Spese processuali a carico della compagnia assicurativa che non si arrende alla sentenza di condanna

Nonostante la doppia pronuncia di condanna in sede di merito per lesioni personali colpose dovute ad un sinistro stradale, la compagnia assicurativa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, consegue però anche la condanna alle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile.

Il Tribunale di Milano confermava la condanna di prime cure di un imputato per il reato di lesioni colpose commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale per aver parcheggiato un autocarro a cavallo tra il marciapiede e la striscia longitudinale continua presente sulla carreggiata, determinando così la caduta della persona offesa che sopraggiungeva in bicicletta. La compagnia assicurativa , in qualità di responsabile civile, ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per l'affermazione, da parte dei giudici di merito, di un rapporto di causalità tra la condotta dell'imputato e l'evento. Il ricorso si rivela inammissibile poiché mira ad ottenere una diversa valutazione dei fatti e della dinamica, aspetti che esulano dal perimetro di valutazione del giudice di legittimità. Ciò posto, il Collegio condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali , nonché al versamento di una somma di 3mila euro a favore della Cassa delle ammende ai sensi dell' art. 616 c.p.p. ma anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, liquidate in 3mila euro. Viene infatti respinta la richiesta di condanna in solido dell'imputato al pagamento delle spese di rappresentanza della parte civile nel giudizio di cassazione. L' art. 541 c.p.p. , che costituisce attuazione del generale principio processuale di soccombenza , ricorda la Corte, si applica anche nei giudizi d'impugnazione con la conseguenza che se l'imputato e il responsabile civile sono già stati condannati alle restituzioni o al risarcimento del danno in primo grado e impugnano la decisione, devono rifondere, in solido tra loro, le spese alla parte civile che abbia resistito vittoriosamente nel giudizio. L' art. 578, comma 3, c.p.p. stabilisce invece che l'impugnazione dell'imputato giova anche al responsabile civile che è citato e può sempre partecipare al giudizio. Resta però fermo il carattere autonomo della legittimazione ad impugnare la sentenza del responsabile civile rispetto a quella dell'imputato art. 575 c.p.p. , pertanto egli può esercitare il relativo potere indipendentemente dall'imputato , come avvenuto nel caso di specie in cui l'imputato è rimasto inerte. Per questo motivo, il Collegio afferma il principio di diritto secondo cui in tema di spese processuali, qualora avverso la sentenza di appello ricorra per cassazione il solo responsabile civile e l' imputato mostri acquiescenza alla sentenza , non esercitando la propria facoltà di impugnazione, la condanna alle spese dovrà essere pronunciata a carico del solo responsabile civile ricorrente, non essendosi realizzata alcuna situazione di soccombenza dell'imputato rimasto inerte .

Presidente Dovere – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 2/11/2022, il Tribunale di Milano, decidendo quale giudice di appello, ha confermato la pronuncia del Giudice di pace di Milano, che ha condannato G.P. per il reato di lesioni colpose commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. All'imputato si contestava di avere cagionato lesioni gravi a M.A. , perché, alla guida di un autocarro, parcheggiando il veicolo a cavallo tra il marciapiede e la striscia longitudinale continua presente sulla carreggiata, costituendo intralcio per la circolazione, determinava la caduta della persona offesa, che, circolando in bicicletta, andava ad impattare contro l'autocarro. I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, pur riconoscendo il concorso di colpa della vittima, che avrebbe prudentemente dovuto rallentare alla vista dell'ostacolo, hanno ritenuto la penale responsabilità dell'imputato in ordine al sinistro stradale occorso, avendo accertato che l'autocarro si era fermato in parte sulla carreggiata, costituendo in tal modo un ostacolo per il conducente del velocipede che transitava sulla strada. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il responsabile civile Allianz Viva s.p.a. già Aviva Italia s.p.a. a mezzo del difensore, articolando un motivo unico di ricorso,, La difesa lamenta erronea applicazione della legge penale in relazione all'affermazione dell'esistenza di un rapporto di causalità tra la condotta colposa dell'imputato e l'evento. La difesa ritiene che il tribunale abbia errato nel ritenere la responsabilità penale dell'imputato con riferimento al sinistro occorso rappresenta come, all'esito della compiuta istruttoria, si sia accertato che l'ingombro della carreggiata fosse limitato a 50 cm come riferito dall'agente verbalizzante, la cui deposizione è stata riportata nella stessa sentenza . Il riferimento al maggiore ingombro di 80 cm non ha trovato nessun riscontro nella istruttoria svoltasi. All'imputato è stata rimproverata la sosta irregolare del veicolo, che avrebbe costituito intralcio per gli altri utenti della strada, motivo