I protocolli locali sul compenso degli avvocati hanno efficacia meramente persuasiva

I protocolli stipulati presso molte sedi giudiziarie ai fini della determinazione del compenso per l’attività professionale dell’avvocato hanno acquisito un rilievo spiccato negli ultimi decenni, quali forme di autoregolamentazione di prassi condivise. Essi però non hanno efficacia vincolante, ma persuasiva, non potendo comunque incidere nella determinazione legislativa dei minimi nei compensi professionali.

Un'avvocata proponeva opposizione dinanzi al Tribunale avverso il decreto di liquidazione del compenso professionale per l'attività svolta in un procedimento penale, a favore di una persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Il decreto impugnato attuava il protocollo d'intesa tra il Presidente del Tribunale, il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, il Presidente della Camera penale e il dirigente amministrativo del Tribunale. La ricorrente, pur avendo aderito al protocollo, denunciava un'erronea quantificazione del compenso, per l'omissione della remunerazione della fase istruttoria. Secondo il protocollo, infatti, essendo stato il procedimento penale definito con sentenza di estinzione del reato per prescrizione, l'attività istruttoria non dovesse essere considerata al fine della liquidazione. Il Presidente del Tribunale ha confermato la decisione. La questione è dunque giunta all'attenzione della Suprema Corte. La ricorrente sostiene che il provvedimento violi il d.m. numero 55/2014 « 2014, sotto il profilo del disconoscimento delle fasi in cui l'attività defensionale si è effettiva-mente sviluppata le quali sono quelle ex articolo 12 d.m. cit. studio, introduzione, istruzione e decisione , nonché sotto il profilo della corrispondente remunerazione ex articolo 13 dello stesso d.m. «se [ ] sopravvengono cause estintive del reato [ ], sono liquidati i compensi maturati per l'opera svolta fino alla [ ] pronunzia della causa estintiva» ». In effetti, spiega la Corte, in relazione all'attività penale, l'articolo 12, comma 3, lett. c , d.m. 55/2014 prevede che per fase istruttoria o dibattimentale sono da intendere esemplificativamente «le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l'esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato». Ne discende che la fase istruttoria è difficilmente ineludibile, senza trascurare inoltre che nel caso di specie si sono svolte una serie di udienze. Non può dunque essere esclusa la relativa remunerazione, a prescindere dal fatto che poi il giudizio penale si sia concluso con sentenza di estinzione per prescrizione. La Corte coglie l'occasione per precisare che i «protocolli stipulati presso molte sedi giudiziarie, essi hanno acquisito un rilievo spiccato negli ultimi decenni, quali forme di autoregolamentazione di prassi condivise. Essi sono generalmente promossi da gruppi di magistrati, avvocati e di funzionari amministrativi che si assumono l'impegno di cooperare per migliorare l'amministrazione della giustizia in un determinato ambito territoriale». Occorre però ricordare che «i protocolli, in conformità alla loro natura, non hanno efficacia vincolante, ma persuasiva. In ogni caso essi non possono incidere nella determinazione legislativa dei minimi nei compensi professionali». Il ricorso viene in conclusione accolto con la conseguente cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio della causa al Tribunale.

