Inutili le obiezioni difensive proposte da un uomo finito sotto accusa per le somme accreditate sul suo conto corrente. Inequivocabile la condotta di chi mette a disposizione il proprio conto corrente per ricevere denaro proveniente da un'operazione di frode informatica, consentendo l'immediata monetizzazione del profitto attraverso il prelievo del contante.
Colpevole di riciclaggio il soggetto che mette a disposizione il proprio conto corrente per farvi accreditare somme sottratte, con una frode informatica, dai conti di diverse persone, e provvede poi rapidamente al prelievo del denaro. Ricostruita la vicenda, i giudici di merito ritengono evidente, sia in primo che in secondo grado, la colpevolezza dell'uomo sotto processo. Consequenziale, quindi, la sua condanna per riciclaggio di denaro proveniente da operazioni di frode informatica . Col ricorso in Cassazione, però, il legale che difende l'imputato sostiene non sia provato il dolo, ossia la consapevolezza del suo cliente in merito alla provenienza illecita delle somme accreditate sul conto a lui intestato. Per replicare all'obiezione difensiva i Magistrati fanno riferimento alle denunce presentate da tre persone che avevano segnalato all'autorità che dai loro conti correnti erano stati effettuati dei bonifici non a loro riferibili e al successivo accertamento che detti bonifici erano confluiti sul conto corrente dell'uomo sotto processo, il quale aveva subito prelevato le relative somme . Logico, quindi, osservano i Magistrati, ritenere che la condotta tenuta dall'uomo sotto accusa sia stata quella di chi mette a disposizione il proprio conto corrente per ricevere denaro proveniente da un'operazione di frode informatica, consentendo così l'immediata monetizzazione del profitto attraverso il prelievo del contante , operazione che, concludono i Giudici, è sicuramente idonea ad occultare la provenienza del denaro prelevato . Sacrosanta, quindi, la condanna dell'uomo, palesemente colpevole del reato di riciclaggio.
Presidente Rago Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 13/06/2022 La Corte d'appello di Messina ha confermato in punto di responsabilità la sentenza del Tribunale di Patti che ha condannato G.C. per riciclaggio di denaro proveniente da operazioni di frode informatica. Ricorre per Cassazione il G. deducendo 1. violazione di legge per essere stati acquisite senza il consenso della difesa le querele sporte da S.A., M.G. e F.I. 2. mancanza di motivazione con riguardo al motivo di gravame relativo al dolo del reato. Il difensore del ricorrente ha presentato conclusioni scritte. Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità. Il ricorrente si è limitato a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e valutato conformemente dai due giudici del merito, e a presentare doglianze prive della necessaria specificità ex art. 581, comma 1, lett. C , c.p.p. , poiché ha reiterato più o meno pedissequamente quelle già esaminate ed incensurabilmente disattese dalla Corte di appello. I giudici d'appello hanno, infatti, dato atto che le denunce rilevano non per la ricostruzione dei fatti storici ivi rappresentati ma quale mero dato documentale necessario per dimostrare che S.A., M.G. e F.I. avevano segnalato all'Autorità che dai loro conti correnti erano stati effettuati dei bonifici non a loro riferibili. Così come è stato dato atto che detti bonifici erano confluiti sul conto corrente del ricorrente che aveva subito prelevato le relative somme. Correttamente è stato pertanto ritenuto che la condotta dall'imputato fosse quella di chi mette a disposizione il proprio conto corrente per ricevere denaro proveniente da un'operazione di frode informatica consentendo così l'immediata monetizzazione del profitto attraverso il prelievo del contante. Operazione che sicuramente è idonea ad ostacolare la provenienza del denaro così prelevato, con conseguente sussistenza del reato di riciclaggio esistendone i presupposti oggettivi e soggettivi. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.