Riforma Cartabia e domanda di condanna del cliente al pagamento del corrispettivo spettante all’avvocato

Oggetto della controversia in esame è il ricorso di un avvocato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, circa la soggezione del giudizio al rito speciale di cui all’art. 14, d.lgs. n. 150/2011, considerando, però, inammissibili gli appelli in questione.

Il Collegio ritiene fondato il ricorso del professionista, ricordando che le SS.UU. n. 4485/2018 secondo cui la controversia di cui all' art. 28 della l. n. 794/1942 , avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze per prestazioni giudiziali dell'avvocato , resta soggetta al rito sommario di cognizione di cui all' art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 nella formulazione applicabile ratione temporis , antecedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149/2022 , anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all'esistenza del rapporto o, in genere, all' an debeatur . Infatti, l'appello proposto dall'avvocato, protagonista della vicenda in esame, era ammissibile, poichè, ai fini dell' individuazione del regime impugnatorio del provvedimento che ha deciso una controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui, desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento, avendo il primo giudice pacificamente – quanto erroneamente - ritenuto la causa sottratta al rito sommario speciale ex art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 Cass. n. 10864/2023 Cass. n. 26083/2021 Cass. n. 390/2011 . I magistrati hanno recentemente evidenziato anche che il riscontro, in sede di appello, dell'erronea trattazione della causa fin dal momento della sua introduzione con il rito ordinario anziché con il rito ex artt. 28 della l.n. 794 del 1942 e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 , impone al giudice d'appello unicamente di valutare gli effetti sostanziali e processuali della domanda introduttiva secondo le norme del rito seguito, ormai consolidatosi, avendo dunque riguardo alla data di notifica della citazione con riferimento al termine di cui all' art. 641 c.p.c. decorrente dalla notificazione dell'ingiunzione, senza spiegare effetti invalidanti sull'attività processuale in precedenza compiuta, né comportare la nullità della sentenza di primo grado o comunque la rimessione al primo giudice ai sensi dell' art. 354 c.p.c. Cass. n. 10864/2023 . Per tutti questi motivi il ricorso in oggetto viene accolto. Per comprendere meglio le novità introdotte dalle ultime importanti riforme in tema di processo civile, processo penale, crisi d'impresa e contratti pubblici scopri IUS Guida alle riforme .

