L’istituzionalizzazione del contraddittorio nei procedimenti di accertamento in senso stretto

Il termine di sessanta giorni intercorrente tra il rilascio di copia del processo verbale di constatazione e l’emissione dell’avviso di accertamento trova applicazione solo per gli accertamenti cd. in senso stretto, conseguenti all’esercizio dei poteri istruttori di accesso, ispezione e verifiche fiscali da parte degli Uffici.

Il caso L'Ufficio del Territorio di Agrigento rigettava l'istanza avanzata dalla società tramite procedura docfa, volta al riconoscimento della ruralità di un complesso immobiliare. Il contribuente impugnava il provvedimento di rigetto dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento che rigettava il ricorso con sentenza numero 2782/2015. L'interessato adiva la CTR della Sicilia avverso la suddetta pronuncia riproponendo i motivi già proposti in primo grado, tra cui la violazione dell'articolo 7 e dell'articolo 12, comma 7, l. numero 212/2000. I giudici di seconde cure rigettavano l'appello asserendo, tra i diversi motivi, la non applicabilità della previsione di cui alla l. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 12, comma 7, concernente il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione del provvedimento, in quanto detta garanzia riguardava gli accertamenti promossi dall'Ufficio, mentre nella specie il procedimento era stato attivato tramite la procedura docfa e, quindi, ad iniziativa della ricorrente che l'avviso fosse espressamente motivato e non per relationem , non avendo riconosciuto il carattere di ruralità dei beni per la ritenuta assenza delle condizioni previste dal d.l. 30 dicembre 1993, numero 557, articolo 9, comma 3-bis. Il contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, l'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso. I giudici di legittimità accoglievano il motivo di ricorso relativo al difetto di motivazione asserendo che essa non attinge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall'articolo 111 Cost., comma 6, il che rende nulla la sentenza per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 , o, nel processo tributario, d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, ex 36, comma 2, numero 4. La Corte di Cassazione respingeva il motivo di ricorso basato sulla violazione dell'articolo 12, l. numero 212/2000, in quanto qualora per la determinazione della rendita catastale il contribuente si sia avvalso della procedura docfa, l'Amministrazione finanziaria, che intenda discostarsi dalla relativa proposta, non è tenuta, in assenza di disposizioni in tal senso, ad attivare preventivamente il contraddittorio endo-procedimentale, senza che ciò contrasti con gli articolo 41, 47 e 48 della CDFUE, posto che un tale obbligo sussiste soltanto per i tributi armonizzati, ma non anche per quelli non armonizzati, per i quali non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo vincolo generalizzato, sicché esso ricorre soltanto per le ipotesi per le quali risulti specificamente sancito cfr., ex multis, Cass., Sez. T., 23 febbraio 2021, numero 4752 . La Corte cassa la sentenza e rimette la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. Il principio di diritto I Giudici di legittimità evidenziano che, in tema accertamenti standardizzati mediante parametri e studi di settore, «non è applicabile il termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, essendo già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l'interlocuzione del contribuente prima dell'emissione dell'avviso”, assumendo che “il termine stabilito dalla L. numero 212 del 2000, articolo 12, comma 7, “deve necessariamente intercorrere salvo l'esistenza di situazioni di particolare urgenza tra il rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni ivi previste, cioè accessi, ispezioni o verifiche eseguite nei locali destinati all'esercizio dell'attività, e l'emanazione del relativo avviso di accertamento». Conclusioni Il termine di sessanta giorni che deve intercorrere tra il rilascio di copia del processo verbale e l'emissione dell'avviso di accertamento che implica la doverosa inattività dell'Amministrazione finanziaria è obbligatorio solo per gli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali, con il precipuo fine di garantire un'equilibrata composizione delle contrapposte esigenze delle parti nell'espletamento della verifica, in modo tale da assicurare, da un lato, lo svolgimento dell'attività ispettiva dell'ufficio e, dall'altro, la tutela dei diritti del contribuente non solo come individuo, ma anche quale soggetto economico. L'istituzionalizzazione del contraddittorio nella fase istruttoria è giustificata dalla peculiarità degli accertamenti cd. in senso stretto, caratterizzati dall'autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli.

