Invadenza della vicina durante il matrimonio: come quantificare il danno all’immagine per il gestore della location?

La Cassazione si è espressa sulla corretta applicazione dell’art. 1226 c.c. ai fini della valutazione equitativa del danno non patrimoniale. Il giudice deve infatti fare riferimento a parametri oggettivi, certi e verificabili nella liquidazione del danno.

La questione è sorta nell'ambito di una controversia insorta per il risarcimento dei danni materiali e all'immagine lamentati dalla conduttrice di una location per matrimoni dovuti al comportamento di una vicina che aveva dapprima scattato alcune fotografie con delle amiche nel piazzale dell'Abbazia dove si teneva l'evento e successivamente parcheggiato appositamente la sua auto in modo da impedire il passaggio della navetta per gli inviatati. La richiesta di risarcimento veniva accolta dai giudici di merito, ma il nodo da sciogliere restava la quantificazione del danno non patrimoniale . Secondo la parte danneggiata infatti la cifra riconosciuta in sede di merito non poteva ritenersi satisfattiva e comunque non comprendeva tutti gli aspetti non patrimoniali del danno. Interpellata sul tema, la Cassazione ha affermato che ai fini della liquidazione di un danno non patrimoniale è necessario che il giudice di merito proceda, dapprima, all' individuazione di un parametro di natura quantitativa , in termini monetari, direttamente o indirettamente collegato alla natura degli interessi incisi dal fatto dannoso e, di seguito, all' adeguamento quantitativo di detto parametro monetario attraverso il riferimento a uno o più fattori necessariamente caratterizzati da oggettività, controllabilità e non manifesta incongruità né per eccesso, né per difetto , idonei a consentire a posteriori il controllo dell'intero percorso di specificazione dell'importo liquidato .

Presidente De Stefano – Relatore Tassone Fatti di causa 1. Sammi s.r.l. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Chiavari B.M., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni tutti patiti, materiali e morali, scaturenti da sue condotte emulative, sussumibili nella fattispecie dell' art. 610 c.p. , con cui provocava danni materiali, consistiti nel maggior costo delle ditte impegnate nelle attività di trasporto, ristorazione ed intrattenimento degli invitati, oltre ad un grave danno all'immagine della Sammi s.r.l., nella sua qualità di organizzatrice di eventi pubblici e privati, nonché determinava violazione della privacy dovuta agli scatti fotografici della proprietà privata e degli invitati. 1.1 Allegava in particolare la Sammi di essere conduttrice del complesso immobiliare costituito dall' omissis sito tra omissis , di proprietà della Montanino s.r.l. che al complesso in questione si accedeva tramite una strada vicinale ristretta di uso pubblico in tortuosa e ripida salita su cui veniva effettuato un servizio di bus navette per gli accesso degli ospiti al complesso in relazione agli eventi ivi organizzati che B.M. era comproprietaria dell'immobile limitrofo, sito in omissis che a seguito di contenzioso amministrativo il Comune di Santa Margherita Ligure aveva realizzato al di fuori della sede della strada vicinale un parcheggio per portatori di handicap dedicato al di lei padre ing. BI.Ma., destinato a una micro vettura o di ridotte dimensioni al fine di non invadere la sede stradale già ridotta che il giorno omissis verso le 20 45 in occasione dello svolgimento di un matrimonio con circa 300 invitati, dopo aver parcheggiato la propria auto nello spazio riservato ai portatori di handicap, B.M. accedeva al piazzale dell'Abbazia con delle amiche, scattava fotografie all'ambiente e agli invitati e, sebbene richiesta di allontanarsi, non lo faceva inoltre, avendo visto che gli ospiti venivano trasportati con il servizio navetta, parcheggiava volutamente la propria auto in mezzo alla sede stradale ostruendo l'accesso alle navette per lungo tempo. 1.2 Si costituiva resistendo B.M 1.3 Con sentenza del 22 giugno 2015 il Tribunale di Genova, cui nelle more era stato accorpato quello adito, in parziale accoglimento della domanda attorea condannava B.M. a pagare a Sammi s.r.l. la somma di Euro 11.000,00 a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi e spese processuali nella misura di 2/3, compensando per il residuo. 2. Avverso tale sentenza B.M. proponeva appello avanti alla Corte d'appello di Genova. 2.1 Si costituiva Sammi s.r.l. resistendo e proponendo appello incidentale in ordine alla quantificazione dell'importo del danno, ritenuto non satisfattivo e non comprensivo di tutti gli aspetti non patrimoniali. 2.2 Con sentenza n. 1567/2019 pubblicata il 20 novembre 2019 la Corte d'Appello di Genova rigettava sia l'appello principale sia quello incidentale e per l'effetto confermava integralmente la sentenza impugnata, compensando integralmente spese del grado. 