L’accordo conciliativo con i lavoratori inchioda l’azienda: deve risarcirli per la tardiva assunzione

Irrilevante, secondo i Giudici, il fatto che nel documento d'intesa tra azienda e lavoratori fosse prevista una visita medica. Anche perché il rischio del ritardo nell'assunzione, a fronte di disservizi o ritardi nell'effettuazione delle visite mediche, gravava, sempre secondo i Giudici, proprio sull'azienda.

Azienda di trasporti condannata a risarcire i lavoratori assunti in ritardo se essa non ha rispettato il termine fissato in un verbale di conciliazione ad hoc . Irrilevante il fatto che in quel documento fosse prevista la sottoposizione dei lavoratori ad una visita medica . A censurare l'azienda di trasporti sono i giudici d'Appello, i quali la condannano a risarcire a tre lavoratori la complessiva somma di 3.732 euro e 67 centesimi a testa a titolo di risarcimento del danno per ritardata assunzione , alla luce di quanto previsto in un precedente verbale di conciliazione con cui era stato riconosciuto il diritto dei tre lavoratori a vedersi inquadrati in modo definitivo dalla società. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'azienda prova a dare una diversa lettura dell'accordo conciliativo tra società e lavoratori e sostiene, nello specifico, che nell' accordo conciliativo è sancito sì che l'assunzione è contestuale alla sua sottoscrizione ma detta assunzione era condizionata da una visita preassuntiva da effettuare entro e non oltre il 25 novembre del 2013 e compatibilmente con i tempi della medicina del lavoro che avrebbe indicata la data . In sostanza, la visita preassuntiva andava eseguita obbligatoriamente prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro , aggiunge il legale, anche perché è necessario essere dotato di sana e robusta costituzione fisica e possedere l'attitudine ed i requisiti fisici stabiliti per le funzioni previste in relazione alle norme vigenti presso l'azienda . Chiara la tesi difensiva impossibile addebitare all'azienda il ritardo nell'assunzione dei tre lavoratori, una volta accertati i tempi lunghi necessari per sottoporli alla prevista visita medica. Per i Magistrati di Cassazione, però, non regge la giustificazione addotta dall'azienda, e quindi va condiviso e confermato il ragionamento compiuto dai giudici d'Appello. In sostanza, è stata semplicemente operata una interpretazione dell' accordo conciliativo in base al suo tenore letterale dello stesso, tenendo altresì conto del complessivo comportamento delle parti nella fase precedente l'accordo . Entrando poi nei dettagli, i Magistrati osservano che in secondo grado si è seguita l'interpretazione letterale della volontà delle parti, dato che nel verbale di conciliazione era prevista l'assunzione contestuale alla sottoscrizione dell'accordo transattivo e si è chiarito che il riferimento alla visita preassuntiva non può qualificarsi come condizione sospensiva dell'obbligazione assunta dall'azienda verso i tre lavoratori. A legittimare la visione tracciata in Appello, poi, la constatazione che con i giudizi, che si concludevano con la conciliazione, i tre lavoratori avevano chiesto dichiararsi la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato dalla stipula del primo contratto di somministrazione , avendo già svolto, nel corso dei precedenti rapporti a termine, le stesse mansioni di operatori di esercizio già da molti anni prima . Non a caso, l'azienda aveva riconosciuto con l'assunzione anche l'anzianità di servizio dalla data del primo contratto di somministrazione . Viene poi osservato che l'idoneità dei tre lavoratori per le mansioni poi loro affidate costituiva fatto già consolidato , e, quindi, la successiva visita medica si palesava come un fatto solo formale, anche alla luce del suo esito positivo per i lavoratori . In conclusione, la clausola dell'accordo conciliativo, clausola secondo cui il lavoratore doveva essere sottoposto a visita preassuntiva obbligatoria da effettuare entro e non oltre il 25 novembre 2013 comportava, sanciscono i Magistrati, il peso sull'azienda del rischio del ritardo nell'assunzione, proprio dovuto a disservizi o ritardi nell'effettuazione delle visite mediche . Ciò rende evidente l'immediata efficacia della assunzione, con conseguente diritto dei tre lavoratori ad ottenere un adeguato ristoro economico per il ritardato inserimento in azienda.