per il quale la polizia locale ebbe ad elevare sanzione per violazione del codice della strada . Il Giudice di pace ed il Tribunale adito in sede di gravame hanno ritenuto in maniera del tutto apodittica e immotivata la sussistenza della responsabilità dell'imputato, omettendo sostanzialmente di motivare in merito alla ricorrenza del nesso causale tra condotta ed evento secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione ai fini dell'accertamento del rapporto di causalità è necessaria la verifica del collegamento causale tra la violazione della regola cautelare individuata e l'evento. Si tratta, come è noto, della cosiddetta concretizzazione del rischio, prevista dall' art. 43 c.p. . Non è infatti sufficiente l'accertamento della causalità materiale e neppure che la condotta dell'uomo si sia inserita nel processo determinativo dell'evento la causalità giuridica presuppone dopo l'accertamento dell'elemento soggettivo che l'evento sia ricollegabile alla condotta colposa dell'agente. Questo passaggio è stato completamente trascurato nelle sentenze di merito il giudice di pace ha correttamente osservato che l'evento fosse da ascriversi in maniera preponderante alla condotta della persona offesa, osservando che questa avrebbe dovuto tenere un comportamento maggiormente oculato e prudente, tale da fare fronte alla improvvisa evenienza. La gravità della condotta della persona offesa, che procedeva in bicicletta a velocità così sostenuta da non consentirgli di arrestare la marcia in presenza del mezzo in sosta, avrebbe dovuto condurre all'affermazione della responsabilità del solo ciclista. Il rispetto delle regole di prudenza e perizia alla guida non è ravvisabile in capo all'odierna persona offesa costui, resosi conto della parziale occupazione della carreggiata da parte dell'autocarro che lo precedeva, situazione che rendeva ancora più complessa la manovra che si accingeva a compiere, non ha desistito dal tentativo di effettuare un sorpasso. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Il difensore della parte civile costituita, M.K. , ha depositato conclusioni scritte e nota spese, invocando la declaratoria d'inammissibilità del ricorso o il suo rigetto. Ha chiesto la conferma delle statuizioni civili con condanna del ricorrente, in solido con l'imputato, della rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza nel presente giudizio di legittimità. La difesa ha depositato memoria difensiva nella quale insiste nel richiedere l'accoglimento del ricorso, in subordine invoca la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Considerato in idiritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Le censure propongono questioni che riguardano la ricostruzione della dinamica del sinistro stradale e la interpretazione delle prove assunte, aspetti che esulano dal perimetro valutativo della Corte di legittimità. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai Giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428 - 01 . Esula, quindi, dai poteri di questa Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per Cassazione, essere di macroscopica evidenza cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 - 01 Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944 - 01 cfr. altresì Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 - 01 . Non è superfluo aggiungere come gli aspetti riguardanti la ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale, questione attinente al merito, sia rimessa all'apprezzamento del giudice della cognizione. Pertanto, il vaglio riguardante la ricostruzione di un incidente stradale, la sua eziologia e la sua dinamica, ove non si individuino evidenti vizi di carattere logico nella motivazione, non compete a questa Corte di legittimità si veda in argomento, ex multis, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679, così massimata La ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione conformi n. 87 del 1990 Rv. 182960 - 01 n. 13495 del 1990 Rv. 185541 - 01 n. 43403 del 2007 Rv. 238321 - 01 n. 37838 del 2009 Rv. 245294 - 01 . 3. Tutto ciò premesso, non può non rilevarsi come il ricorrente solo apparentemente svolga una critica alle argomentazioni fornite dai giudici di merito, offrendo in realtà una propria diversa prospettazione dei fatti, la quale non può essere delibata in sede di legittimità a fronte di una motivazione che, sebbene sintetica, contiene una puntuale analisi della regiudicanda e perviene a conclusioni del tutto coerenti rispetto alle emergenze probatorie rappresentate nel corpo della motivazione. La Corte di appello ha fornito una giustificazione logica della ricostruzione operata, facendo riferimento a precise circostanze rilevate nel corso della istruttoria di primo grado. Il giudizio di responsabilità è stato fondato su una puntuale disamina delle emergenze probatorie immagini e fotografie dei luoghi, relazione redatta dalla polizia locale, relazioni tecniche delle parti, testimonianza della persona offesa . Dagli elementi acquisiti si è desunto come lo scontro tra i due veicoli fosse stato determinato, quale antecedente necessario, dalla condotta colposa del conducente dell'autocarro, che