3. Avverso tale sentenza B.M. propone ora ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. 4. Resiste con controricorso Sammi s.r.l., chiedendo altresì la condanna della ricorrente ai sensi dell' art. 96 c.p.c. , u.c 5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Sia la ricorrente sia la resistente hanno depositato memorie illustrative. Il Collegio si è riservato il deposito nei sessanta giorni successivi. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 4 violazione e falsa applicazione dell' art. 2043 c.c. sotto il profilo dell'insussistenza dell'illecito, dell'elemento soggettivo e del nesso di causalità violazione e falsa applicazione dell' art. 1227 c.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , nonché dell' art. 2697 c.c. mancanza di motivazione su tuo profilo dell'illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché dell'omessa pronuncia e apparente e/o insufficiente motivazione omessa valutazione delle dichiarazioni rese dalla signora B. in sede di interrogatorio formale omessa valutazione dell'attendibilità dei testi di parte convenuta. In relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 5 omesso esame circa i seguenti fatti decisivi per il giudizio, integranti plurimi elementi idonei ad escludere la ex adverso asserita responsabilità in capo alla signora B.M. la circostanza pacifica comprovata che il marito della legale rappresentante di Sammi s.r.l., M.O., si fosse posto davanti all'auto della signora B., impedendo alla manovra della stessa la circostanza pacifica ed incontestata che lo stesso M.O., in rappresentanza della Sammi s.r.l., si fosse opposto a che la signora B. facesse manovra sull'area di proprietà Montanino condotta in locazione da Sammi s.r.l. la circostanza pacifica ed incontestata che la manovra di cui sopra fu invece consentita al signor P., che spostò l'auto della signora B. . 2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 4 violazione falsa applicazione dell' art. 2043 c.c. sotto il profilo dell'omesso rilievo dell'insussistenza dell'evento lesivo e del danno ex adverso lamentato violazione e falsa applicazione dell' art. 1226 c.c. in ordine al riconoscimento ed alla liquidazione in via equitativa di un'inesistente e indimostrato danno patrimoniale violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , nonché dell' art. 2697 c.c. , mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e contraddittorietà manifesta nonché dell'omessa pronuncia e apparente e/o insufficiente motivazione . Lamenta che la corte territoriale ha ritenuto sussistente e dimostrato un evento lesivo, invece inesistente e indimostrato, ed ha liquidato un danno patrimoniale altrettanto inesistente ed indimostrato v. p. 32 del ricorso . 3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 4 violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. sotto il profilo dell'omesso rilievo dell'insussistenza del danno non patrimoniale ex adverso lamentato violazione e falsa applicazione dell' art. 1226 c.c. in ordine al riconoscimento ed alla liquidazione in via equitativa di un'inesistente e indimostrato danno non patrimoniale violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , nonché dell' art. 2697 c.c. ultrapetizione e extrapetizione violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. nonché dei principi di ragionevolezza e proporzionalità mancanza di motivazione sotto il profilo logicità e contraddittorietà manifesta, nonché dell'omessa pronuncia e apparente e/o insufficiente motivazione . Lamenta che nessun danno all'immagine sia mai stato causato da essa ricorrente, né tanto meno dimostrato da controparte, che si è limitata a prospettarlo del tutto genericamente che, inoltre, nessuna motivazione sia stata fornita in ordine al criterio utilizzato dal giudice per quantificare un siffatto danno nella rilevante somma di Euro 10.000,00, nonostante la liquidazione in via equitativa del danno dovesse essere ancorata a precisi parametri precisi ed oggettivi, nonché adeguatamente motivata che, invece, nel caso di specie la corte di merito abbia effettuato una liquidazione equitativa del danno, in realtà del tutto arbitraria, poiché non ha applicato, né comunque specificato, alcun criterio e/o parametro oggettivo di quantificazione di tale danno -di fatto inesistente p. 47 del ricorso che infine, in ogni caso, la complessiva condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, addirittura superi la quantificazione effettuata dalla stessa società attrice in atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio. 4. Con il quarto motivo la ricorrente denunzia in via subordinata, in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 4 violazione falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. , comma 2 mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché dell'omessa pronuncia e apparente e/o insufficiente motivazione . Lamenta che erroneamente la corte d'appello ha rigettato il proposto motivo di impugnazione in punto regolamento delle spese di lite tra le parti, in quanto in primo grado la soccombenza reciproca non era stata parziale, ma integrale, dal momento che la domanda svolta dall'attrice società Sammi per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. era stata integralmente rigettata dal tribunale, che avrebbe quindi dovuto compensare le spese tra la parti per l'intero e non solo parzialmente. 