Presidente Doronzo – Relatore Riverso Fatti di causa La Corte d'appello di Potenza in riforma della sentenza di primo grado ha condannato il CO.TRA.B. - Consorzio Trasporti Azienda Basilicata, a pagare a ciascuno dei tre lavoratori appellanti C.I., D.B.V. e L.A. A. la complessiva somma di Euro 3732,67 a titolo di risarcimento del danno per ritardata assunzione, a seguito di verbale di conciliazione oltre accessori e spese processuali. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il CO.TRA.B. - Consorzio Trasporti Azienda Basilicata con un unico motivo a cui hanno resistito i lavoratori sopra indicati con controricorso. È stata depositata memoria da parte del CO.TRA.B. ex art. 380bis.1. c.p.c., comma 1. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell' art. 380bis1 c.p.c. , comma 2, u.p Ragioni della decisione 1.- Con l'unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3 del R.D. n. 148 del 1931 - all. a , art. 10, comma 4 CCNL autoferrotranvieri art. 17. comma 5 D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41, comma 2, lett. a D.M. Trasporti e Navigazione 23 febbraio 1999, n. 88, art. 1 allegato A, parte I Conferenza Unificata Stato - Regione D.Lgs. n. 281 del 1997, ex art. 8 , provvedimento 30 ottobre 2007 artt. 1 - 4 e 5 D.Lgs. n. 106 del 2019, art. 26. Si sostiene a fondamento del ricorso che sebbene nel punto 4 dell'accordo conciliativo fosse sancito che l'assunzione dovesse essere contestuale alla sua sottoscrizione, era stato pure evidenziato con chiarezza nel medesimo articolo che detta assunzione era condizionata dalla visita preassuntiva che doveva essere effettuata entro e non oltre il 25/11/2013 e compatibilmente con i tempi della medicina del lavoro che avrebbe indicata la data. Sarebbe quindi palese, secondo la ricorrente, che l'espletamento della visita preassuntiva andava eseguita obbligatoriamente prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro perché la stessa era prevista dal R.D. n. 148 del 1931 allegato art. 10, comma 4, il quale evidenzia che è necessario essere dotato di sana e robusta costituzione fisica e possedere l'attitudine ed i requisiti fisici stabiliti per le funzioni cui il richiedente aspira in relazione alle norme vigenti presso l'azienda. Lo stesso prevedeva il contratto collettivo nazionale di lavoro, il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, il D.Lgs. n. 81 del 2008 e infine il provvedimento della conferenza unica Stato Regione sopra indicati. 2.- Il ricorso è infondato posto che la Corte d'appello non ha violato nessuna delle norme di cui sopra avendo semplicemente operato una interpretazione dell'accordo conciliativo in base al tenore letterale dello stesso, tenendo altresì conto del complessivo comportamento delle parti precedente l'accordo. 2a.- La Corte ha seguito anzitutto l'interpretazione letterale della volontà delle parti, dato che nel verbale di conciliazione era prevista la assunzione contestuale alla sottoscrizione del presente accordo transattivo ed ha sostenuto che il riferimento alla visita preassuntiva non potesse qualificarsi come condizione sospensiva dell'obbligazione così assunta. 2.b. Ha aggiunto poi che tale ricostruzione letterale si poneva in linea con la fondamentale circostanza secondo cui con i giudizi, che si concludevano con l'intervenuta conciliazione, i tre lavoratori avevano chiesto dichiararsi la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato dalla stipula del primo contratto di somministrazione, avendo già svolto nel corso dei precedenti rapporti a termine le stesse mansioni di operatori di esercizio già da molti anni prima, dovendosi al contempo evidenziare che il Consorzio riconosceva con l'assunzione del 7 gennaio 2014 l'anzianità di servizio dalla data del primo contratto di somministrazione. 2.c. Inoltre, secondo la Corte di appello rilevava pure che l'idoneità dei tre appellanti alle mansioni costituiva fatto già consolidato e che pertanto la successiva visita medica si palesava come un fatto solo formale, anche alla luce del suo esito positivo per i lavoratori. 3.- Non rileva poi il riferimento al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41 che prima dell'abrogazione vietava le visite mediche di idoneità a cura e spese del datore di lavoro in sede preassuntiva trattandosi di una ulteriore ratio decidendi di natura rafforzativa, il cui venir meno, a seguito dell'avvenuta abrogazione della norma, non può incidere sulla tenuta logica e giuridica della decisione finale assunta. 4.- La Corte ha pure dato una interpretazione della clausola contrattuale secondo cui il lavoratore doveva essere sottoposto a visita preassuntiva obbligatoria che doveva essere effettuata entro e non oltre il 25 novembre 2013, assumendo che attraverso di essa il CO.TRA.B. si fosse assunto il rischio del ritardo nell'assunzione, proprio dovuto a disservizi o ritardi nell'effettuazione delle visite. 5.- In definitiva, ad avviso di questo Collegio, quella operata dalla Corte è una legittima e congrua opzione interpretativa dell'accordo negoziale che non può essere contrastata in modo contrappositivo come ritenuto in ricorso senza neppure indicare quali siano state le regole legali di ermeneutica contrattuale violate. Il ricorso si limita invero a riproporre le argomentazioni svolte nel giudizio di merito in tema di legittimità della visita preassuntiva come condizione sospensiva ma non si confronta con la ratio decidendi contenuta nella statuizione della Corte d'appello la quale risulta mediata da una precisa interpretazione dell'accordo conciliativo. La Corte d'appello non ha sostenuto il contrario di quanto previsto nelle norme indicate, ma ha optato per la soluzione dell'immediata vincolatività dell'accordo e della assunzione alla data dell'accordo conciliativo attraverso la mediazione di una plausibile interpretazione dell'accordo di cui ha dato ampio conto nella sentenza. E come è noto, quando la soluzione interpretativa si fonda su una particolare esegesi del contenuto di un accordo negoziale intervenuto tra le parti, il ricorrente che impugna la soluzione in Cassazione deve indicare quali siano le regole ermeneutiche violate non potendosi limitare ad una mera contrapposizione, anche perché l'interpretazione degli atti negoziali implica un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, che, come tale, può essere denunciato in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale Cass. n. 19089 del 2018 n. 28319 del 2017 n. 15471 del 2017 n. 25270 del 2011 n. 15890 del 2007 n. 9245 del 2007 . 6. Inoltre, nel caso in esame, non solo la ricorrente si è limitata a contrapporre alla lettura data dai giudici di appello una mera lettura alternativa dell'accordo, senza dedurre la violazione dei canoni ermeneutici, ma neppure ha spiegato come una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, per come accertata dalla Corte di appello, potesse essere compatibile con la conservazione del negozio e dei suoi effetti laddove al contrario è noto che l'operatività del principio sussidiario stabilito dall' art. 1367 c.c. , che mira alla conservazione degli effetti del contratto, non può essere autorizzata attraverso una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto v. Cass. n. 28357/2011 , n. 7972/2007 , n. 19493/2018 . 7.- In conclusione il ricorso deve essere respinto per le ragioni esposte. 8.- Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo con distrazione in favore dell'avvocato antistatario e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante, nella ricorrenza dei presupposti processuali conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell'avv. Giampaolo Brienza, antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.