoca della citata segnalazione e se, alla stessa epoca, la omissis s.r.l. era già segnalata alla Centrale Rischi e con quali modalità. In risposta a tali quesiti, il consulente ha accertato che la citata società fu segnalata dall'allora omissis S.p.A. in data 31.1.2014, quando era già iscritta per altre otto segnalazioni meglio indicate alle pagine 7 e 8 della relazione peritale , relative a crediti accordati ed utilizzati per oltre € 6.500.000,00, nessuna delle quali, però, a sofferenza, conclusione che trova pieno riscontro nella documentazione in atti. Con il terzo quesito è stato chiesto al CTU di verificare . se la segnalazione operata dal omissis S.p.A. ha comportato, per la omissis s.r.l., la revoca di finanziamenti o affidamenti in corso e/o la mancata concessione di nuovi finanziamenti o affidamenti . In risposta a tale quesito, il CTU ha rilevato che, successivamente all'iscrizione a sofferenza sopra citata, altri istituti di credito richiesero alla omissis s.r.l. l'immediato rientro delle posizioni debitorie pendenti presso gli stessi. In particolare, come evidenziato alle pagine 8 e ss. della relazione peritale, tale rientro fu chiesto da omissis in data 9.4.2014 , da omissis S.p.A. in data 31.5.2015 , da omissis in data 11.3.2014 e da omissis S.p.A. in data 22.6.2016 , richieste che portarono a sofferenza le rispettive posizioni, mentre - rigettò una richiesta di apertura di conto in data 3.11.2015 e di credito dell'importo di € 2.000,00, e omissis S.p.A. negò anche la concessione di un mutuo di € 3.900.000,00, richiesto per la realizzazione di civili abitazioni in omissis a omissis intervento edilizio denominato omissis . Occorre a questo punto riconsiderare quanto accertato dal consulente in risposta al quesito numero 1, ovvero che prima della segnalazione a sofferenza la omissis s.r.l. aveva in corso affidamenti per oltre € 6.500.000,00, tenendo altresì presente che, nel corso del presente giudizio, non sono stati offerti elementi di prova dai quali desumere che le richieste di rientro per tali finanziamenti ed il diniego di nuovi finanziamenti siano da attribuire a vicende diverse da quella riferibili alla ripetuta segnalazione a sofferenza il considerevole merito creditizio di cui la omissis s.r.l. godeva porta quindi a ritenere, con un elevato grado di certezza, che fu proprio la segnalazione a sofferenza operata dall'allora omissis S.p.A. a pregiudicare, sino ad esaurirlo ed in maniera irreversibile, il merito creditizio della omissis s.r.l., impedendole di svolgere la sua attività, quella edilizia, che di norma richiede per il suo esercizio l'accesso al credito per i considerevoli investimenti da effettuare, accesso che sino a quel momento detta società aveva avuto senza particolari problemi che, si ripete, non sono emersi nel presente giudizio . Passando, quindi, alla stima dei danni, è opportuno premettere che il CTU ha considerato per i suoi calcoli i seguenti elementi 1 i dati OMI, che sono pubblicati semestralmente dall'Agenzia delle Entrate, considerando comunque che il prezzo di vendita non è sempre in linea con tali parametri, essendo il risultato di una trattativa commerciale che include la forza contrattuale delle parti, la decisione delle parti ad acquistare o a vendere ed altri fattori 2 i ricavi, stimati nella percentuale di redditività e non dalla differenza con i costi di realizzazione degli immobili, percentuale considerata al 6,98%, ovvero quella media del settore immobiliare per le imprese di medie dimensioni quelle con fatturato compreso tra 2 e 1 O milioni di euro nel periodo oggetto della stesura della relazione, percentuale la cui fonte deve considerarsi attendibile perché costituita dal Documento di ricerca ODCEC, Osservatorio sui bilanci delle SRL 2018 -Focus Settore Costruzioni pagina 14. Il CTU, inoltre, ha ritenuto correttamente di non considerare la percentuale costi, la cui applicazione avrebbe avuto come risultato il calcolo di un danno maggiore di quello da lui stimato, ma quella di redditività in quanto, applicando il primo criterio percentuale costi , non si sarebbe potuto tener conto della variabile, molto influente, del prezzo di vendita della cui incidenza sul calcolo in oggetto si è detto sopra . ANNO 2014 - In quest'anno la società fallita alienava 18 unità immobiliari, i cui rogiti sono allegati alla consulenza di parte del Dott. omissis ed il cui valore OMI è risultato pari ad € 4.902.916,80 applicando la percentuale di redditività sopra indicata 6,98% e tenuto conto del prezzo di vendita, risultato inferiore a quello ricavabile in base ai citati valori OMI, emerge una