5. In disparte il rilievo di inammissibilità, per la presenza di numerose e non sempre chiare censure in rito e in merito Cass., 21/02/2020, n. 4616 , il primo motivo è infondato quanto alla doglianza di mancato esame delle dichiarazioni favorevoli all'autrice della confessione in sede di interrogatorio formale. La corte territoriale ha infatti correttamente richiamato ed applicato il costante insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui l'interrogatorio formale è un mezzo diretto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli all'autore della confessione, ad esclusivo vantaggio del soggetto deferente, mentre non può costituire prova di fatti favorevoli alla parte che lo rende tra molte Cass., 27/02/2019, n. 5725 Cass., 06/06/2006, n. 13212 . 5.1 Tanto comporta l'infondatezza altresì della censura di mancata considerazione del complessivo quadro probatorio, posto che da un lato, si fonda sull'inammissibile sollecitazione di un riesame delle risultanze probatorie, precluso nella presente sede di legittimità in quanto la corte territoriale ha adeguatamente e logicamente motivato v. p. 5 in riferimento agli esiti della prova testimoniale selezionati nonché in base alla documentazione fotografica in atti Cass., 21/11/2022, n. 34189 Cass., 08/08/2019, n. 21187 dall'altro, perché basato sul presupposto, come si è visto radicalmente infondato, della doverosa valutazione dei fatti a sé favorevoli riferiti da B.M. in sede di interrogatorio formale. 5.2 Il motivo è anche in parte inammissibile quanto alla invocazione della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. Il motivo non contiene infatti alcuna denuncia del paradigma dell' art. 2697 c.c. e di quello degli artt. 115 e 116 c.p.c. , bensì, va ribadito, lamenta soltanto erronea valutazione di risultanze probatorie. Secondo costante orientamento di questa Corte, la violazione dell' art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni. Invece, per dedurre la violazione del paradigma dell' art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c. , mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti, essendo tale attività consentita dal paradigma dell' art. 116 c.p.c. , che non a caso è rubricato alla valutazione delle prove Cass., 10/06/2019, n. 11892 Cass., Sez. Un., 05/08/2016, n. 16598 . 5.3 Per le medesime ragioni, cioè che è riservato al giudice di merito il controllo dell'attendibilità e della concludenza delle prove Cass., 08/08/2019, n. 21187 , risultano infondate le ulteriori censure in cui si articola il motivo, l'una incentrata sulla mancata considerazione dell'intero contenuto delle prove testimoniali dalle quali risulterebbe che il legale rappresentante di Sammi avrebbe gli stesso impedito alla B. di spostare l'autovettura, l'altra fondata sulla omessa valutazione della inattendibilità dei testimoni escussi, alla luce dei loro rapporti familiari e professionali con la società Sammi, tenuto oltretutto conto, sotto tale ultimo profilo, che, in violazione dell' art. 366 c.p.c. , n. 6, la ricorrente non ha ritenuto di specificare come e quando nel corso del processo abbia fatto valere siffatta prospettata inattendibilità dei testi Cass., 30/11/2018, n. 30993 . 6. Il secondo motivo, in disparte il rilievo di inammissibilità per la presenza di plurime e non sempre chiare censure in rito e nel merito, è infondato nella parte in cui contesta l'affermata sussistenza dell'illecito civile. Sebbene la corte di merito abbia argomentato in applicazione della regola di giudizio normalmente definito con riferimento alla formula o principio del più probabile che non , è sorretta da congrua motivazione la conclusione per la quale, in base alle risultanze istruttorie, abbia avuto luogo l'occupazione della sede stradale da parte della B. e, dunque, l'oggettivo blocco dell'accesso al luogo dell'evento. In particolare, è messo chiaramente in luce nella gravata sentenza come da tale occupazione - con conseguente interruzione dei trasferimenti degli ospiti e concatenazione di eventi successivi - risulti, anche qui con valutazione per nulla implausibile e basata su canoni di comune esperienza, essere derivato un danno all'evento in atto organizzato dall'originaria attrice. 