Presidente Carrato – Relatore Caponi Fatti di causa Nel 2019 l'avvocato P.S. proponeva dinanzi al Tribunale di Palermo opposizione D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 170 avverso il decreto di liquidazione nella misura di Euro 700 anziché in quella di Euro 1.700 richiesta quale compenso per l'attività professionale svolta in un procedimento penale, nell'interesse di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Il decreto impugnato si richiamava al protocollo d'intesa del 2016 tra il Presidente del Tribunale, il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, il Presidente della Camera penale e il dirigente amministrativo del Tribunale. La ricorrente che aveva aderito al protocollo denunciava un'erronea quantificazione del compenso, per l'omissione della remunerazione della fase istruttoria, articolatasi tra l'altro in una serie di udienze. In sede di prima liquidazione, il giudice monocratico aveva considerato che, essendo stato il procedimento penale definito con sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, l'attività istruttoria non dovesse essere considerata al fine della liquidazione e quindi non dovesse applicarsi il punto numero 6 del protocollo d'intesa relativo ai processi dibattimentali più complessi. Il presidente delegato del Tribunale di Palermo ha rigettato l'opposi-zione, valorizzando l'avverbio sostanzialmente al punto numero 1 del protocollo, relativo ai processi che si concludono in atti sostanzialmente predibattimentali . Le spese dell'opposizione sono state dichiarate irripetibili. Ricorre in cassazione l'avv. P. con due motivi, illustrati da memoria. Rimane intimato il Ministero della Giustizia. Ragioni della decisione 1. - Il primo motivo denuncia la violazione del D.M. numero 55 del 2014, articolo 12 e 13 attuativo della L. numero 247 del 2012, articolo 13, comma 6 , nonché la violazione dei punti numero 1 e numero 6 del protocollo d'intesa citato nella descrizione dei fatti di causa. Si deduce, altresì, la violazione degli articolo 129,469 e 529 c.p.p. Il secondo motivo lamenta la violazione dell'articolo 2233 c.c., comma 2, in collegamento con la citata L. numero 247 del 2012, articolo 13 bis e con il D.M. numero 37 del 2018. In particolare, si denuncia la violazione della inderogabilità dei minimi tabellari, fissati ex D.M. numero 37 del 2018 per il decoro professionale ex articolo 2233 c.c., comma 2, nonché per il diritto all'equo compenso. Si evidenzia che la liquidazione di Euro 700,00 non copre nemmeno le fasi di studio Euro 225,00 e decisoria Euro 675,00 , le cui remunerazioni sommate tra di loro giungono ad un minimo inderogabile di Euro 900,00. 2. - I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro evidente connessione. Rileva il collegio che essi sono fondati. La parte censurata del provvedimento argomenta come segue in sintesi . Il punto numero 1 del protocollo prevede la liquidazione di un compenso forfettario di Euro 700,00, già diminuito D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 106-bis, per i processi che si concludono sostanzialmente in atti predibattimentali ex articolo 129 c.p.p., con elencazione espressa delle correlative cause prescrizione, oblazione, remissione di querela . La locuzione testuale si concludono sostanzialmente induce a ritenere che si sia inteso privilegiare il profilo funzionale della sostanziale conclusione del procedimento mercè l'estinzione del reato , piuttosto che il dato strutturale procedimentale della conclusione avvenuta prima dell'apertura del dibattimento. Diversamente si sarebbe impiegata la locuzione processi in fase predibattimentale , piuttosto che l'avverbio sostanzialmente . Nel punto saliente, la complessiva censura è argomentata come segue. Il provvedimento urta contro il D.M. numero 55 del 2014, sotto il profilo del disconoscimento delle fasi in cui l'attività defensionale si è effettivamente sviluppata le quali sono quelle ex articolo 12 D.M. cit. studio, introduzione, istruzione e decisione , nonché sotto il profilo della corrispondente remunerazione ex articolo 13 stesso D.M. se sopravvengono cause estintive del reato , sono liquidati i compensi maturati per l'opera svolta fino alla pronunzia della causa estintiva . Tale disciplina è sicura espressione dei valori costituzionali dell'effettività retributiva dell'attività lavorativa articolo 4,35 e 36 Cost. . Orbene, in relazione all'attività penale, il D.M. numero 55 del 2014, articolo 12, comma 3, lett. c , prevede che per fase istruttoria o dibattimentale sono da intendere esemplificativamente le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l'esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato. Ne segue che la fase istruttoria è difficilmente ineludibile tra l'altro il riferimento ad ogni attività procedimentale o processuale, anche di carattere preliminare, lo testimonia , per tacere che nel caso di specie si sono svolte una serie di udienze cfr., in proposito, ad es. Cass. numero 3889/2023 . Non può escludersi, quindi, la correlativa remunerazione, a prescindere dalla circostanza che poi il giudizio penale - come nel caso in esame - si sia concluso con sentenza di estinzione per prescrizione, poiché si sarebbe dovuto comunque tener conto, in sede di liquidazione a favore del difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, di tutti i compensi maturati per l'opera svolta fino alla pronuncia della suddetta sentenza come si evince dal D.M. numero 55 del 2014, articolo 13 cit. . Quanto ai protocolli stipulati presso molte sedi giudiziarie, essi hanno acquisito un rilievo spiccato negli ultimi decenni, quali forme di autoregolamentazione di prassi condivise. Essi sono generalmente promossi da gruppi di magistrati, avvocati e di funzionari amministrativi che si assumono l'impegno di cooperare per migliorare l'amministrazione della giustizia in un determinato ambito territoriale. Accanto alla responsabilità imputabile individualmente, sulla base delle norme che definiscono i loro ruoli professionali nell'organizzazione giudiziaria e nel processo, questi gruppi si fanno liberamente carico di una responsabilità ulteriore, imputabile collettivamente alle persone che con la loro attività, secondo le proprie competenze, incidono sulla amministrazione della giustizia. Tuttavia, i protocolli, in conformità alla loro natura, non hanno efficacia vincolante, ma persuasiva. In ogni caso essi non possono incidere nella determinazione legislativa dei minimi nei compensi professionali a prescindere dal fatto che, nel caso di specie, si rivela debole l'interpretazione che il provvedimento impugnato ha dato alle citate disposizioni del protocollo . 3. - In definitiva, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente cassazione del provvedimento impugnato ed il derivante rinvio della causa al Tribunale di Palermo, in persona di altro magistrato, che, oltre a riquantificare i compensi effettivamente spettanti alla ricorrente sulla scorta dei su citati riferimenti normativi applicabili ed in relazione alle attività difensive in concreto esplicate in base ai principi in precedenza esposti , provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Palermo, in persona di altro magistrato, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.