Presidente Carrato – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. L'avvocato B.A. , erede dell'avvocato B.C.M. , ha proposto ricorso articolato in unico motivo contro la sentenza n. 5999/2019 della Corte d'appello di Roma, pubblicata l'8 ottobre 2019. La N.L. s.p.a. ha resistito con controricorso. 2. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell' art. 375 c.p.c. , commi 2, 4-quater, e art. 380 bis.1 c.p.c. . Le parti hanno depositato memorie. 3. La Corte d'appello di Roma ha dichiarato inammissibili gli appelli proposti in via principale dall'avvocato B.C.M. e in via incidentale dalla N.L. s.p.a. contro la sentenza n. 16171/2014 resa dal Tribunale di Roma. Questo Tribunale aveva pronunciato sull'opposizione al decreto ingiuntivo n. 24731/2011 emesso su domanda monitoria depositata il 5 dicembre 2011 dall'avvocato B.C.M. nei confronti della N.L. s.p.a. per il pagamento del compenso dell'attività difensiva svolta in un giudizio civile. Il decreto ingiuntivo era stato notificato il 24 gennaio 2012 e l'opposizione venne proposta dalla N.L. con citazione notificata il 5 marzo 2012. Il giudizio di opposizione fu trattato dal Tribunale di Roma in composizione monocratica e deciso con sentenza del 24 luglio 2014, che accolse in parte l'opposizione e condannò la società opponente alla minor somma di Euro 12.500,00, rispetto a quella intimata di 50.300,00. La Corte d'appello di Roma ha valutato fondati i primi due motivi di appello spiegati nel gravame principale dall'avvocato B.C.M. , circa la soggezione del giudizio in esame al rito speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, ma proprio per tale ragione ha poi considerato inammissibili gli appelli. 4. L'unico motivo del ricorso dell'avvocato B.A. , erede dell'avvocato B.C.M. , denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, per avere la Corte di appello di Roma dichiarato inammissibile l'appello in violazione del principio dell'ultrattività del rito in base al quale, avendo il giudice monocratico del Tribunale consapevolmente trattato e deciso la causa con il rito ordinario, si imponeva la conservazione del medesimo rito ordinario anche in sede di impugnazione e, quindi, si rendeva necessario impugnare con l'appello la sentenza di primo grado. La controricorrente replica che il principio di ultrattività non può operare nel senso di rendere proponibile un mezzo di gravame, quale l'appello, escluso per una determinata categoria di controversie. 5. Ritiene il collegio che il ricorso è fondato. 5.1. Alla stregua del principio di diritto enunciato dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 23 febbraio 2018, n. 4485, che non è qui in discussione, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze per prestazioni giudiziali dell'avvocato, resta soggetta al rito sommario di cognizione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 nella formulazione applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022 , anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all'esistenza del rapporto o, in genere, all'an debeatur. 5.2. Non di meno, l'appello proposto dall'avvocato B. avverso la sentenza resa nel giudizio di opposizione il 24 luglio 2014 dal Tribunale di Roma era ammissibile, in quanto, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento che ha deciso una controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui, desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento, avendo il primo giudice pacificamente - quanto erroneamente - ritenuto la causa sottratta al rito sommario speciale del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 Cass. n. 10864 del 2023 Cass. n. 26083 del 2021 Cass. Sezioni unite n. 390 del 2011 . 5.3. L'ammissibilità dell'appello non comporta, peraltro, le ulteriori conseguenze prefigurate dal ricorrente, in punto di nullità della sentenza impugnata e di inammissibilità per tardività dell'opposizione a decreto ingiuntivo. 5.4. Avendo l'avvocato B. con i primi due motivi di appello invocato l'applicabilità del rito del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, non seguito dal primo giudice, si sarebbe piuttosto dovuto tener conto degli effetti della disciplina di mutamento del rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, secondo i principi enunciati nelle sentenze delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 758 e n. 927 del 2022. In particolare, la sentenza n. 758 del 2022 ha evidenziato che la disciplina sul mutamento del rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, non postula una regressione del processo ad una fase anteriore a quella già svoltasi, non serve a valutare la legittimità degli atti di parte e del giudice adottati sino a quel momento alla stregua delle regole del nuovo rito, e neppure costituisce un presupposto per la salvezza dei relativi effetti, i quali si producono in relazione alle norme del rito iniziale, ma indica solo il discrimine temporale tra l'applicazione delle regole del rito iniziale e quelle del rito da seguire nel prosieguo del giudizio, consentendo alle parti di adeguare le difese alle regole del rito da seguire. In tal senso, l'ordinanza di mutamento del rito rivela una valenza costitutiva pro futuro e, a differenza di quanto previsto dagli artt. 426, 427 e 439 c.p.c. , in forza dei quali il mutamento del rito può essere disposto anche in grado di appello, la prima udienza di comparizione delle parti nel sistema del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, costituisce uno sbarramento per il mutamento del rito, conseguendone la stabilizzazione del rito erroneo. Avvertiva la sentenza n. 758 del 2022 che neppure possono sorgere dubbi, in relazione al fenomeno del consolidamento del rito, nel caso in cui il giudice, non provvedendo al mutamento, ometta di rilevare la difformità dell'atto introduttivo dal modello legale astratto, atteso che dalla violazione delle regole sul rito processuale non deriva alcuna nullità, a meno che l'errore non abbia inciso sul contraddittorio o sull'esercizio del diritto di difesa o abbia cagionato un qualsivoglia altro specifico pregiudizio processuale alla parte. 5.5. Va perciò ribadita la conclusione raggiunta da ultimo nella sentenza n. 10864 del 2023 il riscontro, in sede di appello, dell'erronea trattazione della causa fin dal momento della sua introduzione con il rito ordinario anziché con il rito della L. n. 794 del 1942, ex art. 28 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, impone al giudice d'appello unicamente di valutare gli effetti sostanziali e processuali della domanda introduttiva secondo le norme del rito seguito, ormai consolidatosi, avendo dunque riguardo alla data di notifica della citazione con riferimento al termine di cui all' art. 641 c.p.c. , decorrente dalla notificazione dell'ingiunzione, senza spiegare effetti invalidanti sull'attività processuale in precedenza compiuta, nè comportare la nullità della sentenza di primo grado o comunque la rimessione al primo giudice ai sensi dell' art. 354 c.p.c. . 5.6. D'altro canto, la questione dell'assoggettabilità di una controversia alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comporta in via principale una questione di rito, cui soltanto in via derivata, alla luce della formulazione di tale norma antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022 , faceva altresì seguito una questione sulla composizione collegiale e non monocratica del tribunale. Ferma l'appellabilità del provvedimento giustificata dalle modalità di trattazione e dalla forma del provvedimento adottate dal tribunale, anche la censura di nullità derivante dall'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale può essere fatta valere come motivo di impugnazione ex art. 161 c.p.c. , comma 1, e non rientra tra le ipotesi tassative di rimessione della causa al primo giudice arg. da Cass. n. 24754 del 2019 . 6. Il ricorso va perciò accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad esaminare nuovamente la causa tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.