Presidente Stalla – Relatore Candia Rilevato che 1. con provvedimento di diniego numero 5556 del 16 agosto 2013 l'Ufficio del Territorio di Agrigento rigettava l'istanza avanzata dalla società ricorrente tramite procedura docfa, volta al riconoscimento della ruralità di un complesso immobiliare composto da capannoni, fabbricato adibito ad uffici, concimaie e silos, in catasto al folio Omissis , P.lla Omissis , già censito in categoria D/8, in ragione dell'asserita strumentalità del bene all'attività agricola 2. con l'impugnata sentenza la Commissione regionale della Sicilia rigettava l'appello proposto dalla contribuente contro la pronuncia numero 2782/1/2015 della Commissione tributaria provinciale di Agrigento, ritenendo - non applicabile la previsione di cui alla della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 12, comma 7, concernente il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione del provvedimento, in quanto detta garanzia riguardava gli accertamenti promossi dall'Ufficio, mentre nella specie il procedimento era stato attivato tramite la procedura docfa e, quindi, ad iniziativa della ricorrente - che l'avviso fosse espressamente motivato e non per relationem , non avendo riconosciuto il carattere di ruralità dei beni per la ritenuta assenza delle condizioni previste dal D.L. 30 dicembre 1993, numero 557, articolo 9, comma 3-bis - correttamente l'Ufficio non avesse riconosciuto il carattere rurale dei beni, in quanto non utilizzati per le finalità connesse all'attività agricola o comunque ad essa riconducibili ai sensi dell'articolo 2135 c.c., avendo i funzionari dell'Amministrazione accertato che, alla data dell'avvenuto sopralluogo Omissis , parte del compendio immobiliare era adibito a ricovero di materiali, macchine ed attrezzi per edilizia e non era riscontrabile alcuna traccia di attività agricola, a ciò aggiungendo che dai dati dell'anagrafe tributaria era risultato che il complesso immobiliare era riconducibile alla società Cooperativa agricola Favarese a responsabilità limitata , dedita all'allevamento dei suini, con attività cessata e cancellata dal registro delle imprese sin dal Omissis - la società ricorrente, attuale intestataria dell'immobile, fosse risultata dedita all'esercizio di attività di compravendita di beni immobili e non era iscritta nella sezione speciale delle imprese agricole - in tale contesto, non potesse assumere rilievo che il complesso immobiliare fosse stato precedentemente Omissis concesso in locazione alla società A. S.R.L., poiché il requisito della ruralità andava posseduto al momento della presentazione della dichiarazione, che risultava essere stata avanzata il 16 ottobre 2012, laddove nell' Omissis epoca del citato sopralluogo l'attività dedotta non era stata riscontrata 3. con ricorso notificato tramite servizio postale in data 19 aprile 2019, I. G.I. S.R.L. proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando tre motivi di censura 4. l'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 27 maggio 2019. Considerato che 1. con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha eccepito, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la violazione dell'articolo 132 c.p.c., lamentando la sussistenza di una motivazione solo apparente della sentenza impugnata sul motivo di appello concernente la necessità del contraddittorio preventivo anche nel procedimento amministrativo tributario ad istanza di parte in materia catastale 1.1. la società, nel segnalare che il provvedimento di diniego era stato emesso prima che fossero decorsi i sessanta giorni dalla data del verbale di verifica e di sopralluogo, ha assunto che, contrariamente a quanto esposto dal Giudice d'appello, il termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 12, trova applicazione in relazione a qualunque ipotesi di controllo propedeutico all'emissione dell'atto impositivo, anche ove non previsto da disposizioni specifiche, considerando pertanto non condivisibili le contrarie valutazioni espresse dal Giudice regionale 2. con la seconda censura la contribuente ha dedotto, con riguardo all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la violazione dell'articolo 132 c.p.c. inidoneità della mera citazione del D.L. numero 557 del 1993, articolo 9, comma 3-bis, quale motivazione dell'atto di diniego e difetto di