L’avvocato dipendente di ente pubblico deve agire per i suoi compensi avanti al giudice del lavoro competente

Protagonista della vicenda in esame è un avvocato, dipendente di un ente pubblico che, inquadrato nel ruolo legale, svolge abitualmente, nell’ambito di una prestazione lavorativa unitaria, anche l’attività di difesa in giudizio dell’ente.

Oggetto dell'ordinanza in questione è la richiesta da parte del professionista dei compensi richiesti per l'attività svolta, a titolo di competenze legali maturate per avere, quale dirigente del settore avvocatura, patrocinato l'ente in vari giudizi nel periodo 2016-2020. Il Collegio per dirimere la controversia ha sottolineato che è certo che i compensi percepiti per l'attività di difesa in giudizio dell'ente datore di lavoro non costituiscano il corrispettivo privatistico per l'attività professionale svolta, ma siano voce retributiva accessoria, spettante se e in quanto sussista specifica previsione da applicare al relativo rapporto di lavoro . Ne consegue che l'azione per ottenere il riconoscimento di questa voce retributiva accessoria non può essere proposta al giudice individuato dall' art. 637 comma 3 c.p.c. -disposizione che riguarda la diversa fattispecie del rapporto professionale tra l'avvocato e il suo cliente-, ma deve essere proposta al Tribunale in funzione di giudice del lavoro competente ai sensi dell' art. 413 c.p.c. . Pertanto, si enuncia ex art. 384 comma 1 c.p.c. il seguente principio di diritto l'avvocato dipendente di ente pubblico , il quale intenda ottenere il pagamento di compensi riferiti all'attività di difesa in giudizio dell'ente datore di lavoro svolta in esecuzione del contratto di lavoro, chiede il riconoscimento di voce retributiva e non agisce nei confronti del proprio cliente, per cui deve agire avanti al giudice del lavoro competente ai sensi dell' art. 413 c.p.c. . Il Tribunale di Benevento, con la sentenza impugnata, ha quindi escluso la propria competenza e ha individuato la competenza ex art. 413 comma 5 c.p.c. del Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro, quale giudice del luogo ove ha sede l'ufficio al quale è addetto il dipendente.