6.1 Parimenti infondata è la censura con cui la ricorrente denuncia l'inesistenza del danno patrimoniale, invece liquidato dal giudice di primo grado con motivazione confermata dalla corte d'appello. Invero, la corte territoriale ha accertato l'esistenza del danno da ritardo derivante dall'occupazione della sede stradale ed ha confermato la liquidazione effettuata in prime cure ai sensi dell' art. 1226 c.c. sul presupposto, seppure sinteticamente illustrato pp. 6, 7 della sentenza impugnata , della impossibilità di individuare e scorporare il preciso ammontare del danno esclusivamente derivante dal blocco stradale causato dall'illecito comportamento della B., rispetto a quello derivante da eventuali altre cause fisiologiche di un evento quale un matrimonio . Il terzo motivo è invece fondato, nei termini che seguono. 7.1 L' art. 1226 c.c. rubricato Valutazione equitativa del danno stabilisce che se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa . E' opinione costante e risalente della giurisprudenza e della dottrina, scaturente dalla analisi della genesi storica della norma, che questa previsione abbia natura sussidiaria e non sostitutiva . La liquidazione equitativa del danno ha natura sussidiaria, perché presuppone l'esistenza d'un danno oggettivamente accertato. Essa attribuisce al giudice di merito non già un potere arbitrario, ma una facoltà di integrazione in via equitativa della prova semipiena circa l'ammontare del danno. La liquidazione equitativa ha, poi, natura non sostitutiva, perché ad essa non può farsi ricorso per sopperire alle carenze o decadenze istruttorie in cui le parti fossero incorse tanto colpevoli quanto incolpevoli, sopperendo in quest'ultimo caso il rimedio della rimessione in termini, e non della liquidazione equitativa . Questi principi sono espressi nella relazione ministeriale al libro delle obbligazioni, ove si afferma che la liquidazione equitativa è consentita dall' art. 1226 c.c. , solo per il danno di cui è sicura l'esistenza Relazione ministeriale alla Maestà del Re Imperatore, Cap. XV, p. 38, in fine . 7.2 La genesi dell'art. 1226 c.c. svela, dunque, che un primo ed indefettibile presupposto per il ricorso alla liquidazione equitativa è la dimostrata esistenza d'un danno certo, ma non soltanto eventuale od ipotetico il tenore letterale della norma lascia espressamente intendere che, in tanto è consentito al giudice il ricorso alla liquidazione equitativa, in quanto sia stata previamente dimostrata l'esistenza certa, ovvero altamente verosimile, d'un effettivo pregiudizio. Si è pertanto consolidato l'orientamento di questa Corte secondo cui la valutazione equitativa del danno presuppone che questo, pur non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, sia certo nella sua esistenza ontologica tra le tante, Cass., 03/04/1963, n. 838 Cass., del 22/05/1963, n. 1327 Cass., 16/10/1965, n. 2125 Cass., 22/01/1974, n. 181 Cass., 03/07/1982, n. 3977 Cass., 30/05/2002, n. 7896 Cass., 17/11/2020, n. 26061 . 7.3 Orbene, nel caso di specie la corte di merito ha affermato l'esistenza della lesione all'immagine, quale articolazione del danno non patrimoniale derivante da condotta illecita integrante reato, ritenendo che, a causa del comportamento della odierna ricorrente, tale da integrare gli estremi del reato di cui all' art. 610 c.p. , la società Sammi ha patito una turbativa durante lo svolgimento della sua attività professionale di organizzazione di eventi, e, più precisamente, ha subito l'illecito nell'ambito di una festa organizzata e già in corso, di fronte ad una pluralità di persone, invitati e personale delle varie ditte impegnate nell'evento, quindi nello svolgimento di attività proprie dell'ambito economico della Sammi, caratterizzato da una comportamento volontariamente posto in essere per creare disagio, appare giustificata l'esistenza del danno non patrimoniale, come corretta la sua valutazione in via equitativa p. 7 della sentenza impugnata . Con siffatta motivazione, scevra da vizi logico-giuridici, la corte territoriale ha dunque fatto buon governo dei suindicati principi. 7.4 Ne' risulta configurabile vizio di ultra o extrapetizione per essere il quantum risarcitorio stato liquidato di importo superiore alla cifra espressamente indicata dalla parte danneggiata nelle proprie conclusioni di merito. Nelle proprie precisate conclusioni la Sammi s.r.l. ha sempre indicato la clausola o della somma maggiore o minore ritenuta di giustizia , che secondo costante orientamento di questa corte non è formula di stile, ma costituisce valida clausola di salvaguardia, quando il danno da risarcire non consente una puntuale determinazione ex ante del quantum risarcibile. Pertanto, nella originaria incertezza sulla esatta determinabilità del quantum, la indicazione di un importo chiesto a titolo risarcitorio, se accompagnata dalla formula o la somma maggiore o minore ovvero altra somma ritenuta di giustizia , viene di regola a manifestare, in senso ottativo, la volontà della parte diretta ad ottenere quella somma che risulterà spettante all'esito del giudizio, senza porre limitazioni al potere liquidatorio del giudice Cass., 26/09/2017, n. 22330 Cass., 08/02/2006, n. 2641 . 