motivazione v. pagina 8 del ricorso , sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dal Giudice d'appello, l'obbligo di motivazione del provvedimento di accertamento in materia catastale non può ritenersi osservato con il mero riferimento in esso contenuto all'assenza delle condizioni e dei requisiti normativamente previsti 2.1. la società ha, in particolare, dedotto che il mero elenco delle attività agricole di cui all'articolo 2135 c.c., non consentiva di comprendere che il disconoscimento del carattere di ruralità del fabbricato fosse stato operato sulla scorta del ritrovamento in loco di materiale edile e del mancato rinvenimento di frutti della produzione agricola, ponendo altresì in rilievo che la motivazione del provvedimento di diniego era stata operata per relationem in base ai contenuti del verbale di verifica e di sopralluogo, che però non era mai stato integralmente notificato o consegnato alla ricorrente, né tantomeno redatto integralmente in contraddittorio, giacché il verbale di verifica e sopralluogo redatto effettivamente in contraddittorio con la parte contiene il solo rilievo attinente la non coerenza di alcune caratteristiche costruttive del fabbricato e non anche quello relativo alla supposta inesistenza dei requisiti di ruralità v. pagina numero 9 del ricorso 2.2. la contribuente ha, quindi, sottolineato di aver articolato l'appello concernente il difetto di motivazione per relationem dell'avviso e la conseguente preclusione per il giudice adito di effettuare valutazioni in ordine al merito del giudizio sulla scorta delle motivazioni fornite dall'ufficio solo nel corso del giudizio di primo grado cd. motivazione per postuma così a pagina 3 del ricorso , ribadendo che le ragioni concernenti l'assenza dei requisiti di ruralità non erano state formulate nel contraddittorio tra le parti e risultavano contenute alla pagina numero 5 del verbale di verifica e di sopralluogo, che era stata aggiunta dall'Ufficio successivamente alla consegna del predetto verbale alla contribuente, il quale, nella copia in suo possesso, risultava composta da solo quattro pagine, con ciò rimproverando al Giudice dell'appello di aver omesso di pronunciarsi sull'eccezione volta a sostenere l'inammissibilità di una motivazione postuma del provvedimento perché esplicitata dall'Ufficio per la prima volta nelle controdeduzioni di primo grado 3. con la terza doglianza la ricorrente ha denunciato, sempre in relazione al paradigma censorio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, ancora una volta la violazione dell'articolo 132 c.p.c., ritenendo che la Commissione regionale avesse errato nel ritenere che l'immobile non fosse utilizzato per finalità connesse ad alcune delle attività agricole, essendo stato invece dimostrato che la società aveva regolarmente acquistato dalla Agricola Favarese SCaRL un vasto complesso immobiliare, avente come destinazione d'uso unicamente l'attività agricola e zootecnica, e che aveva commissionato la realizzazione delle opere propedeutiche all'ampliamento del settore zootecnico nel predetto complesso immobiliare, a tal fine richiedendo alla società locataria dello stesso A. S.R.L. di rendere disponibile parte del capannone, al fine di ricoverare le attrezzature, i mezzi di cantiere ed i materiali necessari per l'esecuzione dei predetti lavori, sottolineando sul punto che l'attività agricola sul complesso immobiliare era svolta dalla società locataria A. S.R.L. 3.1. l'istante ha poi contestato la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha ritenuto che il requisito della ruralità dovesse essere posseduto al momento della presentazione della dichiarazione, osservando - di contro - che il D.L. 30 dicembre 1993, numero 557, articolo 9-bis, non contiene alcuna indicazione in tal senso, limitandosi a prevedere che il carattere di ruralità deve essere riconosciuto alle costruzioni strumentali e necessarie allo svolgimento dell'attività agricola 4. Il ricorso va accolto nei termini che seguono 5. il primo motivo risulta articolato su due ragioni di doglianza la prima di esse concerne la dedotta motivazione apparente della sentenza impugnata la seconda, invece, riguarda l'asserita violazione della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 12, comma 7, riconducibile al paradigma censorio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, implicitamente