Ricorrente condannato per responsabilità aggravata se l’inammissibilità era riconoscibile con la normale diligenza

Ricorrono i presupposti di condanna per responsabilità aggravata ex articolo 96, comma 3, c.p.c., laddove, sul piano soggettivo, emerga la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, intesa come violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda.

A seguito della dichiarazione di fallimento di una s.r.l., veniva chiesto il fallimento in estensione di una pluralità di soggetti tra i quali, secondo l'istante, esisteva una società di fatto, una società occulta, una holding o una “super società” di fatto. La Corte d'appello ha però respinto l'istanza. La questione è dunque giunta dinanzi al Palazzaccio. Il ricorso rivela subito la sua inammissibilità posto che il decreto reiettivo dell'istanza di fallimento, così come quello confermativo del rigetto in sede di reclamo ex articolo 22 l.fall., non sono idonei al giudicato e quindi non sono ricorribili per cassazione ex  articolo 111, comma 7, Cost., proprio perché provvedimenti non definitivi in quanto la domanda di apertura della procedura è riproponibile e privi di natura decisoria su diritti soggettivi in quanto non incidono su un diritto del debitore . Infatti, «la ratio sottesa al principio è che nessun soggetto istante, sia esso il creditore o il curatore, ai sensi degli articolo 6 o 147 l.fall., è portatore di un diritto all'altrui fallimento, né rileva la ragione per la quale l'iniziativa di fallimento sia stata respinta motivi di rito, circostanze di fatto o principi di diritto , bensì solo che il provvedimento, nella parte in cui statuisce il rigetto dell'istanza – anche di quella in estensione presentata ex  articolo 147 l. fall. – non è idoneo al giudicato». In conclusione, in virtù della contrarietà dell'azione alla giurisprudenza consolidata, secondo il Collegio ricorrono i presupposti di condanna per responsabilità aggravata ex  articolo 96, comma 3, c.p.c., «la quale, a differenza di quella di cui ai primi due commi, non richiede la domanda di parte, né la prova del danno, esigendo solo, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda – coinvolgendo l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé». Come affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 32001/22, costituisce infatti indice di mala fede o colpa grave e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione la proposizione di un ricorso senza aver prima applicato la normale diligenza per valutarne la fondatezza o ammissibilità ovvero senza compiere alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata. Il ricorso viene in definitiva rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, della somma di 6mila euro ai sensi dell'articolo 96, comma 3, c.p.c.

