I Giudici ribadiscono che la separazione è condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto, assistenza, morale e materiale, e collaborazione.
Catalogabili come maltrattamenti in famiglia i comportamenti aggressivi tenuti dall'uomo nei confronti della moglie pur se concretizzatisi dopo la loro separazione di fatto. Scenario della triste vicenda è la provincia siciliana. A finire sotto processo è un uomo, accusato di avere sottoposto a maltrattamenti la moglie, e di averlo fatto per diversi anni, anche dopo la fine della loro convivenza. Per i giudici di merito il quadro probatorio, poggiato sulle dichiarazioni della donna e della figlia e sui verbali di Pronto Soccorso, è inequivocabile, e quindi sufficiente per condannare l'uomo, ritenuto colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia. Questa decisione viene contestata in Cassazione dall'avvocato che difende l'uomo. Nello specifico, il legale pone in rilievo l'assenza di abitualità della condotta addebitata al suo cliente e, sempre in questa ottica, osserva che i fatti, narrati in dibattimento dalla persona offesa e ulteriori rispetto a quelli descritti in querela, sono avvenuti dopo la cessazione della convivenza tra il suo cliente e la donna. Per i Giudici di Cassazione, però, la linea difensiva non può reggere. In sostanza, secondo l'avvocato gli episodi, indicati in dibattimento dalla persona offesa , sono avvenuti dopo la cessazione della convivenza, sicché di essi non si deve tener conto al fine della valutazione in ordine all'abitualità della condotta tenuta dall'uomo, ma, ribattono i Magistrati, tale assunto è all'evidenza errato , poiché integrano il reato di maltrattamenti in famiglia quelle condotte vessatorie nei confronti del coniuge che, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale della coppia. Ciò perché il coniuge resta persona della famiglia fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza , sottolineano i Giudici. A questo proposito, poi, viene precisato che la separazione è condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio, dispensando quindi dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto , assistenza, morale e materiale, e collaborazione . Per chiudere il cerchio, infine, evidenziano la gravità della condotta tenuta dall'uomo, il quale, come raccontato dalla figlia, ha sottoposto quotidianamente, per circa quindici anni, la moglie a gesti violenti, anche alla presenza della figlia e ha così costretto la famiglia a vivere in un clima di ansia continua .
Presidente Ricciarelli Relatore Pacilli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 dicembre 2022 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa il primo aprile 2022 dal Tribunale della stessa città, con cui P.A. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali, danneggiamento e violazione di domicilio. 2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il difensore di P.A., che ha dedotto violazione di legge nonché motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, essendo stato ritenuto sussistente il delitto di maltrattamenti, pur difettando l'abitualità della condotta ed essendo i fatti, narrati in dibattimento dalla persona offesa e ulteriori rispetto a quelli descritti in querela, avvenuti dopo la cessazione della convivenza con l'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, perché fondato su doglianze, in parte, manifestamente infondate e, in parte, non consentite. 2. Il ricorrente ha dedotto che gli episodi, indicati in dibattimento dalla persona offesa, erano avvenuti dopo la cessazione della convivenza con la persona offesa, sicché di essi non si sarebbe dovuto tener conto al fine della valutazione in ordine all'abitualità della condotta. L'assunto è all'evidenza errato, essendo in contrasto con l'orientamento di questa Corte Sez. 6, n. 45400 del 30/09/2022 , R., Rv. 284020 - 01 , secondo cui integrano il reato di maltrattamenti in famiglia, e non quello di atti persecutori, le condotte vessatorie nei confronti del coniuge, le quali, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta persona della famiglia fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza. Si è precisato, infatti, che la separazione è condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto, assistenza, morale e materiale, e collaborazione, che discendono dall' art. 143, comma 2, c.c. 3. Per il resto, il ricorrente ha sollecitato una diversa ma non consentita valutazione degli elementi posti a base dell'affermazione della sua responsabilità per il delitto di maltrattamenti in famiglia, che la Corte territoriale ha ritenuto sussistente, poiché dalle attendibili dichiarazioni della persona offesa, riscontrate dai verbali di pronto soccorso del omissis e dalla testimonianza di sua figlia G.V., era risultato che la medesima persona offesa per circa [ ], quotidianamente, era stata sottoposta alle condotte violente dell'imputato anche alla presenza della figlia di lei, talvolta anch'essa vittima della brutalità dell'odierno imputato, che costringeva così la famiglia a vivere in un clima di ansia continua . 4. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186 - della somma di Euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.