dedotto nella lamentata violazione di legge 5.1. quanto al primo profilo, giova premettere, sul piano dei principi, che costituisce orientamento ampiamente consolidato di questa Corte ritenere che l'ipotesi di motivazione apparente ricorra allorché essa, pur graficamente e, quindi, materialmente esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l'iter logico seguito per la formazione del convincimento, non consentendo, in tal modo, alcun effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, lasciando all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture 5.1.a. siffatta motivazione si considera - come suol dirsi - non attingere la soglia del minimo costituzionale richiesto dall'articolo 111 Cost., comma 6, il che rende nulla la sentenza per violazione censurabile ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 anche dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 , o, nel processo tributario, D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, ex 36, comma 2, numero 4, mentre va esclusa in seguito alla riformulazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 54, comma 1, lett. b , conv. in L. 7 agosto 2012, numero 134, applicabile al caso in esame trattandosi di sentenza emessa dopo il 10 settembre 2012 qualunque rilevanza al semplice difetto di sufficienza della motivazione cfr., su tali principi, anche da ultimo, Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, numero 2689 e, tra le tante, a partire da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, numero 8053, Cass., 1 marzo 2022, numero 6626 Cass., Sez. T., 23 settembre 2022, che richiama Cass., Sez. U. 19 giugno 2018, numero 16159 p. 7.2. , che menziona Cass., Sez. U. 3 novembre 2016, numero 22232 Cass. Sez. U., nnumero 22229, 22230, 22231, del 2016, Cass., Sez. U, 24 marzo 2017, numero 766 Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, numero 14430 p. 2.4. Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, numero 9557 p. 3.5. , Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, numero 34476 che cita, in motivazione, Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, numero 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, numero 33679 5.1.b. nella specie, la motivazione offerta dal Giudice regionale, come sopra riportata, non risulta essere per nulla apparente, avendo espressamente esaminato il motivo di gravame concernente l'asserita violazione della L. numero 212 del 2000, articolo 12, comma 7, ed avendo fornito giustificazione dei motivi per cui ha ritenuto inapplicabile la predetta prescrizione all'ipotesi in rassegna 5.2. sotto il secondo aspetto, la valutazione offerta dalla Commissione risulta altresì corretta, dovendo così respingersi il motivo di ricorso basato sulla violazione di legge vale a dire la L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 12 , in quanto, in tema di catasto dei fabbricati, qualora per la determinazione della rendita catastale il contribuente si sia avvalso della c.d. procedura docfa, l'Amministrazione finanziaria, che intenda discostarsi dalla relativa proposta, non è tenuta, in assenza di disposizioni in tal senso, ad attivare preventivamente il contraddittorio endo-procedimentale, senza che ciò contrasti con gli articolo 41, 47 e 48 della CDFUE, posto che un tale obbligo sussiste soltanto per i tributi armonizzati, ma non anche per quelli non armonizzati, per i quali non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo vincolo generalizzato, sicché esso ricorre soltanto per le ipotesi per le quali risulti specificamente sancito cfr., ex multis, Cass., Sez. T., 23 febbraio 2021, numero 4752 5.2.a. va aggiunto che la giurisprudenza di questa Corte, con specifico riguardo agli accertamenti standardizzati mediante parametri e studi di settore, ha precisato che non è applicabile il termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, essendo già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l'interlocuzione del contribuente prima dell'emissione dell'avviso Cass. 04/04/2014, numero 7960 conformi Cass. 26/03/2015, numero 6054 Cass. 17/04/2019, numero 10711 , assumendo che il termine stabilito dalla L. numero 212 del 2000, articolo 12, comma 7, deve necessariamente intercorrere salvo l'esistenza di situazioni di particolare urgenza tra il rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni ivi previste, cioè accessi, ispezioni o verifiche eseguite nei locali destinati all'esercizio dell'attività, e l'emanazione del relativo avviso di accertamento mentre la fattispecie dell'accertamento standardizzato mediante l'applicazione di studi di settore prevede la fase - necessaria a pena di nullità dell'accertamento Cass., sez. unumero , numero 26635 del 2009 - del contraddittorio procedimentale, alla quale il contribuente deve obbligatoriamente essere invitato a partecipare e della quale l'Ufficio deve dar conto - salvo che il contribuente non abbia aderito all'invito - nella motivazione dell'atto impositivo , con la conseguenza che nella seconda ipotesi, nella quale è ricompreso l'accertamento fiscale di cui è causa, e' già disciplinata in modo tale da garantire pienamente la partecipazione e l'interlocuzione del contribuente nella fase anteriore all'emissione dell'accertamento Cass. 04/04/2014, numero 7960 così Cass., Sez. V, 3 febbraio 2021, numero 2415 5.2.b. tale principio può essere esportato alla fattispecie in rassegna procedura docfa , tenuto conto dello specifico procedimento contemplato dal D.M. 19 aprile 1994, numero 701, richiamato dal D.M. 26 luglio 2012, che risulta caratterizzato da uno sviluppo fortemente partecipativo, qualificato dalla proposta del contribuente su cui si innesta l'accertamento dell'Ufficio, in termini tali da garantire, nella sua stessa struttura procedimentale, il pieno contraddittorio con il contribuente 6. va, invece, accolto il secondo motivo di ricorso 6.1. la censura, nella sua parte consentanea al paradigma prescelto articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 , rimprovera al Giudice dell'appello di aver omesso di statuire circa gli effetti della motivazione postuma , quella cioè rassegnata dall'Ufficio, per la prima volta, nelle proprie controdeduzioni v. pagina numero 10 del ricorso , segnalando - come sopra esposto - di aver rappresentato anche alla Commissione regionale che il verbale di verifica e di sopralluogo redatto in contraddittorio tra le parti conteneva solo i rilievi di incoerenza di alcune caratteristiche costruttive del fabbricato, ma non anche quelli della ritenuta inesistenza dei requisiti di ruralità, su cui si è poi fondato il provvedimento impugnato, che erano invece contenuti alla pagina numero 5 del citato verbale, che la contribuente assume essere stata aggiunta dall'Ufficio in epoca successiva alla consegna del menzionato verbale alla ricorrente costituito di sole 4 pagine , così esplicitando l'Ufficio la propria pretesa in termini compiuti solo nel corso del giudizio, con motivazione, quindi, ritenuta postuma 6.2. la doglianza lamenta, quindi, un'omessa pronuncia su di un motivo di appello e va subito osservato che essa rispetta il canone di autosufficienza, avendo riportato nel ricorso v. pagina numero 6 i motivi di appello, tra cui il citato difetto di motivazione per realtionem e la dedotta preclusione per il Giudice regionale di sviluppare le proprie valutazioni sulla scorta di motivazioni postume, depositando poi il relativo gravame 6.3. in effetti, nessuna pronuncia è stata resa dal Giudice d'appello su tale eccezione e va riconosciuto che la valutazione della Commissione regionale riposa su di un errore concettuale di fondo, rifluito nella lamentata omessa pronuncia sul motivo di appello, nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento di diniego impugnato non fosse motivato per relationem, avendo negato il requisito della ruralità in ragione dell'assenza delle condizioni richieste dal D.L. 30 dicembre 1993, numero 557, citato articolo 9-bis 6.4. la Commissione, difatti, ha espressamente dato atto che il provvedimento impugnato oggetto del presente giudizio scaturisce da un procedimento amministrativo avviato su iniziativa del contribuente e segnatamente attraverso una dichiarazione di variazione Docfa che riporta la contestuale richiesta di riconoscimento dei requisiti di ruralità v. pagina numero 2 della sentenza impugnata , il che significa che il giudizio finale espresso nel provvedimento di diniego era ancorato ai contenuti della dichiarazione docfa e del successivo sopralluogo, nel segno quindi della prerogative proprie di una procedura fortemente partecipata la procedura docfa per l'appunto fondata su elementi