Presidente Cristiano – Relatore Vella Rilevato che 1. - nel 2017 la Corte d'appello di Brescia confermò la sentenza di fallimento della […] s.r.l. in liquidazione, dichiarato nel 2009 dal Tribunale di Brescia 1.1. - nel 2019 S.R. chiese il fallimento in estensione, ai sensi dell'articolo 147, comma 5, l. fall., di V.F. , V.M. , V.S. , S.S. , Ssr Swiss Safety Research s.a. e Fondazione Safety World Wide Web Onlus, ritenendo esistente tra detti soggetti e la società già dichiarata fallita una società di fatto, una società occulta, una holding o una super società di fatto 1.2. - con il decreto indicato in epigrafe la Corte d'appello di Brescia ha respinto il reclamo ex articolo 22 l. fall. proposto dal S. contro il decreto del Tribunale di Brescia di rigetto di detta istanza 2. - avverso tale decisione il reclamante ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrato da memoria, cui il Fallimento […] s.r.l. in liquidazione nonché V.F. , V.M. , V.S. e S.S. hanno resistito con controricorso i restanti intimati non hanno svolto difese. Considerato che 2.1. - con il primo motivo si denuncia la nullità del decreto nonché la violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c. 2.2. - il secondo mezzo deduce nullità del decreto e violazione e falsa applicazione dell'articolo 2495 c.c. 2.3. - anche il terzo lamenta nullità del decreto e violazione e falsa applicazione dell'articolo 2495 c.c., sotto altri profili 3. - l'esame dei motivi è superfluo poiché il ricorso va dichiarato inammissibile 3.1. - in generale, per essere ricorribili per cassazione a norma della Cost., articolo 111, comma 7, i provvedimenti debbono essere muniti dei caratteri di decisorietà e definitività, propri dei provvedimenti giurisdizionali destinati a produrre effetti di diritto sostanziale con efficacia di giudicato e ad incidere in modo definitivo sui diritti soggettivi delle parti cfr. ex multis Cass. Sez. U, 24068/2019 in tema di piano di riparto parziale e Cass. 11524/2020 in tema di autorizzazione ex articolo 169-bis L. Fall. 3.2. - oltre alla decisorietà occorre dunque la definitività, la quale va esclusa non solo quando il soccombente disponga di ulteriori rimedi impugnatori specifici per riformare il provvedimento ritenuto lesivo, ma anche quando esso può essere revocato o modificato su istanza della parte interessata Cass. Sez. U, 17636/2003 Cass. 13760/2009, 3491/1993, 10428/1992 ovvero quest'ultima può liberamente riproporre la domanda giudiziale Cass. 26567/2020, 17836/2019 3.3. - è principio consolidato all'interno della giurisprudenza di questa Corte Cass., Sez. U, 26181/2006 Cass. 15806/2021, 17836/2019, 16411/2018, 5069/2017, 20297/2015, 6683/2015, 19446/2011, 15018/2001, 21834/2009 che tanto il decreto reiettivo dell'istanza di fallimento, quanto quello confermativo del rigetto in sede di reclamo ex articolo 22 l. fall., non sono idonei al giudicato e quindi non sono ricorribili per cassazione ex Cost., articolo 111, comma 7, proprio perché provvedimenti non definitivi in quanto la domanda di apertura della procedura è riproponibile e privi di natura decisoria su diritti soggettivi in quanto non incidono su un diritto del debitore 3.4. - la ratio sottesa al principio è che nessun soggetto istante, sia esso il creditore o il curatore, ai sensi degli articolo 6 o 147 l. fall., è portatore di un diritto all'altrui fallimento, nè rileva la ragione per la quale l'iniziativa di fallimento sia stata respinta motivi di rito, circostanze di fatto o principi di diritto , bensì solo che il provvedimento, nella parte in cui statuisce il rigetto dell'istanza - anche di quella in estensione presentata ex articolo 147 l. fall. - non è idoneo al giudicato Cass. 15806/2021, 19446/2011 3.5. - si è altresì affermato che nella statuizione di rigetto dell'istanza di fallimento non è configurabile una preclusione da cosa giudicata, bensì una mera preclusione di fatto in ordine al credito fatto valere, alla qualità di soggetto fallibile in capo al debitore ed allo stato di insolvenza dello stesso, di modo che è possibile, dopo il rigetto, dichiarare il fallimento sulla base della medesima situazione, su istanza di un diverso creditore, ovvero sulla base di elementi sopravvenuti, preesistenti ma non dedotti, e anche di una prospettazione identica a quella respinta, su istanza dello stesso creditore Cass. 16411/2018 4. - segue allora la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna alle spese, liquidate in dispositivo 5. - stante la contrarietà dell'azione alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, ricorrono i presupposti di condanna per responsabilità aggravata ex articolo 96, comma 3, c.p.c., la quale, a differenza di quella di cui ai primi due commi, non richiede la domanda di parte, nè la prova del danno, esigendo solo, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda - coinvolgendo l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé - mentre non sarebbe sufficiente di per sé l'infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate Cass. Sez. U, 9912/2018 Cass. 19948/2023 5.1. - costituisce infatti indice di mala fede o colpa grave - e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione - la proposizione di un ricorso per cassazione senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell'infondatezza o inammissibilità della propria posizione, ovvero senza compiere alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla fattispecie concreta Cass. Sez. U, 32001/2022 5.2. - dovendo dunque ritenersi il ricorso oggetto del presente giudizio proposto quanto meno con colpa grave, il ricorrente deve essere condannato d'ufficio al pagamento in favore della controparte, in aggiunta alle spese di lite, di una somma che secondo il costante orientamento di questa Corte va equitativamente determinata in misura pari all'importo delle spese di lite 6. - sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, Cass. Sez. U, nnumero 23535/2019, 4315/2020 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna delle due parti controricorrenti in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Condanna lo stesso ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, della somma di Euro 6.000,00 ai sensi dell'articolo 96, comma 3, c.p.c Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.