perdita pari ad € 342.223,00. ANNI 2015 e 2016 - In questi anni la società fallita alienava 14 unità immobiliari, i cui rogiti sono allegati alla consulenza di parte del Dott. omissis ed il cui valore OMI è risultato pari ad € 4.902.916,80 anche in questo caso, applicando la percentuale di redditività sopra indicata 6,98% , e tenuto conto del prezzo di vendita, risultato inferiore a quello ricavabile in base ai citati valori OMI, emerge una perdita pari ad€ 124.505,00. Relativamente a tali anni 2014/2016 , nei chiarimenti richiestigli il CTU ha precisato che, relativamente al numero degli immobili venduti in tali anni dalla omissis s.r.l. in bonis, ha considerato quelli risultanti dai rogiti notarili, specificando che il numero degli stessi non corrisponde a quello degli immobili perché con uno stesso rogito venivano effettuate più vendite. In ordine a tali immobili, come detto, ha considerato il prezzo di vendita, rilevando che è inferiore a quello OMI, per cui per verificare se vi fossero state perdite, ha applicato la percentuale del 6,98% sulla differenza tra valori OMI e singoli prezzi di vendita, metodologia che dev'essere condivisa. LOTTIZZAZIONE omissis - La società fallita aveva presentato ed ottenuto un progetto che prevedeva la realizzazione di 47 unità abitative, con un costo di costruzione stimato in complessivi € 6.107.000,00 e con un ricavo di € 14.321.450,00, valore quest'ultimo che il CTU, convocato in camera di consiglio, ha precisato d'aver ottenuto in base ai dati OMI. Nei chiarimenti richiestigli nel corso del giudizio il CTU ha precisato che, per questa lottizzazione, ha esaminato atto provenienza del suolo edificatorio a rogito Notaio omissis rep. numero raccomma numero del permesso a costruire rilasciato dal Comune di omissis il protocollo Prot. contratto di appalto del omissis documenti allegati sotto i numeri da 11/1 ad 11/4 della produzione di parte . Anche in questo caso si è applicata la percentuale di redditività sopra indicata 6,98% , ottenendo una perdita pari ad € 999.637,00, cui va aggiunta quella per caparra versata e sconto penali pari a complessivi € 2.238.500,00, giusta scrittura privata del , che fa riferimento al rogito del , documenti depositati in atti pertanto, la perdita totale per tale operazione è quantificabile in€ 3.238.137,00. LOTTIZZAZIONE omissis La società fallita aveva presentato ed ottenuto un progetto che prevedeva la realizzazione di 17 unità abitative per il lotto 2, con un costo di costruzione stimato in € 1.570.000,00 e con un ricavo di € 3.050.054,49, valore quest'ultimo che il CTU, convocato in camera di consiglio, ha precisato di aver ottenuto in base ai dati OMI. Nei chiarimenti richiestigli nel corso del giudizio il CTU ha precisato che, per questa lottizzazione, ha esaminato atto provenienza costituito dal preliminare di vendita tra omissis s.r.l. comunicazione del Comune di omissis del prot. di avvio rilascio permesso di costruire comunicazione oneri di urbanizzazione e costo di costruzione documenti allegati sotto i numeri da 12/1 ad 12/5 della produzione di parte . Anche in questo caso, applicando la percentuale di redditività sopra indicata 6,98% , si ottiene una perdita pari ad € 212.893 ,00, cui va aggiunta la penale a carico della parte inadempiente di € 400.000,00, giusta preliminare di compravendita del 20.4.2010 allegato 12/1 perizia di parte Dott. omissis pertanto, la perdita totale per tale operazione è quantificabile in € 612.893,00. LOTTIZZAZIONE omissis La società fallita aveva presentato ed ottenuto un progetto che prevedeva la realizzazione di 24 unità abitative per il lotto 8, con un costo di costruzione stimato in € 4.288.000,00 ed un ricavo di € 5.481.285,00, valore quest'ultimo che il CTU, convocato in camera di consiglio, ha precisato di aver ottenuto in base ai dati OMI. Nei chiarimenti richiestigli nel corso del giudizio il CTU ha precisato che, per questa lottizzazione, ha esaminato atto provenienza costituito dal preliminare di vendita tra e omissis s.r.l. comunicazione del Comune di omissis del prot. di avvio rilascio permesso di costruire comunicazione oneri di urbanizzazione e costo di costruzione documenti allegati sotto i numeri da 12/1 ad 12/5 della produzione di parte . Anche in questo caso, applicando la percentuale di redditività sopra indicata 6,98% , si ottiene una perdita pari ad € 382.593,00. COMPLESSO RESIDENZIALE omissis La società fallita allega che aveva in programma la realizzazione di un villaggio turistico in Sardegna, con lo sviluppo di una volumetria di complessivi mcomma 35.768. Tali opere assume esserle state