aveva ingombrato la carreggiata, creando intralcio alla circolazione. Nella condotta serbata dall'imputato è stata individuata la violazione dell' art. 157 C.d.S. , comma 1, lett. b . I giudici hanno anche evidenziato il concorso di colpa della vittima, la quale avrebbe dovuto agire con maggiore prudenza. Correttamente, la Corte di appello ha posto in rilievo l'incidenza causale della condotta dell'imputato nella determinazione dell'evento, escludendo che la concorrente condotta imprudente della vittima, pur rilevante ai fini della graduazione della colpa, fosse stata idonea a determinare l'interruzione del nesso causale. Rileva a questo fine il passaggio motivazionale nel quale la Corte di appello, in risposta alla doglianza difensiva riguardante la prospettata interruzione del nesso di causa, così argomenta Va osservato che la mera azione posta in essere da A.M. di non adottare adeguati comportamenti di prudenza non è idonea da sola a rescindere il nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento, non integrando comportamento abnorme e non originando nemmeno un rischio diverso da quello scaturente dalla sosta in area vietata con ostacolo alla circolazione realizzata dall'imputato così pag. 9 della sentenza impugnata . Il costrutto giustificativo è conforme agli insegnamenti di questa Corte, in base ai quali, le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell'agente, sia quelle che, pur inserite nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotino per l'assoluta anomalia ed eccezionalità Sez. 4 n. 53541 del 26/10/2017, Rv. 271846 - 01 . L'imputato ha dato origine, con la sua condotta, ad un fattore causale ostruzione della carreggiata che ha originato la successiva collisione e la condotta colposa del ciclista, seppure sinergica, non può ritenersi da sola sufficiente a determinare l'evento, non essendo qualificabile come atipica ed eccezionale, ma potendo, bensì, collocarsi nell'ambito della prevedibilità. 4. La declaratoria d'inammissibilità del ricorso priva di rilievo ogni questione riguardante l'estinzione del reato per prescrizione Sez. U, Sentenza n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266 - 01 L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell' art. 129 c.p.p. . 5. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell' art. 616 c.p.p. , al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 . Il ricorrente deve essere condannato, altresì, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio di legittimità dalla parte civile K.M. , che liquida in complessivi Euro tremila, oltre accessori di legge. Deve essere respinta la richiesta di condanna in solido dell'imputato al pagamento delle spese di rappresentanza della parte civile nel presente giudizio. La condanna alle spese, relative all'azione civile, è regolata dall' art. 541 c.p.p. , che impone l'obbligo di corrispondere il pagamento, all'esito del giudizio di primo grado, in capo all'imputato dichiarato colpevole, nonché, in solido con lui, in capo al responsabile civile intervenuto nel processo. Tale obbligo di pagamento consegue di diritto alla condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile. L' art. 541 c.p.p. , che costituisce attuazione del generale principio processuale di soccombenza, si applica, per quanto di ragione, anche nei giudizi d'impugnazione. Se l'imputato ed il responsabile civile sono già stati condannati alle restituzioni o al risarcimento del danno in primo grado, e impugnano la decisione nell'ambito delle rispettive sfere di legittimazione, devono rifondere, in solido tra loro, le spese alla parte civile che abbia resistito vittoriosamente nel giudizio. In ragione della ontologica interdipendenza delle posizioni dell'imputato e del responsabile civile nel giudizio, l' art. 587 c.p.p. , comma 3, stabilisce che l'impugnazione dell'imputato giovi anche al responsabile civile, che è citato e può sempre partecipare al relativo giudizio. Rimane comunque fermo il carattere autonomo della legittimazione ad impugnare la sentenza del responsabile civile rispetto a quella dell'imputato art. 575 c.p.p. pertanto, egli può esercitare il relativo potere indipendentemente dall'imputato. Poiché nel presente giudizio l'imputato è rimasto inerte, essendo stato il ricorso attivato dal solo responsabile civile ed avendo l'imputato mostrato acquiescenza alla sentenza di appello, per il principio della soccombenza, le spese di rappresentanza andranno poste a carico del solo responsabile civile ricorrente. Da quanto precede può ricavarsi il seguente principio di diritto In tema di spese processuali, qualora avverso la sentenza di appello ricorra per cassazione il solo responsabile civile e l'imputato mostri acquiescenza alla sentenza, non esercitando la propria facoltà d'impugnazione, la condanna alle spese dovrà essere pronunciata a carico del solo responsabile civile ricorrente, non essendosi realizzata alcuna situazione di soccombenza dell'imputato rimasto inerte . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente responsabile civile al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile K.M. che liquida in complessivi Euro tremila, oltre accessori di legge.