Presidente Giusti – Relatore Cavallino Fatti di causa 1. Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale ha proposto avanti il Tribunale di Benevento opposizione al Decreto Ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale il 16-11-2021 a favore dell'avv. D.M.A. per l'importo di Euro 198.933,90 oltre interessi e spese, a titolo di competenze legali maturate per avere, quale dirigente del settore avvocatura, patrocinato l'ente in vari giudizi nel periodo 2016-2020. L'opponente preliminarmente ha rilevato l'incompetenza del Tribunale civile di Benevento indicando come competente il giudice del lavoro presso il Tribunale di Napoli ai sensi dell' art. 413 c.p.c. , comma 5, essendo i crediti relativi a spettanze retributive nel merito ha contestato la fondatezza della domanda e in via riconvenzionale ha chiesto la condanna dell'opposto alla restituzione della somma di Euro 8.452,50 indebitamente corrisposta in violazione del Contratto Decentrato 27-9-2011. Si è costituito D.M.A. chiedendo il rigetto dell'opposizione e della domanda riconvenzionale e con sentenza n. 281 pubblicata il 30-1-2023 il Tribunale di Benevento ha accolto l'opposizione e per l'effetto ha revocato il decreto ingiuntivo, indicando come competente a decidere il Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro, dando il termine di cui all' art. 50 c.p.c. per la riassunzione e compensando le spese di lite. La sentenza ha rilevato che i compensi professionali degli avvocati dipendenti aventi diritto, oltre che allo stipendio tabellare, anche a una quota di retribuzione quantificata sulla base della legge e delle tariffe professionali, avevano natura retributiva, in quanto costituivano una parte del trattamento economico complessivo di conseguenza la competenza a decidere spettava al giudice del lavoro e nella fattispecie al giudice del lavoro presso il Tribunale di Napoli ex art. 413 c.p.c. , comma 5. 2. Con ricorso notificato il 16-2-2023 D.M.A. ha proposto regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. , affidato a unico motivo. Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale ha depositato memoria ex art. 47 c.p.c. , e il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte. Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 375 c.p.c. , comma 2, n. 4 e art. 380 bis.1 c.p.c. , e all'esito della Camera di consiglio del giorno 19-9-2023 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza. Ragioni della decisione 1. Con motivo rubricato sulla competenza funzionale del Tribunale civile di Benevento individuato, ex art. 637 c.p.c. , comma 3, quale foro facoltativo e concorrente con quello previsto al comma 1 il ricorrente sostiene che ai sensi dell' art. 637 c.p.c. , commi 1 e 3, l'avv. D.M. aveva la facoltà di presentare il ricorso per decreto ingiuntivo avanti al giudice competente per valore del luogo ove aveva sede il Consiglio dell'Ordine al cui albo egli era iscritto, e perciò al Tribunale di Benevento, il quale era competente per la fase di opposizione. Evidenzia che l'avv. D.M.A. è titolare di un doppio status, di dirigente pubblico in quanto dipendente dell'ente pubblico e di avvocato iscritto all'elenco speciale annesso all'albo professionale, abilitato ad assumere incarichi di patrocinio in favore del proprio ente di appartenenza. Aggiunge che il diritto dell'avvocato di percepire il compenso sussiste in virtù del contratto di patrocinio e non in virtù del contratto di assunzione, al verificarsi delle condizioni relative all'esito favorevole della lite con condanna della controparte alla rifusione delle spese legali o compensazione delle stesse. Infine rileva che tali compensi professionali solo figurativamente possono considerarsi elemento della retribuzione e rappresentano corrispettivi per l'attività professionale espletata in favore dell'ente pubblico. 2.Il ricorso si fonda sull'assunto che il diritto dell'avvocato a percepire il compenso derivi dall'incarico di patrocinio ricevuto dall'ente pubblico, ma la tesi è infondata. Prima della devoluzione al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro delle controversie di pubblico impiego, ai fini del riparto della giurisdizione, le Sezioni Unite della Cassazione hanno avuto più volte occasione di affermare che il patrocinio legale che l'avvocato presti a favore dell'ente pubblico del quale è dipendente non poteva ritenersi compreso nel rapporto di pubblico impiego tra l'ente e il professionista esclusivamente nel caso in cui il dipendente non fosse inquadrato nel ruolo legale, ma nel ruolo amministrativo dell'ente. Soltanto in tale seconda ipotesi si è ritenuto che il rapporto di pubblico impiego non rappresentasse la fonte della doverosa esecuzione di detta attività di patrocinio, ma la mera occasione del conferimento di un mandato di carattere professionale quindi si è ritenuto che l'attività difensiva si presentasse come del tutto estranea al rapporto che legava il dipendente alla pubblica amministrazione Cass. Sez. U. 26-7-2004 n. 13970 Rv. 575880-01, Cass. Sez. U. 15-3-2002 n. 3875 Rv. 553087, Cass. Sez.U. 9-4-1999 n. 216 Rv. 525079-01, Cass. Sez. U. 23-3-1999 n. 182 Rv. 524453-01, per tutte . Però, al fine di dichiarare la competenza per materia del giudice del lavoro nella controversia relativa al compenso, si è anche escluso che rientri nel rapporto d'opera intellettuale, caratterizzato dall'autonomia del prestatore, l'attività svolta dall'avvocato seppure dipendente del ruolo amministrativo dell'ente pubblico, il quale in virtù di apposita delibera abbia ricevuto l'incarico per il patrocinio dell'ente negli affari contenziosi pendenti, non essendo venuto meno il rapporto di subordinazione con il datore di lavoro Cass. Sez. 2 18-4-2003 n. 6326 Rv. 562337-01 . La Cassazione ha altresì statuito che il dipendente di ente pubblico con mansioni di dirigente il quale svolga abitualmente, per espressa previsione contrattuale, anche l'attività di difesa in giudizio dell'ente, non ha diritto a percepire, oltre la normale retribuzione, anche onorari e competenze per l'attività professionale svolta, salvo che esista una disposizione amministrativa o una clausola contrattuale in tal senso Cass. Sez. L 8-8-2006 n. 17941 Rv. 591690-01, Cass. Sez. L 7-102021 n. 27316, Cass. Sez. L 10-5-2022 n. 14761 Rv. 664695-01 . Quindi, è certo che i compensi percepiti per l'attività di difesa in giudizio dell'ente datore di lavoro non costituiscano il corrispettivo privatistico per l'attività professionale svolta, ma siano voce retributiva accessoria, spettante se e in quanto sussista specifica previsione da applicare al relativo rapporto di lavoro. Ne consegue che l'azione per ottenere il riconoscimento di questa voce retributiva accessoria non può essere proposta al giudice individuato dall' art. 637 c.p.c. , comma 3 - disposizione che riguarda la diversa fattispecie del rapporto professionale tra l'avvocato e il suo cliente, ma deve essere proposta al Tribunale in funzione di giudice del lavoro competente ai sensi dell' art. 413 c.p.c. . Si enuncia ex art. 384 c.p.c. , comma 1, il relativo principio di diritto L'avvocato dipendente di ente pubblico, il quale intenda ottenere il pagamento di compensi riferiti all'attività di difesa in giudizio dell'ente datore di lavoro svolta in esecuzione del contratto di lavoro, chiede il riconoscimento di voce retributiva e non agisce nei confronti del proprio cliente, per cui deve agire avanti al giudice del lavoro competente ai sensi dell' art. 413 c.p.c. . 3.L'applicazione di tale principio alla fattispecie impone di rigettare il regolamento di competenza, dichiarando la competenza del giudice del lavoro di Napoli, con termine di tre mesi ex art. 50 c.p.c. , per la riassunzione del giudizio. È pacifico che l'avv. D.M.A. è dirigente dell'Avvocatura dell'Autorità Portuale resistente e perciò egli è dipendente di ente pubblico che, inquadrato nel ruolo legale, svolge abitualmente, nell'ambito di una prestazione lavorativa unitaria, anche l'attività di difesa in giudizio dell'ente. I compensi da lui richiesti non costituiscono corrispettivo per l'attività professionale, che trovi titolo nel conferimento di incarico distinto rispetto al contratto di lavoro e che si aggiunga all'attività lavorativa svolta con mansioni di dirigente, ma costituiscono una voce della sua retribuzione. Pertanto, esattamente il Tribunale di Benevento con la sentenza impugnata ha escluso la propria competenza e ha individuato la competenza ex art. 413 c.p.c. , comma 5, del Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro, quale giudice del luogo ove ha sede l'ufficio al quale è addetto il dipendente. 4.Al rigetto del ricorso consegue, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente alla rifusione a favore dell'Autorità resistente delle spese del giudizio, in dispositivo liquidate. In considerazione dell'esito del ricorso, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il regolamento di competenza e dichiara la competenza del giudice del lavoro di Napoli condanna il ricorrente alla rifusione a favore del resistente delle spese del regolamento di competenza, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13 , comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.