affidate in subappalto dalla s.r.l. che, a sua volta, le aveva appaltate dalla omissis s.r.l., circostanze che trovano riscontro negli allegati da 13/1 a 13/7 della relazione di parte del Dott. omissis . Trattasi di un intervento edilizio il cui costo complessivo il CTU ha stimato in € 13.130.000,00 ed i ricavi in € 66.780.000,00, dei quali la omissis s.r.l. avrebbe percepito il 50%, detratta la percentuale del 5% da riconoscere alla omissis s.r.l., sub committente. Per tale parte di domanda la prova acquisita non può ritenersi sufficiente a dimostrare l'an del danno lamentato, in quanto non è stata prodotta la necessaria documentazione amministrativa attestante l'approvazione del progetto o, quantomeno, la sua probabile approvazione. Difatti, l'unica prova acquisita sul punto è una nota inviata dalla omissis s.r.l. alla omissis s.r.l. ed alla omissis s.r.l., nella quale la prima prospetta lo stato del procedimento per il rilascio del titolo edilizio, ma lamenta la mancanza di ulteriori notizie in ordine ai tempi di definizione dello stesso, oltre che sulle capacità finanziarie delle società appaltatrice e subappaltatrice, quest'ultima la omissis s.r.l., che nel corso del presente giudizio non ha fornito alcuna prova in ordine a tale capacità finanziaria, considerato l'elevato importo richiesto per l'investimento e l'esposizione debitoria della predetta società all'epoca dei fatti. Alla luce di quanto innanzi, ritiene questo Giudice che non sono stati acquisiti elementi sufficienti per ritenere la concreta fattibilità e realizzabilità di detto progetto da parte della omissis s.r.l., essendo emerse fondate incertezze sia sul rilascio dell'autorizzazione a costruire nessuna documentazione amministrativa è stata prodotta al riguardo che sulla finanziabilità dell'opera in particolare, in ordine a quest'ultimo requisito, deve considerarsi che gli istituti di credito, a fronte di una richiesta di finanziamento, devono verificare se un'impresa ha la capacità di ripagare il debito che andrà a contrarre e, su questa base, decidere se concedere o meno il finanziamento richiesto, regola stabilita nelle direttive dettate dagli Accordi di Basilea 1, 2 e 3 , applicati in Europa da tutte le banche a partire dal 2008 ed accettate anche dalla Banca d'Italia. Pertanto, sul punto la domanda va disattesa. COMPLESSO RESIDENZIALE omissis Trattasi d'intervento edilizio su un complesso immobiliare dell'estensione di mq. 77.800. La omissis s.r.l., in bonis, era socia della società omissis s.r.l. per una quota del 49%, il costo di acquisizione fu di € 2.300.000,00. Il costo complessivo di realizzazione dell'opera è stato stimato in € 69.855.000,00, mentre i ricavi in € 128.685.000,00 con un guadagno stimato, applicando la percentuale di redditività del 6,98%, in€ 8.982.213,00. Sempre per tale intervento, l'attrice chiede considerarsi il mancato guadagno per l'effettuazione dei lavori in appalto, il cui prezzo era pari ad € 6.525.000,00. Anche per questa parte di domanda la prova acquisita non può ritenersi sufficiente a dimostrare l'an del danno lamentato, in quanto non è stata prodotta la necessaria documentazione amministrativa attestante l'approvazione del progetto o, quantomeno, la sua probabile approvazione. Difatti, in ordine a tale aspetto è stata prodotta la delibera del omissis , nella quale si prende atto della richiesta di valutazione preliminare della proposta di Programma Integrato di Intervento P.I.I. su detto complesso immobiliare presentata dalla omissis s.r.l. e si esprime parere favorevole per una proposta da formulare all'ente regionale per una candidatura dello stesso programma, ma dell'esito di tale procedimento che, come detto, fu avviato dalla omissis s.r.1., non è stata fornita alcuna prova, per cui non vi era alcun titolo abilitativo per iniziare i lavori. Inoltre, anche per questa operazione, che comportava un impegno economico notevole, non è stata dimostrata la capacità finanziaria della omissis s.r.l. conclusivamente, anche in ordine a questo punto la domanda va disattesa. DANNO DI IMMAGINE - Per questa voce di danno l'attrice, rifacendosi alla relazione del suo consulente di parte Dott. omissis che considera un mancato fatturato pari ad € 191.614.449,20, chiede un risarcimento di € 9.580.722,46, pari al 5% di detto mancato fatturato. Sul punto si richiama Cass. civ. Sez. III Sent., 04/06/2007, numero 12929 la quale, con argomentazioni qui condivise, ha ritenuto che Poiché anche nei confronti della persona giuridica ed in genere dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra l'immagine della persona giuridica o