7.5 Risulta invece fondata la censura, su cui il terzo motivo ulteriormente si articola, di erroneità ed illegittimità della sentenza impugnata sotto il profilo della liquidazione equitativa del danno non patrimoniale accertato. 7.6 Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il secondo presupposto per l'applicazione dell' art. 1226 c.c. è che l'impossibilità o la rilevante difficoltà nella stima esatta del danno sia a oggettiva, cioè positivamente riscontrata e non meramente supposta b incolpevole, cioè non dipendente dall'inerzia della parte gravata dall'onere della prova Cass., 17/11/2020, n. 26051 sulla impossibilità che la liquidazione equitativa possa essere utilizzata per colmare lacune istruttorie imputabili alle parti si vedano, ex plurimis, Cass., 10/07/2003, n. 10850 Cass., 16/06/1990, n. 6056 del 6056 Cass., 16/12/1963, n. 3176 . Pertanto, si è precisato che la liquidazione equitativa del danno, legittima nel solo caso in cui il danno si accerti nella sua esistenza ontologica, richiede altresì, onde non risultare arbitraria, le indicazioni di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico sul quale è fondata Cass., 17/11/2020, n. 26051 . Si è poi ulteriormente affermato Cass., 14/10/2021, n. 28075 che l'evocazione in sé del giudizio equitativo non solleva il giudice dal dovere di rendere compiuta motivazione, dalla quale sia dato trarre i parametri sulla base dei quali egli si è orientato. I predetti parametri sono costituiti da criteri valutativi collegati a emergenze verificabili, o per lo meno logicamente apprezzabili e, comunque, sempre ragionevoli e pertinenti al tema della decisione. Libero il giudizio finale equitativo, esso, non potendo ridursi a un asserto arbitrario, deve trovare necessaria giustificazione nei criteri e nei parametri, previamente individuati dal giudice ed in modo da essere - per quanto possibile - oggettivi e oltre che non manifestamente incongrui per difetto o per eccesso controllabili a posteriori, che ne costituiscono l'intelaiatura di legittimità. 7.7 Orbene, dopo aver correttamente accertato l'esistenza del danno non patrimoniale, la corte di merito non ha fatto buon governo dei suindicati principi, in quanto v. p. 7 della sentenza impugnata nel rigettare i motivi di appello dedotti sotto il profilo della erroneità della sua liquidazione equitativa, confermando la sentenza di primo grado, si è limitata, con formula stereotipata e generica, a ritenere corretta la sua del danno non patrimoniale n.d.r. valutazione equitativa . Una siffatta motivazione, svolta unicamente per relationem a quella della sentenza di primo grado Cass., 11/09/2018, n. 21978 Cass., 09/03/2021, n. 6397 , non supera il sindacato di legittimità, perché non fa riferimento ad alcun parametro, oggettivo, certo e verificabile e dunque non rende percepibile il ragionamento logico con cui il giudice di appello ha ritenuto di confermare la liquidazione equitativa del danno da parte del giudice di prime cure. In definitiva, la gravata sentenza va cassata nella parte in cui la corte territoriale ha proceduto alla concreta liquidazione del danno non patrimoniale senza applicare alla fattispecie il seguente principio di diritto ai fini della liquidazione di un danno non patrimoniale è necessario che il giudice di merito proceda, dapprima, all'individuazione di un parametro di natura quantitativa, in termini monetari, direttamente o indirettamente collegato alla natura degli interessi incisi dal fatto dannoso e, di seguito, all'adeguamento quantitativo di detto parametro monetario attraverso il riferimento a uno o più fattori necessariamente caratterizzati da oggettività, controllabilità e non manifesta incongruità né per eccesso, né per difetto , idonei a consentire a posteriori il controllo dell'intero percorso di specificazione dell'importo liquidato. 8. Il quarto motivo resta assorbito dall'accoglimento del terzo motivo di ricorso. 9. In conclusione, vanno rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, accolto il terzo ed assorbito il quarto la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, per nuovo esame in applicazione dei suindicati principi. 10. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso accoglie il terzo dichiara assorbito il quarto cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 settembre 2023.