rappresentati o conosciuti dal contribuente, rispetto ai quali - per consolida giurisprudenza di questa Corte - la valutazione dell'Ufficio può dirigersi verso una mera, diversa, interpretazione degli stessi elementi di fatto proposti dal contribuente, senza che ciò comporti un particolare onere motivazionale da ritenersi, in questo caso, soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita , oppure verso una valutazione basata su altri dati fattuali, cosi disattendendo quelli proposti dal contribuente, ipotesi questa che impone invece una motivazione rafforzata che valga a delimitare anche l'oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria così, tra le tante, da ultimo, Cass. Sez. T, 22 maggio 2023, numero 14029, che richiama Cass., Sez. T, 15 gennaio 2020, numero 592, nonché Cass., Sez. V., 23 maggio 2018, numero 12777 Cass., Sez. V., 7 dicembre 2018, numero 31809 6.5. in entrambi i casi, la caratteristica essenziale del provvedimento inserito nella procedura docfa e che segue la proposta del contribuente è quello di relazionarsi con i contenuti fattuali esposti nella relativa dichiarazione e/o diversamente accertati dall'Ufficio, come avvenuto nella specie tramite il menzionato sopralluogo 6.6. acquista così peso specifico, nella fattispecie in rassegna, il contenuto del citato verbale di verifica e di sopralluogo in relazione al quale la contribuente aveva eccepito l'assenza della suddetta pagina numero 5 nella quale - si assume - erano stati rappresentati gli accertamenti circa l'assenza del requisito di ruralità, che aveva poi giustificato l'adozione del provvedimento di diniego, nel quale - come detto - veniva esplicitato solo il giudizio finale dell'accertamento 6.7. in tale contesto, deve riconoscersi che la Commissione regionale ha errato nel considerare che il provvedimento impugnato non fosse motivato per relationem, confondendo il giudizio finale in esso reso l'assenza delle condizioni di cui alla citata disposizione con le relative ragioni, in realtà contenute - a prescindere da un testuale richiamo - nelle verifiche fattuali svolte nell'ambito della procedura docfa attraverso il citato sopralluogo, che integravano la motivazione del provvedimento di diniego 6.8. assumeva, per tale via, rilevanza la deduzione dell'originaria incompletezza del verbale di sopralluogo consegnato alla contribuente, stante la dedotta carenza della pagina numero 5, circostanza questa che è stata posta a base del motivo di appello concernente l'inammissibilità di una motivazione postuma del provvedimento e sul quale la Commissione non si è pronunciata, in ragione dell'illustrato errore concettuale di fondo, costituito dal non aver legato la motivazione del provvedimento ai contenuti della procedura docfa e quindi del verbale di verifica e sopralluogo ivi svolto 6.9. la verifica circa l'effettiva assenza della citata pagina numero 5 del verbale di verifica e sopralluogo e la conseguenziale motivazione postuma del provvedimento involge, innanzitutto, un accertamento di fatto non esigibile dalla Corte e che esclude, quindi, la possibilità di una pronuncia ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che il motivo di ricorso in esame va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al giudice del merito affinché si pronunci sul predetto motivo di appello concernente il difetto di motivazione del provvedimento impugnato e l'inammissibilità di una motivazione postuma 7. la valutazione del terzo motivo di impugnazione, con cui la sentenza impugnata è stata censurata per non aver riconosciuto al complesso immobiliare il requisito della ruralità, resta assorbita nello scrutinio che precede 8. alla luce delle considerazioni svolte, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarata assorbita la terza ragione di doglianza la sentenza impugnata va cassata e la causa va rimessa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, affinché si pronunci sul predetto motivo di appello concernente il difetto di motivazione del provvedimento impugnato e l'inammissibilità di una motivazione postuma, nonché per regolare le spese del presente grado di giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbita la terza ragione di doglianza, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per regolare le spese del presente grado di giudizio di legittimità.