dell'ente, allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito - come danno comma d. conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell'ente e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca. Il suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all'ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. In riferimento ad indebita segnalazione da parte di istituto bancario di una società alla Centrale Rischi della Banca d'Italia quale soggetto in posizione di c.d. sofferenza, deve riconoscersi, pertanto, la risarcibilità a tale società di un danno non patrimoniale per lesione del diritto all'immagine sotto i due profili indicati, da liquidarsi in via equitativa secondo le circostanze concrete del caso . Nel caso in esame, non v'è dubbio alcuno che la segnalazione della società attrice alla centrale rischi ed il successivo fallimento della stessa quale conseguenza di detta segnalazione, hanno provocato un danno all'immagine societaria, per cui occorre quantificarlo ricorrendo al criterio equitativo. Utile, a tal fine, appare la capacità di reddito dimostrata dalla società attrice all'epoca dei fatti, come si evince dalle operazioni immobiliari dalla stessa poste in essere e sopra esaminate, operazioni la cui redditività calcolata dal CTU, come detto, nel 6,98% avrebbe permesso di ricavare utili, complessivamente considerati, per oltre € 2.000.000,00 non sono state considerate le somme per danni da penale o altro , somma che dev'essere divisa per il numero delle operazioni considerate, cinque, ottenendo così un importo medio di € 400.000,00, sul quale applicare la percentuale del 5% per danno all'immagine, quantificandolo così in € 20.000,00, somma che deve ritenersi congrua, considerando che altre voci di danno sono state liquidate separatamente e che l'attrice, prima della segnalazione alla centrale rischi, aveva subito perdite d'esercizio. Conclusivamente, all'attrice spetta un risarcimento danni pari a Complessivi € 4.720.351,00. Tenuto conto del parziale accoglimento della domanda formulata dalla omissis s.r.l., poi fallita, ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalla stessa nella misura del 50% e, conseguentemente, va disposta la condanna dell' omissis S.p.A., parte soccombente, al pagamento del restante 50% delle spese di giudizio sostenute dal Fallimento omissis s.r.l., che saranno indicate in dispositivo tenuto conto del valore della causa e dell'impegno in concreto profuso dal difensore della parte vittoriosa e nella misura del dovuto. Nessuna statuizione in ordine alle spese sostenute dal Fallimento omissis s.r.l., trattandosi di parte intervenuta ad adiuvandum, intervento dal quale non è emerso un contributo utile alle ragioni qui sostenute dalla Fallimento omissis s.r.l., mentre vanno poste definitivamente a carico dell' omissis S.p.A. le spese di CTU, necessaria all'accertamento del danno. La sentenza è provvisoriamente esecutiva tra le parti, a norma dell'articolo 282 c.p.c., così come riformato. Si precisa, infine che, ai sensi della normativa sulla privacy, in caso di diffusione del presente documento al di fuori della sua naturale destinazione, è obbligatorio l'oscuramento dei dati che rendono possibile l'identificazione dei soggetti coinvolti. P.Q.M. Il Giudice, pronunciando definitivamente nel giudizio introdotto con opposizione formulata con atto notificato in data 27/30 gennaio 2017 dalla omissis s.r.l., oggi Fallimento omissis s.r.l., avverso il decreto ingiuntivo numero /2016, emesso da questo Tribunale in data 2016, e decidendo sulla domanda riconvenzionale proposta unitamente a detta opposizione dalla omissis s.r.l., oggi Fallimento s.r.l., nei confronti del omissis S.p.A., oggi omissis S.p.A., con l'intervento della omissis s.r.l., oggi Fallimento omissis s.r.1., ogni contraria istanza o eccezione disattesa, così provvede 1. condanna omissis S.p.A. al risarcimento dei danni subiti dalla omissis s.r.l., oggi Fallimento omissis s.r.l., che quantifica in € 4. 720.351,00, oltre interessi legali dal giorno della domanda al soddisfo 2. compensa, nella misura del 50%, le spese di giudizio sostenute dalla omissis s.r.l., oggi Fallimento omissis s.r.l. e, per l'effetto, condanna omissis S.p.A. al pagamento del restante 50% delle spese di giudizio sostenute dalla omissis s.r.l., oggi Fallimento omissis s.r.l., che liquida quanto al dovuto in € 1.200,00 per spese ed € 17 .500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.A.P. come per legge 3. pone definitivamente a carico della omissis S.p.A. il pagamento delle spese di CTU, come in atti liquidate 4. sentenza esecutiva.