La Riforma Cartabia interviene sulla violazione del divieto di reformatio in peius

Un imputato, accusato di oltraggio a pubblico ufficiale, ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione del divieto di reformatio in peius avendo la Corte territoriale inflitto una pena pecuniaria superiore a quella comminata con la sentenza di primo grado.

La doglianza è fondata. Nel caso di specie, infatti, la Corte territoriale è incorsa nella violazione di legge ha omesso di applicare correttamente l' art. 53, comma 2, l. n. 689/1981 , nel testo vigente al momento della pronuncia della sentenza impugnata. Il giudice di secondo grado avrebbe dovuto applicare il criterio di conversione risultante dalla sentenza della Corte Cost. n. 28/2022 , con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma cit. nella parte in cui prevede che il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall' art. 135 c.p. e non può superare di dieci volte tale ammontare , anziché, il valore giornaliero non può essere inferiore a 75 euro e non può superare di dieci volte la somma indicata dallo stesso art. Ne consegue l'annullamento da parte della Suprema Corte, limitatamente al punto relativo la sostituzione della pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Venezia, dovendo tener conto anche delle modifiche introdotto dalla Riforma Cartabia d.lgs. n. 150/2022 alla l. n. 689/1981 , trattandosi di disposizione più favorevole art. 2, comma 4, c.p. dei valori giornalieri previsti dall'art. 56- quater di detta legge. Per comprendere meglio le novità introdotte dalle ultime importanti riforme in tema di processo civile, processo penale, crisi d'impresa e contratti pubblici scopri IUS Guida alle riforme .

Presidente Costanzo – Relatore Tripiccione Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha escluso la recidiva e, rilevato l'errore di calcolo contenuto nella sentenza di primo grado, previa sostituzione della pena detentiva di giorni 45 di reclusione con la pena pecuniaria, ha rideterminato tale pena in Euro 11.250 di multa 2. Propone ricorso per cassazione il difensore di C.P.C. deducendo tre motivi. 2.1 Con il primo motivo deduce vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in relazione al reato di cui al capo 1, avendo la Corte ritenuto integrato il reato di cui all' art. 341-bis c.p. benché questo sia avvenuto in un luogo che non può considerarsi pubblico o aperto al pubblico e alla sola presenza del personale della pubblica amministrazione. 2.2 Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione, in tutte le sue declinazioni, in relazione al reato di cui al capo 2, avendo la Corte ravvisato l'elemento psicologico del reato nonostante lo stato di ubriachezza dell'imputato. 2.3 Con il terzo motivo deduce la violazione del divieto di reformatio in peius avendo la Corte territoriale inflitto una pena pecuniaria superiore a quelli di Euro 3750 comminata con la sentenza di primo grado. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato. Risulta dalla sentenza impugnata che la condotta contestata è stata tenuta dall'imputato all'interno degli uffici della Polizia, correttamente configurati quale luogo aperto al pubblico, e alla presenza del personale in servizio anche diverso da quello direttamente interessato dalla condotta offensiva. Il giudizio di responsabilità in ordine al reato di oltraggio è, dunque, immune dai censurati vizi logici e giuridici, dovendosi, al riguardo ribadire che ai fini della configurabilità del requisito della pluralità di persone presenti alla condotta oltraggiosa possono considerarsi non solo le persone estranee alla pubblica amministrazione, ma anche i soggetti che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente Sez. 6, n. 6604 del 18/01/2022, Pagliari. Rv. 282999 . 2.Il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto, oltre ad essere formulato in termini generici ed aspecifici, è manifestamente infondato. Ai sensi dell' art. 92 c.p. , infatti, l'ubriachezza, ove non derivata da caso fortuito o forza maggiore circostanza, questa, neanche dedotta dal ricorrente , non esclude nè diminuisce l'imputabilità. 3. È, invece, fondato il terzo motivo di ricorso. La sentenza impugnata, nel rideterminare la pena detentiva in giorni 45 di reclusione ha rilevato a che la sentenza di primo grado aveva sostituito la pena detentiva di mesi 2 e giorni 10 di reclusione con la pena pecuniaria di 3750 Euro senza indicare il criterio di conversione b che il primo Giudice era incorso in un errore di calcolo nella sostituzione della pena detentiva in quanto, dovendosi applicare quale criterio di conversione quello di 250 Euro stabilito dall' art. 135 c.p. , la pena pecuniaria sostitutiva avrebbe dovuto essere quantificata in Euro 17.500. Sulla base di tale percorso logico la Corte territoriale ha dunque ritenuto che, stante il rilevato errore di calcolo, la pena pecuniaria comminata con la sentenza di primo grado dovesse essere quella riquantificata alla luce del citato criterio di conversione e, in applicazione del medesimo criterio alla pena di 45 giorni di reclusione, ha determinato la pena pecuniaria sostitutiva in Euro 11250. 3.1 Ritiene il Collegio che, così facendo, la Corte territoriale è incorsa in una duplice violazione di legge. In primo luogo ha omesso di fare corretta applicazione dell' art. 53, comma 2, L. 24 novembre 1981, n. 689 , nel testo vigente al momento della pronuncia della sentenza impugnata. Va, infatti, considerato che con la sentenza n. 28 del 1 febbraio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale norma nella parte in cui prevede che il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall' art. 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare , anziché il valore giornaliero non può essere inferiore a 75 Euro e non può superare di dieci volte la somma indicata dall' art. 135 del codice penale . Poiché la pronuncia del Giudice delle Leggi è antecedente la sentenza impugnata, la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare il criterio di conversione risultante da tale sentenza e, pertanto, nell'incertezza del criterio adottato dal primo Giudice, avrebbe dovuto fare riferimento al valore giornaliero di 75 Euro in quanto più favorevole all'imputato, nel qual caso l'ammontare di pena pecuniaria inflitta in primo grado in sostituzione della pena detentiva sarebbe stato pari a Euro 5250. 3.1.1 La soluzione adottata dalla Corte ha, inoltre, violato il divieto di reformatio in peius in quanto, dinanzi all'errore di calcolo della pena pecuniaria sostitutiva determinata dal primo Giudice, pur ammettendo che questo fosse emendabile in peius in assenza di impugnazione del Pubblico ministero, senza alcuna specifica motivazione, ha calcolato l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva in misura notevolmente superiore a quello conseguente all'applicazione del valore minimo giornaliero di 75 Euro. 4. Tenuto conto di quanto sopra esposto, va disposto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la sostituzione della pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia. Il Giudice del rinvio terrà conto anche delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150 alla L. n. 689 del 1981 e, in particolare, trattandosi di disposizione più favorevole art. 2, comma 4, c.p. , dei valori giornalieri previsti dall'art. 56-quater di detta legge. Ai sensi dell' art. 624, comma 2, c.p.p. va dichiarata l'irrevocabilità dell'accertamento della responsabilità. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia. Dichiara definitivo l'accertamento della responsabilità.